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lunedì 22 settembre 2014

Senza Etica e senza Estetica

Senza etica e senza estetica, e la cosa presumibilmente non è casuale.
La televisione qualche giorno fa, ha annunciato l'entrata in vigore del nuovo sistema di calcolo economico complessivo europeo o, per meglio dire, dell'Unione europea.
Esso include, come già detto nell'articolo precedente, il contrabbando di sigarette, la prostituzione, lo spaccio delle droghe ed altro.
Ci sarebbe abbastanza materiale per ricevere uno brusco scossone nella propria coscienza, per desiderare di saperne dell'altro e invece il colpo è stato immediatamente assorbito con una disinvoltura sconcertante, come se la televisione non ne avesse parlato o avesse parlato di quanto sono buone le noccioline.
Tutto tace o quasi, ed è preoccupante!
Non c'è stata una sola analisi ma per fortuna alcune trasmissioni televisive cominciano a parlarne.
Quest'ultimo è un buon segno ma ancora insufficiente vista l'entità della cosa e così lo sconcerto e la preoccupazione per molti rimangono.
Ci sarebbe invece la possibilità di aprire ampi spazi di dibattito, e la televisione potrebbe favorirli e fare molto in questo senso, contribuendo così a risvegliare le coscienze, o a formarle, o entrambe le cose. Tuttavia per svolgere bene un dibattito televisivo sulla questione, la stessa dovrebbe sforzarsi di modificare, per quanto possibile, una certa tempistica, forse anche un certo stile che troppo spesso propone ritmi serrati e scarsi tempi di sedimentazione delle informazioni.
Nel frattempo l'impressione è che ci stiamo abituando a tutto, ci stiamo assuefacendo a tutto!
Anche se le critiche maggiormente pertinenti che si potrebbero muovere ad un simile sistema di calcolo vertono principalmente su questioni tecniche ( non è possibile rilevare per esempio ciò che non viene documentato, e quindi ci si basa su delle stime presunte!), è del tutto evidente che ci sono in ballo anche questioni etiche e morali.
Se non si sviluppano dibattiti, se non vi sono critiche o spunti di riflessione vuol per caso dire che oltre ad una Ue autoritaria ci stiamo abituando anche ad una Ue senza etica?
Speriamo di no, poiché sposare l'antieticità all'autoritarismo riproporrebbe stilemi politici che credevamo superati per sempre e che invece superati per sempre purtroppo forse non sono.
Speriamo di no ma certi sensori indicherebbero il contrario!
Quanto è legittima questa impressione?

E se le cose stanno veramente così, chiaramente una delle domande immediatamente concomitanti non potrebbe che essere: come potrà intervenire legittimamente su questioni etiche una Ue senza una linea etica?
Come potrà essere credibile, come potrà essere autorevole?
Badate bene che qui non si sta affermando che vogliamo una Ue eticamente perfetta e infallibile, o che siano eticamente perfetti e infallibili tutti i membri che ne fanno parte, a priori, anche perché potremmo chiederci: secondo quali parametri?
Sarebbe troppo, nessuno pretende questo! Sappiamo essere realisti e soprattutto siamo consapevoli del fatto che siamo esseri umani e che in quanto tali siamo soggetti a sbagliare.
Ma se è vero che siamo soggetti all'errore, è vero anche che siamo soggetti alla correzione.
Così indicare un errore rappresenta un primo importante passo per poterlo discutere ed eventualmente correggere e superare.
Ci sarebbe poi la questione scientifica: La scienza è certezza, verificabilità.
Una delle cose che i cittadini chiedono alle istituzioni, soprattutto da un po' di tempo a questa parte è la trasparenza, e ancora, di portare insieme a quella la scienza nei palazzi nazionali ed europei.
Ma come possono essere giudicati scientifici quei dati che non possono essere documentati?
Così una delle istanze dei cittadini non solo non è stata recepita ma ad essa è stato risposto con una azione addirittura di segno contrario.
Il problema che si pone in merito al nuovo sistema di calcolo è dunque grosso e sarebbe conveniente parlarne. Ma a questo problema se ne aggiunge un'altro che è appunto dovuto al fatto che non se ne parla abbastanza.
E tuttavia non è tanto la questione scientifica, per quanto pertinente, né quella etica, pur così importante, che vorremmo segnalare adesso, quanto piuttosto una questione che potremmo definire...estetica.
Estetica, sì!
C'è una questione scinetifica, una questione etica ed una questione estetica!
Giacché è nostra intenzione affrontare adesso la questione estetica, essa cercherà di abbaracciare vari aspetti dell'attuale assetto dell'Ue uscendo dalla questione prettamente economica e legata al nuovo sistema di calcolo. Lo spazio di questa trattazione non è tale da poterla rendere esaustiva, ma qui si intende soprattutto fornire uno stimolo utile, anche e forse soprattutto, a favorire meditazioni personali.
Mi limito per adesso a segnalare il fatto che, in ogni caso, c'è un'etica anche nell'estetica, così come c'è un'estetica anche nell'etica, ci sono cioè dei chiari legami tra esse e quindi con ogni probabilità non è possibile parlare dell'una senza evocare indirettamente, almeno in certa misura, anche l'altra.
La questione in ogni caso si presenta interessante e complessa.
Cionondimeno merita sviscerarla nella speranza che possa appunto gettare una qualche luce su talune quesioni europee...
                   
