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giovedì 31 dicembre 2015

Se ci tieni alla tua cultura, dillo in italiano!!!

Dunque sta per chiudersi il settecentocinquantesimo anniversario della nascita di Dante. Abbiamo già detto che era un anniversario da vivere con intensità, a caratteri cubitali, nella riscoperta della cultura e della lingua italiana.
Poteva essere l'occasione per iniziative straordinarie, anche per chiedere che la lingua italiana divenisse lingua ufficiale dell'Unione europea, per esempio.
Ma se siamo i primi a dimenticarci della nostra lingua, chi ci prenderà mai sul serio di fronte ad una simile proposta? Se siamo i primi a preferire un'altra lingua alla nostra, nessuno ci prenderà sul serio!
Si parla tanto di cultura e si dice di volerla incentivare ma come possiamo crederci quando l'immagine di Dante è stata completamente eclissata in un suo importante anniversario?
Come possiamo crederci quando invece della sua lingua si usano espressioni prese altrove?
Si parla tanto di incentivi alla cultura, anche recentemente, ma se da questi incentivi togliamo il sapore decisamente elettorale che cosa ne rimane? E' davvero diffondere la cultura questo?
Che siamo eccessivamente esterofili lo sappiamo, ma almeno a livelli istituzionali dovremmo sforzarci di parlare la nostra lingua, anche semplicemente per essere comunicativi, per esprimersi bene, per il diritto che hanno i cittadini ad una informazione chiara, riconoscibile, immediata.
Sono moltissimi i significati che sfuggono alla maggior parte delle persone quando invece della nostra lingua ne usiamo un'altra anche per brevi espressioni. Questa è una questione della massima importanza, molto sottovalutata, particolarmente per chi pensa di voler incentivare la cultura. Incentivare la cultura e disincentivare la comprensione viaggiano decisamente su direttrici opposte e inconciliabili.
Così ci viene di accogliere a braccia aperte un progetto che si fa carico di queste problematiche, un progetto che se non erro si chiama proprio:“Dillo in italiano!” Nota bene: sono tutti e tre vocaboli italiani! Incredibile di questi tempi, ma vero! Il progetto parte dalla constatazione che le cose sono per l'appunto più comprensibili per un italiano quando sono dette e scritte in lingua italiana (strano ma vero!), per cui si auspica che a tutti i livelli, ma soprattutto a livelli istituzionali, a livelli alti, particolarmente nella redazione delle leggi e affini, nei messaggi delle istituzioni di carattere nazionale, che il linguaggio sia esclusivamente italiano, poiché il cittadino ha diritto soprattutto ad una corretta informazione e quindi a comprendere bene qualsiasi tipo di testo destinato a lui.
Un progetto decisamente ed effettivamente lodevole quest’ultimo!
Invece ribadiamo che anche nel settecentocinquantesimo della nascita di Dante, la sua immagine (e con essa la sua lingua) è stata variamente offuscata, annebbiata, appannata, chissà, forse da una nuvola…speriamo sia passeggera... Dante è stato proprio esiliato due volte!


