Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







mercoledì 31 dicembre 2014

Auguri!!!

Eccoci alla fine del 2014!
Tempo di auguri. Gli auguri possono essere di varie specie: auguri formali, informali, auguri interiori, esteriori, sinceri, meno sinceri e via discorrendo...
Una idea di carattere generale sempre giusta è che ognuno naturalmente sia libero di vivere gli auguri come meglio crede o ritiene opportuno.
Ed io sono portato istintivamente a rispettare qualsiasi posizione, tendenzialmente tutte ma particolarmente quelle che sembrano effettivamente sincere.
Ma la mia idea personale è che gli auguri siano sempre opportuni salvo casi eccezionali ben circostanziati ed estremamente rari.
Talvolta la lotta per l'affermazione delle proprie idee, la lotta per migliorare il mondo civile, la lotta politica si fa così aspra che vi è chi si chiede quanto gli auguri siano opportuni in simili frangenti, sembrando strano presumibilmente che gli auguri possano essere espressi sinceramente verso chi magari ha posizioni così diverse dalle tue.
Vi è chi forse intravedendo scenari sociali aspri e difficili, che non sono certamente l'immagine della felicità, si chiede quanto sia opportuno esprimere gli auguri per un felice anno nuovo!
E' tutto legittimo e comprensibile.
Ma ritengo personalmente che il rispetto debba prevalere sempre, magari proprio là dove se ne avverte la carenza. Anzi che prvalga là dove è carente è maggiormente significativo per certi versi.
C'è la possibilità di esprimere sinceramente i propri auguri a chiunque, anche a chi la pensa diversamente da te, ed anzi vi è chi invita a ritenere che essi siano quelli veramente importanti poiché quelli maggiormente difficili da esprimere.
E questi auguri possono essere espressi senza per questo cadere in contraddizione o senza smentire se stessi o le proprie battaglie e idee.
E' Dio che stabilisce quanto gli auguri siano opportuni in fin dei conti, distribuendo le energie che da essi si dipanano secondo il merito e un giudizio perfetti.
L'uomo che non desidera farsi giudice, fa gli auguri rivolgendosi a chi crede, anche a tutti, e in questo c'è solo buon gusto, umanità e perfino modestia se si vuole, giammai contraddizione, proprio perché significa riporre tutto nelle mani di Dio, del massimo giudice, perché infatti poi è Dio che decide e giudica come questi auguri saranno distribuiti appunto.
Fare gli auguri, per un uomo o una donna, è sempre opportuno!
Gli auguri sono talvolta come uno spiraglio nel quale si intravede la possibilità di bere un tè nel deserto, sospendendo temporaneamente la battaglia, il giudizio, perfino il tempo, ma semplicemente per riprendere la stessa battaglia qualche istante dopo, non per abbandonarla!
Pertanto:

Buon 2015 a tutti!!!

martedì 30 dicembre 2014

Perché bistrattare tanto il bicameralismo perfetto?

Perché bistrattare tanto il bicameralismo perfetto? Lo conosciamo davvero?
Possibile che non abbia neanche un pregio?
Ricordiamoci che col bicameralismo perfetto l'Italia è stata la quinta potenza economica mondiale, scvalcando addirittura l'Inghilterra!
Cerchiamo dunque di vederci più chiaro!

I nostri Padri fondatori della Patria Repubblicana, scelsero la forma della Democrazia parlamentare, pensando che questa forma meglio si addicesse ad evitare il ripetersi di errori gravissimi e particolarmente ad evitare il ripristino dell'arbitrio, strutturalmente connesso ad ogni totalitarismo, ad ogni dittatura.
Ne deriva che ogni forma repubblicana che si allontani dalla Democrazia parlamentare reimmette l'Italia in una direttrice che è proprio quella che i Padri fondatori, i Padri Costituenti, volevano evitare.
La memoria ancora fresca degli eventi vissuti, del ventennio fascista, quelli della guerra, dell'occupazione nazista e di tutto ciò che ne era derivato, non lasciavano molti dubbi circa il fatto che la scelta compiuta fosse la più giusta.
Per sancire con maggior chiarezza questa preminenza parlamentare fu deciso che le camere fossero due: la Camera propriamente detta ( quella dei deputati) e il Senato dela Repubblica, secondo una forma equilibrata e dialogante.
La forma scelta fu dunque tecnicamente quella del bicameralismo cosiddetto perfetto.
Ma bicameralismo perfetto non significa che le due camere siano identiche in tutto e per tutto, che siano la stessa cosa, che si divertano a perdere tempo. Bicameralismo perfetto non significa due camere identiche. Non esistono due individui identici in tutto il mondo, figuriamoci se è possibile che esistano due camere identiche in tutto e per tutto. Per quanti sforzi dovessimo fare nella direzione di renderle assolutamnte uguali non vi si riuscirebbe!
Potrà sembrare marginale o superficiale poi ( pur non essendolo ) ma anche la sola differenza di età è un elemento che conferisce una dimensione riflessiva qualitativamente diversa tra le due camere. Il diverso numero di rappresentanti conferisce poi una dimensione quantitativamente diversa alla stessa rilflessione.
Il fatto che il Senato sia eletto su base regionale rappresenta un' ulteriore elemento che diversifica la due camere.
Il fatto che operino in tempi diversi immette parimenti un altro elemento di diversità.
Il Senato, dei più maturi, avrebbe così la funzione che la tradizione millenaria delle società organizzate degli esseri umani dalla loro comparsa fino ad oggi, riserva in generale, per così dire, agli 'anziani del villaggio', cioè a coloro che possiedono la memoria più lunga, un maggior numero di dati ed esperienze immagazzinate e interiorizzate, in altri termini una maggiore saggezza.
Questa funzione si espleta nello stemperare le punte più dissonanti di eventuali proposte di legge, disegni di legge, ecc. che provengono dai deputati. Per dissonanti si deve intendere in questo caso, dissonanti rispetto alla Costituzione, rispetto alle legge vigenti, quindi ai diritti vigenti, a norme e tradizioni ampiamente accettati, anche a consuetudini volendo, ai costumi e certamente rispetto al buon senso, e al buon costume che rendono ammissibile una idea piuttosto che no!
In altri termini, il Senato corregge, attraverso l'esperienza e la competenza dei suoi membri eventuali errori ( o orrori ), eventuali dissonanze, eventuali eccessi, nonché deviazioni o scempiaggini qualora vi fossero. Questo non è poco! E' anzi importantissimo per non dire fondamentale in una moderna Democrazia.
La Camera dal canto suo potendo contare su questa funzione per così dire 'riparatrice' e 'riequilibratrice' del Senato ha la possibilità di potersi lasciare andare, di poter lasciare libero sfogo a tutta la sua veemenza giovanile, la quale contiene in sé elementi anche positivi naturalmente e potenzialmente utili, spesso estremamente creativi, ma che possono purtroppo anche per questo sfociare in errori madornali o grossolani.
La consapevolezza di incorrere in eventuali errori potrebbe quasi paradossalmente frenare la stessa Camera se essa dovesse trovarsi da sola a dover decidere in merito all'oppurtunità di legiferare con tale o tal'altra legge, diminuendo l'apporto creativo, cosa che la presenza di un Senato correttore invece incentiva a fare.
Una legge è forgiata sempre ( almeno si spera) su un processo di dialogo e mediazione.
Maggiore è il dialogo e maggiori sono le mediazioni e spesso migliore è la legge, certamente più conforme alla realtà in cui è destinata ad espletare le proprie funzioni. Ecco cos'è il cosiddetto bicameralismo perfetto!
Il bicameralismo ha dunque questa funzione di porre in relazione, di fare dialogare per il miglior compromesso possibile, per la miglior scelta possibile, la più ponderata, nell'utilità del Paese.

Oltretutto il bicameralismo ricalca lo schema del nostro Sistema Nervoso Centrale il quale è costituito come sappiamo da due lobi, simili e diversi, diversi e simili, proprio come Camera e Senato, in cui parte dull'uno vive all'interno dell'altro pur mantenedo caratteristiche diverse.
L'isomorfismo rispetto al 'microcosmo' rappresentato dall'essere umano è dunque rispettato. Anche questo secondo principii che affondano nella notte dei tempi. E non credo che sia il caso di scomodare una vecchia e arcinota formula ermetica, tanto cara agli spiritualisti ed ai simbolisti, la quale non fa ltro che ribadire una sorta di caratteristica delle cose anche prese nei diversi piani che esse cioè sono costituite da rispondenze, similitudini, somiglianze, pur nella diversità dei piani appunto, ed anche quando due enti appartengono allo stesso piano.
Se pensiamo all'antropometria alla base del Rinascimento italiano ( vera gloria italiana ), cioè a quel principio fandante delle arti e particolarmente dell'architettura durante il Rinascimento, possiamo essere sospinti a tentare qualche altra riflessione.
Il Tatarkiewicz ci ricorda che nel Rinascimento si diceva a proposito dell'uomo: in eo tamquam parvo quodam mundo tota rerum universitas continetur.
Cioè traducendo a braccio: in egli ( nell'uomo, ndr )come in un piccolo mondo sono contenute tutte le cose dell'universo.
Ed ecco perché egli è legittimato ad essere misura delle cose.
Questo concetto è alla base dell'antropometria, cioè di uno dei fattori fondamentali del Rinascimento che ha posto l'uomo al centro dell'Universo e come misura di tutte le cose.
Secoli dopo Le Corbusier sosteneva sostanzialmente ancora la stessa cosa: l'uomo è la misura dell'architettura, e non solo.
Se dunque l'uomo deve essere la misura delle cose che a l'uomo stesso sono pertinenti, come per esempio anche la politica, l'isomorfismo delle cose di cui si circonda e di cui si occupa, è un pregio che permette la miglior armonia e armonizzazione possibile.
In altri termini una cosa isomorfa, cioè che ricalca in parte la stessa forma di colui al quale essa è asservita, è la miglior soluzione possibile e la più promettente, nonché la più armonica.
E questo ripropone anche e rivitalizza una certa forma di giusnaturalismo.
Ed in questo caso è la stessa biologia a dimostrare l'isomorfismo: mente e sistema bicamerale sono rispondenti!
Mettere in discussione questo assetto parlamentare è pertanto estremamente rischioso e francamente non si capisce bene a cosa o a chi dovrebbe giovare, se non alle ingerenze esterne che sono tanto più forti quanto più deboli sono le strutture interne.
E cosa sarebbe il monocameralismo se non una debolezza interna strutturalmente immessa, consapevolmente o no?!
E' molto difficile anche comprendere il perché di certe posizioni contrarie al bicameralismo perfetto.
Una delle argomentazioni contrarie al bicameralismo perfetto è quella secondo la quale il bicameralismo perfetto ( quello della Repubblica Italiana) sarebbe un 'unicum' e quindi andrebbe tolto.
Per me è molto difficile capire perché una cosa che è un 'unicum' non debba sussistere, tantopiù che quando si vuol fare un complimento a qualcuno gli si dice: sei unico! Sei unica!
L'unicità non rappresenterebbe quindi da sola un elemento sufficiente per rendere chi è degno portatore di questa caratteristica come un qualcosa o un qualcuno che non và!
Ci si potrebbe anche chiedere perchè ci si debba vergognare di essere unici!
Perché dunque essere un 'unicum' dovrebbe esere sbagliato?
Forse perché ciò che è unico è anche diverso da tutto il resto?
Ma non abbiamo fatto dell'accettazione della diversità uno dei cavalli di battaglia della Democrazia e delle società evolute? Ci stiamo forse ripensando?
Non dubito che coloro che sostengono che questo 'unicum' rappresentato dal bicameralismo perfetto sia sbagliato, abbiano altre argomentazione per spiegare perché secondo loro questo 'unicum' non  va bene.
Questo 'unicum' non va bene per questa e quest'altra ragione...Questo discorso potrebbe avere un senso.
Capire queste ragioni sarebbe importante e costituirebbe la vera informazione utile al riguardo, quella capace di immettersi in un dibattito potenzialmente proficuo.
Mentre sostenere che il bicameralismo non va bene perché è un 'unicum', e quindi lasciando intendere  solo per questa ragione, non sembra una argomentazione forte, perché sostanzialmente non spiega niente.
Tuttavia questa argomentazione pur non essendo 'forte' può avere mediaticamente un certo tipo di riscontro. Sappiamo infatti che le nostre menti sono state forgiate da decenni sulla lunghezza d'onda della pubblicità, e su questa lunghezza d'onda ci siamo un po' adagiati.
Credo che l'Italia non debba vergognarsi della propria unicità! Sarebbe un po' come se qualcuno dovesse vergognarsi di essere unico o originale; sarebbe come se qualcuno dovesse vergognarsi di essere ciò che è.
L'Italia è bella anche perché ha la propria unicità da offrire al mondo.
Far percorrere all'Italia le vie dell'omologazione, dell'appiattimento e dell'entropia culturale non rappresenta la scelta giusta per la nostra Nazione, contraddicendo lo stesso Rinascimento, ma anche il Risorgimento, la Resistenza, nonché l'Assemblea Costituente!!!

lunedì 22 dicembre 2014

Emancipazione e non Supereroi!