                                                                       La questione estetica

L'estetica, pur senza questa denominazione ( estetica, che è settecentesca ), è stata al centro della riflessione umana fin dall'antichità.
Sarebbe piuttosto pretenzioso e presuntuoso pensare di offrire anche solo un semplice spaccato di questa storia in un breve articolo, così nemmeno ci proviamo. Oltretutto non è questo lo scopo di questo ultimo.
Vorremmo concentrarci invece su un momento particolare di questa storia, perché in esso ci sembra di ravvisare e di individuare alcune nozioni che paiono singolarmente efficaci nella loro esposizione, a gettare una qualche luce sulla questione estetica nell'Ue, e ad offrire degli interessanti spunti di riflessione da potervi applicare.
Si tratta dell'estetica medievale ed in particolare dell'estetica francescana del XIII° sec.come la si desume per esempio dalla Summa Universae theologiae detta anche Summa Alexandri o Summa fratris Alexandri, redatta dal Doctor irregfragabilis, il francescano Alessandro di Hales, primo filosofo francescano, e dai suoi allievi e che per questo prende anche il suo nome.
Ma facciamo un breve passo indietro.
Innanzitutto è doveroso precisare che tutto l'arco del medioevo è stato dominato dall'estetica di Sant'Agostino.
La sua estetica è il punto di partenza e di riferimento per un intero millennio, ed anche l'estetica francescana, che si pone quasi al termine di questo millennio, ne è ovviamente intrisa.
Ciò che gli autori francescani della Summa fratris Alexandri sostengono principalmente è la nozione della bellezza come relazione di parti, sostengono cioè un concetto che, arrivato dall'antichità e che nell'antichità era già stato trattato, era stato a sua volta introdotto nell'estetica cristiana da Agostino, appunto.
Quando la Summa Alexandri dice che << pulchra est res, quando tenet modum, speciem et ordinem >> essa  non fa altro che ripetere per filo e per segno la concezione agostiniana secondo la quale i fattori che determinano il bello sono modus, species e ordo.
Questi termini sono stati e sono ovviamente oggetto di varie discussioni e approfondimenti, anche a seconda delle sfumature che essi assumono di volta in volta nell'arco di questo millennio, e questo anche perché si presentano abbastanza ambigui per la verità e per certi versi indeterminati, ma dall'uso che ne facevano i francescani del XIII° sec. sembra piuttosto acclarato che essi attribuissero loro esattamente il significato rispettivamente di misura, forma e ordine.
La Summa Alexandri affianca a questi concetti alcune brevi ma significative descrizioni, brevi commenti molto importanti ai fini della comprensione del pensiero estetico del tempo.
Offriamo con questo articolo oltre a quelli, anche l'ulteriore commento che ne fa un illustre studioso di estetica, Wladisaw Tatarkiewicz nella sua Storia dell'estetica.

                         Le tre specificazioni della Summa Alexandri e i relativi commenti

I tre concetti di misura, forma e ordine, pur nelle varie sfumature che essi assumono di volta in volta, rappresentano un blocco quasi monolitico nell'arco del millenio abbracciato dal medioevo. Le specificazioni che si possono trovare all'interno dei vari trattati rappresentano un materiale prezioso sul quale appoggiarsi per una migliore comprensione degli stessi, nonché per una migliore definizione degli ambienti culturali che li hanno prodotti.
Così modus, cioè misura, secondo la Summa Alexandri è << quo res limitatur >> ossia "l'elemento che delimita, conclude, definisce entro limiti e rende perciò interiormente armoniosa una cosa." ( Wladislaw Tatarkiewicz, Storia dell'estetica, II° vol.l'estetica medievale, Piccola Biblioteca Einaudi );
Species, cioè forma è  << quo res distinguitur >> ossia " l'elemento per cui una cosa si distingue dalle altre" (ibidem);
Ordo, cioè ordine è << quo res ad aliud ordinatur >> ossia " ciò per cui una cosa è rapportata  ad un'altra ed è armonizzata con ciò che la circonda." ( ibid.)

