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sabato 27 marzo 2021

La scuola e la fatica necessaria

Dovevo essere in Croazia, credo, certamente d’estate, dopo cena, quando trattenutomi al tavolo che ci aveva visti consumare il pasto serale, nel chiacchierare con i mie compagni di viaggio, per intervenire in un discorso la cui natura specifica adesso mi sfugge, espressi l’idea e il convincimento che l’uomo tende naturalmente alla pigrizia e che, se può non fare, non fa, ragion per cui non è bene metterlo di fronte alla possibile scelta di non fare, di essere cioè tentato dalla pigrizia e dal non agire, a prescindere dal suo stato sociale giacché anche questo può influire, benché non sempre, sull'attitudine alla pigrizia. Nel ripensare a questo episodio, naturalmente faccio presente a me stesso e nel mentre agli altri, che fare non significa necessariamente muoversi fisicamente, agire nello spazio, muscolarmente, anche pensare in un certo senso è fare. Quindi nessun assolutismo o interpretazione eccessivamente rigorosa, diciamo che è indispensabile comprendere il senso generale, estensivo della cosa. Ancora oggi condivido quell’idea, con qualche rimaneggiamento, e c’è una ragione se essa si ripresenta dinanzi a me oggi, per attualizzarsi nel contesto sociale odierno. Mi rendo infatti conto che essa sta assumendo un significato particolare proprio in questi giorni o, per meglio dire, in questi ultimi mesi che vedono per esempio gli insegnanti costantemente tentati dall’idea dei casalinghi collegamenti in rete dal proprio dispositivo telematico personale, rinunciando purtroppo spesso e volentieri anche agli Organi Collegiali in presenza, e rinunciando contestualmente anche ad altre cose, come ad esempio a scindere luogo e tempo di lavoro da quello di riposo, da quello di casa, cosa che pure ha un suo senso, una funzione psicologica di un certo rilievo e interesse. Ciò avviene a volte per seguire i DPCM che regolamentano le zone in cui l’Italia è suddivisa a seguito dell’emergenza sanitaria, il che conferirebbe una copertura, diciamo così, amministrativa, in altri casi invece mi pare del tutto indipendentemente da questi. Mi è successo quindi di ripensare a quelle idee espresse in passato, in una sera d'estate in Croazia, e di unirle con altre depositatesi in vari momenti della vita nel mio bagaglio concettuale, nozionistico ed esperienziale in generale, nonché di meditarle alla luce delle devastanti conseguenze derivanti dell’emergenza sanitaria stessa, particolarmente per la scuola che rischia di esserne snaturata dalle fondamenta. L'impressione generale che ne ricavo personalmente è che oggi nel mondo della scuola qualcosa si muova verso lo stimolo all'impigrimento delle figure che vi esercitano la propria professione, tra le quali ovviamente quella degli insegnanti. Se così è, dobbiamo necessariamente prenderne coscienza, capirne le dinamiche, intuirne gli esiti, se possibile anticiparli . Per queste ed altre ragioni derivanti da allarmanti constatazioni, ogniqualvolta dovessi accorgermi che qualcosa o qualcuno sta tentando di sospingermi all’impigrimento, o comunque sta producendo consapevolmente o no l’effetto di deprimere la mia forza di volontà e sospingermi al non fare, al non agire, io sempre dovrò esigere da me stesso uno sforzo, cioè di ricordare in ogni modo una antica sentenza, quella che grazie all’intenso lavoro di ricerca e ai viaggi di un noto personaggio di nome Gurdjieff è stato possibile trarre da un antico tempio orientale per poi divulgare anche al pubblico occidentale particolarmente attraverso un libro dal titolo Incontri con uomini straordinari; la risoluzione presa con me stesso consisterebbe quindi nello sforzo di ricordare quella frase e di pronunciarla o sottovoce o mentalmente un certo numero di volte affinché si depositi nella mia coscienza il senso profondo che essa richiama, insieme all’ingegnoso enigma ad essa associato, quello dell’uomo, del lupo, della capra e del cavolo, che devono portarsi dalla sponda del fiume nella quale inizialmente si trovano, all'altra, su una piccola barca, enigma cui ebbi peraltro la ventura di essere sottoposto quando ero ancora un bambino e che mi è sempre rimasto impresso. A proposito di impressioni, corroborato dalla visione delle immagini dei sandolini di Caillebotte recentemente discusse ed elargite ai miei alunni di terza a lezione di storia dell’arte, evidentemente giunta all’Impressionismo, i ricordi dell’antica sentenza e dell’enigma ad essa associato, cui peraltro i sandoli richiamano, tendono insieme ad acquisire una fisionomia ed una energia estremamente positiva, un po’ come quella che il positivismo scientifico trasmise, ritengo, ai pittori Impressionisti che da esso guidati produssero immagini che ne riverberavano il sentimento.  