Con tutto il più sincero rispetto per chi auspica l'arrivo di un eventuale Supereroe, io credo che ciò di cui abbiamo veramente bisogno non sia tanto di Supereroi appunto  quanto piuttosto di una azione di emancipazine profonda e consapevole, soprattutto per ciò che concerne lo stato di sostanziale ignoranza in cui teniamo noi stessi circa i molteplici aspetti dell'Unione europea! Una emancipazione basata sull'insegnamento e sull'apprendimento anche dell'ABC del diritto nazionale e internazionale, sull'ABC dei diritti umani, e tutto questo a partire da se stessi, cominciando a insegnare a se stessi.
Imparare e insegnare, insegnare a se stessi e non solo... A chi altri? ai propri concittadini naturalmente ma Come? Come si può: parlando, dialogando, ascoltando, mettendo a confronto opinioni, impressioni, punti di vista; facendolo nella vita reale, in rete, nelle Piattaforme Sociali, nei Diari Elettronici, nei prorpi siti personali, ma anche a livelli maggiori se possibile, nei Parlamenti, in televisione, ciascuno come può!
'Di Europa si deve parlare', recitava una recente pubblicità progresso, che purtroppo è sparita dalla televisione abbastanza repentinamente, sostandovi per pochissimo tempo.
Io credo che di Europa si debba parlare in effetti, credo che quella pubblicità progresso sia giusta, che proponga ciò di cui in effetti c'è un grande bisogno, anche tenendo conto del fatto che i cittadini europei sono stati purtroppo semplici spettatori della creazione dell'Unione europea, avvenuta senza un loro coinvolgimento vero e proprio, senza una azione di informazione chiara ed esaustiva.
Si deve parlare di Europa quindi sì, e credo che ancora oggi lo si faccia troppo poco, anche nei mezzi di informazione di massa, spesso in modo univoco e con poco contraddittorio.
La pedagogia del pensiero divergente, quel pensiero cioè atto a trovare molteplici soluzioni ad uno stesso problema, sembra che faccia ancora una grande fatica ad affacciarsi in Europa, non dico ad affermarsi. E questo mentre il 'pensiero unico sull'Europa' impera incontrastato, nonostante i crescenti disagi manifestati da una moltitudine di cittadini.
Se poi la cultura dei Supereroi, basata sovente su un certo tipo di Superomismo, altrettanto spesso condita dal culto della personalità e dall'idolatria della volontà di potenza, oltre a non costituire la risposta appropriata ad una moltitudine di problemi, di disarmonie, di difficoltà inerenti il rapporto Stato sovrano/ Unione europea. invadesse addirittura i rappresentanti delle istituzioni europee, il danno potenziale potrebbe essere notevole, incalcolabile.
Emancipazione dunque e non Supereroi, non Super-uomini, non volontà di potenza.
Emancipazione e non Supereroi, se vogliamo tentare di salvare il salbabile dell'Unione europea.
E quindi per emanciparsi cominciamo col proporci riflessioni semplici e funzionali allo scopo.
Tra le recenti personali riflessioni vi è per esempio la seguente: che dobbiamo cominciare tutti quanti a pensare seriamente che una Unione europa il cui collante sia costituito dalle minacce del Presidente della Commissione di turno, sia una Ue profondamente sbagliata, sia una Ue che ha chiaramente perso di vista la sua stessa ragion d'essere.
Perché il vero anti-europeismo è lì, nella burocrazia europea! Per paradossale che possa sembrare si annida lì e , se non solo lì, quantomeno anche lì! E forse lì vi si annida il più autentico.
Il vero anti-europeismo infatti è quello costituito dalla coercizione, dalle canicie di forza, dall'incapacità all'ascolto, dalle minacce palesi o velate che siano, dai ricatti e dalla sostanziale mancanza di rispetto nei confronti degli Stati membri e dei cittadini degli stessi. E' giusto o non è giusto quindi chiedersi se il più vero e autentico anti-europeismo non si annidi per caso proprio lì, nelle istituzioni europee, ivi compresa la stessa Commissione Europea?
Io credo che sia giusto chiederselo. Se qualcuno tuttavia ritiene che non sia giusto chiederselo ascolteremo volentieri le sue motivazioni...Nel frattempo però credo sia bene ribadire il seguente concetto:

EMANCIPAZIONE, NON SUPEREROI!!!

mercoledì 10 dicembre 2014

Sempre al sostegno delle critiche costruttive

Sempre al sostegno di chi critica costruttivamente, Fiscal Compact, trattato ed organismo ESM, Pareggio di Bilancio in Costituzione, nonché l'attuale assetto piuttosto sui generis dell'Ue, con le sue strutture verticalistiche, chiara ed evidente espressione di ristretti gruppi elitario-centrici piuttosto che del popolo, come molti si stanno accorgendo.
E naturalmente sempre al sostegno di chi difende la Democrazia, la nostra Carta Costituzionale, i Diritti Umani, la pari dignità ontologica di ogni cittadino europeo e naturalmente di ogni essere umano.
Come sempre... respingendo per quanto possibile le dinamiche del divide et impera!

lunedì 1 dicembre 2014

Unione europea: Unione di Stati o Super Stato europeo? La cosa cambia!

Ci sono delle evidenti frizioni e disarmonie che si avvertono nell'Unione europea e nasconderlo o sottovalutarlo apparirebbe piuttosto irresponsabile. A cosa queste disarmonie facciano capo è una questione che si potrebbe porre da molteplici punti di vista. Molte persone, dai cittadini comuni, ai politici di professione potrebbero affrontare il discorso ciascuno da un punto di vista o da un'angolazione particolare. La questione si presenterebbe estremamente complessa.
Per quanto mi riguarda, se la cosa può essere utile a sviluppare un certo dibattito, credo che uno dei componenti fondamentali che stanno alla scaturigine di queste disarmonie consista nel fatto che ciò che da anni viene presentata come una Unione di stati, l'Ue ( ossia l'Unione europea ) e come tale pubblicizzata, sia in realtà il malcelato tentativo di strutturare una specie di Super Nazione europea o Super Stato europeo che dir si voglia, il che è una questione totalmente diversa naturalmente, che pone problemi totalmente diversi da quelli che pone una vera e propria Unione di Stati.
Costruire una unione di Stati è difficile. Costruire un Super Stato è difficilissimo, ma soprattutto non può essere fatto senza la partecipazione dei cittadini senza cioè che essi vengano informati.
Tra la costruzione dell'uno e la costruzione dell'altro i presupposti di partenza, i requisiti richiesti (chiamiamoli se volete prerequisiti) differiscono notevolmente, non sono certo gli stessi.
Cionondimeno questo trentativo di creare un Super Stato sembra attualmente in corso e le spie che stanno a testimoniarlo sono rappresentate da svariati fattori, dalla difficoltà stessa dei cittadini europei di capire certe dinamiche politiche ed economiche, dalla difficoltà ad essere ascoltati e rappresenteti, dal tradimento delle proprie aspettative, nonché dai conflitti spesso titanici che si sviluppano all'interno della stessa Ue e che coinvolgono istituzioni ed organismi che ne fanno parte, o il fatto stesso che sia stata così marginale la partecipazione attiva e cosciente della popolazione europea nel suo complesso alla costruzione di questa struttura sui generis.
La forte verticalizzazione cui da luogo il sistema di organismi intergovernativi per esempio sembra, alla luce dei fatti, corroborare questa tesi, è una spia evidente di questa diacronia in corso tra ciò che si propone come Unione di Stati, e ciò che si dispone come Super Stato.
Pensiamo ancora al Parlamneto europeo.
Gli elettori, che eleggono il Parlamento europeo sostanzialmente eleggono un istituzione destinata purtroppo a svolgere il ruolo di comparsa e che di fatto viene riposta in una specie di angolino, quasi segregata.
Senza offesa per i parlamentari europei ma l'impressione che se ne riceve è che Il Parlamento sia considerato alla stregua di un serbatoio da riempire, che naturalmente è conveniente riempire e, direi, che non è proprio possibile non riempire (poiché in assenza di questo serbatoio pieno, si manifesterebbe troppo palesemente il fatto che le decisioni vengano prese altrove).
Così la convenienza politica e di immagine che deriva dal riempire questo serbatoio e dal mostrarlo sovente in televisione, è chiara innanzitutto proprio a coloro che hanno ed esercitano un vero potere sull'Ue, ma questo pone il problema della differenza che sussiste tra la telecrazia e la Democrazia, tra l'apparenza e la sostanza.
Una volta riempito questo serbatoio le decisioni vengono prese altrove, ed il Parlamento ratifica.
Ma non c'è da parte di esso l'esercizio di una vera prorpia potestà propositiva né quella di un vero potere legislativo, né tantomeno emanano da lì le cariche più importanti dell'Unione europea.
Queste infatti derivano piuttosto dai sitemi Nazionali i quali vengono verticalizzati a dismisura.
Questa verticalizzazione pone ulteriori interrogativi sulla pertinenza giuridica degli organismi che da questa stessa verticalizzazione scaturiscono, e sarebbe complesso spiegarlo.
Ma è certamente più evidente il fatto che in questo modo si contribusce a creare una distanza infinita tra istituzione europee e cittadini comuni, tra organismi europei ed elettori, in pieno dissenso con l'art.A del trattato di Maastricht.
Di fatto i cittadini vedono eleggere alle cariche più importanti dell'Ue politici che sono stati eletti nei sistemi nazionali. All'interno dei sistemi nazionali questi dovrebbero svolgere il ruolo di rappresentare il proprio elettorato, per prendersi cura appunto dei problemi nazionali e fare l'interesse della propria nazione che è cosa legittima e giammai antieuropeista, come ha ben capito la Germania, ma non altri.
Così coloro che vengono eletti per farsi carico dei problemi e delle rivendicazioni legittime delle singole nazioni accedono alle più alte cariche europee, e coloro che vengono eletti in un parlamento propriamente europeo per farsi carico di una visione, diciamo così, più allargata, d'insieme e più europeista, non accedono a nessuna carica di rilievo, il che è da ogni punto di vista assurdo e per certi versi incomprensibile.
E se il fatto che nessuno di coloro che vengono effetivamente eletti nei collegi delle elezioni europee acceda a cariche europee di rilievo è incomprensibile, lo dovrebbe essere ancor di più dal punto di vista di chi si proclama orgogliosamente europeista!
Ci sono dunque abbastanza spie per porre il problema della diacronia in corso tra il concetto di Unione di stati europei (Ue), e Super stato europeo?
A mio modesto modo di vedere sì.
Il fatto che questo tentativo di creare un Super Stato non venga apertamente dichiarato, benché in ogni caso venga perseguito, crea naturalmente delle inevitabili diacronie che si traducono in incomprensioni e disarmonie, in frizioni e incompatibilità di vario ordine e grado e che rischiando di non emergere alla luce del giorno - e di fatto non emergono e nessuno ce le spiega apertamente né le giustifica, salvo che poi alla lunga uno se ne rende conto personalmente - finiscono per assumere il ruolo che nella psiche del singolo soggetto umano svolgono taluni elementi perturbativi inconsci. Così si da luogo ad un conflitto anche inconscio tra cittadini ed istituzioni europee di carattere espressamente 'nevrotico'.
E' meglio che ciò emerga e che emerga chiaramente in modo da permettere di non 'nevrotizzare' il confronto, in modo da permettere più pragmaticamente eventuali rettifiche, ma soprattutto in modo da permettere anche l'emersione degli stessi elementi inconsci affinché possano essere gestiti a livello di coscienza e anche naturalmente per permettere ai cittadini europei di sapere dove li si sta conducendo.
Dovrebbe essere un dovere da parte delle istituzioni europee informare correttamente i  propri cittadini per quanto difficile possa essere.
La retorica europeista che si basa su nozioni tranquillizanti, per quanto vaghe, come quella per esempio di Europa dei popoli, o di 'Unione'europea appunto, crea inevitabilmente nel cittadino delle traiettorie di attesa che col tempo vengono purtroppo puntualmente disattese.
E' inevitabile quindi che si avverta a livello istintivo questa già citata diacronia, questa disarmonia cui inizialmente è perfino difficile dare un nome e una definizione oppure una spiegazione esauriente.
Ma si avverte, si sente e chi fa dei passi per scoprire esattamente in che cosa essa consista ne scopre poi le ragioni vere, soggiacenti, spesso sofisticate, complesse, ma non per questo invisibili o incomprensibili.
Certo talvolta può essere difficile spiegarle e questo forse spinge molti a non tentare nemmeno, ma la volontà di capire è emersa chiaramente in vastissime parti della popolazione, almeno in Italia e questo dovrebbe spingere almeno a tentare.
In ogni caso, difficile o non difficile che sia fornire spiegazioni esaurienti, appare del tutto fuori luogo sostituire alle spiegazioni, abbondanti dosi di Valiumm cioè agire esattamente nella direzine diametralmente opposta oppure usare quelle che da molti sono definite, non senza una qualche ragione, mezzi di distrazione di massa.
L'unione europea è dunque una Unione di Stati o un Super Stato europeo?
Abbiamo o non abbiamo il diritto di saperlo? E se abbiamo questo diritto qualcuno non dovrebbe per caso farsi carico di spiegarci se il progetto europeo consista nella creazione di una unione di stati o se non consista piuttosto nella creazione in un Super Stato?