Partiremo da queste considerazioni, ma una domanda potrebbe intanto sorgere spontanea nel lettore: perché scegliere proprio l'estetica medievale per interpretare questa Unione europea che è cosa contemporanea?
Intanto perché la riteniamo sorprendentemente funzionale allo scopo ma questo forse lo avevamo già detto, poi c'è anche un leggero tono polemico evidentemente.
Siccome pare che, per certi versi, ci si stia avviando verso una sorta di neo-feudalesimo elitario ed aristocratizzante, fatto di autoritarismo e privilegi di casta, e siccome il feudalesimo è una tipica espressione del medioevo, non dovrebbe essere del tutto fuori luogo usare categorie medievali a scopo interpretativo.
E questo anche per mettere in evidenza una cosa: di tutto quello che si può scegliere o prendere di un determinato periodo è meglio scegliere o prendere ciò che vi è di migliore piuttosto di ciò che vi è di peggiore.
A chi del medioevo cerca di riproporre il peggio è lecito oppore il meglio!
Non siamo dunque noi i primi ad aver scelto il medioevo ci pare, e quindi per risposta a questa prima altrui scelta, e quasi per legittima difesa, del medioevo prenderemo qualcosa che ci sembra migliore appunto, cioè l'estetica.

Ma in che modo questi elementi dell'estetica medievale possono contribuire ad illustrare l'antiestetismo di questa Unione europea?
Facendo per esempio un raffronto tra questi concetti e la situazione dell'Unione europea come si sta strutturando da un po' di tempo a questa parte.
Inoltre, che l'Unione europea stia vivendo un momento di crisi è evidente per tutti gli analisti, ed è già abbastanza chiaro di per sé che una crisi non può essere considerata bella!
C'è quindi una questione che si configura come estetica e, se non solo come estetica, anche come tale.
E se questi concetti estetici, per quanto lontani nel tempo, possono contribuire a gettare una qualche luce, dovrebbero essere i benvenuti, è questo almeno che speriamo.
Ricapitolando quindi abbiamo tre elementi su cui lavorare:

a) Modus, misura, quo res limitatur, l'elemento che delimita e conclude;
b) Species, forma, quo res distinguitur, l'elemento che differenzia le cose;
c) Ordo, ordine, quo res ad aliud ordinatur, ciò con cui una cosa si rapporta ad un altra e vi si armonizza.

Partiamo dunque dal primo, modus.

                                                                  Modus

Modus, misura, l'elemento che delimita e conclude.
Ma cosa intendere per 'elemento che delimita e conclude' nell'Ue? Potrebbe essere per esempio il confine politico dell'Ue stessa.
Ma potrebbe anche essere il confine politico di ogni stato sovrano che vi fa parte.
Ci sono quindi almeno due modi di intendere questo concetto estetico in riferimento all'Ue.
Se prendiamo il primo notiamo che la smania annessionistica dell'Ue non sembra conoscere soste, e chi ci governa non sembra molto interessato per altro a chiedere pareri ai cittadini che dovrebbe rappresentare, in merito a queste annessioni. Se annettere è bello, è anche vero che è oneroso e la scelta di una annessione secondo il buon senso dovrebbe essere sancita non solo dai cittadini membri dello stato da annettere attraverso un referendum, ma anche dai cittadini dell'Unione a cui il nuovo stato vuole annettersi, e non prima di debite e trasparenti informazioni sui costi politici, economici e sociali di una tale annessione, poiché non c'è dubbio alcuno che la maggior parte di questo onere spetterebbe ai cittadini che già fanno parte dell'Unione, e dovrebbe pertanto essere chiaro qual'è il costo anche in termini di lavoro e tassazioni, prezzi che in molti casi sono già piuttosto esosi.
Interpellarli dovrebbe dunque essere un dovere!
Questa tendenza annessionistica è fatta con troppa leggerezza e disinvoltura, vorrei dire con troppa superficialità e perfino con un po' di cinismo, pare.
Ma per esaminare la cosa da un punto di vista estetico e precisamente dal punto di vista del modus, cioè della misura, la difficoltà che si incontra è dovuta alla continua trasformazione che rende la sua delimitazione, la sua misurabilità, la sua definizione entro limiti precisi, incerta e imprecisa.
Così la stessa armonizzazione che dovrebbe compiersi all'interno di questi limiti è essa stessa incerta e incompiuta poiché gli stessi sono perennemente in mutazione, e la cosa non da certo un senso di sicurezza, quanto piuttosto di instabilità.
L'armonizzazione interna è ciò che potremmo definire strutturazione e consolidamento che sono concetti opposti in questo specifico caso a quelli di annessionismo e allargamento.
Oltretutto il consolidamento interno dovrebbe fare i conti che le legittime proteste di una moltitudine di cittadini europei che non si sentono attualmente rappresentati dalle istituzioni, proteste che vengono sistematicamente eluse.
Ci sono dei problemi da risolvere prima di procedere oltre, questo dovrebbe essere abbastanza evidente per tutti, e la fretta e il pensiero unico sull'Ue non aiutano.

