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martedì 31 dicembre 2019

Si chiude un anno difficile


Si sta chiudendo un anno difficile per l’Italia e per l’Europa.
È difficile non soffrire per la situazione politica instabile.
In questo momento difficile il mio pensiero va alla fonte delle fonti del diritto, la Costituzione, certo che sarebbe unanime il plauso dell’Assemblea costituente nel sapere che, nel momento difficile, si ricorre a illuminare la situazione rivolgendosi ad essa.
Gli italiani hanno nelle proprie mani uno dei fari con i quali illuminare il mondo, la Costituzione della Repubblica Italiana, eppure sembrano ignorarlo, non rendersene conto. Ed è difficile pensare che ci si possa rendere conto che essa è un faro, quando la stessa Costituzione viene implicitamente e sostanzialmente messa sul banco degli imputati. A qualcuno, di recente, è parso indicarci la via dei mali degli italiani individuandola nel numero dei parlamentari, come se diminuendolo si potessero finalmente risolvere problemi economici e di altro genere. Ci si è dovuti adoperare per illustrare ai cittadini italiani che il risparmio è sostanzialmente ininfluente e che questa riduzione avrebbe ripercussioni significative invece sui livelli di rappresentanza e Democrazia. Un sufficiente numero di senatori ha posto la firma per richiedere un referendum confermativo, il che chiama in causa il popolo che su una questione così rilevante non poteva non essere interpellato. E comunque bisognerebbe anche appurare se i tempi dei tre mesi di distanza tra una deliberazione e l’altra siano stati rispettati nel processo legislativo di questa riforma costituzionale.
Ma tentare di riformare la Costituzione, dopo che nella legislatura precedente si era già cercato di riformare la stessa, con l’esito che sappiamo, non significa forse mettere la Costituzione costantemente sul banco degli imputati?
Ora, se metti sul banco degli imputati, il faro col quale illuminare il mondo, non dimostri di non aver compreso pienamente che valenza esso possa avere?
Non è logico pensare che evidentemente non è stata compresa?
C’è molto lavoro da fare in questo senso, nelle scuole, nella società, ovunque.
Questo è un momento difficile.
Nei momenti difficili Calamandrei suggeriva di trovare nella Costituzione le risposte, non l’imputato.


domenica 15 dicembre 2019

Delle "sardine"

Guardo col dovuto rispetto al sorgere di movimenti pacifici che si dimostrano disponibili a partecipare alla vita politica. C’è un movimento in particolare che matura in fretta: quello delle “sardine”. Matura così in fretta che quello che avrei potuto commentare ieri, oggi sembra già risentire del tempo che passa e rischia di essere già desueto. E’ un movimento molto criticato e tacciato di immaturità, ma suscita anche ampie simpatie. Quello che mi sento di dire è che fino ad oggi nessuna delle idee espresse dal movimento, giovane e magari anche per questo un po’ acerbo, mi è sembrata ostativa ad una possibile maturazione che veda incamerare idee anche maggiormente strutturate e profonde. Se per esempio accoglieranno gli spunti di riflessione del Presidente emerito dell’ANPI Carlo Smuraglia, che ha desiderato scrivergli una lettera dopo che ha saputo che in una delle manifestazioni cui avevano dato luogo avevano letto passi della Costituzione, espresse senza invadenza e con rispetto, già questo li spingerebbe verso l’acquisizione, a mio giudizio, di punti di riferimento dal sicuro peso specifico e di altissimo profilo poiché riferentesi nientemeno che alla Costituzione, appunto.
Smuraglia nella sua lettera ci tiene a sottolineare: “Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. È questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti.”
Cito anche questo passo: “La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica.”
Se dunque l’invito del Presidente emerito dell’ANPI dovesse essere accolto nella sua essenza, potrebbe fungere da rapido elemento di maturazione e anche per questo, ma non solo per questo, vi è da augurarsi che qualcosa di positivo possa scaturire da questo movimento!

lunedì 11 novembre 2019

Vi è una relazione tra il 'dimenticare il passato' e il taglio del numero dei parlamentari?

Tutti coloro che dimenticano il proprio passato, sono condannati a riviverlo.
Primo Levi

Ma i giovani di oggi, non l’hanno vissuto quel passato, gli è stato raccontato.
Si può dire: tutti coloro che dimenticano il passato che gli è stato raccontato sono condannati a riviverlo? O forse dovremmo dire: a viverlo?
Non so, ma un conto è dimenticare un passato vissuto, un altro, dimenticare il racconto di un passato che non si è vissuto in prima persona. Questo è più facile che si dimentichi, il che spinge ad una riflessione: via via che il tempo passa e che i testimoni diretti di certi eventi scompaiono per legge naturale, il ricordo di quel passato svanisce e con esso il senso di repulsione verso quegli orrori, così non è impossibile cadere di nuovo nell’errore.
Il senso di repulsione verso quelle vicende di sopraffazione, violenza fisica e psicologica, umiliazione, hanno prodotto in Italia la Costituzione della Repubblica Italiana che contiene gli anticorpi per impedire che quelle cose accadano nuovamente. Tra questi anticorpi vi è la nozione di 'popolo sovrano' e la disposizione ad una buona rappresentanza proporzionata alla popolazione.
Ora chiediamoci: come tutto questo entra in relazione col taglio del numero dei parlamentari?
Questa iniziativa è un sintomo del ritorno al passato?
Ciascuno interroghi la propria coscienza e provi a rispondere.


domenica 20 ottobre 2019

La politica può essere creativa solo se non rifiuta il contatto coi cittadini

Oggi assistiamo al diffondersi di un atteggiamento politico molto superficiale che se non debitamente rivisto rischia di portare il Paese verso forti tensioni sociali.
Purtroppo l’atteggiamento in questione è quello del rifiuto del dibattito o delle istanze, siano esse di un individuo, di un gruppo sociale o di una nazione, che è oggi molto diffuso e costituisce purtroppo uno dei maggiori problemi per lo sviluppo della società sia a livello nazionale che a livello internazionale.
Lo stesso abbassamento del livello di rappresentanza del Parlamento italiano deciso con una riforma costituzionale peraltro mai annunciata in campagna elettorale, basata sul taglio del numero dei parlamentari, coincide con questa tendenza preoccupante.
Anche l’atteggiamento dell’Unione europea, quello del sostanziale rifiuto di prendere in considerazione le istanze che da molti anni provengono dall’Italia o, per meglio dire, da certi italiani preparati e competenti nonché sensibili nel rilevare le problematiche poi esposte in vari libri, istanze che per esempio sottolineano la disarmonia sussistente tra lo sviluppo dell’Ue stessa con i suoi relativi trattati e i contenuti della Costituzione della Repubblica Italiana, corrisponde a questa preoccupante tendenza.
È sempre sbagliato rifiutare un confronto e un dibattito, oltre ad essere sostanzialmente maleducato per non dire irrispettoso e il fenomeno, particolarmente quando si diffonde, rischia di portare le energie delle persone ad essere incanalate verso una china pericolosa, in un percorso nevrotico, da cui il rischio di tensioni sociali. Le nevrosi sono stati patologici per nulla desiderabili e la politica anche in considerazione dell'articolo 32 della Costituzione non dovrebbe ignorare il problema ed ha anzi il dovere di prendere in considerazione il pericolo di relegare un numero imprecisato ma alto di cittadini in quello stesso stato e dovrebbe disporsi ad evitare ogni rischio di infliggere anche inconsapevolmente un simile supplizio. Da cui l'esigenza di indicarlo.

Rifiutare il confronto, ad ogni livello, è la premessa dello stato nevrotico.

Ce lo spiega molto bene la psicologia, e la terapia della Gestalt in particolare.
Per il terapeuta della Gestalt, il confronto verbale, anche nel caso sia aspro e tendente ad essere identificato con un conflitto, costituisce sempre una sorta di collaborazione:
Il conflitto costituisce una collaborazione che va al di là di quel che è inteso, verso una figura completamente nuova” ci spiegano Perls, Hefferline e Goodman.
E ci specificano che questo è certamente vero “per ogni collaborazione creativa tra persone”.
Tendiamo a pensare che una collaborazione creativa non sia conflittuale proprio in quanto tale, cioè in quanto creativa, mentre non è assolutamente detto che non lo possa essere. Pur riconoscendo che una collaborazione creativa possa sussistere su certi livelli di armonia tra le posizioni in campo e nella fattispecie anche in considerazione del fatto che si parla apertamente di “collaborazione creativa” dove non c’è dubbio che a “collaborazione” debba corrispondere un qualche tipo di armonia, è anche possibile che un rapporto creativo possa avvenire in una situazione maggiormente critica, come può essere una situazione conflittuale.
Del resto critici e storici dell’arte di grande importanza, come per esempio Achille Bonito Oliva, ci hanno informato già da tempo di come l’arte contemporanea fondi l’approccio col riguardante, posizionandosi già all’avvio, su una situazione di schermaglia. Il contatto tra opera e fruitore dell’opera si avvia sulla base di una schermaglia iniziale. È così che la maggior parte delle persone vive l’impatto con l’opera d’arte contemporanea, molti di noi ne hanno fatto esperienza. Ma questo ci porterebbe a parlare di questioni che non possiamo affrontare adesso. Ci basti pensare per il momento che, anche nel campo giudicato massimamente creativo, quello dell’arte, è noto che un conflitto iniziale possa portare successivamente, se non rifiutato, ad esiti creativi dove la creatività, in questo caso, non è da attribuirsi semplicemente all’artista che ha creato l’opera, ma è propria del riguardante che attraverso il rapporto intenso e creativo con l’opera stessa matura e forse cambia in meglio, scoprendo di essere diverso e forse migliore di ciò che sarebbe stato se avesse rifiutato di addentrarsi nella fruizione artistica di una determinata opera. È la sensazione della crescita culturale che è anche accrescimento e trasformazione della personalità.
A questo punto citerei un brano del libro “TEORIA E PRATICA della TERAPIA della GESTALT, Vitalità e accrescimento della personalità umana, dell’Astrolabio, opera dei tre già citati autori, Perls, Hefferline e Goodman, che è illuminante a questo riguardo ed in particolare a proposito di interessi diversi tra persone che collaborano o confliggono:
L’efficienza maggiore non viene raggiunta stabilendo un’armonia a priori tra i loro diversi interessi, né compromettendo i loro interessi individuali nei confronti di una meta preconcetta; piuttosto (finché le persone rimangono in contatto tra di loro e si prefiggono con serietà di raggiungere la migliore conquista creativa), quanto più acutamente differiscono nella propria opinione e discutono il problema apertamente, tanto più probabilmente produrranno collettivamente un’idea migliore di quella che ognuno di loro aveva individualmente”.
Ma occorre appunto rimanere in contatto. Rifiutare di prendere in considerazione un’istanza è rifiutare il contatto e quindi ogni cosa positiva e ogni soluzione creativa che da esso potrebbe scaturire.
Per tornare alle considerazioni politiche, il Parlamento è il luogo del contatto per eccellenza tra i rappresentanti del popolo, deprimerne la rappresentanza significa rinunciare ad occasioni di contatto, a potenziali sviluppi creativi rispetto a questioni rilevanti per il Paese.
Anche le dinamiche del gioco possono offrirci spunti di riflessione.
Sappiamo che il gioco è un grande fattore di crescita e non solo nei bambini. Anche gli adulti giocano e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Le discipline sportive ne sono uno e il calcio la fa da padrone, particolarmente in Italia.
Così nei giochi” proseguono Perls, Hefferline e Goodman, e non solo sportivi, “è proprio la competizione che spinge i giocatori a superare se stessi” e ci dicono anche che il problema “della competitività nevrotica non è la competizione in se stessa, ma il fatto che il concorrente non è interessato al gioco”.