Dante esiliato due volte

Dante è stato esiliato una seconda volta.
Quanti vorrebbero avere tra i propri poeti e letterati un Dante Alighieri?
Molti, si potrebbe dire senza tema di smentita, e non ce l'hanno! Verrebbe da chiedersi tuttavia che tipo di festeggiamenti sarebbero stati messi in atto in un qualsiasi altro paese se Dante appartenesse come nascita e cultura a quest'altro paese. Vi è da immaginare che ve ne sarebbero stati molti di festeggiamenti, di molto importanti, di grande risonanza anche internazionale.
Invece in Italia il settecentocinquantesimo della nascita di Dante è passato via senza che quasi ce ne siamo accorti, senza che quasi sia stato sottolineato un evento che capita una sola volta nella vita. Qualcosa è stato fatto, si parla per esempio di scoperte di affreschi che lo ritrarrebbero con fattezze diverse, cioè senza il naso aquilino ma, al contrario, ben dritto.
Una vera curiosità, una scoperta interessantissima senza ombra di dubbio, di cui aspettiamo conferme. Ma è comunque poco rispetto a quello che si poteva ipotizzare per un personaggio dello spessore di Dante, che è considerato il padre della lingua italiana e uno dei padri della letteratura europea.
Forse è meglio dimenticarsi di Dante? O fare finta di dimenticarsene?
Che scopo potrebbe avere fare finta di dimenticarsene?
"Se ce ne dimentichiamo, qualcuno forse ce lo rimprovererà, e così avremo una ragione per dare addosso a questo qualcuno". Come si chiama questa? Tecnica dell'autobiasimo? Forse sì, forse no...
Intanto, siamo sicuri che funzioni proprio così? Siamo certi che è questa la funzione di tale tecnica?
E soprattutto, a chi giova? Chissà, forse a qualcuno giova, ma non certo all'Italia. né agli italiani.
E chi ha suggerito una tecnica del genere, chi ha dato questo consiglio? Qualcuno che ama l'Italia? cetamente no! Chi ha dato questo consiglio, se non è italiano (come possiamo ipotizzare), ci gudagna due volte a vederselo applicare:
la prima, perché l'Italia perde una occasione di presentare il meglio di sé; la seconda, perché si creano le premesse di dispute intestine sul perché di tale dimenticanza con agiunta di dinamiche poco edificanti.
Occorre una certa attenzione per sfuggire a questi consigli che sono evidentemente consigli senza coda, che sono quei consigli cioè dati a beneficio del consigliere e non del consigliato.
Si parla tanto di cultura, di identità, e poi ci si dimentica di un' anniversario del genere! E semplicemente inaudito! Ci si dimentica già, e magari per avere una buona scusa per dare addosso a qualcuno. Non c'è che dire, (scusate l'ironia) è decisamente un nobile scopo che fa onore alla nostra nazione.
E' più bello sentirsi furbi forse, per aver attuato una qualche tecnica di questo tipo, che cercare del cemento comune, per cementare un popolo che ancora non riesce a fare corpo comune, che non si sente nazione, che non apprezza la propria cultura tant'è che soffre di esterofilia cronica.
Dante, esiliato due volte, e pare paradossale che ciò avvenga in un momento in cui la Toscana ha esponenti politici ai vertici delle istituzioni.
Forse siamo di fronte a dei maestri della tecnioca dell'autobiasimo. Ma credo che ai vertici delle istituzioni  si sia poco sintonizzati col Paese e con le sue reali esigenze. Anche la distanza dal Paese della Leopolda lo dimostra, del resto, in modo abbastanza inequivocabile. Autoincensarsi da se stessi, senza veri confronti, escludendo le critiche, offre come effetto collatereale l'isolamento dal Paese reale, non c'è dubbio.
Vi è un crescente divario, un netto scollamento tra il vertici del Paese e i cittadini, e il Paese reale, ed anche questa dimenticanza (quella di Dante) lo dimostra purtroppo in modo inequivocabile. Oppure si tratta di una grandiosa tecnica messa in scena per nobili scopi...  
E chissà se la distorta tecnica dell'autobiasimo andrà in porto! Forse (scusate l'ironia) ne valeva proprio la pena, di applicarla!
Le altre nazioni stanno a stento trattenendo le risa...
Ma io veramente penso di no, penso che non ne valesse proprio la pena e che sarebbe stato meglio un atteggiamento diverso, e magari rischiare di eccedere coi festeggiamenti, piuttosto che fare passare l'anniversario così, un poco in sordina...Così passa in sordina e se ne va, il settecentocinquantesimo anniversario della nascita di Dante...e non tornerà, potete scommetterci!

lunedì 28 dicembre 2015

Crisi bancarie, pseudo cultura di classe, direttive eurpee e parlamenti fantasma! E l'Illuminismo?

