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domenica 28 luglio 2019

Numero dei parlamentari

È sempre necessario ricordare che diminuire il numero dei parlamentari significa diminuire contestualmente la rappresentanza nel nostro Paese, e che diminuire la rappresentanza nel nostro Paese significa diminuirne i livelli di Democrazia.

sabato 27 luglio 2019

La percezione dell'incoerenza

C’era una lettura che si poteva fare degli importanti eventi politici avvenuti nel nostro Paese nel corso degli ultimi anni, sulla quale si poteva continuare a riflettere per molte valide ragioni. Proviamo a ricostruire sinteticamente: una riforma costituzionale iniqua, proposta dalla maggioranza della precedente legislatura, veniva bloccata da una serie di partiti e movimenti politici; i partiti e i movimenti politici che si opponevano con zelo a questa riforma, quelli del fronte del NO, vincevano infatti il referendum costituzionale per poi ottenere il potere politico alle elezioni politiche nazionali, sostituendo quella forza politica che aveva proposto la riforma iniqua; forse in una certa misura è stato fatto ma le forze politiche che hanno avuto successo nel referendum e alle politiche nazionali avrebbero potuto presentarsi alle elezioni politiche europee per perorare la propria causa coerentemente con i recenti sviluppi politici, offrendo con una incidenza maggiore i contenuti della Costituzione, che erano riusciti a salvare, come modello su cui riformare l’Unione europea. Molti esponenti politici che appartengono a queste forze politiche o che le fiancheggiano in vario modo, si trovano infatti concordi nel registrare che la crescita dell’Unione europea è avvenuta in modo disarmonico rispetto alla nostra Costituzione.
C’era, o sembrava esserci, un contesto culturale di riferimento. Il messaggio era: con queste idee abbiamo vinto in Italia, con queste stesse idee possiamo vincere anche in Europa.
Ma si deve registrare il fatto che di questi argomenti si sente poco parlare, il che non significa che non sussistano nell’azione politica concreta, solo che non emergono con sufficiente chiarezza. E si avverte così l’esigenza di renderle maggiormente visibili.
In ogni caso, già nel momento in cui le forze vincitrici del referendum e delle ultime politiche si sono presentate in Europa qualcosa si era già affievolito. Le ragioni di questo affievolimento dell’energia potenziale di cui si era in possesso, probabilmente sono molte e non è possibile qui rintracciarle al completo, ma in una certa misura questo è stato dovuto anche all’aver proposto una riforma costituzionale per la diminuzione del numero dei parlamentari allo scopo di risparmiare, argomenti molto vicini a quelli proposti nella precedente riforma costituzionale.
Sembrava che avessimo condiviso l’idea secondo la quale non è la Costituzione il problema dell’Italia, né il numero dei parlamentari, e che piuttosto che occuparsi della Costituzione era meglio occuparsi dei problemi reali del Paese e dell’Unione europea, problemi tra i quali il già citato sviluppo disarmonico.
Da che cosa era costituita questa energia? Da una serie di idee condivise, poche e chiare.
Vi era per esempio l’idea che con la vittoria del fronte del NO si era impedito al Senato della Repubblica di divenire lo zerbino della troika, una sorta di ispettorato permanente della troika in Italia; che l’idea del risparmio come linea guida delle politiche nazionali ed europee veniva rigettata con forza, essendo peraltro ritenuta un errore politico ed economico, poiché questa idea avalla azioni economiche e finanziarie pro cicliche, incapaci di far prendere slancio all’economia e al commercio, incapaci di incrementare la crescita, e quindi sostanzialmente ritenuta pretestuosa e semplicemente funzionale ad impoverire economicamente uno Stato nazionale, a renderlo depredabile, aggredibile, ricattabile, ad impoverirlo culturalmente e socialmente, e a tenerlo soggiogato in uno stato di sottomissione politica, economica e psicologica.
Dopo la battaglia intrapresa nella precedente legislatura contro la riforma costituzionale è abbastanza sconcertante per una vasta platea di cittadini vedere che si dichiara apertamente di voler ridurre il numero di parlamentari per risparmiare: la troika ringrazia, molti cittadini che erano fiduciosi che si sarebbe intrapresa una politica diversa, invece ovviamente no. E’ forse anche così che si spiega una certa delusione generalizzata e forse anche il deflusso stesso di milioni di sostenitori di certi movimenti verso altre direzioni. Sono questioni che certamente sono considerate importanti e che quindi è opportuno porsi.
Una riforma costituzionale che si muove dall’idea del risparmio, una di quelle idee che la pacifica rivoluzione italiana aveva rigettato con forza, non è una riforma costituzionale che cominci bene, con le idee giuste. Anzi, sulla base di queste considerazioni era cominciata la battaglia contro la riforma costituzionale precedente, ricordate?
L’affievolimento di questa energia, in ogni caso, si è registrata anche in occasione del voto al parlamento europeo dove a qualcuno è sembrato di notare, non a torto, una certa incoerenza risetto al mandato che i cittadini hanno conferito a certi movimenti politici, come quello di opporsi alle politiche del rigore per favorire politiche espansive. Questo pone una questione: ci si era illusi di avere una base comune di idee condivise che invece non c’è?
Oggi possiamo solo dire che sembrava esserci una comunione di intenti e di idee che probabilmente non c’era realmente neanche prima. Non c’è oggi, e non c’era prima. E questo rende in un certo senso miracolosa la riuscita nell’aver sostituito al potere una forza politica che sembrava inamovibile e inamovibilmente schierata con lo status quo in Unione europea, con le politiche economiche del rigore, sempre pronta a dire sì a qualsiasi iniziativa di qualsiasi livello, provenisse dalle istituzioni europee, senza la parvenza di un pensiero critico e fortemente incline a cedere il potere del popolo sovrano a terzi. Forse quella che alcuni ritengono una grande vittoria e una svolta storica è stata determinata da un placebo. Questa specie di illusione ha costituito la premessa di quella che alcuni ritengono un miracolo. Ma è probabilmente necessario riflettere su quale reale condivisione di idee, principii e intenti vi è realmente e, se ci si tiene veramente, se vogliamo che questa unione di idee, principii e intenti ci sia, non si dovrebbero lanciare messaggi, intenzionalmente o no, consapevolmente o no, che sono in contraddizione con le idee, i principii e gli intenti che hanno reso vittoriosi, e che mostrano palesemente questa contraddizione. Ci sono dei miracoli che non si ripetono.


