Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







venerdì 3 novembre 2023

Dell'uso di espressioni ambigue in ambito giuridico

Apprendiamo dell'uso dell’espressione no vax in documenti ufficiali di ambito giuridico e ci sorprendiamo perché non pensavamo che ci si potesse spingere fino a questo punto, cioè che quell'espressione potesse essere utilizzata in questo ambito, che ha peraltro un suo linguaggio tecnico specifico che persegue l'esattezza logica. Ci sorprendiamo, essendo l'espressione in questione abbastanza evanescente da non poter definire alcuna categoria con precisione assoluta mentre, di contro, è talmente ricolma di pregiudizi da rappresentare un elemento divisivo, per certi versi fuorviante e di compromissione di qualsiasi contatto dialettico tra posizioni contrapposte quando usato in un dibattito. Prudenza vorrebbe quindi che non si utilizzasse né in generale, né in certi ambiti specifici, come quello giuridico appunto, essendogli preferibili definizioni migliori e meno ambigue. Naturalmente comprendiamo bene come sia abbastanza velleitaria l'idea di arginare l'uso di questa famigerata espressione nel linguaggio corrente, quello dell'uomo della strada come si diceva un tempo, benché spereremmo che non risultasse altrettanto velleitaria quella di arginarne l'uso in ambito giuridico.


Cogliamo intanto l'occasione per far notare che tra i pericoli per la collettività c'è, fortissimo oggi, quello di subire l’iniziativa di chi immette deliberatamente o no, nell'informazione corrente, nei discorsi in generale, nei mezzi di informazione di massa, espressioni stranamente capaci di non permettere la comprensione dei fenomeni e degli eventi di cui si vorebbe trattare, rischiando in taluni casi anche di frantumare la coesione sociale, di fomentare e riattizzare l’odio e la divisione tra cittadini che legittimamente hanno posizioni personali diverse circa determinati eventi e che però non per questo devono esacerbare i propri animi al punto da far degenerare i rapporti sociali, e quando c'è una discussione di desiderarne purtroppo l'abbandono.

Non è fuggendo il confronto che si vincono le battaglie politiche, né è così che si crea un mondo più giusto e una società civile e democratica migliore. Così tutto ciò che concorre a turbare un confronto dovrebbe essere usato con estrema cautela.

Da un punto di vista psicologico e psicoterapeutico, precisamente della psicoterapia della Gestalt, un simile modo di procedere, quello cioè di impedire il contatto tra opinioni diverse, non importa in quale modo, genera conflitti nevrotici. I conflitti nevrotici non sono mai forieri di tranquillità sociale ed è sostanzialmente irresponsabile generarli. Subentra quindi il rammarico nel constatare che anche in ambiente giuridico, che è peraltro costituito da persone di una certa cultura generale oltre che specifica, non maturi una sensibilità tale da spingere e spingersi ad evitare che simili compromissioni sussistano, o che focolai d'odio si riattizzino, e continuiamo a rammaricarci del fatto che una simile auspicabile attenzione, quella di evitare di immettere tensioni nevrotiche veicolando espressioni evanescenti e dai confini incerti, ambigue e cariche di connotazioni dispregiative, nonché ricche di pregiudizi, sia in taluni sostanzialmente assente. 

Purtroppo il confine incerto di una espressione verbale come il confine incerto di una figura, rende tale anche il contatto tra interlocutori che la veicolano per connettersi, e un contatto incerto compromette il confronto, un potenziale risultato creativo positivo, nonché una esatta comprensione degli eventi trattati o comunque una migliore comprensione di essi. In pratica, se vuoi che un evento, un fenomeno, semplice o complesso che sia venga compreso, devi permettere che se ne discuta, e per permettere questo devi evitare l’uso di espressioni ambigue e fraintendibili con le quali etichettare una persona alla stregua di un prodotto, giacché questa persona che vorresti etichettare potrebbe rappresentare in un confronto dialettico aperto una risorsa importante verso un risultato creativo potenzialmente interessante.

Per il terapeuta della Gestalt, il confronto verbale, anche nel caso sia aspro a tal punto da sfociare quasi in un acceso conflitto, costituisce sempre una sorta di collaborazione, un qualcosa che supera quel che è inteso per dirigersi vero un risultato interessante. migliore. 

I risultati migliori si ottengono proprio quando le posizioni sono diverse, estremamente diverse, diciamo pure diametralmente opposte, distanti,  e gli interlocutori o collaboratori, se si preferisce quest'ultima definizione, si prefiggono seriamente di raggiungere un' intesa, senza comunque scadere nel conflitto vero e proprio se è possibile evitarlo, cioè sostanzialmente rispettandosi a vicenda e mantenendosi in contatto reciproco. E questo rispetto dell'interlocutore raramente è stato presente nei dibattiti televisivi o radiofonici inerenti per esempio alla vicenda covid dove al contrario le posizioni non allineate venivano disprezzate e le persone che se ne facevano portavoce stigmatizzate con vari epiteti ed isolate poi in sostanza dal dibattito. Invece finché le persone rimangono in contatto e si prefiggono la migliore conquista creativa possibile, quanto più acutamente differiscono nella propria opinione e discutono il problema apertamente, tanto più probabilmente produrranno collettivamente un’idea migliore di quella che ognuno di essi aveva individualmente all'inizio, che è esattamente ciò di cui avrebbe bisogno la nostra società per crescere, evolversi e maturare, se solo si favorissero i confronti anziché comprometterli con l’uso scellerato di espressioni, e in generale di un lessico che sembra nato per minare alla fonte ogni possibilità di vero incontro e favorire anzi la nevrosi. 