Se invece per modus si intende il confine del singolo stato nazionale che vi fa parte, possiamo notare come questi confini si facciano sempre più labili. Essi sono in fase di erosione ma non è chiaro da che cosa dovrebbero essere sostituiti, né se debbano essere sostituiti da qualcosa né, tantomeno, se il fattore erodente sia virtuoso anziché no.
Ricordiamo che l'UE non ha nemmeno una Costituzione. Non solo ma le Costituzioni degli stati membri, avendo valore giuridico soltanto all'interno del singolo confine nazionale, risentono in maniera decisiva di questa erosione rischiando di perdere insieme con l'erosione del confine anche la validità giuridica.

A cosa applicare infatti gli articoli della Costituzione se l'entità entro cui essa ha valore giuridico si dissolve?

Questo è un punto importantantissimo che non può e non deve essere sottovalutato.
Ed ecco perché al di là di tanta retorica, il confine nazionale ha ancora un valore, anche quello importantantissimo, e il prezzo per la dissoluzione di queste storiche delimatazioni che tanto sono costate ai singoli stati sotto ogni punto di vista, potrebbe essere altissimo, ben più alto di quanto possiamo immaginare, favorendo per altro la dissoluzione dello stesso Stato di Diritto in assenza del quale prenderebbe automaticamente ed inevitabilmente corpo e sostanza la legge del più forte, o gli eccessi del liberismo sfrenato fatto su misura del più forte.
Oltretutto è chiaro che i confini nazionali tradizionali delimitando, concludendo, definendo entro limiti ben precisi, danno anche forma compiuta, certezza e armonia, racchiudendoli, agli elementi che vi si trovano all'interno, mantenendoli in relazione reciproca e difendendone le specificità e le prerogative che ne risultano così esaltate.
E questo è certamente un valore estetico importante con il quale ogni membro di ogni singolo stato generalmente sente di partecipare in modo del tutto istintivo.
Così questo valore estetico, applicato alla geografia politica, acquista un valore anche psicologico enorme, poiché si connette al senso di identità di ogni singolo cittadino europeo, nella fattispecie.
E' chiaro che questo valore estetico ( e anche psicologico ) rischia di scomparire in modo direttamente proporzionale all'erosione dei propri confini nazionali.
Ecco che il modus francescano trova una sua applicazione molto pertinente nella definizione del confine nazionale che, com'è noto, è stato da sempre accompagnato anche ad una certa sacralità!
Così l'etica abbraccia l'estetica nel confine nazionale.
Veniamo ora alla species, la forma.