mercoledì 17 luglio 2019

Significativi problemi di metodo

Il problema è di metodo, è generale e va oltre qualsiasi pur legittima opinione personale.
Alla presidenza della Commissione europea non dovrebbero mai andare ministri nazionali in carica, a qualsiasi nazione essi appartengano, cioè non dovrebbero mai andare persone che hanno presumibilmente giurato sulla propria Costituzione nazionale, persone cui non è richiesto un giuramento analogo per le funzioni europee, persone che sono state elette in elezioni politiche nazionali per assolvere a compiti nazionali. È la questione delle verticalizzazioni e di ciò che avviene con esse: lo scollamento dai propri elettori, nei confronti dei quali sussistono ragioni di responsabilità e rappresentanza. Se lo scollamento avviene, verso chi è responsabile il politico nazionale che assurge a cariche internazionali, europee?
E se non avviene chi garantisce l’imparzialità?
Riteniamo che in ciò sussista una delle ragioni per cui le istituzioni dell’Unione europea sono sentite lontane, dai cittadini.
Per chi vuole ragionare sul miglioramento dell'Unione europea questi sono argomenti sui quali ragionare.

giovedì 4 luglio 2019

Generiche riflessioni inerenti la questione delle nomine

Questi giorni in cui si discutono le nomine a livello di Ue, danno lo spunto per una serie di riflessioni.
 Ecco che quindi ci accingiamo a rendere partecipi gli eventuali sparuti lettori, di queste riflessioni.
 Questo in ossequio e ottemperanza all’articolo 4 della Costituzione della Repubblica italiana ma anche per venire incontro a quanti richiedono partecipazione e concorso di idee. E’ infatti dalla partecipazione e dal concorso di idee, particolarmente se costruttive, come speriamo possano essere queste, che si possono sviluppare visioni nuove, diverse; è dalla partecipazione e dal concorso di idee, che le idee stesse si possono fondere le une con le altre per dar vita a idee anche migliori rispetto a quelle su cui si basano le dinamiche già in campo. E’ una possibilità anche se non una certezza, ovviamente, ma che ci sospinge a tentare, pacatamente e serenamente, a tentare di sviluppare un dibattito. Merita tentare di esprimere le opinioni che si formano spontaneamente in noi e di cui noi siamo i semplici testimoni, talché una volta accortisi di queste idee e di esserne i testimoni, si può decidere di testimoniarle ad altri, nell’interesse collettivo e nella speranza che possano essere fruttuose. E questo nel rispetto delle idee altrui ma ancor più, di colui che queste altre idee esprime. Perché il rispetto dell’interlocutore è sacro così com’è sacra la sua dignità ontologica.
 Per quanto appartenenti al mondo dell’insegnamento e non della politica, per quanto quindi ci sentiamo istintivamente lontani da quel mondo, verso il quale nutriamo una consistente idiosincrasia, non di meno ci sembra abbastanza doveroso rendere partecipi quanti, democraticamente, richiedono questo concorso di idee, di quelle che si producono in noi e che possono avere anche un carattere politico.
 Orbene, la dinamica delle nomine a livello europeo, pone in primo piano una questione certamente rilevante ma non per questo sufficientemente discussa purtroppo, cioè pone in primo piano la questione inerente l’impianto sui generis di questa Unione europea. L’impianto dell’Ue è sui generis, lo sappiamo ma, de facto, accettato, in ogni caso, poco discusso. Mi riferisco particolarmente all’impianto verticale che deriva dal fatto che un politico che viene eletto da un corpo elettorale nazionale per occuparsi espressamente di questioni nazionali, possa assurgere a cariche che non è destituito di fondamento definire internazionali. Queste verticalizzazioni vengono così a creare uno scollamento, una decontestualizzazione del politico rispetto al proprio corpo elettorale, il che non è un bene. Il politico in questione, umanamente allettato da una serie di condizioni giudicate favorevoli potrebbe anche relegare in secondo piano, magari istintivamente e quasi senza accorgersene, gli impegni presi in sede nazionale, per capirsi, in sede di elezioni politiche nazionali. Quindi, in linea teorica questo impianto potrebbe anche determinare il fatto di arrivare ad una radicale revisione in corso d’opera, di quelli che sono stati gli impegni presi in sede nazionale, se non a vistosi cambiamenti di rotta anche diametrali. Queste di cui stiamo accennando sono esattamente alcune delle conseguenze che possono, o potrebbero verificarsi, rispetto all’impianto sui generis in questione, che questa Ue si è data in vario modo. Anche la questione di come l’Ue si è data questo impianto sarebbe una questione di una certa rilevanza che meriterebbe esaminare a fondo ma non c’è spazio in questa sede.