domenica 23 novembre 2014

Come nel film di Charls Chaplin

Un ragazzino spacca una vetrata con un sasso. Pochi istanti dopo passa il vetraio che così ha l'opportunità di sostituire il vetro rotto.
Chiaramente il ragazzino e il vetraio stanno dalla stessa parte e lavorano di comune accordo.

Questa famosa sequenza cinematografica del film "Il monello" di Chaplin, è emblematica, direi quasi paradigmatica, per tutta una serie di variegati atteggiamenti che vi sono nella nostra società a vari livelli e che vi si ispirano o che si ispirano alla stessa fonte a cui si ispira il film.
Questi attegiamenti sono presenti anche a livelli insospettabili probabilmente, forse anche a livello europeo.

Se di Europa si deve parlare, come recita una recente pubblicità progresso...dunque parliamone!

Facciamolo però a partire da una domanda: può darsi che certi architetti del pensiero unico sull'Europa adottino questo paradigma chapliniano, per inscenare le proprie politiche?

Speriamo di no! Certo è che se lo adottassero non renderebbero un gran servigio al proprio continente.
Se l'atteggiamento del monello e del vetraio per quanto sbagliato riesce quasi ad essere tollerato dallo spettatore poiché frutto del bisogno di chi vive anche di espedienti e nella necessità, lo stesso atteggiamento appare molto meno tollerabile in istituzioni così altolocate da non essere neanche minimamente sfiorate dal concetto di bisogno!
Si potrebbe anche essere tentati di mantenere il beneficio del dubbio se non sentissimo così forte il rischio di essere tacciati di palese ingenuità.
Così cerchiamo di non fare gli ingenui e siamo franchi!
Per rispondere a questa domanda cerchiamo innanzitutto di individuare questi atteggiamenti, diciamo così, analoghi, al paradigma appena espresso, nel contesto europeo.
Dunque vediamo...
Un paio di anni fa George Soros, magnate della finanza internazionale, aveva espresso una opinione riportata da Luca Ciarrocca, direttore di Wall Street Italia, secondo la quale le politiche europee ( e, nota bene, europeiste!) avrebbero innescato una trappola deflazionistica!
Questo non ha certo cambiato l'atteggiamento dell'Ue che è andata avanti a spronbattuto, ignorando addirittura anche altri autorevoli pareri ed opinioni normalmente ritenute di prestigio, e riuscendo a piegare, complici imbonitori professionisti, le politiche nazionali dei singoli paesi alle proprie richieste.
E questo naturalmente, cioè quello di essersi piegata alle richieste dell'austerità, è un erorre purtoppo molto grave della nostra Nazione, nella fattispecie di quelle forze politiche che allora appoggiavano il governo Monti.
La mia personale opinione è che queste politiche richieste dall'Ue, hanno prolungato la crisi che era partita, come gli esperti certamente ricorderanno, dal crollo dei titoli statunitensi inerenti il mercato immobiliare.
L'anno prolungata, non l'hanno certo ostacolata né, tantomeno, risolta.
Così essa si fa sentire ancora!
Questa dunque la mia modesta opinine, ma che dire dell'opinione di un magnate della finanza, o di opinioni dello stesso tenore di esperti economisti di settore?
Tutto ignorato.
Quando qualcuno ti dice che stai innescando una trappola deflazionistica che fai poi quando la deflazione arriva veramente? Ti stupisci?
E' da questi effetti ( effetti come la deflazione ) che poi si va a dire ai cittadini che bisogna procedere alla risoluzione con 'mezzi non convenzionali'.
E' così che si cerca di giustificarli. Ma questi 'mezzi non convenzionali' hanno un peso politico non indifferente, e valicano certi limiti con una disinvoltura sconcertante, e quindi pongono dei problemi che è del tutto legittimo porsi e che non possono essere elusi con tanta sufficienza.
Questi problemi devono essere affrontati, così come quelli che stanno a monte!!!
Orbene, c'era un modo per evitare di ricorrere ai famosi 'mezzi' o 'strumenti non convenzionali' nella fattispecie, ed era quello di non innescare trappole deflazionistiche!!!
Era, ancora, quello di anticiparle ascoltando le autorevoli opinioni di certi esperti di settore, esperti come Soros appunto, e come altri.
Aver voluto procedere ugualmente in quella direzione che cosa dimostra?
E' giusto o non è giusto dunque chiedersi se questo dimostri la presenza di dolo?
E' giusto o non è giusto dunque chiedersi se si sia preferito ignorare quegli appelli perché gli effetti negativi che ne sarebbero derivati sarebbero stati estremamente funzionali allo scopo di ricorrere ai 'sistemi non convenzionali'?
Sistemi dai risvolti politici, lo ribadiamo, tutt'altro che marginali.
Secondo l'opinione corrente sembra che i 'mezzi non convenzionali' servano a fronteggiare la deflazione ed altre problematiche ancora.
Ma, alla luce di queste considerazioni, è giusto o non è giusto chiedersi se per caso non sia piuttosto vero che si sia usata la deflazionema e gli altri problemi economici per poter inscenare gli strumenti non convenzionali?
In altri termini i mezzi non convenzionali sono la causa della deflazione, il motivo per cui essa sussiste.
Il nesso di causalità è stato invertito.
E' così?
Se non è giusto chiederselo, qualcuno ci spieghi perché non lo è, ed ascolteremo volentieri la risposta.
L'impressione tuttavia è questa: la trappola deflazionistica corrisponde a quella che nel film 'Il monello' è la rottura del vetro; l'uso dei 'sistemi non convenzionali al di fuori del proprio mandato' corrisponde alla sua sostituzione con un vetro nuovo.
Ma la vera domanda è: di comune accordo? Chissà!
Certo è strano pensare ad una Ue che da un lato innesca trappole deflazionistiche, che incentiva l'austerità, legando mani e piedi agli stati nazionali membri, sempre più spogliati di sovranità, che non possono né muoversi né sforare tetti del tutto arbitrari, e dall'altro lato permette a potenti apparati  dell'Ue come la BCE di fare il bello e il cattivo tempo, di fare quello che gli pare, quando gli pare, come gli pare, valicando i limiti imposti dai trattati, e di ricorrere a mezzi definiti 'non convenzionali' andando chiaramente al di là del proprio mandato.
Purtroppo però certe cose sembrano tanto più vere quanto più strane sono!
Forse questo accade poiché il pensiero unico sull'Ue non ammette deroghe, neanche alla luce dei fatti!
Forse questo accade perché era stato probabilmente stabilito aprioristicamente che la BCE dovesse recitare il ruolo di salvatorice della patria. Un ruolo di cui naturalmente non ci sarebbe bisogno se certe dinamiche economiche nazionali, legate anche alla gestione bancaria nazionale e alla gestione del debito pubblico prendessero altre direzioni maggiormente virtuose.
Mentre alle banche nazionali spetta appunto il ruolo dei cattivi della situazione, quelli che non concedono credito ecc. ruolo recitato per altro molto bene.
Ma qui dovremmo chiederci se per caso non si adombri anche la presenza di un 'cartello'!

Noi pensiamo che dobbiamo necessariamente essere schierati contro questo tipo di atteggiamenti.
Personalmente lo manifesto da tempo. Chi conosce questo Diario Elettronico sa bene che in esso da tempo sono presenti critiche anche aspre, benché rispettose, ma che spero sempre e comunque costruttive, anche quando sono evidentemente piuttosto marcate e non rappresentano certo dei comlplimenti; critiche nei confronti di atteggiamenti centralisti dell'Ue che sembrano proprio ispirarsi a questo tipo di dinamiche e di paradigmi.
Ma ora, senza dare per scontato niente, chiediamoci: perché dobbiamo necessariamente essere schierati contro questo tipo di atteggiamenti?
La risposta è semplice: perché una politica che si fonda su questo tipo di atteggiamenti e di paradigmi è pronta a ripeterli, e a ripeterli insistentemente, incessantemente, a cilco continuo e tenderebbe chiaramnete a farlo nel momento in cui lo ritenesse vantaggioso, ma vantaggioso per se stessa s'intende, più che per i cittadini dei vari paesi o in generale europei.
Infatti questi atteggiamenti non sembrano tenere conto dei danni che si potrebbero arrecare a milioni di cittadini inermi, che si potrebbe portarli all'esasperazione ( e molti fatti di cronaca purtroppo lo dimostrano ), cittadini che avevano riversato aspettative molto diverse nei confronti di questa Ue.
Non si possono tollerare questi atteggiamenti perché non si può giocare con la vita di milioni di cittadini. La vita di questi cittadini è sacra, e deve essere rispettata!
Serve dunque una diversa cultura.
Se il modo di procedere è quello fondato sul paradigma de" Il monello", noi pensiamo che sia un modo sbagliato di procedere e per certi versi politicamente scorretto, nonché socialmente scorrettissimo.
L'Ue, dal nostro punto di vista va costruita a partire dai processi virtuosi dei singoli stati e non per via degli atteggiamenti viziosi degli stessi neanche quando gli atteggiamenti viziosi sembrano funzionali ad un certo disegno al quale nonostante una miriade di critiche e infiniti problemi non si riesce proprio a rinunciare: il pensiero unico sull'Europa!
L'Ue dal nostro punto di vista va costruita a partire dai cittadini, dalla dignità della persona umana, dal concetto di Democrazia, dai diritti umani. Non certo a partire da una moneta.
Fermo restando che ancora oggi personalmente non ho una posizione definitiva sull'euro, non credo che una Unione di Stati si debba costruire a partire da una moneta e costruendo intorno ad essa.
Pensiamo che chi crede che si debba costruire a partire da una moneta faccia finta di non vedere le problematiche che l'adozione della moneta unica ha comportato, che ignori le molteplici critiche di numerosi economisti ed esperti di settore con troppa superficialità.

In sintesi, si costruisce intorno all'uomo, non intorno a una moneta.