                                                                           Species

Essa è in parte richiamata anche dal modus. Infatti ogni forma ha un limite, una delimitazione che permette di distinguerla dalle altre sia perché esso la isola e la individua, sia perché il limite può dare luogo a forme diverse le une dalle altre.
Ecco 'quo res distinguitur', l'elemento che differenzia le cose, le distingue.
Ed ecco di nuovo quindi le già citate specificità e prerogative, le peculiarità di una determinata cosa, di un oggetto, ma anche di uno Stato, cose che sono naturalmente valori aggiunti e giammai elementi negativi.
Anche di uno Stato dicevamo...
Dobbiamo infatti tenere presente che se questi concetti si applicano alle cose materiali, visibili e toccabili, nonché udibili, essi possono applicarsi anche ad entità più grandi e difficilmente misurabili od osservabili ad occhio nudo, a meno di non ricorrere ad una cartina georgafica che, pur nella sua utilità, comunque ne rappresenta una immagine sempre riduttiva, un simulacro e non la totalità ovviamente.
Ciò avviene per esempio nell'osservare o nel pensare uno Stato, del quale possiamo avere un concetto astratto.
Non solo ma questi concetti possono anche essere applicati in generale alle qualità ed anche ai cosiddeti beni demoetnoantropologici.
E' la bellezza dell'individuazione e della varietà che rifugge l'omolagazione e l'entropia culturale.
"Il mondo è bello perché è vario" è l'espressione popolare più tipica tra quelle affini a questo concetto estetico.
Se invece osserviamo questa Ue, notiamo come il senso di omologazione sia abbastanza diffuso e sospinto da dinamiche economico-finanziarie o politiche tese le une a cercare di vendere denaro e prodotti condivisi le altre a tentare una omogenizzazione che possa significare uguaglianza culturale, sulla base della quale costruire una unione maggiormente forte e solidale.
Non possiamo negare che nel secondo caso ( tralascio di commentare il primo ) l'intento sia anche lodevole. Purtroppo però non è possibile imporre una omogenizzazione culturale in modo artificioso e programmato. Oltretutto non è facile farlo senza schiacciare qualche diritto o qualche principio generale, atteggiamento superficiale che è sempre in ogni caso un male.
Il rischio è di arrivare all'entropia culturale, di accelerarla forsennatamente, di arrivare all'appiattimento imposto e di perdere di vista proprio quei beni culturali demoetnoantropologici, la cui conservazione è tutelata per legge e che rappresentano un elemento di bellezza, di varietà e di cultura che è uno dei pochi strumenti da opporre alla stessa entropia cultrale.
Il fenomeno è chiaramente molto complesso e in generale si lega a dinamiche anche di senso opposto, come alcuni fenomeni culturali legati al costume ed anche alla sessualità e alla rivendicazione dei diritti alla propria diversità ed altro, che in generale, al di là di come la si pensi, immettono nella società un grado di diversità e di complessità e differenziazione maggiore rispetto al passato, negli stili di vita per esempio.
Per cui non è facile capire bene queste dinamiche, né dove esse porteranno esattamente nel loro complesso, se a semplificare o a complessificare, se ad omologare o a diversificare, poiché alcune seguono una direzione ed altre sembrano seguire una direzione opposta.
Ma una cosa è certa, cioè che la varietà anche da un punto di vista estetico è considerata un valore, e che quindi forzare l'omologazione o appiattire i linguaggi non solo è antiestetico, ma il presunto gudagno di un simile modo di procedere rischia di non fare il pari con le perdite.
Le dinamiche naturali sono le migliori in questo caso, ma necessitano di una tempistica diversa, più dilatata, non di imposizioni né di espedienti o sotterfugi né tantomeno di scadenze certe. Ci sono cose che avvengono o dovrebbero avvenire da sé, come processi spontanei, mentre oggi sembra di assistere al camuffamento di processi non spontanei presentati sotto ombra di processi spontanei.
Anche l'euro che avrebbe dovuto unire è andato incontro ad una serie di inconvenienti tali per cui oggi è fatto oggetto di aspre discussioni, inquantoché ha accentuato le differenze sul piano economico e di conseguenza su quello sociale tra Stato e Stato favorendo le economie più forti ed ostacolando la flessibilità delle più deboli, favorendo chi esporta ed ostacolando chi importa.
Ma questo discorso ci porterebbe troppo lontano.
In generale ci sono differenze buone e differenze meno buone o addirittura differenze cattive, se proprio vogliamo evitare gli assolutismi.
E' necessario distinguere.
L'euro sembra aver creato differenze là dove naturalmente vi era similitudine, e sembra aver portato omologazione là dove era una naturale diversità. La questione è in discussione, ma anche in questo caso se ne parla poco.
La naturalità ha comunque un suo ruolo nel determinare la bellezza di una determinata cosa, ma questa nozione di naturalità non rientra nell'attuale trattazione.
Tuttavia per legarla alla nozione di species, cioè alla nozione di forma come ' quo res distinguitur', cioè come elemento di distinzione e differenziazione, notiamo che in generale nell'Ue, si avvertono delle dinamiche contrarie al senso naturale, si avverte cioè che la distinzione subentra là dov'era una naturale eguaglianza, e l'omolgazione là dov'era una naturale distinzione, intesa per esempio come naturale flessibilità, funzionale alle dinamiche anche economiche dei singoli stati.
Ma passiamo adesso alla nozione di Ordo
                                              