 A nostro giudizio sarebbe bene che ogni carica, e quindi ogni nomina, promanasse dal Parlamento europeo e venisse assegnata a parlamentari che abbiano passato le elezioni europee, cioè che siano stati legittimati già da un passaggio democratico inerente le elezioni europee, piuttosto che quelle nazionali. Insomma, i politici che sono eletti in sede nazionale dovrebbero essere tenuti ad esercitare ruoli che sono previsti dall’ordinamento nazionale, e se questi sono ruoli relativi ai ministeri, cioè ruoli di prestigio e di grande impegno e dedizione, dovrebbero essere tenuti al rispetto della propria Costituzione e del giuramento che su di essa viene compiuto. In Italia, per esempio, dovrebbero essere tenuti al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana e del giuramento che su di essa viene compiuto.
 Piuttosto che indulgere in lusinghe e tentazioni verticalistiche, potenzialmente capaci di indurre a vistosi cambi di direzione, il ruolo dei parlamentari eletti in sede nazionale non dovrebbe discostarsi dagli impegni, già abbastanza onerosi, presi in sede nazionale. E’ una questione sulla quale meriterebbe spendere qualche riflessione ma di cui non si sente mai parlare. Sarebbe interessante invece ascoltare le posizioni contrarie a questa idea, anziché lasciare che tutto sia passato sotto silenzio. Insomma, nell'interesse di tutti, sarebbe bene che si sviluppasse un dibattito di cui i mezzi di informazione di massa potrebbero farsi portavoce, molto più di quanto stia avvenendo oggi.
 Per riprendere il discorso, quindi, si tratterebbe di assegnare al Parlamento europeo un ruolo maggiore rispetto a quello che ha in questo momento e ai parlamentari europei una responsabilità maggiore, anche in vista dei ruoli cui un parlamentare europeo potrebbe legittimamente aspirare, ruoli come quello di Presidente della Commissione europea e Presidente della BCE.  Ma oggi non è così, questo non è possibile. Dovrebbe diventarlo, a nostro giudizio. E questa, per quanto possa essere opinabile, è una idea di Unione europea. Qualcuno potrà essere d’accordo, qualcun altro no. Ferma restando la legittima opinione di chiunque e fermo restando che sono questioni aperte quindi, da soppesare e valutare con la giusta dedizione, ci premuriamo di sospingerle in un aperto dibattito, ove possibile. Ricordiamo che il Parlamento europeo è l'unico organo effettivamente elettivo.
 Se queste nomine venissero assegnate dal Parlamento europeo ai propri parlamentari eletti con suffragio universale nel contesto europeo, la legittimazione democratica sarebbe palese, evidente e poche critiche si potrebbero muovere al riguardo, così come sarebbe evidente la piena rispondenza al contesto, cosa che quindi, con ogni evidenza, permetterebbe di affrancarsi da ogni ipotetica accusa di decontestualizzazione. Nascerebbe presumibilmente la questione della competenza, ne siamo quasi certi, ma tale questione potrebbe essere risolta in vari modi e non desta particolari preoccupazioni. Secondo molti la questione è diversa quando a certe cariche approdano cittadini che non hanno superato alcun tipo di elezione.