Altri esempi ancora di come quel paradigma sia presente nella relazione che c'è tra istituzioni europee e governi nazionli lo si può probabilmente evincere da quanto segue:
aumenta il debito pubblico ( che corrisponde alla rottura del vetro ) così interviene la BCE ( il vetraio ).
Da cui è necessario chiedersi: è giusto o non è giusto sospettare che il debito pubblico aumenti ad arte?
Non è giusto?
Qualcuno ci spieghi perché non è giusto!
E qualcuno ci spieghi anche come mai il debito è aumentato così repentinamente negli ultimi mesi, proprio immediatamente prima che la BCE si disponesse ad adoperare i famosi 'sistemi non convenzionali'!
La questione del debito pubblico oltretutto, dal nostro punto di vista, è una questione che deve essere ricondotta nell'alveo del sistema nazionale, a nostro giudizio, poiché è possibile farlo ed ottenere comunque buoni risultati, ma prima di tutto bisogna volerlo! Bisogna volerlo!
Altri interrogativi potrebbero seguire naturalmente. Potremmo chiederci per esempio:
è questo il grado di comprensione delle istanze dei cittadini italiani da parte della politica?
E' questo che hanno chiesto i cittadini?
Tutte le istanze eurocritiche e diverso-europeiste emerse da tempo si condenserebbero in questi ateggiamenti filo-troicisti?
Sarebbe questo l'atteggiamento eurocritico nei confronti delle epolitiche della troika?
O non è piuttosto vero che tutto questo accondiscende i progetti della troika e la sua agenda?
Ed altri interrogativi ancora.
Che attualmente vi sia un governo filo-troika in Italia comincia a divenire piuttosto palese ed evidente, comincia ad emergere con sempre maggiore frequenza e chiarezza, nonostante tutti gli sforzie e tutte le energie profuse per dissimularlo.
Questa Ue sta provocando molto malcontento e si dimostra ancora una volta incapace di ascoltare i propri cittadini.
E' molto spiacevole constatare che nonostante tutti gli appelli fatti fino ad oggi, piuttosto che ascoltarli i cittadini, piuttosto che approfondire le critiche che da essi emergono e di cui si fanno variamente portavoce, l'Ue cerchi di trovare il modo per dissimulare il troikocentrismo che è alla base del suo operare iscenando false contrapposizioni francamente poco credibili.
Infatti il repentino aumento del debito pubblico in Italia negli ultimi mesi sta lì ad indicare che il paradigma Chapliniano è stato ben recepito. Repetita juvant: si aumenta il debito pubblico ( che corrisponde alla rottura del vetro ), così interviene la BCE ( che corrisponde all'intervento del vetraio!).
Ma quello che è giusto temere appunto, è che sia tutto coordinato!
Ma un governo, e per di più un governo che giura fedeltà alla Patria e alla Costituzione, non dovrebbe comportarsi conformemente al giuramento prestato, non dovrebbe comportarsi con 'onore' come richiesto dalla stessa Costituzione?
Non dovrebbe cioè cercare il modo di non farlo aumentare questo debito pubblico?
Io credo che dovrebbe cercare di fermarlo e, se questa opinione fosse condivisa, così avremmo anche un parametro per giudicare.
Se si ferma o diminuisce il debito vuol dire che il governo è capace; se invece il debito aumenta, e magari in modo repentino, vuol dire che il governo non è capace, e se ne dovrebbero trarre le debite conseguenze!
Certo è che, se non ricordo male, il ministro dell'economia e della finanza non era presente al giuramento.
Avrà giurato poi?
In ogni caso, fino a quando dovremmo tollerare politiche autolesionistiche che aumentano il debito pubblico?
Forse fino a quando le politiche autolesionistiche colpiranno soltanto le fascie deboli?
Spero di no, ma temo di sì.
Noi crediamo che ci siano altri modi per costruire l'Unione europea che non quelli che derivano dal paradigma chapliniano. Noi crediamo che anche una Nazione con il debito pubblico in ordine, e che non necessiti quindi degli interventi 'non convenzionali' della BCE possa costruire l'Unione europea, e che anzi, questa seconda strada sia migliore della prima.
E' del tutto chiaro ed evidente, lo ribadiamo, che qui si adombrano problematiche politiche enormi e importanti, molto importanti, che i cittadini, cartina di tornasole estremamente sensibile, avvertono in vario modo, pur non essendone adeguatamente informati.
Dissimulare o fare finta di niente non serve, serve anzi il coraggio di guardare in faccia la realtà, Soltanto così si potrà procedere ad appurare la presenza di questi problemi politici, a capirli, ad approfondirli e quindi in un secondo momento a risolverli, in modo democratico e conforme al rispetto anche delle singole Costituzioni, senza quindi avere il bisogno di ricorrere a certi paradigmi quali quelli che abbiamo appena illustrato!

lunedì 10 novembre 2014

Retorica del 'cambiamento' e debito pubblico

Su quali cardini si impernia o dovrebbe imperniarsi il cambiamento?
Se non ci sono cardini sui quali impostare un cambiamento, ( ma potremmo dire 'il cambiamento'), se non ci sono principii di base sui quali impostarlo, molte certezze svaniscono, e la fiducia nel cambiamento si affievolisce. La sensazione è che troppe cose cambino in peggio purtroppo.
La retorica del cambiamento, in quanto tale non è tenuta a specificare la natura del cambiamento, basta la parola: cambiamento!
Per la retorica del cambiamento il cambiamento è tutto, poco importa in che cosa esso consista, né se il cambiamento segua una linea peggiorativa anziché migliorativa.
Ma per l'economia reale questo non è sufficiente!
Cambiare in peggio è in effetti sempre possibile purtroppo, e stando alle dinamiche recentemente sotto gli occhi di tutti, nonché ai dati in nostro possesso, addirittura probabile.
Che senso ha quindi promuovere un cambiamento, quando questo cambiamento segue una linea discendente nell'evoluzione delle conquiste politiche, civili ed economiche del genere umano?
La risposta sensata sarebbe: nessuno!
Cambiare per cambiare, senza entrare dentro allo specifico del cambiamento, senza appurare in che cosa esso consista realmente, non ha un gran senso.
Oppure potremmo dire che, se ce l'ha, ce lo ha dentro dinamiche puramente propagandistiche che sposano volentieri un sentimento popolare e spesso populistico, ma come spesso accade e anche alla luce dei fatti, con l'infelice esito, volenti o nolenti, di tradirne le aspettative.
Quando le cose vanno male, dichiarere che si vuol cambiare è certamente rispondente ad una esigenza interiore ed esteriore che il popolo sente come propria ed innesca quindi una immediata risposta positiva quasi spesso scontata, e quindi propagandisticamente parlando, questo avrà sempre un riscontro positivo, un quasi certo consenso.
Ma è troppo facile, è troppo superficiale e ,soprattutto, è una modalità che rischia di somigliare molto ma molto da vicino a commedie già viste e già sentite.
La nostra opinione comunque in generale è che cambiare per cambiare non serva al Paese, anzi che non serva verosimilmente a niente, se non ad illudere pochi o molti che finalmente forse qualcosa migliorerà, salvo poi fare i conti con i dati reali; la nostra opinione è che cambiare senza dei principii cui ispirarsi, o senza dei solidi cardini cui imperniarsi, non solo non serva ma che possa perfino essere dannoso.
Ma un sentimento reale di cambiamento si era recentemente affacciato sulla scena della politica italiana. Questo affacciarsi procedeva tuttavia - si noti bene - non a partire dalle segreterie di partito, bensì a partire genuinamente dal popolo, dalla base vera, dalle sue esigenze reali, dai suoi problemmi di tutti i giorni.
Alcuni importanti elementi, alcuni punti critici dell'attuale sistema politico e delle attuali dinamiche politico-economiche ed economico-finanziarie, anche sull'onda di questo genuino sentimento erano stati, per altro, individuati poi, da persone anche esperte di settore.
Mettere per esempio al centro dell'interesse politico italiano il problema del debito pubblico, capirne le dinamiche, interrogarsi sulla sua gestione, capire il perché del suo anche attuale impennarsi, era certamente un punto inportantissimo nell'emancipazione della popolazione dal suo assoggettamento culturale, anche in materia di politiche economiche appunto,  a pareri ed opinioni, diciamo così, 'di prestigio' o 'esperte' che dir si voglia, e che comunque troppo spesso, in ogni caso, tendono a rimanere vaghe, incomprensibili, quando non addirittura sulla superficie,  non consentendo pertanto di capire da vicino e veramente a fondo che cosa realmente succeda circa il problema in questione.
L'attuale retorica del cambiamento, non sembra aver fatto propria questa richiesta, questa fondata istanza dei cittadini più o meno esperti, più o meno informati, non sembra aver fatto priopria questa esigenza e questa focalizzazione, questa individuazione cioè del punto critico fondamentale.
Questi elementi di chiarezza si sono scontrati pertanto con un gran polverone e con quella che abbiamo appunto chiamato la retorica del cambiamento, che tuttavia è andata ad abbracciare altro, piuttosto che quello che veniva indicato come il fulcro del problema.
Così se è vero - com'è vero - ( almeno dal nostro punto di vista ) che cambiare per cambiare non serve a niente, questo risulta ancor più vero quando al cambiamento cosciente di elementi viziosi tecnicamente individuati per esempio nella gestione del debito pubblico, si risponde con cambiamenti che con questo problema non hanno niente a che fare o che addirittura lo perturbano o lo accrescono.
Due dei recenti effetti di questo atteggiamento sono infatti sotto gli occhi di tutti e, checché se ne dica, sono difficilemente smentibili e si possono infatti riscontrare: a) nell'innlazamento repentino che il debito pupplico ha avuto negli ultimi mesi e b) nella minimizzazione di questo problema, cioè nella minimizzazione di questo recente accrescimento, nonché nella minimizzazione del problema del debito pubblico stesso in sé, in generale.
Qui purtroppo si va ben oltre la sottovalutazione, si va verso la minimizzazione, ed è un dovere del cittadino richiamare l'attenzione su questo punto.
Questa minimizzazione attualmente in corso avviene sia da parte di singole opinioni di singoli esponenti giudicati autorevoli e spesso non estranei alla strutturazione dell'attuale architettura europea ( certamente non scevra da elementi di discutibilità! ), sia da parte di istituzioni o di organismi sovranazionali.

Il mantra cui siamo stati abituati da sempre ( personalmente fin dalla nascita ), cioè che il propblema dei problemi è il debito pubblico, mantra con il quale la mia generazione è cresciuta e del quale si è abbondantemente nutrita, sembra adesso non essere più vero!
Com'è possibile?
Chi ha dunque ragione?
E' chiaro che la politica in generale è sempre tesa a minimizzare i problemi che non è facile fronteggiare o risolvere, o che comunque non riesce a meneggiare agevolmente, tanto da intensificarli addirittura, ma il senso di responsabilità che si sente in ogni caso sbandierare così spesso e volentieri e in ogni dove, sovente a sproposito, dovrebbe quantomeno spingere ad essere realisti, a guardarli  in faccia per bene questi problemi, ma soprattutto ad essere coerenti con il tradizionale mantra che fino a poco prima sembrava si condividesse con tanta partecipazione e con tanta convinzione e che, per quanto ossessivo, certamente contenva ( e contiene ancora ) sotto tutti i punti di vista dei fondatissimi elementi di veridicità!!!
E' difficile infatti immaginare che il debito pubblico sia stato un problema fino a qualche mese fa, e che adesso invece, improvvisamente, quasi magicamente, non lo sia più!
Chi può essere così facilmente persuaso da questa tesi?
Forse che la retorica del cambiamento ha cambiato la veridicità dell'arcinoto e classicissimo mantra?!
Sembra proprio che la retorica del cambiamento, in effetti, abbia sortito l'inaspettato e quasi stupefaciente effetto di avere cambiato molte autorevoli opinioni circa la questione del debito pubblico!
Ma la cosa per molti suona strana. Da qui la legittimissima esigenza di avere dei chiarimenti in proposito.