Il 2015 si conclude con uno smacco perpetrato a migliaia di cittadini, quelli che erano stati sospinti a sottoscrivere investimenti attraverso le obbligazioni subordinate. E' da tempo che, sotto vari sforzi, si sta cercando di far comprendere che l'importanza di una banca risiede nella possibilità di redistribuire la ricchezza che in essa viene depositata per essere destinata a promuovere iniziative, imprese, realtà che possano costituire una possibilità di sviluppo per il territorio. La forza delle banche consiste nel sostenere l'economia reale. Invece purtroppo molte banche hanno ceduto alla tentazione di fare finanza, ed hanno finito per incentivare l'acquisto di titoli tossici, subordinati, ad alto rischio, senza per altro informare adeguatamente il cittadino correntista, in procinto di fare investimenti, sui rischi reali.
Questo è avvenuto presumibilmente illustrando essenzialmente il rendimento (in termini percentuali) del titolo acquistato ma omettendo di inserire il denominatore di questa cifra, quello che si riferiva alla pecentuale di rischio.
In altri termini il rendimento di un titolo non è mai soltanto un numero intero razionale, ma una frazione, fatta cioè da un numeratore e da un denominatore. E' da questa divisione che si ottiene il reale rendimento, ma esiste anche il rischio di perdere il denaro investito. Tutte queste cose nella maggior parte dei casi non vengono adeguatamente espresse all'ignaro acquirente. Ed ecco che così si creano di queste situazioni.
Il fatto è che sussiste una cultura (in senso antropologico) della divisione, una cultura che sospingere a dividere le persone le une dalle altre anche attraverso la divisione tradizionale in classi sociali ma anche attraverso un supplemento di argomentazioni e disposizioni d'animo tendenzialmente razziste, che spingono a vedere il cliente non come una persona da rispettare, come un essere umano dotato di una propria dignità ontologica, bensì come il "pescie piccolo" o, peggio ancora, come il "tacchino da spennare".
Si inculca il concetto naturalistico secondo il quale il pesce grande mangia il pesce piccolo, e che sarebbe un guaio se succedesse il contrario, per cui nessun tentennamento, quando c'è da miangiare si deve mangiare, per evitare il fatidico ed imbarazzante rischio che succeda il contrario o che un pesce della tua stessa taglia si mangi il pesce piccolo al tuo posto, beffandoti e, magari sbeffeggiandoti.
E' un po' questa la scala culturale e la scala dei valori sulla quale taluni (forse molti) si dispongono a giocare con la vita di altri esseri umani, regredendoli (del tutto innaturalisticamente per altro)  innanzitutto a pesci o a tacchini.
La cosa è probabilmente molto più diffusa di quanto si possa immaginare e vi è chi diffonde queste idee ad arte. Se esitesse ancora un senso di appartenenza ad una nazione, ad una cultura, si potrebbe cercare di fare leva sui concetti di cittadinanza, di destino comune, di legalità, di principii costituzionali, di leggi, di giustizia, per arginare il fenomeno.
Purtroppo però anche questi concetti subiscono una graduale erosione sospinta, volenti o nolenti, consapevoli o no, dalla retorica dell'internazionalismo, sulla scorta della quale si perdono di vista fattori essenziali per l'identità culturale, compresa la lingua.
Così non c'è da stupirsi se migliaia di cittadini vengono letteralmente fregati. Quello che invece riesce ancora a stupire è che di fronte alle responsabilità di salvataggi dalle opinabilissime modalità, chi le mette in campo invece di assumersi le responsabilità, si fa schermo nientemeno che con l'Unione europea additandola come la cattiva di turno che ha imposto le pessime direttive:
