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mercoledì 22 ottobre 2014

Sfide e certezza del diritto

'Finanziarizzazione della Democrazia' ( vedi Lidia Undiemi ), 'monetizzazione della conoscenza', 'cultura della divisione in scomparti', sono tutte dinamiche che, essendo per altro già in corso, rappresentano per i cittadini italiani ed europei, alcune importantissime sfide da affrontare per la tenuta stessa della Democrazia, sia a livello nazionale che a livello internazionale.
Queste tre sole dinamiche, di cui  non ci occupereme dettagliatamente adesso, rappresentano una triade che già da sola è potenzialmente capace di determinare consistenti flessioni democratiche e spaventose retrocessioni civili. 
Per affrontarle è necessario prepararsi e  prepararsi significa informarsi, leggere, documentarsi.
Anche l'istintivo senso di giustizia innato nell'uomo, può svolgere un ruolo nel disporsi ad affrontare queste sfide, proprio perché, inquanto innato, non necessiterebbe di una preparazione specifica, ed appartiene a tutti indipendentemente dal grado di preparazione e di evoluzione personale. Purtroppo però quando le pulsioni istintive si fanno sentire e quando l'istintivo senso di giustizia giunge ad informarti che una parte della tua dignità è stata lesa, significa che qualcosa di negativo è già successo e le battaglie si fanno così aspre e difficili, assai più dure e dall'esito assai più incerto di quanto non sarebbero se si cercasse di anticiparne gli effetti negativi che spesso sono intravisti ma che altrettanto spesso sono poco ascoltati. Certo, non è facile.
Prevenire è meglio che curare, dice un popolare proverbio. Avvertire il senso delle dinamiche in corso, anticiparle, fare azione divulgativa, per quanto è possibile, diviene dunque molto importante.
Farlo nel rispetto delle altrui opinioni è naturalmente doveroso.
Per affrontare queste sfide è senza dubbio necessaria la certezza del diritto, anche nell'Unione europea. Il rispetto del diritto comunitario e, la certezza del diritto, sono fondamentali.
Muoversi al di fuori del proprio mandato, anche per istituzioni come la BCE, certamente non offre la sensazione che le regole ed il diritto siano ascoltati, e pone dei seri problemi innanzitutto politici.
Ci sono dei problemi a monte che devono essere affrontati con grande serietà e possibilmente risolti.
Per esempio gli stati che compongono l'Ue, essendo stati sovrani, non vedono come cosa bella o democratica, permettere che i propri vertici politici siano decisi da qualcuno dei tre componenti della Troika ( Commissine europea, BCE, Fondo Monetario Internazionale ), per esempio, di cui fanno parte anche organismi non democraticamente eletti o derivanti da elezioni di secondo grado.
Non sentono come giusto neanche il fatto che si suggeriscano soluzioni come l'abolizione dell'art.18, e via discorrendo.
Sono chiaramente problemi politici e come tali non possono essere elusi, quanto piuttosto affrontati.
La certezza del diritto rappresenterebbe un valido supporto e una valida base di appoggio nell'affrontare le sfide in corso di cui abbiamo fatto menzione di sopra, anche per tranquillizzare i cittadini stessi che ci sono delle certezze sulle quali costruire, sulle quali appoggiarsi.
Ma quando ci si muove al di fuori del proprio mandato la sensazione che si riceve non è tanto quella della certezza del diritto, quanto piuttosto che sia vigente uno stato di anarchia.
Questo dovrebbe fare riflettere a nostro giudizio...

giovedì 16 ottobre 2014

Esce oggi "Il ricatto dei mercati" di Lidia Undiemi

E' arcinota la frase di M. A. Rothschild, altrimenti attribuita a N. Rothschild:

"Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importerà di chi farà le sue leggi"

Una frase dura e sincera al tempo stesso, quantomeno franca, una frase citatissima e che, anche per questo, è divenuta quasi assiomatica per tutto un mondo.
E' sotto gli occhi di tutti come l'economia e la finanza in effetti condizionino ogni aspetto della società, anche la produzione di cultura!
Già Adorno ammoniva che la cultura di massa non è tanto cultura 'delle masse' quanto piuttosto cultura 'per le masse'.
Ma il vero livello culturale di una società lo si misura e lo si evince anche dalla capacità critica del popolo rispetto a stilemi culturali che arrivano dall'alto, qualunque essi siano.
La cultura 'per le masse' può e deve essere messa in discussione 'dalle masse' stesse, e questo atteggiamento può e deve essere incoraggiato anche dai mezzi di informazione, ma ciò può avvenire a livelli profondi soltanto in seguito ad un' azione culturale consapevole che miri all'emancipazione.