Meriterà il nome di uomo e potrà contare su ciò che è stato preparato per lui, solo colui che avrà saputo acquisire i dati necessari per conservare indenni sia il lupo sia l’agnello che gli sono stati affidati

Questa è la sentenza e, come possiamo notare, si presenta già di per sé abbastanza enigmatica. Cosa potrà significare? Nell’offrirci questa frase di non immediata comprensione tuttavia, l’autore di Incontri con uomini straordinari, ci fornisce anche una chiave di lettura consistente nell’indirizzarci a pensare che la parola lupo simboleggerebbe l’insieme del funzionamento fondamentale e riflesso dell’organismo umano, e la parola agnello l’insieme del funzionamento del sentimento. Nonostante i suggerimenti, ben lungi dal ritenere di essere stato ed essere un adeguato esegeta di questa sentenza, così come dal fatto di ritenere di averla ben compresa nel suo complesso, nondimeno mi ancoro a quel poco che credo di avere capito di essa anche in forza di quell’esperienza cui poc'anzi alludevo, quella che feci da bambino quando fui sottoposto all’enigma ad essa associato e in ragione, aggiungerei, anche della lettura stessa di Incontri con uomini straordinari in cui quello che popolarmente viene definito il nocciolo della questione è opportunamente sottolineato.  

Un uomo deve portare da una sponda all’altra di un fiume oltre a se stesso, un lupo, una capra e un cavolo, tenendo presente che può portare con sé sulla piccola barca che ha in dotazione solo uno di questi per volta