"abbiamo semplicemente adottato le direttive europee" si va dicendo.
Ora, posto che ciò è stato addirittura smentito, cioè che le direttive eurpee non impedivano di fare ricorso (non sto a dilungarmi) se anche le direttive eurpee avessero imposto dei salvataggi di tale genere ci sono almeno due immediate obiezioni che si sarebbero potute fare:
a) le direttive europee si fanno forse da sole? L'Italia ha dei rappresentanti all'interno degli organi europei che promuovono e formulano le direttive? E se l'Italia ha dei rappresentanti perché tali rappresententi non hanno fatto delle obiezioni a tali direttive? perché non sono stati proposti dei miglioramenti?
b) le direttive europee possono anche essere non votate dal Parlamento, possono essere bocciate.
Se l'Ue, si è resa rea di una direttiva che non va bene (alibi dietro al quale si trincerano i politici governativi)perché gli stessi politici non hanno invitato i propri parlamentari a non votare simili direttive, a non approvarle, a non recepirle?
Quello che emerge in sostanza è una responsabilità politica grandissima, di cui però non ci si fa carico minimamente ed in alcun modo preferendo poco dignitosamente scaricare il barile sull'Ue.
Da qui emergono tante altre possibili riflessioni; una tra le altre è quella secondo la quale si evince che dalle interviste televisive nelle quali si accusa l'Ue invece di assumersi le responsabilità, l'intervistato aspira ad essere ascoltato da un telespettatore modello (secondo il modello sperato) che recepisca il messaggio che in Europa le direttive si fanno da sole, e che il Parlamento Italiano non può che approvarle, così lo stesso non ha la benché minima responsabilità quando le recepisce senza battere ciglio.
Invece esiste anche il NO, i famosi No che fanno crescere, ma che questo Governo non è assolutamente in grado di pronunciare, rinunciando così di fatto (purtroppo) a occasioni d'oro per far progredire in un senso democratico l'Ue stessa.
Ne deriva anche che certi politici governativi, gli stessi che avrebbero la responsabilità di formare le coscienze dei giovani, dei cittadini del futuro, anche attraverso la scuola, gli stessi che dovrebbero istruirli ad uno spirito critico e indipendente (secondo ogni buona didattica), sono esattamente gli stessi evidentemente che sperano invece che essi non comprendano che in Europa le direttive non si fanno da sole, sono gli stessi che sperano che i cittadini, giovani e meno giovani, non comprendano che il Parlamento non è svanito nel nulla come un fantasma, sono gli stessi che sperano che i cittadini non comprendano che il Parlamento ha approvato le direttive, mentre avrebbe potuto anche non farlo.
L'alibi dell'Ue per questa vicenda è obiettivamente molto poco dignitoso, parla da solo. E questo sospinge ad una ulteriore ultima riflessione effettivamente poco rassicurante: chi spera che i cittadini (anche quelli del futuro, quelli in fase di formazione all'interno delle scuole) non capiscano, non comprendano, come può desiderare di istruirli? Anche questo è un conflitto di interressi! Chi spera che i cittadini pensino che le direttive europee si fanno da sole, come per magia, spera evidentemente di offuscare un dato reale, un dato di fatto, o di avere spettatori dalla mente annebbiata, ottenebrata, e in questa speranza non c'è nulla ma proprio nulla chiaramente di illuministico poiché l'illuminismo non ottenebra ma, al contrario, illumina, come dice esplicitamente la parola stessa.
Giova talvolta, come in un giubileo, tornare alla radice dei significati, alla fonte, all'origine del senso delle cose per collocarle al proprio posto e metterle in una giusta prospettiva.