Per tornare al parallelismo con l’arte e con l'artista, anche e soprattutto quello contemporaneo che secondo Bonito Oliva "non chiede più comprensione che fraintendimento" secondo la sua "necessità soggettiva",i nostri tre autori ci dicono che “anche nell’atto creativo di una singola persona, per esempio in un’opera d’arte o in una teoria, è proprio il contrasto che si produce tra gli elementi eterogenei e irreconciliabili che fa saltar fuori all’improvviso una soluzione creativa”.
Se a livello individuale rimane ferma la legittimità di rifiutare il gioco, qualsiasi gioco, anche quando rifiutarlo potrebbe costituire una occasione positiva e di crescita non colta, sul fronte della politica, quando si diviene rappresentanti del popolo sussiste un certo dovere di essere interessati al gioco, di non rifiutare il contatto, il confronto, specie con i cittadini di cui si dice di essere i rappresentanti.

Collaborare, competere, confliggere, se contenuti entro certi limiti, possono variamente farci ottenere esiti creativi e farci pervenire a soluzioni creative a determinate problematiche.
Ma perché una soluzione creativa e magari inaspettata possa scaturire la disposizione a prendere in considerazione le idee di chi si è tenuti a rappresentare è un prerequisito essenziale, necessario.
Andare verso il rifiuto di una buona rappresentanza dei cittadini nel corrispondente Parlamento, deprimerla fino al livello più infimo in Europa, cosa di cui qualcuno si vanta, non è la risposta giusta che ci si attende dalla politica nazionale. Disinteressarsi agli studi che indicano le disarmonie esistenti tra trattati Ue e Costituzioni nazionali, come quella italiana, non è la risposta che ci si attende dalle politiche comunitarie. Questi rifiuti possono soltanto sviluppare conflitti nevrotici. A chi giova?

domenica 29 settembre 2019

LA COSTITUZIONE SI APPLICA NON SI CAMBIA!

La Costituzione non nasce dal nulla.
La Costituzione non nasce dal caso.
La Costituzione è per il cittadino, il civile italiano, ciò che il decalogo è per il cristiano.
La Costituzione è l'incontro degli alleati col popolo italiano redento, è l'incontro delle forze di Liberazione e partigiane con quelle cattoliche.
La Costituzione è il frutto di esperienze secolari inerenti la storia d’Italia e non solo, condensate in uno scrigno prezioso.
La Costituzione è stata scritta in un clima di svegliezza, dove le coscienze erano deste.
Si avevano ben impresse la guerra recente, le sopraffazioni, le violenze di ogni tipo, le privazioni, la fame, l’invasione nazista, gli errori e gli orrori del fascismo, la dittatura, le violenze fisiche e psicologiche, i campi di sterminio, l'applicazione pedissequa della legge del più forte.
Serviva qualcosa per evitare che tutto questo potesse tornare ad essere.
E nasceva così, dalla testimonianza di ogni Padre costituente che incorporava quelle esperienze, la nostra Costituzione. Tutti gli anticorpi destinati ad evitare il riproporsi di quegli eventi, di quegli errori, vi erano stati immessi. In essa confluivano comunque anche altre esperienze della storia d’Italia, una storia secolare. Le più recenti afferivano a Garibaldi, Cavour, Cattaneo, Mazzini e altri.
Ma la Costituzione è delicata. Vi è un delicato equilibrio al suo interno. Non puoi cambiarne una sezione senza che tutto il resto ne subisca gli effetti.
E poi la Costituzione da sola non basta, serve leggerla, comprenderla, viverla, serve la volontà di applicarla. Se il popolo italiano comprendesse questo, che essa deve essere applicata e non cambiata, se ciò venisse compreso pienamente, veramente, con ogni atomo del proprio essere, non tarderebbe a chiederne questa applicazione e dalla sua applicazione non tarderebbe ad appurare che ne scaturirebbe un miracolo, sì, proprio così.
Questo miracolo darebbe le risposte giuste alle sfide del presente e del futuro.
Ma essa è posta sul banco degli imputati! Sembra sussistere su di lei quasi una condanna preventiva. Quale distorsione può far sì che l’elemento di eccellenza di un popolo, il suo cuore pulsante, lo scrigno dentro al quale vivono tutte le risposte ai problemi presenti e futuri, sia costantemente posto sul banco degli imputati?
Ma gli Stati Uniti, si dirà, e via discorsi! Noi non siamo gli Stati Uniti, siamo l'Italia, abbiamo una storia diversa, una esperienza diversa, ci siamo dati un ordinamento diverso in un diverso contesto perché potesse corrispondergli. Ci sono delle analogie ovviamente tra il contesto italiano e le risposte che il popolo italiano ha dato.
Per chi ama prendere spunto dagli Stati Uniti tuttavia, si dica questo: non vi chiedete come mai essi non cambino mai la propria Costituzione?
Perché il popolo italiano non si rende conto di ciò?
Questa riforma Costituzionale è sbagliata! Blinda la casta che, in quanto tale, deve essere costituita da un numero inferiore di persone; in oltre, meno sono i parlamentari e meno sono le idee, più sono controllabili; collegi elettorali enormi non garantiscono il contatto con le situazioni locali; è una riforma tendenzialmente oligarchica; porta il numero dei deputati allo stesso del periodo fascista. Anche per questo i Padri costituenti vollero incrementare la rappresentanza.
Questa riforma costituzionale indebolisce le nostre radici, è uno schiaffo ai Padri costituenti.
Ma quel che è peggio è che sembra propedeutica ad ulteriori riforme costituzionali di cui non ci è dato sapere, di cui non si conosce esattamente il contenuto ma che si intravedono e già se ne parla, e che sembrerebbero indirizzate alla pedissequa demolizione della stessa, alla rimozione di ogni anticorpo utile a non riproporre gli errori e gli orrori del passato.
Sembra che si stia applicando la tecnica della rana bollita a ciò che abbiamo di più prezioso.
Si inizia con questa riforma e non si sa dove si andrà a finire, questo è il problema!
E l’informazione che cosa farà? Lascerà passare tutto sotto silenzio come per questa?
L’informazione sulla riforma costituzionale è stata praticamente assente, nulla. Perché? Gli italiani meritano una corretta informazione! Il codice deontologico dei giornalisti che cosa dice?
Verrebbe da chiedersi se gli italiani sappiano dell’esistenza di questa riforma. La risposta potrebbe essere sorprendente! E la responsabilità di questo di chi sarebbe?
Chi accenna alla riforma costituzionale ne parla solo come del taglio del numero dei parlamentari, anzi, come del “taglio dei parlamentari”, espressione sintomatica poiché intrinsecamente violenta!
Ma c’è ben altro: abrogazione del CNEL, riduzione dell’età utile per essere eletti senatori, riduzione dell’età per eleggerli e quindi sostanziale appiattimento tra Camera e Senato; depotenziamento della circoscrizione estero.
Chi ne accenna, non parla mai di riforma costituzionale; chi ne accenna, gioca solo sulla demagogia di un argomento, quello del taglio del numero dei parlamentari, che rischia di piacere ai cittadini, benché non a tutti, semplicemente perché non gli viene spiegato che il risparmio è sostanzialmente ininfluente, mentre la riduzione della rappresentanza è decisamente consistente. Non si dice ai cittadini che saranno malamente rappresentati.
Chi ne accenna, sebbene sia nel novero di un movimento che si richiama spesso alla democrazia diretta come sistema giudicato tra i migliori, e quindi all’appello diretto dei cittadini, non informa gli stessi sulla riforma, li lascia sostanzialmente disinformati, consapevolmente, scientemente, e si basa unicamente sull’idea del risparmio, che illude la fantasia dei cittadini meno informati e piace così tanto alla troika, questo sì, che utilizza lo stesso discorso per deprimere le democrazie e imporre riforme mai risolutive e quasi sempre peggiorative. Si hanno molte riprove al riguardo.
Chi ne accenna, nella passata legislatura si è opposto ad una deforma sostanzialmente simile, perché un così vistoso scostamento dal recente passato?
Se a qualcuno non sembra così simile è perché non si parla della riforma nel suo complesso ma solo di una piccola porzione di essa. Inoltre questa riforma va vista purtroppo nell’ottica di serie successive di riforme: si vuole evitare quello che si ritiene essere stato l’errore compiuto nella precedente legislatura, quello di avere voluto tutto e subito, e si preferisce agire per gradi. Ed ecco quindi la tecnica della rana bollita.
Chi accenna a questa riforma, accennandone solamente appunto, sembra fare affidamento sulla disinformazione dei cittadini, sembra auspicarla, sembra che desideri l’ignoranza degli stessi, sembra desideri rivolgersi a cittadini di cui spera non sia alto il grado di informazione, di comprensione, di coscienza.
Chi ne accenna in questo modo, spera nella meccanicità come sua alleata, non certo nella coscienza.
Ed ecco che quindi i messaggi si costruiscono bene, a sommo studio, per fare breccia nelle reazioni meccaniche di chi li osserva alla televisione. Ma ragioniamo su questo. Se chi è in forza a un governo, desidera l’ignoranza dei cittadini a cui si rivolge, come potrà garantire che lo stesso governo di cui è in forza, faccia una degna politica sull’ istruzione pubblica per esempio? Non desidererà piuttosto avere cittadini che non comprendano ciò che gli accade intorno? E non agirà in questo senso?
Chi ne accenna in questo modo, come può quindi richiamarsi ai cittadini e dire che le associazioni politiche devono fare un passo indietro mentre i cittadini devono fare un passo avanti? E' una bella frase sì, ma con questa deforma costituzionale i cittadini fanno consistenti passi indietro non certo in avanti!
Se davvero si amano così tanto i cittadini sì da desiderare che facciano passi in avanti, li si interpelli in un REFERENDUM in modo da consentire che possano esprimersi in proposito secondo quella formula di cui si dice che piaccia tanto ai pentastellati, quella della democrazia diretta. Ma questo amore sembra però essere smentito dal desiderio manifesto di parlare ad un pubblico disinformato e sostanzialmente plagiato da bei discorsi e belle immagini che non dicono niente sui contenuti reali della riforma.
E sembra essere smentito dalla speditezza dell'iter di questa riforma che non ha lasciato giusti tempi di sedimentazione delle informazioni, né ha coinvolto l'opinione pubblica in alcun modo.
Sempre il solito mantra, ossessivo, sì da imprimersi meglio nella mente di chi ascolta: taglio dei parlamentari, risparmio. Luci ben posizionate, bel vestito, bella camicia, bella cravatta, taglio fresco di capelli, monologo ben imparato, si gira? E'  venuta bene? Quindi mandiamola ai telegiornali.
Neanche una misera domandina! Sembra che i giornalisti oggi servano unicamente a prestare le telecamere ad uso e consumo del politico di turno. Ogni particolare è stato curato al dettaglio per fare impressione positiva sugli spettatori, per cavalcarne le reazioni meccaniche ma non la coscienza, la frase è stata pronunciata con sicurezza, il messaggio è arrivato, le immagini contribuiranno a descrivere una situazione rassicurante e se magari siedi su un tavolo in modo anche un po' informale, sembrerà quasi che tu parli ad un amico in un momento di pausa. Quale confidenza!
Sono tecniche studiate a tavolino di cui si consce esattamente l'esito meccanico, e se è così, è perché non si vuole che si parli dei contenuti ma che ci si basi unicamente su una impressione immediata ancorché intrinsecamente superficiale.
Se la riforma in questione piace alla troika e ai neoliberisti, che i pentastellati dichiaravano apertamente e con "onestah" di voler combattere, non piace però all'ANPI, l'Associazione Nazionale Partigiani Italiani.
Apprendiamo infatti con autentica gioia la notizia che l’ANPI ufficialmente SI SCHIERA CONTRO QUESTA DEFORMA COSTITUZIONALE!


martedì 24 settembre 2019

Non contro la casta ma contro i cittadini

A proposito della riforma costituzionale, si dice che sia una riforma anti casta in realtà è una riforma che salda la casta la quale diviene più ristretta come è tipico delle caste. Infatti una casta allargata sarebbe quasi un ossimoro. Il Parlamento è tale perché rappresenta il luogo dove i rappresentanti dei cittadini discutono le leggi dello Stato. Un buon numero di parlamentari non solo non rovina la Nazione ma non incide in modo consistente sulle spese dello stato.
L’idea del vincolo esterno, quasi un’ammissione di stato di minorità, il divorzio tra Banca d’Italia e ministero delle finanze, la perdita della sovranità monetaria e il conseguente abuso del mantra del “risparmio” e dello Stato come “buon padre di famiglia che risparmia” rischiano di compromettere la giusta via indicata dai Padri costituenti e di deprimere la rappresentanza.
Inoltre non è giusto ratificare una riforma costituzionale complessa senza sapere come sarà la legge elettorale. Il buon gusto istituzionale vorrebbe che riforma costituzionale e elegge elettorale viaggino di pari passa essendo l’una strettamente legata all’altra e non potendo comprendere esattamente l’una senza l’altra. Spero che il parlamento voglia dare prova di buon gusto istituzionale procedendo alla legge elettorale prima dell’approvazione della riforma costituzionale.
Spero che esistano forze politiche in Parlamento in cui l’onore e il rispetto per la storia dello stesso e per il lavoro dei Padri costituenti costituisca un esempio a cui guardare.


sabato 21 settembre 2019

PER UNA RIFORMA COSTITUZIONALE SERVE UN CLIMA COSTITUENTE, QUI C'E' SOLO UN GRAN CASINO!