 In base a queste prime nozioni l’uomo non dovrebbe che prendere o lupo o capra o cavolo con sé nella prima traversata, tornare indietro da solo, prenderne un altro, tornare da capo alla sponda iniziale e prendere l’ultimo e con questo avrebbe concluso le sue fatiche. In tutto si potrebbero contare quindi cinque traversate del fiume. Le regole dell’enigma però non sono concluse. A quanto già dichiarato, dobbiamo aggiungere che lupo e capra non possono essere lasciati da soli, poiché in quel caso il lupo mangerebbe l’agnello e che neanche capra e cavolo dovrebbero trovarsi mai da soli, altrimenti la capra mangerebbe il cavolo. Solo la sorveglianza attiva dell’uomo può scongiurare che questi pasti si consumino, cioè a dire se egli è presente il lupo non mangia la capra e la capra non mangia il cavolo. Uomo, lupo, capra e cavolo dovranno ritrovarsi indenni sulla sponda opposta. Come si deve comportare l’uomo per raggiungere questo risultato? Ora, senza stare a rivelare troppo palesemente la soluzione dell’ingegnoso e metaforico enigma, anche per lasciare il gusto di sperimentarla personalmente all’eventuale lettore, mi limiterò a dire quanto già scritto nel libro sopracitato. Nel trovare la soluzione a questo enigma ci si accorgerà che l’uomo deve compiere un viaggio in più rispetto a una situazione normale, cioè rispetto a una situazione nella quale nessuno degli animali dell’enigma abbia, per così dire, appetito. In pratica si scoprirà così che quanto si esige da lui, è che egli NON SIA PIGRO per l'appunto, che non risparmi cioè le sue forze, bensì che le spenda. Dunque penso che sia mio dovere sottolineare adeguatamente come anche nella Scuola vivano lupi, capre e cavoli e che il compito dell’insegnante consisterebbe nel mantenere indenni ognuno di essi. E nella scuola cosa dovrebbero simboleggiare i due animali e il vegetale? No, chi pensa agli insegnanti è malizioso e dà della mia idea una lettura sintomale, cioè cerca di farmi dire cose che non sto dicendo e che di fatto non dico, nessuno quindi si senta offeso ed evitiamo di travisare. Se talvolta capra viene usato per dare a qualcuno dell’ignorante, cosa abbastanza nota oggigiorno anche per l’uso enfatico che in alcune circostanze un noto personaggio politico italiano ne fa, in questo caso non c’entra niente. In ogni caso, anche indipendentemente dall’assegnare ad essi un significato metaforico ben preciso, ciò su cui si dovrebbe concentrare l’attenzione è la nozione di risparmio, di cui sappiamo, in cattedra l'ingegnoso enigma, che NON deve esserci. Per meglio dire, è la pigrizia che non deve esserci. L’insegnante come l’uomo dell’enigma, non si deve risparmiare, deve spendere coscientemente le proprie energie, non deve farsi impigrire. E a scanso di equivoci vorrei sottolineare che ciò non significa che deve sfinirsi gratuitamente di fatica, è ovvio anzi che tutto deve avvenire entro limiti ragionevoli e ben ponderati che non vadano a danneggiare la salute, però, pur entro questi limiti di ragionevolezza, non deve appunto risparmiarsi, altrimenti il lupo mangerà la capra, magari dopo che questa avrà divorato il cavolo, nel qual caso sarebbe il solo lupo a rimanere indenne e noi non meriteremmo il nome di uomini, nel senso di esseri umani, quindi presumibilmente neanche quello di insegnanti. E questo, vorrei aggiungere per fare un parallelismo che potrebbe esserci utile in un eventuale altro articolo, un po’ come lo Stato, che da un punto di vista economico non deve risparmiare, deve spendere benché alcune assurde ed arbitrarie regole europee finiscano per impedirgli di agire in questo modo. Tornando però alla Scuola e al ruolo dei professori, se dunque a questo è chiamato un insegnante, cioè a mantenere indenni lupo, capra e cavolo, attraverso l'uso della ragione cosciente, alla presenza e all'adoperarsi con fatica, come nell’ingegnoso enigma, egli non dovrà risparmiarsi appunto, non dovrà cercare di fare un viaggio in meno, magari per cedere alle lusinghe di un Collegio dei docenti a distanza, quanto piuttosto, dopo aver osservato le complesse dinamiche che da sempre la scuola vive e quelle nuove che vi si sono immesse un po' forzosamente in conseguenza dell'emergenza coronavirus, di farne uno in più e solo così la Scuola potrà mantenere la sua forza integrale. Del resto la scuola è presenza e fino ad oggi gli Organi collegiali si sono sempre svolti in presenza, dove c'è un livello di condivisione e di partecipazione ben superiore a quello esprimibile a distanza. Inoltre i suoi ambienti sono utili se sono vissuti, abitati, anche dai sentimenti degli insegnanti, degli studenti e del resto del personale, anche nelle palestre dove il buon esercizio fisico contribuisce a donare alla mente un corpo sano per connettere entrambi al miglior sentimento possibile. Solo così, col lavoro cosciente, con la presenza, con la fatica, la Scuola potrà mantenersi adeguata a promuovere il successo formativo dei discenti e a svolgere l’importantissimo compito di incentivare e promuovere un individuo propriamente detto, dotato cioè di una ragione normale, libero e capace di esprimere un pensiero cosciente e costruttivo, allo scopo di concorrere al generale processo di perfezionamento umano, il solo che possa permetterci di vincere le importanti sfide del futuro, per il bene collettivo e del pianeta che ci ospita.