 Nell’impianto attuale invece la questione della decontestualizzazione sembra avere una qualche consistenza. Inoltre ci sembra di poter appurare che nel contesto delle nomine, la contrattazione, a causa dalla verticalizzazione del politico nazionale in politico internazionale, possa discendere dall’alto e protrarsi fino ad andare a riguardare anche scelte di politica nazionale, a condizionarne i contenuti, ad influenzarne gli esiti a dettare agende. Anche in passato ci siamo premurati varie volte di segnalare sconfinamenti che, a nostro giudizio, non dovrebbero sussistere in una Democrazia compiuta. Per esempio non dovrebbe essere la BCE a decidere le riforme da fare in un Paese membro. Ecco, la verticalizzazione dà luogo anche a questo tipo di dinamiche che purtroppo rischiano di minare quello che dovrebbe essere il principio fondante di ogni organizzazione tra Stati: la Democrazia stessa. Può darsi che nel turbinio generale delle varie situazioni politiche si perda di vista il fatto che qui in gioco è la Democrazia. Quindi è bene, riteniamo, che ciò sia ricordato. Infatti come potrebbe non esse minata la Democrazia se, in vista di una nomina si potrebbe essere, in linea teorica, disposti a rinunciare alle idee che ci hanno visti eleggere e alle politiche concomitanti, per giungere a vistose inversioni di marcia o addirittura a farsi dettare le politiche da intraprendere da istituzioni che non sono state pensate per questo. La Democrazia è importante e deve costituire il fondamento di ogni costruzione politica. Se il fondamento non è la Democrazia, non vi è fondamento sul quale basare una costruzione. Se non vi è fondamento sul quale basare una costruzione, questa costruzione rischia di avere i piedi di argilla. Una costruzione con in piedi di argilla è una costruzione instabile e una costruzione instabile emana instabilità per forza di cose.
 Molti pensano che si potrebbe ovviare a questo problema creando una Ue più forte ma purtroppo quando rendi più forte una costruzione che molti giudicano in deficit di Democrazia e rappresentanza, contribuisci semplicemente a marginalizzare ulteriormente la Democrazia e la rappresentanza, non certo a risolverne il problema, Il problema anzi si aggrava. Sarebbe maggiormente risolutivo del problema, invece, chiedere una Ue più giusta, in cui la forza venga elargita soltanto in proporzione ai livelli di giustizia raggiunti. In primis quindi una Ue più giusta e solo poi una Ue più forte. La forza senza la giustizia sappiamo bene a cosa può dar luogo.
 Chi si propone di cambiare l’Ue in senso migliorativo potrebbe forse trovare qualche spunto di riflessione in queste righe. Se veramente vuoi cambiare l’Ue in meglio, devi armarti di un piano, senza questo piano, senza confronto di idee, alla fine si diviene preda di chi un piano magari ce l’ha già, ma non è quello che vorremmo si realizzasse e anzi va proprio nella direzione opposta, proprio perché magari è un piano che prevede di elargire più forza ad una Ue, senza che questa forza sia giustificata da raggiunti livelli di giustizia, Democrazia e rappresentanza. Oggi le verticalizzazioni sussistono ancora, e non potrebbe essere altrimenti visto che non si è mai aperto un vero e significativo dibattito al riguardo né è mai stata fatta alcuna proposta in questa direzione.
 E spiace ovviamente constatare che questo dibattito purtroppo non si sia mai sviluppato, per quanto sia stato proposto.
 In questo contesto viziato, se così si può dire, da vecchi stilemi, in un contesto difficile quindi per chi vuol cambiare, si può lodare il tentativo e lo sforzo di cambiare e essere disposti a giustificare l’assenza di un risultato concreto, ma ci sembra di constatare che comunque non vi sia un progetto sufficientemente meditato. Infatti dopo le ultime elezioni politiche e dopo le ultime elezioni europee, nel contesto italiano, ci sembra che il popolo si sia orientato verso la richiesta di cambiamento in Ue, particolarmente per quanto riguarda le politiche fiscali e macroeconomiche, per abbandonare le politiche dell’austerità. Questo era il progetto in linea di massima. Ma purtroppo non possiamo fare a meno di constatare che oggi, sostenere in Ue, nomine che sembrano riproporre le vecchie politiche, quelle che si vorrebbero dichiaratamente abbandonare, appaia abbastanza incoerente se non addirittura contraddittorio. E probabilmente c’è più di un elettore che sta facendo lo stesso ragionamento.