Intanto il debito cresce, cresce, cresce...

mercoledì 22 ottobre 2014

Sfide e certezza del diritto

'Finanziarizzazione della Democrazia' ( vedi Lidia Undiemi ), 'monetizzazione della conoscenza', 'cultura della divisione in scomparti', sono tutte dinamiche che, essendo per altro già in corso, rappresentano per i cittadini italiani ed europei, alcune importantissime sfide da affrontare per la tenuta stessa della Democrazia, sia a livello nazionale che a livello internazionale.
Queste tre sole dinamiche, di cui  non ci occupereme dettagliatamente adesso, rappresentano una triade che già da sola è potenzialmente capace di determinare consistenti flessioni democratiche e spaventose retrocessioni civili. 
Per affrontarle è necessario prepararsi e  prepararsi significa informarsi, leggere, documentarsi.
Anche l'istintivo senso di giustizia innato nell'uomo, può svolgere un ruolo nel disporsi ad affrontare queste sfide, proprio perché, inquanto innato, non necessiterebbe di una preparazione specifica, ed appartiene a tutti indipendentemente dal grado di preparazione e di evoluzione personale. Purtroppo però quando le pulsioni istintive si fanno sentire e quando l'istintivo senso di giustizia giunge ad informarti che una parte della tua dignità è stata lesa, significa che qualcosa di negativo è già successo e le battaglie si fanno così aspre e difficili, assai più dure e dall'esito assai più incerto di quanto non sarebbero se si cercasse di anticiparne gli effetti negativi che spesso sono intravisti ma che altrettanto spesso sono poco ascoltati. Certo, non è facile.
Prevenire è meglio che curare, dice un popolare proverbio. Avvertire il senso delle dinamiche in corso, anticiparle, fare azione divulgativa, per quanto è possibile, diviene dunque molto importante.
Farlo nel rispetto delle altrui opinioni è naturalmente doveroso.
Per affrontare queste sfide è senza dubbio necessaria la certezza del diritto, anche nell'Unione europea. Il rispetto del diritto comunitario e, la certezza del diritto, sono fondamentali.
Muoversi al di fuori del proprio mandato, anche per istituzioni come la BCE, certamente non offre la sensazione che le regole ed il diritto siano ascoltati, e pone dei seri problemi innanzitutto politici.
Ci sono dei problemi a monte che devono essere affrontati con grande serietà e possibilmente risolti.
Per esempio gli stati che compongono l'Ue, essendo stati sovrani, non vedono come cosa bella o democratica, permettere che i propri vertici politici siano decisi da qualcuno dei tre componenti della Troika ( Commissine europea, BCE, Fondo Monetario Internazionale ), per esempio, di cui fanno parte anche organismi non democraticamente eletti o derivanti da elezioni di secondo grado.
Non sentono come giusto neanche il fatto che si suggeriscano soluzioni come l'abolizione dell'art.18, e via discorrendo.
Sono chiaramente problemi politici e come tali non possono essere elusi, quanto piuttosto affrontati.
La certezza del diritto rappresenterebbe un valido supporto e una valida base di appoggio nell'affrontare le sfide in corso di cui abbiamo fatto menzione di sopra, anche per tranquillizzare i cittadini stessi che ci sono delle certezze sulle quali costruire, sulle quali appoggiarsi.
Ma quando ci si muove al di fuori del proprio mandato la sensazione che si riceve non è tanto quella della certezza del diritto, quanto piuttosto che sia vigente uno stato di anarchia.
Questo dovrebbe fare riflettere a nostro giudizio...

giovedì 16 ottobre 2014

Esce oggi "Il ricatto dei mercati" di Lidia Undiemi

E' arcinota la frase di M. A. Rothschild, altrimenti attribuita a N. Rothschild:

"Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importerà di chi farà le sue leggi"

Una frase dura e sincera al tempo stesso, quantomeno franca, una frase citatissima e che, anche per questo, è divenuta quasi assiomatica per tutto un mondo.
E' sotto gli occhi di tutti come l'economia e la finanza in effetti condizionino ogni aspetto della società, anche la produzione di cultura!
Già Adorno ammoniva che la cultura di massa non è tanto cultura 'delle masse' quanto piuttosto cultura 'per le masse'.
Ma il vero livello culturale di una società lo si misura e lo si evince anche dalla capacità critica del popolo rispetto a stilemi culturali che arrivano dall'alto, qualunque essi siano.
La cultura 'per le masse' può e deve essere messa in discussione 'dalle masse' stesse, e questo atteggiamento può e deve essere incoraggiato anche dai mezzi di informazione, ma ciò può avvenire a livelli profondi soltanto in seguito ad un' azione culturale consapevole che miri all'emancipazione.

Esce oggi un libro che può aiutare a farlo: " Il ricatto dei mercati " di Lidia Undiemi, Dottore di ricerca in Diritto dell'Economia.
Comprendere i meccanismi che regolano questo mondo dell'economia e della finanza significa comprendere molto dello stato attuale della nostra società in generale e dei possibili scenari futuri.
Significa altresì capire dove è insito un possibile errore o dove sono insiti più errori sommati insieme tra loro, quegli stessi errori che poi si riverberano nella stessa società e determinano crisi economiche e sociali di vario genere, con conseguenze dai vari aspetti e dai vari nomi spesso inquietanti, quali: indebitamento, disarmonie redistributive, prelievi forzosi, deresponsabilizzazioni, esternalizzazioni, desertificazioni, delocalizzazioni, precarietà, e quant'altro ancora.
Capire queste dinamiche potrebbe significare anticipare e prevenire ulteriori deterioramenti civili e sociali del nostro mondo e del nostro tempo e pericolose potenziali derive anti-democratiche.
Un nuovo umanesimo potrà essere possibile soltanto umanizzando questo settore economico-finanziario.
Dopotutto l'economia è fatta per l'uomo,  non l'uomo per l'economia.
L'uomo deve essere messo al centro dell'economia che deve essere al suo servizio e non viceversa.
Serve una correzione del punto di vista e, in generale, una nuova antropometria.
Quando avremo assimilato il contenuto di questo libro potremo dire di aver fatto veramente un concreto passo avanti verso un nuovo umanesimo, un passo concreto nella direzione di una vera rivoluzione culturale!

lunedì 6 ottobre 2014

Metropolitane

La provincia cambia nome e si chiama area metropolitana, ed il consiglio provinciale si chiama consiglio metropolitano. Gli aventi diritto al voto per l'elezione del consiglio metropolitano sono 688 per quanto riguarda l'area metropolitana di Firenze.
Quando si eleggeva il consiglio provinciale quanti erano gli aventi diritto?
Ve lo ricordate?
Naturalmente gli aventi diritto al voto erano tanti quanti erano i cittadini maggiorenni della provincia di Firenze, tutti i cittadini della provincia, me compreso. Oggi non più! Adesso questo diritto non l'ho più perché è stato dato soltanto a 688 dei cittadini della provincia di Firenze. Tutti gli altri non ce l'hanno, e la cosa non mi fa certo piacere e, credo sinceramente, neanche a loro, almeno lo spero.
Sento che in questo modo è stato leso un mio diritto. Sbaglio forse?
E chiaramente mi fa pensare il fatto che questo diritto sia stato messo in discussione, anzi tolto, da qualcuno che è stato eletto con una legge elettorale giudicata incostituzionale dalla Consulta, qualcuno che avrebbe dovuto occuparsi principalmente se non essenzialmente, di questa riforma, cioè della legge elettorale appunto e non altro, e chiaramente nel rispetto della Costituzione, come suggerito dalla Corte Costituzionale!
In ogni caso non c'è che dire, una brusca riduzione del numero di elettori!
Inoltre i candidati al consiglio metropolitano, sono scelti tra i sindaci e tra i consiglieri comunali, ovviamente già eletti nelle elezioni comunali.
E' dunque sotto gli occhi di tutti un fatto difficilmente smentibile, cioè che la politica sceglie se stessa o meglio, che i rappresentanti politici scelgono se stessi, gli eletti scelgono altri eletti e probabilmente attenzione, secondo certi suggerimenti che sono caldamente consigliati di rispettare, e che, dato il contesto, difficilmente potrebbero essere elusi. Quindi chi sceglie in definitiva il consiglio metropolitano?
E il cittadino comune, cosa può scegliere?
Mentre prima nelle provinciali vi erano esponenti diversi da quelli che si erano presentati alle comunali, a garanzia di un certo pluralismo e di una varietà umana che, come espresso anche nell'articolo prcedente ( species, quo res distinguitur, in una interpretazione chiaramente estensiva...) è ricchezza e anche bellezza.
Ci troviamo quindi di fronte ad una evidente contrazione della Democrazia, e anche ad una evidente contrazione della rappresentatività.
Ma ci troviamo anche di fronte all'abolizione di un principio sacrosanto, quello secondo il quale ogni rappresentante ha diritto ad una indennità economica che gli permetta di svolgere il proprio mandato nella piena dedizione e nella piena sicurezza.
Siamo oltretutto di fronte ad esponenti che eletti dal popolo soltanto in una elezione, si trovano a rivestire due incarichi, uno comunale ed un altro provinciale, pardon, metropolitano!
Un altro principio e cavallo di battaglia della sinistra propriamente detta, quella sinistra che, per capirsi, un tempo era dalla parte dei lavoratori, principio che possiamo sintetizzare con l'espressione: 'lavorare meno per lavorare tutti', cede il posto al principio che può essere sintetizzato così: ho un posto di responsabilità ( di potere ) e quindi me ne prendo un altro!
E si tratta di un posto che poteva essere rivestito da qualcun'altro evidentemente a garanzia di quei principii e di quel pluralismo che dicevamo sopra.
Ora, è abbastanza evidente che siamo di fronte a più che qualche contraddizione per cui nessuno stupore se poi qualcuno si chiede: come è possibile arrivare a tanta contraddizione con certi principii?
La risposta potrebbe essere più semplice del previsto: è possibile arrivarci grazie ad una parolina magica, risparmio!
Si dice che dobbiamo risparmiare, perché c'è la crisi!
Se fossero state ascoltate certe autorevoli e molteplici voci, di finanzieri, di economisti, di studiosi di diritto dell'economia e di qualche politico avveduto e responsabile, forse l'austerità non avrebbe prolungato così a lungo questa crisi e i suoi effetti e la famosa parolina magica avrebbe perso così molta della sua magica aura!
Ma dobbiamo rimarcare invece un principio importantissimo: una riforma dell'assetto degli enti preposti a rappresentere i cittadini ( comuni, provincie, regioni ) non si fa per risparmiare!!!
E neanche le riforme costituzionali si fanno per risparmiare!!!
Il prezzo del risparmio poi, non può essere la Democrazia!
Se poi per poter dire 'risparmiamo' sembra quasi che le si vada a cercare col lanternino le 'crisi', evitando di ascoltare chi con grande lungimiranza aveva messo in guardia da certi pericoli, ancora peggio!
Dispiace veramente poi che, con qualche eccezione, tutto questo abbia avuto un così scarso rilievo nei mezzi di informazione di massa, veramente molto.
Ma chiediamoci adesso: dobbiamo dunque essere contenti di tutto questo?
Noi pensiamo di no!

Comunque la si pensi nelle elezioni di secondo grado, si dica quel che si vuole, c'è sempre una contrazione della Democrazia e della rappresentatività.
Ci sarebbero molte cose su cui riflettere ancora a lungo naturalmente ed anche in questo caso i mezzi di informazione potrebbero aiutare e fare molto per formare le coscienze, molto ma molto di più.

Ma ecco alcune domande che sarebbe opportuno porsi:

a) come cambia il rapporto maggioranza/minoranze nel passaggio da elezioni di primo grado
a elezioni di secondo grado?
a1) aumenta il divario, diminuisce o resta immutato?
b) come cambia mediamente il rapporto maggioranza/minoranze nelle elezioni di secondo grado,
rispetto al rapporto esistente tra i singoli comuni eletti in primo grado?
b1) aumenta il divario, dimuniusce o rimane invariato?
c) siamo proprio sicuri che così venga mantenuto il criterio di equità ed equilibrio, o non sarà piuttosto vero che aumentano le divergenze?
d) così non si allontanano per caso i cittadini, popolo sovrano, dalle istituzioni?

Rispondere a queste domande sarebbe importantissimo.
In ogni caso una cosa è certa, cioè che così, e lo ribadiamo ancora una volta, si ha per forza di cose:
1) una forte contrazione della Democrazia;
2) una forte contrazione della rappresentatività;
3) una minore partecipazione;
4) una pericolosa messa in discussione dei principii secondo cui a) partecipazione è libertà e libertà è partecipazione e b) le indennità sono un diritto di chi le riceve e un dovere per lo stato dispensarle e, oltretutto, sono indispensabili al pieno espletamento delle proprie mansioni istituzionali.