Dovrebbe esistere una norma, anche se non scritta, una di quelle norme che si basa sull’onore, sul rispetto di modi e tempi opportuni, che si affida alla signorilità, per cui non si dovrebbe procedere ad una riforma costituzionale, se nella precedente legislatura si è tentata una riforma costituzionale, non importa con quale risultato. Dovrebbe esistere una norma, anche se non scritta, che dovrebbe impedire di procedere ad una riforma costituzionale se la si è tentata nel precedente governo, non importa con quale risultato. Qui siamo in un governo preceduto da un altro che ha tentato una riforma costituzionale e in una legislatura che è stata preceduta da una legislatura che ha tentato una riforma costituzionale.
I pentastellati per la prima volta al governo, dopo aver giurato di “essere fedeli alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione” sono partiti in quarta con una riforma costituzionale mai annunciata in campagna elettorale e che i cittadini peraltro non hanno richiesto, contrariamente a quanto si va propagandando. Anzi, i cittadini che hanno votato i pentastellati sapevano di essere usciti da una dura battaglia combattuta contro una riforma costituzionale al suono di: non si fa una riforma costituzionale per risparmiare. Ma anche: la Costituzione non si cambia si applica. Perché mai avrebbero dovuto aspettarsi una riforma costituzionale, mai annunciata in campagna elettorale, che nega questi punti? I cittadini non l’hanno quindi richiesta.
Si abbia quindi il buon gusto di dire la verità: questa riforma non la vogliono i cittadini. Anzi piace così tanto alla troika che forse si può capire chi la vuole veramente. Sì, il movimento che si professava antisistema, che mandava tutti a quel paese, che gridava onestah, fa riforme che piacciono alla troika, intercetta il dissenso e convoglia al consenso!
Si vedono poi molte contraddizioni. Perché negli enunciati propagandistici sempre e solo dei pentastellati, che parlano unicamente di taglio del numero dei parlamentari e non di riforma costituzionale complessa in cui il taglio del numero dei parlamentari è solo uno dei tanti punti, si pone sempre l’accento sul risparmio.
È l’argomento che piace appunto alla troika.
Questo argomento cozza con quello usato per impedire la riforma costituzionale precedente: non si fa una riforma costituzionale per risparmiare!
Non entriamo nel merito del risparmio in sé, che sarebbe cosa veramente marginale e sostanzialmente ininfluente per il bene del Paese. Anzi, semmai sono soldi che non circolerebbero più, a fronte di una consistente riduzione di rappresentanza. Dov’ è il guadagno per il Paese?
A fronte di un risparmio marginale ci sarebbe una consistente perdita di rappresentanza, per tutti, e in particolar modo per la circoscrizione estero che viene sostanzialmente falcidiata.
Agire così è furbo ma certamente non onesto. E non sembra neanche aderire al giuramento appena pronunciato.
Se chi vuole la riforma costituzionale lo fa veramente per i cittadini, non li conduca ad un salto nel vuoto e prima di approvare in via definitiva ci faccia vedere come sarà la riforma elettorale da affiancarvi.
Non si può chiedere ai cittadini di fare un salto alla cieca! Prima la legge elettorale, vogliamo vedere!
Agite per il bene dei cittadini? Io sono un cittadino e vi dico: nessun salto nel buio, prima la legge elettorale!
Sono un cittadino, rispettatemi!
Dunque i pentastellati subito dopo il giuramento sono partiti a razzo con la riforma costituzionale inaspettata, discussa velocissimamente, senza il necessario coinvolgimento dell’opinione pubblica cui viene esposta solo come taglio del numero dei parlamentari ed anzi più spesso semplicemente come “taglio dei parlamentari".
Vi è stato già chi ha fatto notare come le inesattezze lessicali siano isomorfe alla disarmonia interiore di chi le esprime, sintomo di confusione.
Che dire dell’espressione usata in luogo di "taglio del numero dei parlamentari" dunque, cioè dell’uso dell’espressione “taglio dei parlamentari”? Sono semplici negligenze di linguaggio o stanno ad indicare altro? Sono semplici negligenze nell’uso delle parole o sono il sintomo preoccupante della confusione che regna particolarmente nel mondo della politica, visto che il linguaggio in fondo non fa che rappresentare lo stato degli animi?
E che ci sia una grande confusione nel Paese lo si capisce da tante cose purtroppo. Rimanendo semplicemente nel mondo della politica, l'impressione è di un mutamento incessante, continuo. Vi era un governo costituito da due forze politiche vincitrici delle elezioni, ma con all’interno il terzo partito, quello definito del Presidente, che non ha passato le elezioni; questo governo che non c’è più, anche grazie al terzo partito, sostituito di recente da un altro che non rappresenta la maggioranza degli italiani, costituito da uno dei due precedenti e dal PD, sconfitto alle elezioni ma tornato al governo, ponendo grossi dubbi democratici e di rispondenza ai cittadini, alla volontà popolare. I pentastellati camaleonticamente mutevoli hanno profondamente deluso il proprio elettorato, perdendo milioni di voti e schierandosi col nemico dichiarato, il PD, che si scinde nuovamente mentre si cominciano a sentire voci di scissione anche tra i cinque stelle. Conte si smentisce molte volte, non porta documenti fondamentali come l’ESM in Parlamento ma si vanta di aver parlamentarizzato la crisi, cambia molto anche lui in breve tempo e fondamentalmente la sua immagine è rapidamente mutata anche agli occhi dei cittadini più ingenui e da "avvocato del popolo" sembra per molti divenuto "l’avvocato della troika". Bel cambiamento e bella coerenza. Insomma nel mondo politico non regna l’onestah, neanche nel movimento cinque stelle anzi, particolarmente in quel movimento e tutti sembrano mentire a tutti in nome di spericolatissimi tatticismi. Tutto si muove rapidamente, niente rimane al suo posto. Sembra non potercisi fidare di nessuno.
La domanda a questo punto è: ma vi sembra un clima costituente?
Ma vogliamo rispettare veramente l’assemblea costituente per favore?
Vogliamo rispettare una tradizione nobile nella sua essenza, quella democratica parlamentare e rappresentativa in cui la sovranità appartiene al popolo e in cui la Costituzione che garantisce tutti non si cambia senza un clima appropriato? Lo dobbiamo ai Padri costituenti!
Se volete una lista di cittadini che hanno fatto realmente il bene degli italiani la potrete trovare nell’Assemblea costituente stessa, non nelle fila dei pentastellati che prima dicono di aver impedito una riforma costituzionale fatta in nome del risparmio, cosa che non si deve, e poi propongono una riforma costituzionale in nome del risparmio.
Qualche autorevole costituzionalista dovrebbe alzarsi e dire con autorità che la riforma costituzionale lampo, in queste condizioni non può proseguire, che in un clima del genere che a tutto somiglia tranne che a un clima costituente non si può minimamente pensare neanche nell'anticamera del cervello di fare una riforma costituzionale.
Chi volesse proseguirla contro ogni buon senso dovrebbe, in nome di quei cittadini ai quali sovente si richiama, e in nome di quegli altri che hanno costituito l’Assemblea costituente, che non ci sono più ma a cui si deve sempre del rispetto, come minimo dovrebbe, dicevamo,  PRIMA DELL’APPROVAZIONE DEFINITIVA, IMPORSI DI FARCI CAPIRE COME SARA’ LA LEGGE ELETTORALE CHE VI SI VUOLE ASSOCIARE, ALRIMENTI E’ UN SALTO NEL BUIO INACCETTABILE!!!


mercoledì 18 settembre 2019

Non c'è un clima sobrio né costituente per una riforma peraltro iniqua, sbagliata e a cavallo di due governi: una cosa mai vista!

Per costruire un capolavoro come la Costituzione italiana ci sono voluti secoli di storia, un accumulo di esperienze unico, il dramma della seconda guerra mondiale, del fascismo e del nazismo, una Assemblea costituente di uomini veri, diciassette mesi di intenso lavoro di cittadini dal nobile animo che amavano veramente l’Italia, riuniti in assemblea. Calamandrei sottolinea che nella Costituzione si è riversata la storia d’Italia. Egli vi intravede Mazzini, Cavour, Cattaneo, Garibaldi e Beccaria.
Per distruggerla potrebbero bastare pochi mesi al comando dei pentastellati, una riforma mai annunciata in campagna elettorale, fatta di corsa, senza il necessario coinvolgimento dei cittadini, dell’opinione pubblica, senza la necessaria sedimentazione e meditazione delle informazioni, senza un adeguato supporto dei mezzi di informazione ed annunciata unicamente e demagogicamente come "taglio dei parlamentari", benché vi sia ben altro. Il solo taglio del numero dei parlamentari comunque è sufficiente da solo a sconsigliare una persona che ama la rappresentanza a non volere una riforma del genere, col resto poi!
La riduzione della rappresentanza è per altro in contraddizione con chi dice di amare la Democrazia e in particolare quella diretta, dove si dovrebbe tendere al massimo della rappresentanza quindi ad aumentarla non a diminuirla.
Quello del risparmio, cerchiamo di capirlo amici italiani, è l’argomento della troika, della deflazione, delle politiche del rigore, che deprimono la domanda e quindi l’offerta, che vogliono la riduzione dei salari, politiche contro le quali si era levato un vastissimo numero di italiani fiduciosi di avere trovato chi potesse tenere testa alle inique imposizioni della Unione europea. Cittadini che se comprendessero che il taglio del numero dei parlamentari piace alla troika perché deprime la rappresentanza e comprime la Democrazie e rende maggiormente permeabile il nostro Paese alle influenze esterne così da imprimere maggiore forza ai diktat esterni, non approverebbero mai.
I piedi che corrono in fretta al male sono stigmatizzati anche nelle sacre scritture, sia detto per i credenti.
Invece vediamo il movimento dei pentastellati che cerca di tirare la corsa ad una riforma costituzionale che, intanto non prevede solo il taglio del numero dei parlamentari, ma anche l’abolizione del CNEL, l’appiattimento di Camera e Senato.
I continui sommovimenti della politica italiana stanno ad indicare che non siamo in un momento sobrio. La Costituzione nelle intenzioni dei Padri costituenti doveva proprio servire per questi momenti. Non si può procedere ad una riforma costituzionale in un clima del genere, e particolarmente senza sapere com’è la legge elettorale che vi si vuole affiancare. Un riforma costituzionale a cavallo tra due governi, non si fa.
In ogni caso, prima di approvare definitivamente la riforma costituzionale è necessario sapere come sarà la legge elettorale altrimenti si potrebbe configurare o il caos istituzionale o uno stravolgimento antidemocratico in cui il combinato disposto potrebbe generare il tracollo democratico ed essere fatto espressamente su misura per alcuni e a danno di altri. Non si fa così!
Le opposizioni protestino! L'ANPI faccia sentire la propria voce e ci guidi a salvarci dell'ennesimo obbrobrio che mina il lavoro dei Padri costituenti!!!


mercoledì 11 settembre 2019

Di quale Nuovo umanesimo stiamo parlando?