 Potrebbe non essere sufficiente ma, a nostro giudizio, separare le carriere politiche dei politici che vengono eletti in campo nazionale da quelle dei politici che vengono eletti in campo europeo potrebbe risolvere un gran numero di problemi di questo genere, problemi che sono alla scaturigine di deficit democratici oggi presenti in Unione europea.
Che dire poi, sempre nell’ambito delle nomine, e dell’impianto verticale da Super Stato, quando a divenire Presidente della Commissione sembra poter essere un ministro della difesa? Il pensiero corre veloce. Vengono certamente in mente molte cose, anche alcune malsane idee di Altiero Spinelli, politico che ha avuto idee buone e idee meno buone, in alcuni casi anche idee malsane appunto.
 Come quella di consolidare l’Unione europea attraverso una guerra da intraprendere con la Russia attraverso un esercito europeo. Ecco una idea del genere è capace di sospingere velocemente verso il precipizio, verso la terza e ultima guerra mondiale. Che Dio ci salvi da ciò!
Un'altra riflessione riguarda le interferenza che minano lo svolgimento delle nomine. Queste interferenze avvengono con apparenti giustificazioni teoriche che a ben guardare però perdono di consistenza di fronte ad un esame tecnico serio. Intendiamo dire cioè che sarebbe quanto mai opportuno che durante il periodo delle “nomine” si sospendesse ogni valutazione e ogni azione inerente le procedure di infrazione, soprattutto se queste sono del tutto sui generis e opinabili nonché in contraddizione con dichiarazioni di istituzioni comunitarie come la BCE per esempio, soprattutto cioè se devono riguardare procedure su presunti debiti pubblici eccessivi, debiti che la BCE ha dichiarato sempre sostenibili, dichiarazioni cioè, basate su dati del tutto inconsistenti anzi, così inconsistenti da lasciar suppore che siano semplicemente strumentali.
 Strumentali a che cosa? A contrattare nomine, ovviamente!
 Questa sospensione quindi dovrebbe sussistere per sgombrare il campo da dinamiche contrattuali di questo tipo.
Altre riflessioni ci sembrano degne di una qualche nota. Per esempio il fatto che il capo politico che più di tutti è stato contestato dai propri concittadini nel proprio ambito nazionale, recentemente, riesca ad ottenere il massimo di ciò che chiede in ambito comunitario a livello di nomine. Se questo ci sembra degno di nota è perché ciò appare una prova ulteriore del fatto che l’Europa dei popoli non esista proprio, e che al suo posto esista invece un’altra Europa alla quale non sapremmo affiancare una definizione compiuta, ma rispetto alla quale possiamo ben constatare lo scollamento con il proprio corpo elettorale. Da un lato la politica, dall’altro il popolo. Se esistesse l’Europa dei popoli il popolo avrebbe ragione. Insomma, è o non è legittimo chiedersi se c’è qualcosa che non va nel momento in cui vincono le idee e le proposte di chi più di tutti è contestato a livello popolare?
 Probabilmente sforzarsi di capire perché ciò si verifichi non è tempo perso e potrebbe essere anzi fruttuoso.
Come possiamo vedere, le questioni di interesse circa le nomine sono molte e non è ovviamente facile parlarne in modo approfondito in un breve spazio. Quello che si è cercato di fare però, è un'opera di informazione e di testimonianza. Ciò che è stato testimoniato è il pensiero spontaneo che si è prodotto in questi giorni relativamente a questo argomento e la speranza è, comunque la si pensi, che queste idee per quanto riferite in modo parziale e imperfetto, possano essere riprese e sviluppate da chi ha più competenza di noi, sì da sospingere ad un pacato, sereno ma serio dibattito in cui possano partecipare tutte le persone maggiormente competenti ma anche tutti quelli che pensano di avere delle idee da affiancarvi, in modo da costruire la premessa per uno sviluppo democratico dell'Unione europea, cosa che molti cittadini sentono non solo come auspicabile, ma anche come necessaria. La Democrazia deve essere per noi una presenza costante, necessaria. E con questa ultima riflessione riteniamo di aver concluso l'espressione delle idee di oggi.

 


martedì 2 luglio 2019

Evidenze

E' del tutto evidente che non sono l'autore delle fotografie che mi vedono come soggetto.
Persistono anfibologie e letture sintomali.