Esce oggi un libro che può aiutare a farlo: " Il ricatto dei mercati " di Lidia Undiemi, Dottore di ricerca in Diritto dell'Economia.
Comprendere i meccanismi che regolano questo mondo dell'economia e della finanza significa comprendere molto dello stato attuale della nostra società in generale e dei possibili scenari futuri.
Significa altresì capire dove è insito un possibile errore o dove sono insiti più errori sommati insieme tra loro, quegli stessi errori che poi si riverberano nella stessa società e determinano crisi economiche e sociali di vario genere, con conseguenze dai vari aspetti e dai vari nomi spesso inquietanti, quali: indebitamento, disarmonie redistributive, prelievi forzosi, deresponsabilizzazioni, esternalizzazioni, desertificazioni, delocalizzazioni, precarietà, e quant'altro ancora.
Capire queste dinamiche potrebbe significare anticipare e prevenire ulteriori deterioramenti civili e sociali del nostro mondo e del nostro tempo e pericolose potenziali derive anti-democratiche.
Un nuovo umanesimo potrà essere possibile soltanto umanizzando questo settore economico-finanziario.
Dopotutto l'economia è fatta per l'uomo,  non l'uomo per l'economia.
L'uomo deve essere messo al centro dell'economia che deve essere al suo servizio e non viceversa.
Serve una correzione del punto di vista e, in generale, una nuova antropometria.
Quando avremo assimilato il contenuto di questo libro potremo dire di aver fatto veramente un concreto passo avanti verso un nuovo umanesimo, un passo concreto nella direzione di una vera rivoluzione culturale!