Ci sarebbe proprio bisogno di fare chiarezza sull’uso dell’espressione “nuovo umanesimo”. Non si tratta di riscoprire i testi classici antichi, le humanae litterea, ma l’uomo stesso, ci pare di intuire, come autore della propria storia, probabilmente. Porre l’uomo al centro del discorso, di ogni discorso, è un buon proposito. Peccato però che sia poco credibile come proposito di questo governo, che nasce senza il consenso della maggioranza degli uomini di questa Nazione ai quali è sostanzialmente impedito, in questo preciso modo, di divenire autori della propria storia.
Strano per chi mette al centro l’uomo.
Sorge il dubbio che l’uso di quella espressione sia un uso mimetico e il dubbio si rafforza a mano a mano che il discorso dell’avvocato procede.
Che l’uso dell’espressione “nuovo umanesimo” sia un’operazione espressamente mimetica, tesa a gettare fumo negli occhi e ad illudere i cittadini della presenza di qualcosa che non c’è, è facilmente comprensibile da vari indizi e contraddizioni palpabili. Particolarmente lo si capisce quando vengono menzionate le politiche per la scuola, durante il discorso, dove l’accento è posto non sugli studenti, futuri uomini, non sui contenuti, ma sugli strumenti da far utilizzare agli studenti per l’acquisizione dei contenuti. Qui la maschera cala e lascia intravedere la vera fisionomia del governo e di chi lo guida.
Purtroppo sappiamo bene che lo strumento vincola, illude, dispone, impone, riflette l’ideologia di chi lo costruisce, ingabbia. Non fa solo questo, ma anche questo, e la scuola si trova così ad essere pesantemente condizionata dall’esterno, e poco ascoltata dall’interno.
È l’essere umano che deve essere posto al cento e i profondi contenuti dello stesso, che già risiedono in lui, che devono essere i veri protagonisti di un nuovo umanesimo, altrimenti il nuovo umanesimo non c’è e non ci potrà essere. Nell’ambito scolastico al centro deve starci lo studente, pensato come essere umano, e futuro uomo, futuro adulto.
G. Manacorda in Storia della scuola in Italia, Il Medio Evo, scriveva che la Scuola “come riceve l’impronta e avviamento dalla società in mezzo alla quale vive, così, a sua volta irradia correnti di pensiero, imprime impulsi efficaci, informa di sé anche fatti politici e sociali.”
Ma questo equilibrio oggi sembra essere compromesso e l’influenza sembra essere unilaterale: dall’esterno verso la scuola, semplicemente questo.
Con questo governo che idolatra le tecnologie l’influenza dall’esterno sembra poter arrivare al parossismo e al centro si mettono gli strumenti, non l’uomo.
Di quale nuovo umanesimo si sta discutendo quindi?
Sono già molte le contraddizioni elencate e purtroppo fanno capo al ribaltamento di un paradigma che ci viene offerto niente meno che da Cristo quando rispose a chi lo interrogava sulla liceità di fare le cose di sabato, giorno consacrato a Dio e al riposo: << il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato >> Egli rispose.
Questo governo ribalta il paradigma, giacché di ribaltoni s'intende!
Se l’umanesimo è l’uomo che costruisce i propri passi, non c’è umanesimo nell’impedire alla maggioranza degli uomini di andare nella direzione che avevano scelto; se l’umanesimo è lo studente al centro della scuola, non c’è umanesimo nel porre al centro della scuola gli strumenti; se l’umanesimo è riconoscere che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato, non c’è umanesimo nel dichiarare implicitamente che l’uomo è fatto per i mercati e non i mercati per l’uomo, che l’uomo è fatto per le regole e non le regole per l’uomo.


Siamo abbastanza sicuri che altre contraddizioni si paleseranno sempreché, saggiamente, non si decida di restituire la parola a colui a cui è stata tolta: il popolo.
Ci sono governi geneticamente incapaci di generare l’umanesimo.
Dai frutti riconosceremo la pianta, da quelli vedremo, perché dalle querce non nascono limoni.


martedì 10 settembre 2019

Perché non chiedere agli italiani se vogliono questo Governo?

Anche oggi in Parlamento, i grillini dichiarano la propria convinzione nella democrazia diretta. E sembrano convinti delle proprie affermazioni.
Ma in realtà essi temono la vera democrazia diretta, ed è molto facile da dimostrare.
Ai pentastellati direi: se amate così tanto la democrazia diretta perché non indire un REFERENDUM consultivo per chiedere agli italiani se vogliono questo Governo oppure NO?
Cosa pensate che risponderebbero a questa proposta di ricorrere a ciò che maggiormente somiglia alla democrazia diretta, pensate che risponderebbero sì?

 


lunedì 9 settembre 2019

SENATORI, NON DATE LA FIDUCIA A QUESTO GOVERNO

PER IL BENE DELLA NOSTRA NAZIONE, ma soprattutto per il bene della Democrazia in Italia, in Europa e nel mondo, spero che domani i senatori della Repubblica Italiana, non votino la fiducia a questo governo che nasce senza il necessario consenso del popolo sovrano e anzi, del tutto in antitesi alle richieste degli elettori. E’ un fatto gravissimo che sta creando una spaccatura profonda nel tessuto sociale italiano, indignazione, rabbia e frustrazione. Non avallare la nascita di questo governo che i cittadini non voterebbero mai, è anche un modo per dimostrare che non è in Europa che si decide come deve essere il Governo italiano, ma in Italia, grazie a quel popolo italiano, ai cittadini elettori, che decidono come deve essere il Governo e qual è l’indirizzo che deve avere. Deve rendersi evidente, per il rispetto che dobbiamo ai cittadini italiani, che il voto degli italiani non può e non deve essere tradito. Per un vero sovranista l’occasione di manifestare queste cose è un’occasione d’oro.
Chiederei ai senatori di guardarsi dentro, di interrogare la propria coscienza, di chiedersi se veramente il proprio mandato può essere espletato al meglio in un Governo che è l’esatto opposto di quello che gli italiani speravano. I danni che un Governo non sostenuto dalla maggioranza del popolo può fare al proprio Paese sono immensi e difficilmente correggibili.
Il momento è grave nel Paese e la battaglia di domani in Parlamento è una battaglia epocale.
Sarà la Costituzione a cambiare l’Europa, o sarà l’Europa a cambiare la Costituzione? Cosa dovrebbe rispondere un vero italiano? Questa è l’immensa partita e quello del Senato è il luogo dove questa immensa partita si gioca. Se vincerà il Governo, se cioè otterrà la fiducia del Senato, l’Europa vincerà sulla Costituzione che rischierebbe di essere stravolta, Dio non voglia. Se invece il Governo sarà sconfitto, e può esserlo, la Costituzione vincerà sull’Europa e si potrà pensare ad una Unione europea più giusta e che cresca in armonia con la nostra Costituzione. Questo è un progetto di pace, di giustizia, che guarda al futuro senza distruggere il passato che ci hanno lasciato i padri costituenti verso cui dovremmo essere eternamente grati. Ed, anzi, la Costituzione, può divenire lo strumento più importante da usre per cambiare l’Europa e il mondo in meglio.
SENATOREI DELLA REPUBBLICA ITALIANA, SE CREDETE NELL’ITALIA, NELLA SUA STORIA, NELLA SUA CULTURA, NELLA SUA POSSIBILITA’, CHE C’E’, DI ESSERE LA PROTAGONISTA DEL CAMBIAMENTO NEL MONDO, NON DATE LA FIDUCIA A QUESTO GOVERNO CHE IL POPOLO NON VUOLE.

 


domenica 8 settembre 2019

C'è un Nuovo spettro che si aggira per l'Europa!

Si chiama TECNO FEUDALESIMO!!!
E' IL FEUDALESIMO MODERNO, TECNOLOGICO.
In una Unione europea concepita dalle classi dominanti, molto diversa da quella che si poteva ipotizzare essere l’Europa dei popoli; in una Ue volta al consolidamento del potere delle stesse e schiava di concezioni economico finanziarie neo liberiste, foriere di politiche economiche volte scientificamente alla deflazione; in una Ue che, essendo volta a questo, perora la causa della disinformazione culturale, particolarmente in materia di cultura economica, coltiva il divario culturale tra le classi e si avvale dei sistemi di informazione di massa non per informare ma per disinformare; sta arrivando il TECNO FEUDALESIMO. Chi è a favore dell'Europa dei popoli, non può volere il TECNO FEUDALESIMO.
Questo è un regime che si avvale delle nuove tecnologie per consolidare il potere delle classi dominanti che cercano vassali, valvassori e valvassini, indipendentemente dalla Nazione di appartenenza; è quella strutturazione feudale della società moderna, per quanto paradossale possa sembrare, che si avvale delle tecnologie per controllare ogni passo dei cittadini, ogni mossa degli stessi; è quella società in cui le tecnologie sono volte a carpire surrettiziamente ogni informazione personale relativa ai cittadini per dirigerne e condizionarne le scelte, per affiancare alla manipolazione di massa la manipolazione individuale.
Questo TECNO FEUDALESIMO rispetta la forma e tradisce la sostanza, erode i confini nazionali, per togliere il potere agli Stati nazionali e depotenziare le Costituzioni il cui potere giuridico può solo espletarsi all’interno di confini definiti; così da restituirlo alle classi dominanti transnazionali; cerca negli Stati uomini disposti a permettere questo in cambio di lauti stipendi, riflettori, posti di prestigio, adulando, corrompendo le menti, illudendo con l'uso sapiente della retorica, sventolando ricompense illusorie, piatti di lenticchie in cambio di primogenitura, specchietti per allodole, falsi miti di progresso, tecniche per rendere schiavi i cittadini che sono nati liberi.
Cittadini italiani, se volete questo TECNOFEUDALESIMO probabilmente è sufficiente perorare la causa di questo nuovo governo che, ricordiamocelo, nasce senza il necessario sostegno popolare e in contraddizione con l’articolo 1 della Costituzione, che pare incline ad instaurare, forse suo malgrado, il regime TECNOFEUDALE e per fare ciò, deve, nel migliore dei casi, distruggere la Costituzione italiana che i padri costituenti ci hanno lasciato come un immenso tesoro da difendere e applicare! Dobbiamo impedirlo!!
Mi appello quindi a quanti tra i senatori della Repubblica, siano animati da uno spirito costituzionale, autenticamente patriottico, non nostalgico o anacronistico, ma etimologicamente patriottico, volto a difendere la terra dei padri, i doni dei padri, i nostri più nobili principi, le nostre libertà, la nostra Democrazia e i nostri diritti. La storia ci insegna che Dio ama gli Stati nazionali.
Non toccare l’antico confine, posto dei tuoi padri, Egli ci dice!
Ma anche la nostra storia e la nostra cultura sono a rischio, perché si corre sempre un grande rischio quando esse, minate dall’interno da un esecutivo che sembra essere eterodiretto e sostanzialmente prono alle richieste esose delle classi dominanti europee, sono oggetto di attacchi continui, perpetui.
Se il TECNOFEUDALESIMO è per le classi dominanti in cerca di vassalli, valvassori e valvassini, e infine schiavi, non può guardare con favore alla volontà popolare né alle Costituzioni che ne sostengono l’importanza. Esso perciò ha bisogno di governi che nascano senza il sostegno popolare. E' un caso?
Cittadini italiani, e senatori, se invece non volete questo TECNOFEUDALESIMO, impedirlo si può! Dovete semplicemente dare fiducia alla Democrazia e soprattutto all’articolo 1 della Costituzione, che ci insegna che deve sempre sussistere una reale e palpabile sintonia tra il popolo e i suoi rappresentanti, cosa che in questo momento non c’è! Dovete guardare nelle vostre coscienze e dire NO ad un Governo che nasce senza il sostegno popolare, una cosa inaudita, gravissima!
Se non volete il TECNOFEUDALESIMO è sufficiente non sostenere questo Governo, che nasce per instaurarlo.


sabato 7 settembre 2019

Cosa ci dice la coscienza?