mercoledì 2 dicembre 2015

Del Fondo unico europeo

Se ciò che è stato approvato con il Fondo unico europeo (Fondo unico europeo di risoluzione delle crisi bancarie), obbliga veramente tutti gli istituti bancari ad intervenire nel salvataggio delle banche in difficoltà, la domanda che  sorge spontanea è: che fine fa la concorrenza?
Anche il sistema bancario infatti ha un mercato e vive di concorrenza.
Scelte sbagliate da parte della dirigenza potrebbero costituire l'insuccesso di un istituto bancario, così che  un istituto concorrente potrebbe avvantaggiarsi rispetto al primo perché ha fatto magari delle scelte migliori e il mercato lo ha premiato. Questa è la logica del mercato. Chi crede nel mercato dovrebbe credere nella concorrenza, ma chi fa scelte in contrasto con la concorrenza, come in questo caso, non è credibile (o non dovrebbe esserlo) quando afferma di credere nel mercato. Ed in questo caso, cioè nel caso del Fondo unico europeo, non sembra proprio di assistere a scelte che premino le logiche di mercato.
Se tutti gli istituti bancari sono obbligati a salvare tutti gli istituti bancari, le scelte dei dirigenti dei vari istituti vengono in qualche modo deresponsabilizzate poiché qualsiasi sia la scelta e del tutto indipendentemente dal premio o dal castigo che il mercato stabilirà spontaneamente rispetto a questa scelta, l'istituto potrà godere della certezza del salvataggio. E' abbastanza logico presumere che le scelte sbagliate si moltiplicheranno.
Le banche credono o non credono nel mercato?
Per strano che possa sembrare questa è una domanda che possiamo porci tranquillamente.
Forse nella risoluzione delle crisi bancarie vi sarà per qualche istituto lo possibilità di trarre comunque vantaggi da questi salvataggi, così si può supporre che ciò che non viene concesso dal premio del mercato direttamente, venga poi preso attraverso le dinamiche interne della gestione delle crisi. Ma questo naturalmente potrebbe avere delle implicazioni non indifferenti da un punto di vista giuridico e politico. Dipenderà infatti dal "come" ciò verrà e, a tale riguardo, gli elementi di discussione pare che siano ampissimi. In ogni caso pare di assistere allo stesso errore che fu commesso in occasione della ratifica del MES, cioè si parla delle questioni soltanto a cose fatte, ad approvazione avvenuta.
Ora, comunque la si voglia pensare circa la questione dell'unificazione del sistema bancario e del Fondo unico europeo, quello che emerge con chiara evidenza è che i meccanismi di trasformazione dell'Ue stessa, passano assolutamente in sordina, sono sconosciuti ai più, e il cittadino comune non solo non ha voce in capitolo, ma non ci si sforza nemmeno di informarlo. Un grave errore che viene ripetuto anche in questa occasione da parte dell'Ue.
Come si può affermare che, secondo l'art. A del trattato di Maastricht, le decisioni nell'Ue, verrano prese il più vicino possibile ai cittadini? Come si può dichiararsi affini a questo principio se, come in questo caso, decisioni di tale spessore avvengono nel totale silenzio, e sono ignorate dalla stragrande maggioranza dei cittadini europei? Si è ancora tenuti a rispettare l'art. A del trattato di Maastricht?
Spiace dirlo ma purtroppo queste questioni, così importanti, non vengono esposte quanto si dovrebbe dai mezzi di informazione di massa. Occorrerrebbe avere una maggiore fiducia nel fatto che informare significhi fare un servizio alla Democrazia, e che fare un servizio alla Democrazia significhi fare un servizio a se stessi.
Speriamo che ci si faccia carico di queste informazioni nel prossimo futuro.
Purtroppo oggi la Democrazia sta vivendo un periodo di crisi e non pare proprio che l'attuale Governo se ne preoccupi molto, dal momento che approva in tutta fretta provvedimenti, come questo del Fondo unico europeo, che incidono così consistentemente sul futuro dell'Ue e dei suoi cittadini, senza sentire il bisogno di informare adeguatamente la popolazione.
Appare del tutto evidente che questo governo continua, come i precedenti, ad essere espressamente sintonizzato con il "governo delle banche" e col pensiero unico sull'Ue. Del resto, fondo unico = pensiero unico.
Un errore che insieme a tanti altri che sono in corso attualmente (vedi il tentativo di scardinare il contratto collettivo nazionale di lavoro, riforma del senato, delle provincie, ed altri ancora) sembra andare nella direzione dell'instaurazione di un regime trans-nazionale non democratico, e non rappresentativo, anche passando attraverso il consapevole indebolimento politico ed economico del Paese.
Meno un Paese è forte, e più saranno forti le istituzioni transnazionali che lo vorrebbero dominare.