lunedì 6 ottobre 2014

Metropolitane

La provincia cambia nome e si chiama area metropolitana, ed il consiglio provinciale si chiama consiglio metropolitano. Gli aventi diritto al voto per l'elezione del consiglio metropolitano sono 688 per quanto riguarda l'area metropolitana di Firenze.
Quando si eleggeva il consiglio provinciale quanti erano gli aventi diritto?
Ve lo ricordate?
Naturalmente gli aventi diritto al voto erano tanti quanti erano i cittadini maggiorenni della provincia di Firenze, tutti i cittadini della provincia, me compreso. Oggi non più! Adesso questo diritto non l'ho più perché è stato dato soltanto a 688 dei cittadini della provincia di Firenze. Tutti gli altri non ce l'hanno, e la cosa non mi fa certo piacere e, credo sinceramente, neanche a loro, almeno lo spero.
Sento che in questo modo è stato leso un mio diritto. Sbaglio forse?
E chiaramente mi fa pensare il fatto che questo diritto sia stato messo in discussione, anzi tolto, da qualcuno che è stato eletto con una legge elettorale giudicata incostituzionale dalla Consulta, qualcuno che avrebbe dovuto occuparsi principalmente se non essenzialmente, di questa riforma, cioè della legge elettorale appunto e non altro, e chiaramente nel rispetto della Costituzione, come suggerito dalla Corte Costituzionale!
In ogni caso non c'è che dire, una brusca riduzione del numero di elettori!
Inoltre i candidati al consiglio metropolitano, sono scelti tra i sindaci e tra i consiglieri comunali, ovviamente già eletti nelle elezioni comunali.
E' dunque sotto gli occhi di tutti un fatto difficilmente smentibile, cioè che la politica sceglie se stessa o meglio, che i rappresentanti politici scelgono se stessi, gli eletti scelgono altri eletti e probabilmente attenzione, secondo certi suggerimenti che sono caldamente consigliati di rispettare, e che, dato il contesto, difficilmente potrebbero essere elusi. Quindi chi sceglie in definitiva il consiglio metropolitano?
E il cittadino comune, cosa può scegliere?
Mentre prima nelle provinciali vi erano esponenti diversi da quelli che si erano presentati alle comunali, a garanzia di un certo pluralismo e di una varietà umana che, come espresso anche nell'articolo prcedente ( species, quo res distinguitur, in una interpretazione chiaramente estensiva...) è ricchezza e anche bellezza.
Ci troviamo quindi di fronte ad una evidente contrazione della Democrazia, e anche ad una evidente contrazione della rappresentatività.
Ma ci troviamo anche di fronte all'abolizione di un principio sacrosanto, quello secondo il quale ogni rappresentante ha diritto ad una indennità economica che gli permetta di svolgere il proprio mandato nella piena dedizione e nella piena sicurezza.
Siamo oltretutto di fronte ad esponenti che eletti dal popolo soltanto in una elezione, si trovano a rivestire due incarichi, uno comunale ed un altro provinciale, pardon, metropolitano!
Un altro principio e cavallo di battaglia della sinistra propriamente detta, quella sinistra che, per capirsi, un tempo era dalla parte dei lavoratori, principio che possiamo sintetizzare con l'espressione: 'lavorare meno per lavorare tutti', cede il posto al principio che può essere sintetizzato così: ho un posto di responsabilità ( di potere ) e quindi me ne prendo un altro!
E si tratta di un posto che poteva essere rivestito da qualcun'altro evidentemente a garanzia di quei principii e di quel pluralismo che dicevamo sopra.
Ora, è abbastanza evidente che siamo di fronte a più che qualche contraddizione per cui nessuno stupore se poi qualcuno si chiede: come è possibile arrivare a tanta contraddizione con certi principii?
La risposta potrebbe essere più semplice del previsto: è possibile arrivarci grazie ad una parolina magica, risparmio!
Si dice che dobbiamo risparmiare, perché c'è la crisi!
Se fossero state ascoltate certe autorevoli e molteplici voci, di finanzieri, di economisti, di studiosi di diritto dell'economia e di qualche politico avveduto e responsabile, forse l'austerità non avrebbe prolungato così a lungo questa crisi e i suoi effetti e la famosa parolina magica avrebbe perso così molta della sua magica aura!
Ma dobbiamo rimarcare invece un principio importantissimo: una riforma dell'assetto degli enti preposti a rappresentere i cittadini ( comuni, provincie, regioni ) non si fa per risparmiare!!!
E neanche le riforme costituzionali si fanno per risparmiare!!!
Il prezzo del risparmio poi, non può essere la Democrazia!
Se poi per poter dire 'risparmiamo' sembra quasi che le si vada a cercare col lanternino le 'crisi', evitando di ascoltare chi con grande lungimiranza aveva messo in guardia da certi pericoli, ancora peggio!
Dispiace veramente poi che, con qualche eccezione, tutto questo abbia avuto un così scarso rilievo nei mezzi di informazione di massa, veramente molto.
Ma chiediamoci adesso: dobbiamo dunque essere contenti di tutto questo?
Noi pensiamo di no!

Comunque la si pensi nelle elezioni di secondo grado, si dica quel che si vuole, c'è sempre una contrazione della Democrazia e della rappresentatività.
Ci sarebbero molte cose su cui riflettere ancora a lungo naturalmente ed anche in questo caso i mezzi di informazione potrebbero aiutare e fare molto per formare le coscienze, molto ma molto di più.

Ma ecco alcune domande che sarebbe opportuno porsi:

a) come cambia il rapporto maggioranza/minoranze nel passaggio da elezioni di primo grado
a elezioni di secondo grado?
a1) aumenta il divario, diminuisce o resta immutato?
b) come cambia mediamente il rapporto maggioranza/minoranze nelle elezioni di secondo grado,
rispetto al rapporto esistente tra i singoli comuni eletti in primo grado?
b1) aumenta il divario, dimuniusce o rimane invariato?
c) siamo proprio sicuri che così venga mantenuto il criterio di equità ed equilibrio, o non sarà piuttosto vero che aumentano le divergenze?
d) così non si allontanano per caso i cittadini, popolo sovrano, dalle istituzioni?

Rispondere a queste domande sarebbe importantissimo.
In ogni caso una cosa è certa, cioè che così, e lo ribadiamo ancora una volta, si ha per forza di cose:
1) una forte contrazione della Democrazia;
2) una forte contrazione della rappresentatività;
3) una minore partecipazione;
4) una pericolosa messa in discussione dei principii secondo cui a) partecipazione è libertà e libertà è partecipazione e b) le indennità sono un diritto di chi le riceve e un dovere per lo stato dispensarle e, oltretutto, sono indispensabili al pieno espletamento delle proprie mansioni istituzionali.

Dobbiamo dunque essere contenti di non votare più i nostri rappresentanti alla provincia che cambia nome?
Dobbiamo in generale essere contenti di tutto ciò?
Noi non pensiamo...