Non ha niente da temere il contesto internazionale, ma proprio niente, da un’Italia che mantiene salde e forti le sue prerogative democratiche sancite dalla sua Costituzione! Quella stessa Costituzione che le forze di liberazione hanno reso possibile. Quelle forze erano costituite anch’esse da quello che potremmo definire, il contesto internazionale di quei tempi. Anzi, il contesto internazionale stesso, quello di oggi, deve considerarlo un bene perché dove sussiste una Democrazia vi è il diritto, e dove sussiste una flessione della Democrazia, lo stato di diritto si dissolve o rischia di dissolversi e questa flessione si riverbera nella società e nel mondo creando il disordine.
La prerogativa maggiormente interessante della Costituzione, la principale, è quella espressa nell’articolo 1, quella che dichiara il popolo come il sovrano della Repubblica democratica. Non c’è niente di male nel mantenere questo legame democratico col popolo, né per il contesto nazionale, né per il contesto internazionale.
Ma perché ciò sia reso possibile, perché questo legame sussista e prosperi, serve un’autentica rispondenza tra gli elettori e i rappresentanti così come auspicato dall’Assemblea costituente che spesse volte ha fatto notare proprio questo: che il popolo deve avere una degna rappresentanza e che quando la sintonia col popolo svanisce è opportuno ripristinarla con le elezioni. Gli altri articoli della Costituzione sono importantissimi ovviamente ma seguono, il primo di essi è quello a cui tutti gli altri articoli si devono accordare.
Serve una maggiore fiducia nell’Italia, nel popolo italiano. Serve una maggiore fiducia nella sua Democrazia, nella sua Costituzione, la cui nascita avviene in un periodo storico in cui l’Italia trova la sua collocazione geopolitica internazionale, mantenuta costante e stabile nel tempo proprio grazie ad essa, e mai messa in discussione. L’Italia è sempre stata fedele a questa collocazione, né si intravedono ragioni per cui non dovrebbe esservi fedele.
Questa collocazione è un fattore di stabilità nell’ambito internazionale. Ciò che è nato in quel periodo, e in particolare si deve pensare alla Costituzione e alla collocazione geopolitica italiana appunto, è fortemente legato assieme e non è possibile toccare una cosa senza ledere l’altra.
Mantenere quindi una forte impronta democratica, che implica rispetto per il lavoro dei padri costituenti, che implica riconoscenza e riconoscimento del profondo significato del lavoro dell’Assemblea costituente, consapevolezza di inserirsi a pieno titolo in una tradizione, nell’alveo dei paesi sviluppati spiritualmente e materialmente, democratici, costruttori di pace e giustizia, diviene quindi una missione imprescindibile per ogni cittadino italiano così come imprescindibile è la Costituzione stessa.
Mantenere una forte Democrazia è saggio.
In primo luogo però, per fare ciò, si devono tenere presenti gli ammonimenti della stessa Assemblea costituente, la quale non si esprimeva a favore di una porzione del parlamento specifica, della sinistra, del centro o della destra, ma dell’interesse comune e generale, principalmente della stessa Democrazia, ponendo le basi per regole equidistanti per ogni formazione politica e collocazione parlamentare.
C’è un primo punto imprescindibile quindi da rispettare che fa capo all'articolo 1 della Costituzione, quello maggiormente importante: la sintonia tra i rappresentanti del popolo e quest’ultimo. La voce del popolo, si dice, è la voce di Dio, e non ascoltare la voce del popolo è un po’ come non ascoltare la voce di Dio, che parla nelle coscienze di ognuno di noi, di tutti gli uomini. Dalle raccomandazioni dei padri costituenti, e anche dalla saggezza popolare, che ci parlano all’unisono, si evince l’importanza di sintonizzarsi col popolo, che la Costituzione definisce non a caso sovrano. Questo, hanno ritenuto i padri costituenti, di porre in primo piano, come prerogativa indispensabile, elemento imprescindibile, conditio sine qua non, per il mantenimento del maggior grado possibile di Democrazia nel nostro Paese: la maggiore sintonia possibile col popolo. Ciò aiuta l’Italia ad essere una Nazione e uno Stato che ama mantenersi nell’alveo geopolitico in cui la storia lo ha collocato alla fine della seconda guerra mondiale, cosa che ritengo di fondamentale importanza per gli equilibri internazionali.
Per tornare alla Costituzione, l’Assemblea Costituente ha ritenuto di porre l'accento su questa sintonia, ed insieme ha disposto una degna rappresentanza numerica in Parlamento, proporzionata alla popolazione italiana.
Ma questa sintonia in questo preciso momento non c’è. Nessuna persona coscienziosa può impedire a se stessa di denunciare che il legame di rappresentanza col popolo italiano è in questo momento incredibilmente compromesso, che non ha mai toccato livelli così infimi e che non è da ritenersi responsabile perseguire questa assenza di sintonia. Qualcuno le deve pur dire queste cose e lasciare una testimonianza!
Alcune coscienze avvertono il pericolo di compromettere secoli di conquiste.
Le preoccupazioni che fanno propendere un certo contesto internazionale a preferire una maggioranza parlamentare ad un’altra, sono destituite di fondamento sostanziale ancorché legittime, come lo sono tutte le opinioni, ma il rispetto di uno Stato sovrano come l’Italia è sacro.
Questo dovrebbe spingere alla massima equidistanza particolarmente in un momento così delicato come quello che sta vivendo la nostra Nazione, dove la disarmonia che sussiste tra il popolo, una sua cospicua maggioranza, e il governo che si vuole formare, è ragione di fortissime preoccupazioni e di aspre tensioni sociali.
Non appaiono quindi consoni, rispettosi, appropriati, i numerosi interventi dall’esterno, in un simile momento. Sono interventi che scontentano milioni di persone. Milioni di persone, non poche decine o centinaia o migliaia o decine di migliaia di persone. Milioni! E tutto questo perché non si vuole riconoscere che derogare alla regola della Democrazia, secondo la quale è il pensiero della maggioranza dei cittadini che deve plasmare il Governo, non è saggio. È giusto ricordare che tra amici, ci si rispetta a vicenda e ci si sforza di non creare tensioni e aporie nel popolo della Nazione amica, che farlo non è saggio.
In Democrazia, si dice, la maggioranza vince.
Sento già che si risponderà che in Parlamento un’altra maggioranza è stata trovata e che quindi formalmente la Costituzione è rispettata, e che è quella la maggioranza che oggi ha vinto.
È vero, formalmente è rispettata, ma non nella sua sostanza. E' il rispetto della sostanza che si deve cercare. Questa esperienza, ci sta insegnando, per quanto lo si sapesse già, che tra il rispetto formale e il rispetto sostanziale della Costituzione può correrci un abisso! La maggioranza che deve essere rispettata è quella del popolo. Questo ci insegna l'Assemblea costituente.
La spiegazione quindi è semplice e la si ha proprio per bocca di alcuni degli stessi esponenti della nuova maggioranza. Concluse le ultime elezioni politiche, esponenti di primo piano del PD avevano espressamente dichiarato che non era serio governare avendo perso le elezioni. Cioè si riconosceva apertamente ed onestamente, che le elezioni il PD le aveva perse. Quando le vinse senza una maggioranza assoluta ma relativa, alle precedenti elezioni politiche, sono stato il primo a riconoscere che il PD aveva vinto, anche quando esponenti di primo piano come Bersani parlavano di mezza sconfitta o mezza vittoria. Per me il PD aveva vinto e lo dicevo e scrivevo. Ma alle ultime elezioni politiche il PD ha perso, e anche questo si può e si deve dire.
Quindi un partito che ha perso le elezioni sta al governo. Questo è strano!
Con chi? Con un movimento che è cambiato. Mi rendo conto che è un’analisi impietosa quella che sto per fare di questo movimento ma gli elementi ci sono tutti e non è colpa mia perché se ci sono è perché sono stati forniti dai pentastellati stessi. Questo movimento è camaleonticamente cambiato, disorientando milioni di sostenitori, creando tensioni al suo interno, abbandoni, delusioni, mal di pancia a non finire. Un movimento che aveva intercettato il dissenso, che poi ha dirottato non verso la naturale direzione creativa corrispondente, ma verso il consolidamento dello status quo; un movimento che si dichiarava antisistema e che secondo molti è divenuto prosistema, utilizzando i voti di chi aveva creduto che il sistema lo volesse, democraticamente, combattere e cambiare. Questa operazione di trasformismo ha fatto perdere milioni di voti ai pentastllati ma il palesarsi più esplicito della metamorfosi, la si è avuto evidentissimo al Parlamento europeo dove, per una manciata di lenticchie è stata svenduta la primogenitura e ci si è convertiti a quell’asse francotedesco che si diceva essere l’avversario politico responsabile delle politiche da cambiare. Non si vede la coerenza. Che delusione, per gli alleati e per alcuni esponenti dei pentastellati stessi, nonché per ulteriori elettori del movimento. Ma torniamo al contesto nazionale. Qualcuno del movimento rimasto vicino a posizioni iniziali, ha dichiarato che non si possono prendere voti dai cittadini, criticando aspramente il PD, dichiarandosene geneticamente diversi, e poi fare un’alleanza col PD. Altri hanno affermato che la cosa emersa con ogni evidenza dalle elezioni era che il popolo italiano avesse deciso con chiarezza di non voler essere governato dal PD. Ed è vero. La maggioranza del popolo la pensa così, ha chiesto questo. Quegli elettori non avrebbero mai votato i pentastellati se avessero mai supposto che ci sarebbe stata un’alleanza del genere e il governo non avrebbe quei numeri che oggi ha.
Riassumendo, si ha quindi che in questo Governo sono confluite due forze: una che ha perso le elezioni, dichiarandolo apertamente; l’altra che si è completamente trasformata divenendo molto simile a quella che ha perso le elezioni, cioè al PD che criticava.
La Costituzione è stata rispettata? Formalmente sì, perché in Parlamento ci sono i numeri. Non ci sarebbero stati però se gli elettori avessero saputo prima. C'è forse quindi spazio, Dio lo voglia, per una obiezione di coscienza.
Ma sostanzialmente no, nella sua essenza la Costituzione non è stata rispettata!!!
Questo perché non c’è alcuna sintonia tra questo governo e la maggioranza dei cittadini italiani che chiedevano una svolta rispetto alle politiche del PD stesso. Questo chiedevano. E non c'è rispondenza neanche rispetto alle tendenze di questo preciso momento.
Rispettare formalmente la Costituzione ma non sostanzialmente, può dare esiti molto diversi da quelli auspicati dal popolo sovrano e dalla stessa assemblea costituente, che è sempre saggio ascoltare, così ci viene insegnato. Ecco che l’ammonimento dei padri costituenti di sempre mantenersi in sintonia col popolo, coi cittadini della Repubblica, diviene illuminante. Essi sapevano che in Parlamento era possibile creare maggioranze che formalmente rispettavano la Costituzione ma sostanzialmente no, ed è per questo che si sono espressi apertamente, argomentando la questione e scrivendone.
È sempre bene ascoltare i padri costituenti.
Se tu dimostri di amare e avere in alta considerazione i doni che ti sono stati consegnati dalle generazioni precedenti, come la Costituzione, per citare il maggiore di questi doni, sei un discendente degno della tradizione, ti guadagnerai il rispetto di molte persone, nella tua Nazione e al di fuori di essa. Renderai noto a tutti che ti senti un componente di una tradizione che rispetti e che ti inserisci in un solco che i tuoi “padri” hanno tracciato per il tuo bene e per quello dei tuoi concittadini, riconoscendone e stimandone il profondo significato.
Ma se disprezzi i doni che ti sono stati lasciati e dimostri irriconoscenza verso chi te li ha lasciati, potrai solo contare sul finto apprezzamento di chi te li vede sciupare e può approfittare di questa situazione a tuo danno.
Ma in verità potresti essere considerato un distruttore delle tradizioni, delle colonne della propria Nazione, dei capisaldi che ci hanno dato forza e indicato una via.
La Costituzione è troppo spesso sul banco degli imputati pur essendo innocente dei mali di cui la si accusa, e di quelli che affliggono gli italiani, mali che stanno altrove.
Chiunque sia capace di avere un funzionamento oggettivamente imparziale del proprio pensiero logico, non può ritenere onestamente che la Costituzione sia colpevole di alcun male degli italiani.
Generalmente le accuse rivolte alla Costituzione sono strumentali, servono a depotenziarla, a deprimerne gli anticorpi che sono necessari per vincere i regimi che non sono democratici, particolarmente quando cercano di imporsi senza consenso popolare nella tua Nazione; uno strumento che è così grande da poter cambiare in meglio non solo il Paese che lo ha forgiato, l’Italia, ma il mondo intero. In meglio, non in peggio! Perché temere la Democrazia?
Mostriamoci degni di questo immenso regalo che i padri costituenti ci hanno lasciato, mostriamo di riconoscerne l’importanza, di saper applicare degnamente uno strumento pensato per lo sviluppo armonico della persona umana e della società che la persona umana costruisce con grande fatica.
Le sfide del futuro non saranno vinte senza la Costituzione. Ma avere una Costituzione e non cercare il significato profondo e sostanziale di ciò che contiene, e non applicarla o decidere di cambiarla ad ogni legislatura, ad ogni governo, perché ad ogni legislatura e ad ogni governo è posta sul banco degli imputati, è sostanzialmente come non averla. Abbiamo una Costituzione, la migliore del mondo, ma non ci si sente tutelati da essa. Si tratta di un utentico spregio nei confronti di chi ce l’ha consegnata pensando di farci il miglior regalo dell’universo.
Quindi non posso far tacere la mia coscienza, perché mi impone di rendere noto che secondo lei si sta commettendo un gravissimo errore di valutazione, che non è saggio creare governi con le minoranze sconfitte dalle elezioni, perché il popolo aveva chiesto espressamente di non voler essere guidato da esse, o far passare il messaggio che le intenzioni del popolo sovrano e il voto corrispondente non valgono niente, particolarmente in un momento in cui la disaffezione verso la politica crea astensionismo; mi impone di dire che il Paese potrebbe soffrirne moltissimo.
Quello che dovevo dire io l’ho detto, anzi l’ho scritto, e nessuno potrà dire che non è stato scritto.
Io lascio una testimonianza, perché sono sinceramente convinto che il momento sia grave nel Paese che io amo. 
E a questo potrebbe porre rimedio un gesto nobile, così dovrebbe intendersi, quello di chi, rendendosi conto di questa situazione, della sostanziale ingiustizia, dell’evidente forzatura, del rischio non certo recondito di tensioni sociali, di incomprensioni, di frustrazioni cui potrebbe andare incontro il Paese, decidesse nell’interesse di ogni cittadino di ricorrere al massimo mezzo di espressione della Democrazia, alle elezioni e perciò di FARE UN PASSO INDIETRO E CONSENTIRE AL PAESE DI ESPRIMERSI CON LE VOTAZIONI.