Dobbiamo dunque essere contenti di non votare più i nostri rappresentanti alla provincia che cambia nome?
Dobbiamo in generale essere contenti di tutto ciò?
Noi non pensiamo...

lunedì 22 settembre 2014

Senza Etica e senza Estetica

Senza etica e senza estetica, e la cosa presumibilmente non è casuale.
La televisione qualche giorno fa, ha annunciato l'entrata in vigore del nuovo sistema di calcolo economico complessivo europeo o, per meglio dire, dell'Unione europea.
Esso include, come già detto nell'articolo precedente, il contrabbando di sigarette, la prostituzione, lo spaccio delle droghe ed altro.
Ci sarebbe abbastanza materiale per ricevere uno brusco scossone nella propria coscienza, per desiderare di saperne dell'altro e invece il colpo è stato immediatamente assorbito con una disinvoltura sconcertante, come se la televisione non ne avesse parlato o avesse parlato di quanto sono buone le noccioline.
Tutto tace o quasi, ed è preoccupante!
Non c'è stata una sola analisi ma per fortuna alcune trasmissioni televisive cominciano a parlarne.
Quest'ultimo è un buon segno ma ancora insufficiente vista l'entità della cosa e così lo sconcerto e la preoccupazione per molti rimangono.
Ci sarebbe invece la possibilità di aprire ampi spazi di dibattito, e la televisione potrebbe favorirli e fare molto in questo senso, contribuendo così a risvegliare le coscienze, o a formarle, o entrambe le cose. Tuttavia per svolgere bene un dibattito televisivo sulla questione, la stessa dovrebbe sforzarsi di modificare, per quanto possibile, una certa tempistica, forse anche un certo stile che troppo spesso propone ritmi serrati e scarsi tempi di sedimentazione delle informazioni.
Nel frattempo l'impressione è che ci stiamo abituando a tutto, ci stiamo assuefacendo a tutto!
Anche se le critiche maggiormente pertinenti che si potrebbero muovere ad un simile sistema di calcolo vertono principalmente su questioni tecniche ( non è possibile rilevare per esempio ciò che non viene documentato, e quindi ci si basa su delle stime presunte!), è del tutto evidente che ci sono in ballo anche questioni etiche e morali.
Se non si sviluppano dibattiti, se non vi sono critiche o spunti di riflessione vuol per caso dire che oltre ad una Ue autoritaria ci stiamo abituando anche ad una Ue senza etica?
Speriamo di no, poiché sposare l'antieticità all'autoritarismo riproporrebbe stilemi politici che credevamo superati per sempre e che invece superati per sempre purtroppo forse non sono.
Speriamo di no ma certi sensori indicherebbero il contrario!
Quanto è legittima questa impressione?

E se le cose stanno veramente così, chiaramente una delle domande immediatamente concomitanti non potrebbe che essere: come potrà intervenire legittimamente su questioni etiche una Ue senza una linea etica?
Come potrà essere credibile, come potrà essere autorevole?
Badate bene che qui non si sta affermando che vogliamo una Ue eticamente perfetta e infallibile, o che siano eticamente perfetti e infallibili tutti i membri che ne fanno parte, a priori, anche perché potremmo chiederci: secondo quali parametri?
Sarebbe troppo, nessuno pretende questo! Sappiamo essere realisti e soprattutto siamo consapevoli del fatto che siamo esseri umani e che in quanto tali siamo soggetti a sbagliare.
Ma se è vero che siamo soggetti all'errore, è vero anche che siamo soggetti alla correzione.
Così indicare un errore rappresenta un primo importante passo per poterlo discutere ed eventualmente correggere e superare.
Ci sarebbe poi la questione scientifica: La scienza è certezza, verificabilità.
Una delle cose che i cittadini chiedono alle istituzioni, soprattutto da un po' di tempo a questa parte è la trasparenza, e ancora, di portare insieme a quella la scienza nei palazzi nazionali ed europei.
Ma come possono essere giudicati scientifici quei dati che non possono essere documentati?
Così una delle istanze dei cittadini non solo non è stata recepita ma ad essa è stato risposto con una azione addirittura di segno contrario.
Il problema che si pone in merito al nuovo sistema di calcolo è dunque grosso e sarebbe conveniente parlarne. Ma a questo problema se ne aggiunge un'altro che è appunto dovuto al fatto che non se ne parla abbastanza.
E tuttavia non è tanto la questione scientifica, per quanto pertinente, né quella etica, pur così importante, che vorremmo segnalare adesso, quanto piuttosto una questione che potremmo definire...estetica.
Estetica, sì!
C'è una questione scinetifica, una questione etica ed una questione estetica!
Giacché è nostra intenzione affrontare adesso la questione estetica, essa cercherà di abbaracciare vari aspetti dell'attuale assetto dell'Ue uscendo dalla questione prettamente economica e legata al nuovo sistema di calcolo. Lo spazio di questa trattazione non è tale da poterla rendere esaustiva, ma qui si intende soprattutto fornire uno stimolo utile, anche e forse soprattutto, a favorire meditazioni personali.
Mi limito per adesso a segnalare il fatto che, in ogni caso, c'è un'etica anche nell'estetica, così come c'è un'estetica anche nell'etica, ci sono cioè dei chiari legami tra esse e quindi con ogni probabilità non è possibile parlare dell'una senza evocare indirettamente, almeno in certa misura, anche l'altra.
La questione in ogni caso si presenta interessante e complessa.
Cionondimeno merita sviscerarla nella speranza che possa appunto gettare una qualche luce su talune quesioni europee...
                   
                                                                       La questione estetica

L'estetica, pur senza questa denominazione ( estetica, che è settecentesca ), è stata al centro della riflessione umana fin dall'antichità.
Sarebbe piuttosto pretenzioso e presuntuoso pensare di offrire anche solo un semplice spaccato di questa storia in un breve articolo, così nemmeno ci proviamo. Oltretutto non è questo lo scopo di questo ultimo.
Vorremmo concentrarci invece su un momento particolare di questa storia, perché in esso ci sembra di ravvisare e di individuare alcune nozioni che paiono singolarmente efficaci nella loro esposizione, a gettare una qualche luce sulla questione estetica nell'Ue, e ad offrire degli interessanti spunti di riflessione da potervi applicare.
Si tratta dell'estetica medievale ed in particolare dell'estetica francescana del XIII° sec.come la si desume per esempio dalla Summa Universae theologiae detta anche Summa Alexandri o Summa fratris Alexandri, redatta dal Doctor irregfragabilis, il francescano Alessandro di Hales, primo filosofo francescano, e dai suoi allievi e che per questo prende anche il suo nome.
Ma facciamo un breve passo indietro.
Innanzitutto è doveroso precisare che tutto l'arco del medioevo è stato dominato dall'estetica di Sant'Agostino.
La sua estetica è il punto di partenza e di riferimento per un intero millennio, ed anche l'estetica francescana, che si pone quasi al termine di questo millennio, ne è ovviamente intrisa.
Ciò che gli autori francescani della Summa fratris Alexandri sostengono principalmente è la nozione della bellezza come relazione di parti, sostengono cioè un concetto che, arrivato dall'antichità e che nell'antichità era già stato trattato, era stato a sua volta introdotto nell'estetica cristiana da Agostino, appunto.
Quando la Summa Alexandri dice che << pulchra est res, quando tenet modum, speciem et ordinem >> essa  non fa altro che ripetere per filo e per segno la concezione agostiniana secondo la quale i fattori che determinano il bello sono modus, species e ordo.
Questi termini sono stati e sono ovviamente oggetto di varie discussioni e approfondimenti, anche a seconda delle sfumature che essi assumono di volta in volta nell'arco di questo millennio, e questo anche perché si presentano abbastanza ambigui per la verità e per certi versi indeterminati, ma dall'uso che ne facevano i francescani del XIII° sec. sembra piuttosto acclarato che essi attribuissero loro esattamente il significato rispettivamente di misura, forma e ordine.
La Summa Alexandri affianca a questi concetti alcune brevi ma significative descrizioni, brevi commenti molto importanti ai fini della comprensione del pensiero estetico del tempo.
Offriamo con questo articolo oltre a quelli, anche l'ulteriore commento che ne fa un illustre studioso di estetica, Wladisaw Tatarkiewicz nella sua Storia dell'estetica.

                         Le tre specificazioni della Summa Alexandri e i relativi commenti

I tre concetti di misura, forma e ordine, pur nelle varie sfumature che essi assumono di volta in volta, rappresentano un blocco quasi monolitico nell'arco del millenio abbracciato dal medioevo. Le specificazioni che si possono trovare all'interno dei vari trattati rappresentano un materiale prezioso sul quale appoggiarsi per una migliore comprensione degli stessi, nonché per una migliore definizione degli ambienti culturali che li hanno prodotti.
Così modus, cioè misura, secondo la Summa Alexandri è << quo res limitatur >> ossia "l'elemento che delimita, conclude, definisce entro limiti e rende perciò interiormente armoniosa una cosa." ( Wladislaw Tatarkiewicz, Storia dell'estetica, II° vol.l'estetica medievale, Piccola Biblioteca Einaudi );
Species, cioè forma è  << quo res distinguitur >> ossia " l'elemento per cui una cosa si distingue dalle altre" (ibidem);
Ordo, cioè ordine è << quo res ad aliud ordinatur >> ossia " ciò per cui una cosa è rapportata  ad un'altra ed è armonizzata con ciò che la circonda." ( ibid.)

Partiremo da queste considerazioni, ma una domanda potrebbe intanto sorgere spontanea nel lettore: perché scegliere proprio l'estetica medievale per interpretare questa Unione europea che è cosa contemporanea?
Intanto perché la riteniamo sorprendentemente funzionale allo scopo ma questo forse lo avevamo già detto, poi c'è anche un leggero tono polemico evidentemente.
Siccome pare che, per certi versi, ci si stia avviando verso una sorta di neo-feudalesimo elitario ed aristocratizzante, fatto di autoritarismo e privilegi di casta, e siccome il feudalesimo è una tipica espressione del medioevo, non dovrebbe essere del tutto fuori luogo usare categorie medievali a scopo interpretativo.
E questo anche per mettere in evidenza una cosa: di tutto quello che si può scegliere o prendere di un determinato periodo è meglio scegliere o prendere ciò che vi è di migliore piuttosto di ciò che vi è di peggiore.
A chi del medioevo cerca di riproporre il peggio è lecito oppore il meglio!
Non siamo dunque noi i primi ad aver scelto il medioevo ci pare, e quindi per risposta a questa prima altrui scelta, e quasi per legittima difesa, del medioevo prenderemo qualcosa che ci sembra migliore appunto, cioè l'estetica.

Ma in che modo questi elementi dell'estetica medievale possono contribuire ad illustrare l'antiestetismo di questa Unione europea?
Facendo per esempio un raffronto tra questi concetti e la situazione dell'Unione europea come si sta strutturando da un po' di tempo a questa parte.
Inoltre, che l'Unione europea stia vivendo un momento di crisi è evidente per tutti gli analisti, ed è già abbastanza chiaro di per sé che una crisi non può essere considerata bella!
C'è quindi una questione che si configura come estetica e, se non solo come estetica, anche come tale.
E se questi concetti estetici, per quanto lontani nel tempo, possono contribuire a gettare una qualche luce, dovrebbero essere i benvenuti, è questo almeno che speriamo.
Ricapitolando quindi abbiamo tre elementi su cui lavorare:

a) Modus, misura, quo res limitatur, l'elemento che delimita e conclude;
b) Species, forma, quo res distinguitur, l'elemento che differenzia le cose;
c) Ordo, ordine, quo res ad aliud ordinatur, ciò con cui una cosa si rapporta ad un altra e vi si armonizza.

Partiamo dunque dal primo, modus.