Ora, provate a immaginare se isolamento e radiazione possano considerarsi forme di mantenimento del contatto, possono? Se chi ha opinioni diverse non viene visto come una risorsa, quanto piuttosto come una minaccia, se non se ne chiede la collaborazione per giungere ad un risultato creativo migliore, potenzialmente interessante, e viene sostanzialmente espulso dal proprio ambito, quello in cui lavorativamente si svolge la sua personalità, in modo tale che nessun contatto possa sussistere in quell'ambiente, quale vantaggio avremmo? Quale comprensione, quale apprezzamento c'è, verrebbe da chiedersi, del potenziale creativo inerente ad un confronto che si basi su posizioni anche acutamente differenti? Nessuno mi pare e non è di queste esclusioni che abbiamo bisogno.

Non c'è alcun dubbio inoltre che tra l'impiego di espressioni evanescenti, ambigue e tuttavia cariche di pregiudizi, capaci come sono di compromettere il contatto e una sana discussione sin dagli esordi, e azioni drastiche come quelle di una radiazione, sussistano dei fattori comuni ben precisi, come per esempio quello di condividere una forma mentis tesa all'esclusione, all'isolare, cose che dovrebbero essere così fuori moda in una società che vuole pensarsi inclusiva e aperta, salvo poi comparire esclusiva e chiusa dove e quando il danno arrecabile da una simile vistosa inversione di rotta è maggiore. Che strana contraddizione. Radiare del personale che è giunto alla professione dopo interi anni di fatica, di studio, di esami, dopo esperienze professionali e umane importanti, sulla base del fatto che ha opinioni diverse da quelle cosiddette ufficiali, rappresenta un'azione francamente sbagliata, eccessiva, estrema, drastica, come estremo e drastico è il rifiuto del contatto potenzialmente creativo di chi opera o pensa diversamente. Sospingere poi ad isolare, a stigmatizzare chi non si allinea al pensiero unico, su posizioni che peraltro il tempo ha dimostrato sbagliate, dimostra che purtroppo da un lato si è molto inclini a fomentare relazioni nevrotiche con tutti gli effetti negativi che queste comportano e immettono nella società, e dall'altro molto lontani dal comprendere le potenzialità di chi, atrraverso un pensiero divergente, ha fornito una diversa soluzione ad uno stesso problema peraltro difficile o presentato come tale. Perché oggi, in Italia, può capitare anche che un medico che abbia ottenuto la guarigione di ogni paziente venga radiato, senza che nessun evento lesivo possa essergli ascritto come prova di una eventuale condotta non comforme ai protocolli.

C'è un potere che si manifesta con provvedimenti drastici, sproporzionati, per certi versi violenti e non ci stupiamo che quello stesso potere desideri immettere nel circuito mediatico, nozioni, parole, espressioni, locuzioni che servono per imbrigliare il discorso per dirigerlo verso l'interpretazione desiderata, dominarlo sin dall'inizio allo scopo di non permettere una esatta comprensione dei fenomeni politici e sociali, e per fomentare divisioni e incomprensioni sfavorendo il contatto creativo con un pensiero diverso, potenzialmente fruttuoso.

E tra queste espressioni certamente no vax rappresenta la più nota e gettonata, forse proprio perché è estremamente funzionale a etichettare le persone, a catalogarle dispregiativamente, ad accantonarle, a non permettere veri incontri, né veri scontri del resto, quanto piuttosto una parvenza di essi, sempre che esse espressioni non costituiscano già agli esordi il motivo di una repentina conclusione nevrotica di ogni discussione. 

Se l'uso di un lessico funzionale al potere nella misura in cui non permette se non di giungere a ciò che lo stesso potere vuole è sempre da scongiurare, vedi l'uso dell'espressione no vax appunto, quando questo lessico fa il suo ingresso in un ambito particolarmente delicato come quello giuridico viene fatto di pensare che ciò manifesti e rifletta una profonda degenerazione culturale, politica e sociale, cosa grave quindi e tuttavia non gravissima poiché ancora rimediabile se individuata tempestivamente e debitamente arginata, non tanto grave insomma quanto sarebbe il fatto che una simile degenerazione risultasse da un'azione consapevole, intenzionale, cosa che sarebbe di gran lunga peggiore. Che si tratti di cosa intenzionale oppure no, non sussiste alcun dubbio comunque che una qualche forma di degradazione, di degenerazione è in corso, il che conferma purtroppo, anche da questo punto di vista, il non perfetto stato di salute, attualmente, del mondo occidentale di cui in altre occasioni abbiamo avuto modo di parlare.

 

Con "Io ho votato NO" nel nome, c'è esclusivamente un riferimento al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.