mercoledì 4 settembre 2019

IL POPOLO SOVRANO HA DATO ALTRE INDICAZIONI

Ciò che il POPOLO SOVRANO ha chiesto alle ultime elezioni, corrisponde a ciò che chiede oggi, stando ai sondaggi: una svolta rispetto al governo che ha preceduto le elezioni.
Per questa ragione non è possibile procedere ad un governo che corrisponde a quello che ha preceduto le elezioni, come si sta facendo, e al contempo rispettare la volontà popolare: le due strade non coincidono.
Non piace il governo giallorosso agli italiani, il centrodestra ha un consenso maggiore, un governo sedicente di svolta ha lo stesso primo ministro del precedente, la volontà popolare viene umiliata creando notevole scontento. E' una gravissima responsabilità quella che ci si sta assumendo, che nega l'essenza della Costituzione.
CONTE FACCIA UN PASSO INDIETRO E CONSENTA AL PAESE DI ESPRIMERSI CON LE ELEZIONI PER IL BENE DI CIASCUNO!!!


lunedì 2 settembre 2019

La strada maestra sono le elezioni!

Dove sarebbe il sogno?
Sognare lo scollamento tra gli elettori e i rappresentanti significa sognare qualcosa di negativo. Cambiare non significa cambiare per il meglio; riformare non significa riformare per il meglio. Ricordiamo la lettera della BCE che conteneva i suggerimenti per le riforme? Non erano buoni suggerimenti perché erano suggerimenti dati a beneficio del consigliere e non del consigliato! Chi conduce il Paese in questa direzione si assume una grave responsabilità. L'Italia non è mai uscita dall'Europa, come si sta tentando di far credere. Si tratta semplicemente di decidere se l'Italia debba essere un interlocutore forte o un interlocutore debole per l'Unione europea. Si sta andando verso questa seconda ipotesi; qualcuno sta decidendo al posto degli elettori che l'Italia debba essere un interlocutore debole. Perché? A chi giova? Non giova certo all'Europa dei popoli! Non era quello che aveva chiesto il Paese, il suo popolo sovrano, alle ultime elezioni politiche. Intanto il malcontento serpeggia nel Paese. Ed è per queste ragioni, che è di fondamentale importanza ripristinare il prima possibile la sintonia con gli elettori, e quindi andare il prima possibile ad elezioni. La nostra Costituzione, nella sua essenza, è incentrata sulla sintonia tra il popolo sovrano e i suoi rappresentanti, che deve essere costante. Se non si consente di andare al voto le conseguenza per il Paese potrebbero essere gravissime. I paesi democratici non temono le elezioni.
CHIEDIAMO A GRAN VOCE CHE SI VADA AD ELEZIONI!!!


domenica 1 settembre 2019

Non c'è un clima costituente

C’è un clima pesante nel Paese. Ma per chi ha le proprie energie rivolte alla nascita di un nuovo Governo non è possibile rendersene conto. Per chi lavora in quella direzione si sente un certa euforia. Quando questa euforia lascerà il posto al raziocinio puro e semplice forse ci si renderà conto di aver commesso un grave errore che non fa bene alla Democrazia: quello di esser andati nella direzione opposta a quella che chiedevano i cittadini a gran voce, cittadini che si erano espressi alle ultime elezioni politiche. Non sono cose che fanno bene al Paese. Né è giusto che si debba governare sia quando si vincono le elezioni sia quando si perdono, come molti nel PD sarebbero disposti ad ammettere. È un errore perché questo crea gravi problemi nel Paese e un senso di sfiducia generalizzato nella politica; è un errore perché molti cittadini si chiedono: come potrei mai essere rappresentato? È un errore perché blocca sul nascere alcune interessanti novità, tra le quali una nuova stagione della sinistra, rinnovata.
Per chi crede che l’arco costituzionale abbia bisogno di una sinistra che faccia la sinistra sembrava infatti che si stesse aprendo una pagina forse interessante. Erano anni che l’Italia aspettava una polarizzazione a sinistra del principale partito di sinistra, il PD.
Le accuse recenti e meno recenti rivolte allo stesso, vertevano proprio su questo, che non sembrava più un partito di sinistra. Ora quello che ci si aspetta da un partito che si ripolarizza e si ricolloca nel proprio alveo è di difendere le proprie radici, la Liberazione, la Resistenza, che hanno forgiato l’Assemblea costituente che a sua volta ci ha dato la Costituzione che i pentastellati vogliono calpestare. Pretendere di mettere al primo posto una deforma costituzionale, forgiata in un clima non certo costituente, una riforma che riduce drasticamente la rappresentanza nel Paese, una riforma fatta in tutta fretta, senza lasciare i giusti tempi di decantazione e di sedimentazione delle informazioni, non è nell’interesse dei cittadini.
Mentre sarebbe nell’interesse di una sinistra rinnovata difenderla con vigore.
Ma è normale parlare di riforma Costituzionale in un clima del genere e in un momento del genere?
E poi una persona che giura dinanzi alla Nazione di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le proprie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione, può in un momento che definisce di emergenza pensare di mettere al primo posto del programma una deforma costituzionale?
I cittadini che cosa dovrebbero pensare se li si disorienta sempre con simili incongruenze e incoerenze?
Ed è giusto o non è giusto chiedersi e considerare se i pentastellati stiano progettando una serie successiva di riforme costituzionali per giungere a depotenziare il Parlamneto se non ad esautorarlo completamente, per immettere nel Paese quella che essi designano come democrazia diretta? Consistente mgari nel premere un pulsantino da casa, il famoso voto elettronico, che darebbe sempre l'esito desiderato dai pentastellati stessi?
Essi sembrano avere un progetto, dietro alla deforma costituzionale, assecondarli non sembra saggio.
Per questo, esercitando le mie prerogative di cittadino, esercitando il diritto costituzionale alla libera espressione, desidero affermare con chiarezza che questo nuovo Governo non nasce nel nome di questo cittadino che qui scrive: non nel mio nome! Sono solo un cittadino in mezzo ad altri cittadini i quali sono liberi di pensare ciò che vogliono e di esprimere le proprie idee liberamente quanto me. Ma io mi sento di dover affermare con estrema chiarezza la mia distanza da questa operazione per non essere responsabile di aver dirottato la volontà popolare dove non voleva andare.
E la mia posizione rimane la stessa dall’inizio della crisi e credo che sia la cosa migliore per il Paese: andare il prima possibile ad elezioni per risintonizzarsi coi cittadini.


martedì 27 agosto 2019

La Costituzione e la sua essenza

L’essenza della Costituzione è che la volontà popolare è la sovrana, nel nostro Paese, poiché si dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Vorrei ci concentrassimo sulla questione fondamentale della sovranità. Essa si esprime in modo diretto con le elezioni. Questo dovrebbe spingere le nostre energie a sintonizzarsi in modo particolare, quindi, su ciò che il popolo esprime nelle elezioni, nel cercare di comprendere che cosa esso richieda realmente attraverso il risultato conseguente l’esercizio del voto. Ciò implica un cosciente sintonizzarsi col significato profondo inerente il risultato delle elezioni stesse.
Ora, non c’è alcun dubbio che alle ultime elezioni il popolo abbia chiesto discontinuità col precedente governo che era stato un governo guidato dal Partito Democratico. Questo era talmente evidente che sono stati innanzitutto esponenti del PD stesso a riconoscerlo pienamente, dichiaratamente con grande onestà intellettuale. Dopo poco più di un anno, è difficile pensare che le stesse persone possano aver cambiato idea, sono certo che la pensano allo stesso modo.
Esponenti del PD, avevano cioè dichiarato apertamente che il proprio partito aveva perso le elezioni e che non era giusto governasse.
Naturalmente poi c’erano gli altri, quelli che avevano incrementato notevolmente i propri elettori, che dichiaravano di averle vinte le elezioni, e non credo che sussistano dubbi al riguardo.
Si deve quindi riconoscere, e non riconoscerlo sarebbe un grave errore, che il popolo chiedeva discontinuità col passato, peraltro molto criticato con argomentazioni profonde derivanti da riflessioni ben costruite, e di promuovere un nuovo indirizzo, tra cui doveva esservene uno maggiormente critico nei confronti dell’Unione europea, cosa di cui si sentiva e si sente ancora oggi il bisogno. Per cui rischia di essere un gravissimo errore quello di cercare forzosamente teorie che sembrino plausibili per giustificare la nascita di un governo che non rispecchia la volontà popolare espressa alle ultime elezioni politiche. Si rischia addirittura di fare l'opposto rispetto alle richieste dei cittadini sovrani e questo non può e non deve sembrare giusto per nessuno.


Articolo 1 della Costituzione

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

La esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione sì, ma gli appartiene!

Se veramente vogliamo dare significato a questo concetto fondamentale della nostra Democrazia, se veramente pensiamo che questo sia importante, cioè se condividiamo realmente ciò che siamo chiamati comunque a rispettare per dovere di cittadini e in modo maggiore se abbiamo responsabilità all'interno dello Stato, se crediamo cioè che il popolo sia sovrano, dobbiamo sforzarci di leggere onestamente la volontà del popolo sovrano, perché altri sovrani non ve ne sono nella Repubblica Italiana e perché altrimenti si rischia di ledere uno dei fondamenti del nostro ordinamento giuridico, essendo la Costituzione la fonte delle fonti del diritto, quindi dell'ordinamento giuridico.

Si dice anche: Vox populi, vox Dei!

Per chi crede in questo, non ascoltare la voce del popolo è come non ascoltare la voce di Dio!
Dio ci parla attraverso il popolo. Ecco una ragione ulteriore per ascoltare il popolo.
E mi riferisco in particolare a chi ha una sensibilità e una formazione cattolica, una componente fondamentale della Costituzione.