                                                                  Modus

Modus, misura, l'elemento che delimita e conclude.
Ma cosa intendere per 'elemento che delimita e conclude' nell'Ue? Potrebbe essere per esempio il confine politico dell'Ue stessa.
Ma potrebbe anche essere il confine politico di ogni stato sovrano che vi fa parte.
Ci sono quindi almeno due modi di intendere questo concetto estetico in riferimento all'Ue.
Se prendiamo il primo notiamo che la smania annessionistica dell'Ue non sembra conoscere soste, e chi ci governa non sembra molto interessato per altro a chiedere pareri ai cittadini che dovrebbe rappresentare, in merito a queste annessioni. Se annettere è bello, è anche vero che è oneroso e la scelta di una annessione secondo il buon senso dovrebbe essere sancita non solo dai cittadini membri dello stato da annettere attraverso un referendum, ma anche dai cittadini dell'Unione a cui il nuovo stato vuole annettersi, e non prima di debite e trasparenti informazioni sui costi politici, economici e sociali di una tale annessione, poiché non c'è dubbio alcuno che la maggior parte di questo onere spetterebbe ai cittadini che già fanno parte dell'Unione, e dovrebbe pertanto essere chiaro qual'è il costo anche in termini di lavoro e tassazioni, prezzi che in molti casi sono già piuttosto esosi.
Interpellarli dovrebbe dunque essere un dovere!
Questa tendenza annessionistica è fatta con troppa leggerezza e disinvoltura, vorrei dire con troppa superficialità e perfino con un po' di cinismo, pare.
Ma per esaminare la cosa da un punto di vista estetico e precisamente dal punto di vista del modus, cioè della misura, la difficoltà che si incontra è dovuta alla continua trasformazione che rende la sua delimitazione, la sua misurabilità, la sua definizione entro limiti precisi, incerta e imprecisa.
Così la stessa armonizzazione che dovrebbe compiersi all'interno di questi limiti è essa stessa incerta e incompiuta poiché gli stessi sono perennemente in mutazione, e la cosa non da certo un senso di sicurezza, quanto piuttosto di instabilità.
L'armonizzazione interna è ciò che potremmo definire strutturazione e consolidamento che sono concetti opposti in questo specifico caso a quelli di annessionismo e allargamento.
Oltretutto il consolidamento interno dovrebbe fare i conti che le legittime proteste di una moltitudine di cittadini europei che non si sentono attualmente rappresentati dalle istituzioni, proteste che vengono sistematicamente eluse.
Ci sono dei problemi da risolvere prima di procedere oltre, questo dovrebbe essere abbastanza evidente per tutti, e la fretta e il pensiero unico sull'Ue non aiutano.

Se invece per modus si intende il confine del singolo stato nazionale che vi fa parte, possiamo notare come questi confini si facciano sempre più labili. Essi sono in fase di erosione ma non è chiaro da che cosa dovrebbero essere sostituiti, né se debbano essere sostituiti da qualcosa né, tantomeno, se il fattore erodente sia virtuoso anziché no.
Ricordiamo che l'UE non ha nemmeno una Costituzione. Non solo ma le Costituzioni degli stati membri, avendo valore giuridico soltanto all'interno del singolo confine nazionale, risentono in maniera decisiva di questa erosione rischiando di perdere insieme con l'erosione del confine anche la validità giuridica.

A cosa applicare infatti gli articoli della Costituzione se l'entità entro cui essa ha valore giuridico si dissolve?

Questo è un punto importantantissimo che non può e non deve essere sottovalutato.
Ed ecco perché al di là di tanta retorica, il confine nazionale ha ancora un valore, anche quello importantantissimo, e il prezzo per la dissoluzione di queste storiche delimatazioni che tanto sono costate ai singoli stati sotto ogni punto di vista, potrebbe essere altissimo, ben più alto di quanto possiamo immaginare, favorendo per altro la dissoluzione dello stesso Stato di Diritto in assenza del quale prenderebbe automaticamente ed inevitabilmente corpo e sostanza la legge del più forte, o gli eccessi del liberismo sfrenato fatto su misura del più forte.
Oltretutto è chiaro che i confini nazionali tradizionali delimitando, concludendo, definendo entro limiti ben precisi, danno anche forma compiuta, certezza e armonia, racchiudendoli, agli elementi che vi si trovano all'interno, mantenendoli in relazione reciproca e difendendone le specificità e le prerogative che ne risultano così esaltate.
E questo è certamente un valore estetico importante con il quale ogni membro di ogni singolo stato generalmente sente di partecipare in modo del tutto istintivo.
Così questo valore estetico, applicato alla geografia politica, acquista un valore anche psicologico enorme, poiché si connette al senso di identità di ogni singolo cittadino europeo, nella fattispecie.
E' chiaro che questo valore estetico ( e anche psicologico ) rischia di scomparire in modo direttamente proporzionale all'erosione dei propri confini nazionali.
Ecco che il modus francescano trova una sua applicazione molto pertinente nella definizione del confine nazionale che, com'è noto, è stato da sempre accompagnato anche ad una certa sacralità!
Così l'etica abbraccia l'estetica nel confine nazionale.
Veniamo ora alla species, la forma.

                                                                           Species

Essa è in parte richiamata anche dal modus. Infatti ogni forma ha un limite, una delimitazione che permette di distinguerla dalle altre sia perché esso la isola e la individua, sia perché il limite può dare luogo a forme diverse le une dalle altre.
Ecco 'quo res distinguitur', l'elemento che differenzia le cose, le distingue.
Ed ecco di nuovo quindi le già citate specificità e prerogative, le peculiarità di una determinata cosa, di un oggetto, ma anche di uno Stato, cose che sono naturalmente valori aggiunti e giammai elementi negativi.
Anche di uno Stato dicevamo...
Dobbiamo infatti tenere presente che se questi concetti si applicano alle cose materiali, visibili e toccabili, nonché udibili, essi possono applicarsi anche ad entità più grandi e difficilmente misurabili od osservabili ad occhio nudo, a meno di non ricorrere ad una cartina georgafica che, pur nella sua utilità, comunque ne rappresenta una immagine sempre riduttiva, un simulacro e non la totalità ovviamente.
Ciò avviene per esempio nell'osservare o nel pensare uno Stato, del quale possiamo avere un concetto astratto.
Non solo ma questi concetti possono anche essere applicati in generale alle qualità ed anche ai cosiddeti beni demoetnoantropologici.
E' la bellezza dell'individuazione e della varietà che rifugge l'omolagazione e l'entropia culturale.
"Il mondo è bello perché è vario" è l'espressione popolare più tipica tra quelle affini a questo concetto estetico.
Se invece osserviamo questa Ue, notiamo come il senso di omologazione sia abbastanza diffuso e sospinto da dinamiche economico-finanziarie o politiche tese le une a cercare di vendere denaro e prodotti condivisi le altre a tentare una omogenizzazione che possa significare uguaglianza culturale, sulla base della quale costruire una unione maggiormente forte e solidale.
Non possiamo negare che nel secondo caso ( tralascio di commentare il primo ) l'intento sia anche lodevole. Purtroppo però non è possibile imporre una omogenizzazione culturale in modo artificioso e programmato. Oltretutto non è facile farlo senza schiacciare qualche diritto o qualche principio generale, atteggiamento superficiale che è sempre in ogni caso un male.
Il rischio è di arrivare all'entropia culturale, di accelerarla forsennatamente, di arrivare all'appiattimento imposto e di perdere di vista proprio quei beni culturali demoetnoantropologici, la cui conservazione è tutelata per legge e che rappresentano un elemento di bellezza, di varietà e di cultura che è uno dei pochi strumenti da opporre alla stessa entropia cultrale.
Il fenomeno è chiaramente molto complesso e in generale si lega a dinamiche anche di senso opposto, come alcuni fenomeni culturali legati al costume ed anche alla sessualità e alla rivendicazione dei diritti alla propria diversità ed altro, che in generale, al di là di come la si pensi, immettono nella società un grado di diversità e di complessità e differenziazione maggiore rispetto al passato, negli stili di vita per esempio.
Per cui non è facile capire bene queste dinamiche, né dove esse porteranno esattamente nel loro complesso, se a semplificare o a complessificare, se ad omologare o a diversificare, poiché alcune seguono una direzione ed altre sembrano seguire una direzione opposta.
Ma una cosa è certa, cioè che la varietà anche da un punto di vista estetico è considerata un valore, e che quindi forzare l'omologazione o appiattire i linguaggi non solo è antiestetico, ma il presunto gudagno di un simile modo di procedere rischia di non fare il pari con le perdite.
Le dinamiche naturali sono le migliori in questo caso, ma necessitano di una tempistica diversa, più dilatata, non di imposizioni né di espedienti o sotterfugi né tantomeno di scadenze certe. Ci sono cose che avvengono o dovrebbero avvenire da sé, come processi spontanei, mentre oggi sembra di assistere al camuffamento di processi non spontanei presentati sotto ombra di processi spontanei.
Anche l'euro che avrebbe dovuto unire è andato incontro ad una serie di inconvenienti tali per cui oggi è fatto oggetto di aspre discussioni, inquantoché ha accentuato le differenze sul piano economico e di conseguenza su quello sociale tra Stato e Stato favorendo le economie più forti ed ostacolando la flessibilità delle più deboli, favorendo chi esporta ed ostacolando chi importa.
Ma questo discorso ci porterebbe troppo lontano.
In generale ci sono differenze buone e differenze meno buone o addirittura differenze cattive, se proprio vogliamo evitare gli assolutismi.
E' necessario distinguere.
L'euro sembra aver creato differenze là dove naturalmente vi era similitudine, e sembra aver portato omologazione là dove era una naturale diversità. La questione è in discussione, ma anche in questo caso se ne parla poco.
La naturalità ha comunque un suo ruolo nel determinare la bellezza di una determinata cosa, ma questa nozione di naturalità non rientra nell'attuale trattazione.
Tuttavia per legarla alla nozione di species, cioè alla nozione di forma come ' quo res distinguitur', cioè come elemento di distinzione e differenziazione, notiamo che in generale nell'Ue, si avvertono delle dinamiche contrarie al senso naturale, si avverte cioè che la distinzione subentra là dov'era una naturale eguaglianza, e l'omolgazione là dov'era una naturale distinzione, intesa per esempio come naturale flessibilità, funzionale alle dinamiche anche economiche dei singoli stati.
Ma passiamo adesso alla nozione di Ordo
                                              
                                                                        Ordo

Se la varietà è un valore estetico lo è anche l'armonizzarsi di un ente con gli altri, e delle parti di un ente tra loro, e il valore della varietà può essere accentuato dal rapportarsi armonico di ogni singolarità individuata attraverso il proprio confine, con le altre singolarità.
Ordo per la Summa, lo ripetiamo, è 'quo res ad aliud ordinatur', l'elemento attraverso il quale una cosa si rapporta ad un altra e vi si armonizza, l'elemento con cui una cosa si armonizza con ciò che la circonda.
Per tornare al raffronto con l'Ue, possiamo notare che l'assenza dei confini nazionali cui porterebbe la loro sistematica erosione andrebbe a togliere esattamente l'elemento con il quale il rapportarsi agli altri stati sarebbe possibile.
Se non c'è distinzione, se non c'è individuazione, non c'è nemmeno confronto e se non c'è confronto non può esserci rapporto, tantomeno un rapporto armonico. Vigerebbe la disarmonia.
Ogni singolo Stato è circondato da altri Stati ma non potrebbe armonizzarsi con gli altri Stati senza una propria definizione e una propria identità. Così ancora una volta il confine nazionale arriva a definire e concretizzare, sì da permettere l'armonizzazione, purché il confine sussista ancora.
La sua dissoluzione non permette l'armonizzazione delle varie Nazioni tra loro.
Per fare un paragone biologico, un tessuto non si costruisce abolendo la membrana cellulare delle cellule che lo costituiscono (e su questo spero di tornare in futuro).
La sensazione di ordine che segue all'armonizzazione deriva dal confronto che si rende possibile tra le parti e quindi dalla proporzione che sussiste tra esse, dalla relazione che intercorre tra loro.
Elementi di similitudine aiutano il confronto e l'armonizzazione.
Una regola comune per esempio è senza dubbio un elemento di armonizzazione.
L'entropia culturale e l'omologazione che dipendono da fini essenzialmente economici, no.
Così possiamo chiederci: come armonizzare 'quo res distinguitur' con 'quo res ad aliud ordinatur'?
Non è semplice naturalmente.
Ma se il compito del filosofo è quello di cercare la differanza là dov'è la similitudine e di cercare la similitudine là dov' è la differanza, di cercare ciò che accomuna e ciò che distingue di una determinata cosa o di una qualità o, ancora, di un fenomeno, il compito dell'esteta dovrebbe esser quello di capire quando è più bella la diversità rispetto alla similitudine e quando è più bella la similitudine rispetto alla diversità.
La questione è complessa e aperta, né pretendiamo con questa breve trattazione ( breve ma piuttosto lunga  per rappresentarte un singolo articolo di un Diario Elettronico in rete) di dar una risposta esauriente, quanto piuttosto di porre il problema.
Tuttavia possiamo affermare che la bellezza che scaturisce dal raffronto di due polarità, il rapporto dialettico tra le parti (anche nella diversità), il fatto che ciò che unisce, spesso sta ad un livello soggiacente e più profondo rispetto a ciò che divide o diversifica, sono tutti elementi su cui è possibile indagare, ma non ci sembra il caso di insitervi adesso.

                                                                          Conclusioni

In conclusione, ci sembra di notare che questa Ue, sorda a molte richieste dei suoi cittadini, proceda in modo preoccupante, verso un direzione anti-etica e similmente verso una direzione anti-estetica. La cosa è significativamente parallela.
Infatti Se vi è etica nell'estetica ed estetica nell'etica, il legame che lega l'etica e l'estetica tra loro rende l'assenza dell'una la spia dell'assenza dell'altra e viceversa.
Non c'è dunque niente di cui stupirsi se questa Ue per molti, oltre a sembrare ingiusta, sembra altresì anche brutta.
Rimanendo nell'ambito della cultura francescana, concluderei citando semplicemente il fatto che, a proposito di etica e di economia, un insigne e noto francescano, Giovanni Fidanza, alias San Bonaventura da Bagnoregio ( che con Tommaso d'Aquino è uno dei pilastri della scolastica medievale), e che molta stima aveva di Alessandro di Hales, cioè del redattore insieme ai suoi alllievi della Summa Alexandri che abbiamo cercato indegnamente di commentare, aveva annoverato l'economia tra le scienze etiche o, per meglio dire 'morali'.
Ribadisco e sottolineo, tra le scienze morali!
Forse una maggiore attenzione all'etica in generale quindi, non guasterebbe nell'Unione europea, soprattuto se questo suggerimento viene non tanto da noi ( anche naturalmente ma non solo evidentemente ) quanto piuttosto dal cuore stesso della storia e della cultura europea, e potrebbe essere alla scaturigine anche di una maggiore presenza estetica nell'Europa di oggi.
Gli elementi che abbiamo trattato adesso, modus, species, ordo,  erano ritenuti attributi universali delle cose, tali che senza di essi perfino la comprensione delle cose stesse rischiava di non essere possibile e, di fatto, non era ritenuta possibile.
Dice infatti ancora la Summa Alexandri :

<< res non possunt intelligi sine modus, specie et ordine >>

Le cose non sono intelligibili, non sono comprensibili senza misura, forma e ordine.
Forse è per questo che l'Unione europea è così poco comprensibile, perché ne è priva!

Ribadiamo che non ci pare di essere stati i primi a scegliere il medioevo e che a medioevo è lecito rispondere  con medioevo, così ci sentiamo di poter affermare che, a chi cerca il ripristino dei privilegi di casta di tipo feudale, è lecito oppore la coeva filosofia estetica,
che è cosa migliore!!!

martedì 19 agosto 2014

Della DEFLAZIONE

Si parlava già di trappola deflazionistica nel 2012, qualcuno se lo ricorda? A quanto pare però, quelle parole sono cadute nel vuoto, sono rimaste inascoltate e adesso che la deflazione è arrivata tutti si stupiscono o fanno finta di stupirsi.
Prevenire è meglio che curare, dice un vecchio adagio e tuttavia questo vecchio adagio è sempre meno ascoltato, sempre meno di moda, purtroppo...
Ma cos'è la deflazione?
Molto stringatamente, la deflazione è il sintomo di un malessere che porta al calo dei prezzi.
Ma quello che deve essere compreso in modo chiaro fin da subito, è che si tratta appunto di un sintomo cioè di un effetto e non della causa, non del male. La causa sta altrove e deve essere vista, quella sì, come la malattia.
Curare il sintomo non serve.
Nella fattispecie è il sintomo del fatto che non c'è domanda di beni di consumo.
E' dunque fisiologico che chi vuole venderli abbassi il prezzo.
In una qualsiasi contrattazione di compravendita è naturale arrivare ad un abbassamento dei prezzi se l'acquirente non acquista, non è quindi questo in sé e per sé che deve preoccupare, quanto piuttosto ciò che vi sta a monte, appunto. E a monte c'è innanzitutto la disoccupazione, le riforme sbagliate, l'austerità!
Se con l'abbassamento dei prezzi dovesse riprendere anche l'acquisto dei beni di consumo, il riflesso di ciò starebbe nel susseguente aumento degli acquisti, che poi porterebbe in modo del tutto naturale di nuovo ad un innalzamento degli stessi, certo non nell'immediato probabilmente.
Questo è il libero mercato e queste sono le leggi del mercato.
Rimane dunque tutto da interpretare l'appello alla BCE perché faccia qualcosa per aumentare l'inflazione. Dipende infatti da che cosa!
Se questo significa che si deve agire arbitrariamente sul sintomo per innalzare i prezzi agendo magari al di fuori del proprio mandato, significa che si va a turbare il libero mercato il quale se lasciato libero di svilupparsi secondo le proprie dinamiche fisiologiche troverebbe da solo lo sbocco naturale, come sopra descritto.
Naturlamente agire sulle cause che stanno a monte va benissimo, ma in questo senso verebbe da chiedersi, perché è stata ignorata un paio di anni fa la segnalazione circostanziata secondo la quale le politiche comunitarie stavano producendo una 'trappola deflazionistica'?
Non era meglio prevenire?
Intanto la deflazione preoccupa perché nell'immediato significa che ci saranno meno ricavi,  meno liquidità da reinvestire, quindi probabilmente meno produzione in generale, meno occupazione, e si paventa la famosa spirale deflazionistica.
Ma nel medio periodo potrebbe anche voler dire, recupero del volume degli acquisti, ed innesco del processo virtuoso, in modo naturale. Dipende quindi...
Le opinioni sono molte e non tutte dello stesso tenore, neanche tra i keynesiani c'è univocità di vedute, e le opinioni non sono tutte conciliabili così facilmente.
Il fatto è che dopo tante promesse l'Italia è ferma, immobile e sembra vivere di soli spot pubblicitari, di una sorta di campagna elettorale permanente.
E naturalmente c'è chi, in questa campagna elettorale permanente, suggerisce la frase giusta da dire al momento giusto; c'è chi suggerisce di dire a chi ci governa ( pardon, a chi legifera invece di governare ) che per esempio il rapporto che sussiste tra il debito e il PIL scenderà per via del fatto che ci sarà un aumento del denominatore.
Una bella frase da intenditore, non c'è che dire, ma che lascia il tempo che trova. Tantopiù che secondo certi economisti con una crescita reale sostanzialmente ferma e la deflazione in corso, la via del denominatore crescente resta per il momento ( forse per tutto quest'anno) non praticabile.
E allora ecco che si fanno avanti gli amici e gli amici degli amici ( gli amici del pensiero unico sull'Europa) al suono dell'arrivano i nostri, che trovano nuovi parametri per alzare il PIL, cioè il denominatore!
Se il PIL non aumenta in modo virtuoso e fisiologico per politiche economiche giuste, ci si inventano nuovi parametri per alzarlo, per così dire, per decreto!
Ed i nuovi parametri includerebbero nientemeno che il contrabbando di sigarette, la prostituzione, lo spaccio delle droghe, e chissà cos'altro! Questo include il nuovo  "Sistema europeo di calcolo economico complessivo".
E c'è già chi sta dicendo che non bisogna farne una questione morale, che dobbiamo essere realistici.
Suvvia, e' siamo moderni, e' siamo jovani, e' siamo veloci ( non solo in Toscana evidentemente ), o che si po' perde' tempo chon la morale che l'è robba vecchia e stantia?!
Personalmente penso, per quanto indegnamente, essendo un miserrimo peccatore, che le questioni morali,( non il moralismo!) siano sempre pertinenti nelle questioni politiche e che debbano essere necessariamente incluse in una valutazione generale sulle verie tematiche politiche, economiche e sociali, sempre!
Non solo ma le valutazioni di ambito etico e morale sono sempre e comunque interessanti a prescindere, apparofondiscono la portata del discorso, lo rendono più dignitoso, di più alto spessore.
Ma se, nonostante queste opinioni ( che non sono soltanto le mie ), venissimo incontro a chi, limitando la portata del discorso morale, pretenderebbe con questo di essere più moderno e realistico, le obiezioni che si potrebbero muovere a questo sistema di valutazione sarebbero comunque molte.
E' noto per esempio che non è così scontato ricevere una fatturazione da uno spacciatore, o da una prostituta ( e sia detto con tutto il rispetto per la dignità umana delle prostitute ).
Come si dovrebbe calcolare questo gettito quindi? Non è facile a dirsi...
Diciamo subito che questo calcolo si presenta piuttosto flessibile, e forse non è un caso, dal momento che questa flessibilità, questa interpretabilità è estremamente funzionale a chi deve presentare i conti ai propri concittadini, prospettando degli insperati spiragli di rimaneggiamento.
In altri termini questi parametri, non potendo essere verificabili, potranno essere cambiati a proprio piacimento e a proprio vantaggio del tutto arbitrariamente e con grande nonchalance, e consentiranno di poter presentare ai concittadini i conti, per così dire, in ordine! Ma è chiaramente un trucco, un trucco di un pessimo illusionista però!
E' forse questo a cui alludeva chi prospettava un aumento del denominatore?!
E se è questo, è per caso divertente?
Sono in molti a non trovarlo divertenete!
Ma la domanda seria è:  dove ci stanno portando?

Per tornare alla deflazione poi, Luca Ciarrocca Direttore di Wall Street Italia, in un video del 2012, durante i primi mesi del governo Monti e prima della ratifica dell'austerità, dell'ESM e del Fiscal Compact da parte del Parlamento italiano, cita George Soros a proposito di certe politiche europee e in particolare proprio del Fiscal Compact. La frase di Soros di allora non lascia dubbio alcuno al riguardo, sostenendo egli che  "il Fiscal Compact non funzionerà e provocherà una potenziale catastrofe per l'euro creando una trappola deflazionistica".
Proprio così, nientemeno che George Soros, nel 2012, non un pericoloso sovversivo o un antieuropeista di professione quindi, ma un magnate della finanza, un imprenditore ed economista statunitense di origine ungherese, ventiduesimo uomo più ricco del mondo secondo certe stime, insomma qualcuno che si intende di economia e finanza e che è ovviamente noto agli 'intenditori'. Orbene, anch'egli aveva messo in guardia da questo trattato europeo, non c'erano soltanto quelli che venivano e vengono tacciati tutt'ora di anti-europeismo ad essere scettici al riguardo di quelle politiche che, ricordiamolo, sono attualmente in atto.
Forse i nostri ministri, amministratori e burocrati europei non hanno la stessa lungimiranza di Soros, ma adesso che la deflazione è stata annunciata da tutte le televisioni, nessuno può negare che Soros avesse visto giusto! E non solo lui. Ma i dubbi che prendono, date le circostanze, si spingono oltre, fino al punto di chiedersi se questa trappola deflazionistica che il Fiscal Compact avrebbe creato, sia stata dovuta ad una svista vera e propria o se per caso non si sia trattato piuttosto di una falsa svista!
Evidentemente gli strumenti concettuali per rendersi conto di ciò che si stava producendo vi erano tutti!
Questa è la domanda che sorge spontanea quindi, soprattutto in chi ha avuto modo di appurare in varie occasioni e circostanze, come certe politiche che hanno ripercussioni negative sui singoli stati Europei, siano estremamente funzionali a certe altre politiche ( cosiddette comunitarie o europeiste ) di chi propaganda il pensiero unico sull'Europa.
In altri termini se i singoli stati non 'vanno male' certi organismi europei ( vedi l'ESM per es.) non avrebbero quasi ragione di sussistere.
La mia impressione è che i sedicenti europeisti di questo passo finiranno semplicemente per distruggere l'Unione europea, o i pochi barlumi di Stato di Diritto che vi rimangono, salvo poi incolpare di questo coloro che vengono tacciati sistematicamente e spesso, troppo spesso ingiustamente, di anti-europeismo e che invece vorrebbero semplicemente l'Europa della giustizia e l'Europa dei diritti, in sette parole, l'Europa dei Popoli e della Democrazia!!!