Per chi non ha una formazione cattolica e predilige una lettura laica, si può considerare anche semplicemente la vox populi, la voce del popolo. Ma essa deve essere interpretata correttamente, in modo imparziale, con coscienza.
Si deve riconoscere onestamente che un governo tra cinque stelle e PD, non corrisponde a ciò che ha chiesto il popolo. Anche il PD lo ha già riconosciuto in passato. Si tratta quindi di ricordarsi quelle opinioni e di renderle attuali. Chiedo quindi per amore di Democrazia, per rispetto dell’essenza della Costituzione, e non di una pura adesione formale, di mettersi una mano sulla coscienza e di convincersi che nello stato attuale la cosa migliore è andare ad elezioni.
 
Chi in particolare cerca di promuovere un nuovo corso nel proprio partito, cercando di polarizzare verso sinistra lo stesso, cerchi di non mostrarsi insensibile a questa richiesta. E si ragioni sul fatto che una vera polarizzazione a sinistra, non può che ricominciare da una adesione all’essenza della Costituzione.
 


il voto è la cosa migliore

È legittimo chiedersi perché c'è chi pensa che la soluzione della crisi passi per il voto, ed è giusto rispondere.
Per capire la ragione per cui il voto sembra essere la soluzione migliore si devono tenere presenti diverse cose.
Intanto: perché la crisi? Forse per un errore di valutazione sulle due forze governative che sembravano compatibili intorno a certi punti ma in vero non lo erano. Bisognava però scoprirlo sul campo.
Durante il corso della legislatura vi è stata una differenziazione dei caratteri od un acuirsi delle differenze già presenti o, per meglio dire, un manifestarsi delle differenze, per cui le due forze hanno manifestato visioni molto diverse. Le differenze appaiono oggi basate su questioni sostanziali e non veniali, che rendono difficile riproporre la stessa formazione. Dopo la divisione ci si è lasciati andare ad espressioni feroci che rivelano sentimenti sopiti non proprio nobili.
Così è divenuto evidentemente impossibile fronteggiare un avversario comune, perché per qualcuno che si voleva al nostro fianco nel fronteggiarlo, quell’avversario semplicemente non è un avversario. Spiace ma si deve tenere conto di questo per non incorrere in errori madornali.
Difficile credere che da un “ritorno di fiamma”, ogni cosa si sbloccherebbe immediatamente, magicamente! Mi dispiace, ma non credo che si sbloccherebbe.
Se vuoi fare certi percorsi devi avere compagni di strada affidabili, i pentastellati non si sono rivelati affidabili: pensano ad altro! Ma non ci è dato sapere esattamente a che cosa. Perché, spiace dirlo, ma l’effetto che produce sugli osservatori e sugli elettori chi si riposiziona continuamente e costantemente è quello di divenire inintelligibile, incomprensibile.
Prima “no euro”, adesso “sì euro”; prima a difesa delle rivendicazioni dei no vax, adesso a difesa dei vaccini obbligatori; prima “eurocritici”, adesso convinti assertori dell’asse francotedesco. Altre considerazioni: primarie discutibili, e sorprendente passaggio da “uno vale uno” a “c’è uno che vale più degli altri”. Così non va bene.
Per una forza politica che chiedeva addirittura il vincolo di mandato, l’impressione che si è avuta è stata un’altra: che si volessero sfruttare cinque anni senza vincolo di mandato per riposizionarsi su tutto e fare quello che passa per la testa o che fa comodo al momento.
E’ difficile ipotizzare che, chi in Europa asseconda l’asse tra Parigi e Berlino, possa essere disposto a votare le riforme sulla Banca d’Italia. Ci sono leggi, come quelle sulla proprietà pubblica dell’oro che giacciono nelle commissioni presiedute dai pentastellati, perché? Probabilmente perché non si pensa ai cittadini, contrariamente a quello che si ama dire spesso, come un mantra ormai svuotato di senso, ma a fare strategia e questo nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore verrebbe da chiedersi: a chi vorrebbero appartenesse l’oro?
Queste cose sono il segno di una divergenza profonda. Chi non vuole vedere questa divergenza sbaglia perché rischia di procrastinare una situazione difficile che riproporrebbe problemi su problemi in ogni momento. 
Quando c’è un divorzio è difficile che la colpa stia solo da un lato ed errori sono stati compiuti da entrambi i contraenti del famoso contratto probabilmente. Ma non sembra che sussista alcun dubbio che chi più ha destato stupore sono stati i pentastellati.
In ogni caso, per questo e per molte altre cose l’alleanza si è resa difficile.
Da cui la crisi.
La coalizione fra un partito profondamente critico e uno che critico sembrava ma poi non era è andata in crisi! La vicinanza tra Lega e pentastellati è stata una cartina di tornasole che ha rivelato la vera natura di questi ultimi. Adesso la confusione è tanta sotto il sole e sembra sussistere un’unica soluzione veramente efficacie per affievolire gli animi esacerbati: andare ad elezioni subito!
È un giudizio espresso da cittadino libero, è una opinione che la Costituzione abilita a rilasciare.
In ogni caso il voto non è mai stato escluso dalle ipotesi del Presidente della Repubblica.
Egli sa che per la Lega la prima opzione è il voto, che Fratelli d’Italia vuole il voto, che Forza Italia vuole il voto, che il PD è pronto al voto anche se cerca soluzioni alternative “ma non ad ogni costo”, che il movimento cinque stelle ha dichiarato di non temere il voto, che una vasta percentuale di cittadini vogliono il voto.
Vi è chi sta raccogliendo firme per andare ad elezioni anticipate e incontra elettori del cinque stelle, delusi e offesi dai continui riposizionamenti o dai tatticismi spregiudicati di coloro a cui avevano dato fiducia, una fiducia che sentono tradita.
È giusto andare al voto perché i cittadini che vogliono il voto complessivamente sono molti, c’è chi dice il 72% degli italiani, anche se francamente mi sembra troppo alta come percentuale, forse perché presa da ambienti già in un certo qual modo polarizzati in una certa direzione. Però è quasi certo che la percentuale si collochi tra il 50 e il 60 %, ed è una percentuale alta, più della metà degli italiani. Che peso dare ai sondaggi?
Quello giusto, quello di indicatori. Non è giusto muoversi sulla base dei soli sondaggi, non siamo in una sondaggiocrazia! Ma qui c’è molto altro!
Si dice anche che i sondaggi lascino il tempo che trovano ma poi ciascuno di noi li guarda.
Sarà dunque vero che non si va a votare ogni volta che cambiano i sondaggi, sarebbe pazzesco, ma è senz’altro vero che i sondaggi cambiano per qualche ragione e che non si può evitare le elezioni solo per sfuggire al giudizio degli elettori che intendono esprimere queste ragioni.
Non lasciarle esprimere è pericoloso!
Sandro Pertini, forse il più amato dei nostri presidenti, ha affermato che: “Quando un governo non fa ciò che vuole il popolo, va cacciato via”. E’ un modo per dire che il popolo è sovrano, come dice la Costituzione! In Spagna non desta scalpore che si voti molto spesso, quasi ogni anno di recente.
Certamente il Presidente della Repubblica ha presente la situazione. Sa quindi che la popolazione è in massima parte disposta al voto, che i partiti politici sono disposti al voto. Oltre a ciò, sa che la chiarezza richiesta non è arrivata e a niente vale la chiarezza simulata, che non può essere presa come prova di un governo stabile. Si sono tentate soluzioni alternative ma purtroppo non ce ne sono di risolutive che possano garantire una stabile legislatura.
Risultati quindi in grado di garantire una lunga legislatura non ce ne sono. Aumenta la rabbia, aumenta la frustrazione, il senso di essere stati in qualche modo gabbati, traditi, derisi, offesi. All’interno dei vari partiti aumentano le divisioni interne. Il clima è pesante, la gente disorientata, e non è l’effetto del sole estivo. 
La maggioranza della popolazione chiede di esercitare un giudizio attraverso il voto.
Non sembrano sussistere particolari ostacoli affinché questa opzione del voto possa realizzarsi.


lunedì 26 agosto 2019

Facciamo chiarezza intorno ad alcuni vocaboli equivocaboli

Cerchiamo di fare chiarezza intorno a vocaboli e concetti che stanno diventando di uso comune poiché vi è l'impressione che spesso vengano travisati.
I sovranisti non vogliono essere sovrani degli altri ma di se stessi.
Dovremmo sgomberare il campo da interpretazioni sbagliate, anche sul vocabolo “nazionalisti” e da troppo facili associazioni tra questo vocabolo e l'altro.
Chi parla di nazionalisti, si riferisce generalmente ai nazionalismi storici, quelli del passato, quelli che incoraggiavano il dominio su altri popoli, che consentissero di divenire sovrani di altri popoli. Da cui la confusione sul vocabolo “sovranista”. Ma i nazionalismi di oggi, sempre ammesso che li si possa definire tali, sono “nazionalismi di difesa” e i sovranisti non si definiscono tali perché vogliono divenire sovrani di altri popoli ma semplicemente perché desiderano essere sovrani di se stessi. In altre parole, vogliono essere liberi, come li vuole la Costituzione. E questo perché si sono accorti che rischiano di non esserlo più, liberi. In ciò vi è una perfetta rispondenza al dettato costituzionale che indica il popolo come sovrano e che, al contempo, dichiara di rifiutare la guerra come sistema per la risoluzione delle controversie internazionali. E infatti i sovranisti usano entrambe le idee esposte. Si può discutere a lungo, quindi, di quanto sia effettivamente meritorio, auspicabile, opportuno, essere sovranisti o no, ma non si può equivocare e confondere l’essere sovranisti con l’essere aggressivi, belligeranti, tesi al dominio degli altri popoli, come erano i nazionalismi storici, del passato. C’è una bella differenza nel sovranismo che difende la propria identità, le proprie prerogative, le proprie caratteristiche, la propria cultura e la propria storia, che vuole gli uomini liberi, c'è una differenza, si diceva, far questi e i nazionalismi di attacco, quelli aggressivi verso gli altri, verso l'esterno, che volevano dominare altri popoli, accompagnati spesso da un'idea di superiorità da manifestare anche con le armi. Non è proprio la stessa cosa, anzi, siamo di fronte a due cose completamente diverse.
Per questo, e per altre ragioni di cui non è possibile argomentare in questa sede, si può ritenere che sia del tutto da escludere che esistano in questo momento energie e forze in grado di riproporre gli errori e gli orrori del passato, e certe paure risultano esagerate, particolarmente se derivano da un fraintendimento che sussiste circa il vocabolo sovranismo. Non c'è pericolo che questi errori possano scaturire da forme di pensiero che difendono l'uomo libero, come lo vuole la Costituzione. Né siamo di fronte ad una riproposizione del fascismo che negando l'uomo libero, nega espressamente il sovranismo che invece lo difende. Al contrario di quello che qualcuno può pensare, le forze sovraniste, sono forze di difesa, che vogliono uomini liberi e non schiavi. Sì, i sovranisti non vogliono gli uomini schiavi, neanche di formule e teorie assurde o di algoritmi che vengono promossi e sospinti anche mediaticamente, quasi come circuiti stampati da immettere nel cervello delle persone. I sovranisti cercano esattamente di evitare di essere dominati da altri, quelli sì aggressivi, con teorie mai messe seriamente in discussione dal potere perché funzionali ad imprimere nei governi nazionali pesanti restrizioni e feroci ricatti, teorie che sembrano innocue ma che, generando effetti paragonabili a quelli di una guerra, evidentemente tanto innocue non sono.
Gli errori del passato non tornano se usiamo le difese immunitarie che si sono create affinché non tornino. Queste difese sono nella Costituzione e vi sono state immesse dalla saggezza dei padri costituenti verso i quali va il nostro grazie, e una di queste è il voto, massimo esercizio democratico del popolo sovrano.

Della crisi

Una grande confusione regna in Italia in questo momento. Con la crisi di governo e il tempo dato a disposizione dal Capo dello Stato che passa, la tensione cresce, è in atto una guerra dei nervi, i pensieri corrono veloci, si accavallano, si contraddicono, affermazione, negazione, generando anche una confusione interiore. Cosa fare? È umano e comprensibile considerare, in una situazione simile, posizioni che si erano escluse dall’inizio ma ciò lo si deve probabilmente a tentazioni improvvise, a cedimenti, a pensieri veloci. Purtroppo in situazioni simili è facile vedere la luce là dove invece è l’ombra e viceversa. Lo comprendo negli altri, lo comprendo anche in me. Ma per questo è bene, per quanto mi riguarda, mantenersi coerenti con le idee espresse dall’inizio di questa crisi. Penso che la coerenza, nei momenti di tensione, sia una strada sicura, maestra. I cittadini hanno peraltro bisogno di una visione chiara. La mia idea rimane la stessa e ne sono maggiormente convinto adesso di prima, forse proprio perché ogni soluzione crea notevole scontento in larghe fette della popolazione. La vera soluzione, quella veramente giusta, che placa gli animi e restituisce il sereno, è rappresentata dalle elezioni. Esse ristabilendo l’asticella alla giusta altezza, riallineando la politica col popolo, invitato a giudicare la situazione in corso, ristabiliscono la giusta sintonia, placano gli animi e fanno chiarezza.
 


sabato 24 agosto 2019

La mia posizione non cambia

Le elezioni non sono solo auspicabili, sono possibili e sono l’unica soluzione che possa far tornare realmente il sereno nel Paese deluso e dilaniato. Percentuali molto alte di italiani sono per le elezioni si parla del 72% e questo non si può ignorare. Le divergenze mostrate in Europa tra Lega e pentastellati non erano generate semplicemente dal Primo ministro Conte, come si vorrebbe troppo semplicisticamente avallare, ma riflettevano una vocazione grillina che si è manifestata alla luce del giorno e che si sposava bene anche con la visione del Primo ministro probabilmente, ma che anche da sole avrebbero dato gli stessi risultati. Esse non sono purtroppo rivedibili, avendo già generato una divisione profonda come riconosciuto da leghisti di prestigio e questo è chiaro per tutti, non si può fare finta di niente! Sono il segno di una divergenza profonda. Chi vuol far finta di non vederle sbaglia perché rischia di procrastinare una situazione difficile che riproporrebbe problemi su problemi in ogni momento.  Il voto invece è sempre, comunque la si pensi, un modo per risintonizzare il Paese con i cittadini e la volontà popolare del popolo sovrano.
Mi dispiace ma stavolta per la prima volta mi trovo in disaccordo con le idee di Paolo Becchi, che stimo molto, ma che secondo me in questa occasione sta sbagliando e l'errore potrebbe essere significativamente importante. A che giova procrastinare una situazione divenuta difficile per una autentica differenziazione di vedute? A niente! Poco oltre saremmo sempre lì, allo stesso stallo ed anzi, potrebbe essere maggiormente difficile. Dare la colpa al Primo ministro dimissionario è una spiegazione troppo semplicistica che non fa quadrare la situazione.

giovedì 22 agosto 2019

Seminatori di zizzania

Abili seminatori di zizzania cercano lo scompiglio, con abili mosse, tecniche psicologiche e trappole varie. Quello in cui credo non l’ho solo detto, si può leggere nell’articolo precedente. E’ ciò a cui credo.
Si può riassumere così: l’esperienza al Parlamento europeo ha dimostrato in maniera inequivocabile una differenziazione caratteriale tra due forze che sembravano coese anche in una linea comune di tipo sovranista, la Lega e il movimento cinque stelle. Purtroppo ci si è dovuti accorgere che non c’è una convergenza vera, circa il modo di intendere il sovranismo, il che implica qualche problema nella linea da tenere in Europa ma anche in Italia, come chiaramente indicato per esempio dal senatore Bagnai, leghista. E’ difficile pensare di proseguire una convivenza quando si evidenzia una così radicale differenziazione caratteriale, un così radicale cambiamento in una linea politica, linea che formava anche una coesione interna, nella nostra Nazione, ma che non è più presente. Essere realisti significa rendersi conto che questa linea ormai non c'è. Se si poteva continuare insieme si potevano trovare prima le ragioni per farlo. Invece è vero, e tutti lo capiscono, che ormai le divergenze sono troppe e la convivenza impossibile. Tentare un esperimento di riunificazione sarebbe un tentativo non lungimirante che tenderebbe semplicemente a procrastinare una situazione oggettivamente difficile. In pratica non sarebbe risolutivo e molti lo pensano.
Molte forze politiche vogliono dichiaratamente optare per le elezioni ed è perfettamente comprensibile. Anche la Lega stessa e il PD si sono detti pronti alle elezioni. Se c’è convergenza su questo, e le forze che lo chiedono sono molte, il momento è giusto anche perché niente come le elezioni può costituire un bagno di salute che riporta l’asticella in sintonia col Paese. Questo rappresenta un bene per chiunque e questo farebbe in modo di restituire il sereno nel Paese. Viceversa, non si sa.
Che il momento sia giusto per le elezioni lo si capisce anche dal fatto che in questo momento c’è un consistente scollamento nella rappresentanza che altera il rapporto tra la volontà popolare e la rappresentanza stessa. Molti elettori non si sentono più rappresentanti dalle forze che hanno votato e da cui, per qualche ragione, sono stati delusi, redistribuendosi i modo diverso. Ma questa redistribuzione non è rappresentata. Con le elezioni non si sbaglia mai. Potrebbe anzi essere un errore non ricorrervi.
Questa era la mia idea ieri, questa è la mia idea oggi, malgrado il lavorio dei seminatori di zizzania.




martedì 20 agosto 2019

Crisi

C'è da dire che un governo che non trova la sua coesione nei successi comuni del recente passato, di cui si è voluto disfare, in una linea dialettica comune in Unione europea, e intorno a questioni particolari nel nostro Paese, ha perso la sua ragion d’essere e si deve prenderne coscienza. Può essere che un compagno di strada si trasformi strada facendo e che all’inizio manifesti una certa fisionomia e poi ne manifesti un’altra. Questo crea sempre scompiglio e si dovrebbe chiedersi: chi è responsabile di questo scompiglio? A testimonianza di tale scompiglio c’è una fuga di elettori consistente di cui si è preferito non parlare, il che rappresenta sempre un errore. Sono milioni di persone, di cittadini che si sono sentiti delusi, per qualche ragione non approfondita, dal movimento cinque stelle. E’ stato opportuno non chiedersi il perché? C’è stato un cambiamento, una differenziazione caratteriale e probabilmente una separazione consensuale è la cosa migliore. Non è possibile ipotizzare una visione comune in Europa tra Lega e movimento cinque stelle. Si evince da questo, che uno coerentemente non sostiene l’asse che porta a politiche austere e deflazionistiche e l’altro contrariamente le sostiene, facendo stupire i propri elettori. Come si fa a non riconoscere questo stato di cose? È evidente per chiunque.
Ci dispiace ma non è chiaramente possibile tornare ad avere una visione comune in Europa. E’ inutile fare finta di non vedere. E questo rispecchia le difficoltà che ci sono anche all’interno, in Italia, dove si possono incontrare giudizi secondo i quali chi sostiene un’alleanza europeista con Prodi e Renzi non potrebbe consentire il sostegno a certe iniziative, riguardanti leggi proposte dalla Lega per esempio sulla riforma di Banca d’Italia e sulla proprietà statale dell’oro. Situazione che in effetti si sta verificando in una commissione presieduta dai cinque stelle. 
Si deve guardare il dato reale e considerare che procrastinare non serve al Paese.
La maggioranza dei partiti politici è disponibile a nuove elezioni, che rappresentano il massimo esercizio civico di un cittadino e possono servire a rasserenare gli animi. Perché la situazione sembra molto tesa nel Paese e questo esercizio civico che ci ricorda che il popolo è il solo vero sovrano nella nostra Repubblica democratica, può contribuire a far tornare il sereno.
Ricuciture pronte a riscucirsi subito dopo non servono. Molte cose invece sono possibili quando ci si mostra coerenti con le proprie iniziative.
La Costituzione ci fa liberi di esprimere i propri pensieri, a maggior ragione se ciò è nell’interesse del Paese che sulla Costituzione che fa del popolo il vero sovrano si fonda.
La mia posizione in ogni caso desidero che sia chiara: la cosa migliore per il Paese è quella di andare ad elezioni il prima possibile.


lunedì 19 agosto 2019

Una riforma propedeutica all'abolizione del Senato

Con questa riforma costituzionale si stanno preparando gli argomenti per l'abolizione del Senato della Repubblica Italiana, in una successiva rifrma costituzionale.
A pensarci bene, infatti, al movimento cinque stelle non era estranea l'idea di abolizione del Senato.
Ora, le opinioni sono legittime e rispettabili, anche quella di abolire il Senato, ma devono essere discusse e diffuse , non relegate in una strategia di nascondimento. Quello che dispiace è che a una riforma costituzionale così importante non vengano dati i tempi per una meditazione profonda e compiuta e per informare adeguatamente il popolo. Purtroppo questo sembra fatto di proposito e in questo una qualche responsabilità sembrano averla proprio i cinque stelle.
Anche la fretta con cui è stata calendarizzata questa riforma sembra dipendere proprio dal movimento.
Se dunque le opinioni sono rispettabili e legittime, meno legittimo pare essere per un movimento che dice di essere sintonizzato con i cittadini e di essere contro la casta, sembra essere l'adozione di una strategia tipicamente da casta, che nasconde i veri obiettivi, che non informa il popolo e rende meno intelligibile anche a deputati e senatori leggere una riforma costituzionale complessa, che necessitava di tempi maggiori di meditazione e di sedimentazione delle informazioni.
E' plausibile che per molti deputati e senatori certe riflessioni non ci sia stato il tempo di svolgerle in modo compiuto.
Adesso si dirà: ma cosa c'entra l'abolizione del Senato con questa riforma? Ne sembra propedeutica, questa la risposta in sintesi.
Rendere maggiormente simili Camera e Senato, anche se rimangono diversi perché ciascuna controlla l'altra, sembra propedeutico a questo. così come propedeutico a questo è l'assenza dell'abolizione del pareggio di bilancio in costituzione in questa riforma, argomento che verrebbe usato come scusante per inscenare una succesiva riforma costituzionale.
Questa riforma costituzionale tra i vari difetti che ha ne ha uno in particolare che si evidenzia, è che sembra essere fatta per rendere appunto il Senato il più possibile simile alla Camera dei deputati, con la diminuzione dell’età degli eletti e degli elettori, con ogni probabilità per offrire successivamente l’opportunità di argomentare che sono talmente simili che vale la pena togliere il Senato.
Un parlameneto con meno rappresentanti del popolo, e quindi maggiormente controllabile dall'esterno, potrebbe proporre quindi una successiva riforma costituzionale per procedere con l'annullamento del Senato.
Ma il Senato nasce a Roma, è la storia d'italia, uno dei suoi motivi di orgoglio, è la tadizione del diritto romano, uno dei suoi simboli, è presente nelle maggiori democrazie del mondo e ad esse ricorda la storia d'Italia. Sarebbe paradossale abolirlo proprio in Italia dove esso nasce. Molti all'estero ne trarrebbero una conclusione significativa: che un popolo che abolisce la sua storia non a cuore se stesso ed è pronto ad essere colonizzato culturalmente e politicamente, altro che sovranismi.
I veri sovranisti, e ce ne sono, pensino a queste cose.
Un sovranista deve avere a cuore la storia d'Italia, i suoi motivi di orgoglio, la sua cultura, i suoi simboli. Prima di commettere clamorosi errori, prima di fare passi falsi, occorre riflettere, ma le riforme fatte in fretta non danno il tempo di riflettere. Queste astuzie non sono in sintonia coi cittadini ma al contrario, con l'intento di nascondergli qualcosa. Si ragioni anche sulle modalità con cui questa riforma è stata portata avanti, con una velocità senza pari. La fretta è una cattiva consigliera, non fa pensare, è un errore proporre una riforma in questo modo. Come cittadino italiano che ama la sua Nazione e ne desidera il meglio, conformemente alla Costituzione e nell'esercizio del diritto di espressione, sento mio dovere informare di queste idee i miei concittadini e partecipare al dibattito
sulla riforma costituzionale, visto che non ho potuto farlo durante un impegnativo anno di lavoro in tre plessi, offrendo spunti di riflessione.