                                                                        Ordo

Se la varietà è un valore estetico lo è anche l'armonizzarsi di un ente con gli altri, e delle parti di un ente tra loro, e il valore della varietà può essere accentuato dal rapportarsi armonico di ogni singolarità individuata attraverso il proprio confine, con le altre singolarità.
Ordo per la Summa, lo ripetiamo, è 'quo res ad aliud ordinatur', l'elemento attraverso il quale una cosa si rapporta ad un altra e vi si armonizza, l'elemento con cui una cosa si armonizza con ciò che la circonda.
Per tornare al raffronto con l'Ue, possiamo notare che l'assenza dei confini nazionali cui porterebbe la loro sistematica erosione andrebbe a togliere esattamente l'elemento con il quale il rapportarsi agli altri stati sarebbe possibile.
Se non c'è distinzione, se non c'è individuazione, non c'è nemmeno confronto e se non c'è confronto non può esserci rapporto, tantomeno un rapporto armonico. Vigerebbe la disarmonia.
Ogni singolo Stato è circondato da altri Stati ma non potrebbe armonizzarsi con gli altri Stati senza una propria definizione e una propria identità. Così ancora una volta il confine nazionale arriva a definire e concretizzare, sì da permettere l'armonizzazione, purché il confine sussista ancora.
La sua dissoluzione non permette l'armonizzazione delle varie Nazioni tra loro.
Per fare un paragone biologico, un tessuto non si costruisce abolendo la membrana cellulare delle cellule che lo costituiscono (e su questo spero di tornare in futuro).
La sensazione di ordine che segue all'armonizzazione deriva dal confronto che si rende possibile tra le parti e quindi dalla proporzione che sussiste tra esse, dalla relazione che intercorre tra loro.
Elementi di similitudine aiutano il confronto e l'armonizzazione.
Una regola comune per esempio è senza dubbio un elemento di armonizzazione.
L'entropia culturale e l'omologazione che dipendono da fini essenzialmente economici, no.
Così possiamo chiederci: come armonizzare 'quo res distinguitur' con 'quo res ad aliud ordinatur'?
Non è semplice naturalmente.
Ma se il compito del filosofo è quello di cercare la differanza là dov'è la similitudine e di cercare la similitudine là dov' è la differanza, di cercare ciò che accomuna e ciò che distingue di una determinata cosa o di una qualità o, ancora, di un fenomeno, il compito dell'esteta dovrebbe esser quello di capire quando è più bella la diversità rispetto alla similitudine e quando è più bella la similitudine rispetto alla diversità.
La questione è complessa e aperta, né pretendiamo con questa breve trattazione ( breve ma piuttosto lunga  per rappresentarte un singolo articolo di un Diario Elettronico in rete) di dar una risposta esauriente, quanto piuttosto di porre il problema.
Tuttavia possiamo affermare che la bellezza che scaturisce dal raffronto di due polarità, il rapporto dialettico tra le parti (anche nella diversità), il fatto che ciò che unisce, spesso sta ad un livello soggiacente e più profondo rispetto a ciò che divide o diversifica, sono tutti elementi su cui è possibile indagare, ma non ci sembra il caso di insitervi adesso.

                                                                          Conclusioni

In conclusione, ci sembra di notare che questa Ue, sorda a molte richieste dei suoi cittadini, proceda in modo preoccupante, verso un direzione anti-etica e similmente verso una direzione anti-estetica. La cosa è significativamente parallela.
Infatti Se vi è etica nell'estetica ed estetica nell'etica, il legame che lega l'etica e l'estetica tra loro rende l'assenza dell'una la spia dell'assenza dell'altra e viceversa.
Non c'è dunque niente di cui stupirsi se questa Ue per molti, oltre a sembrare ingiusta, sembra altresì anche brutta.
Rimanendo nell'ambito della cultura francescana, concluderei citando semplicemente il fatto che, a proposito di etica e di economia, un insigne e noto francescano, Giovanni Fidanza, alias San Bonaventura da Bagnoregio ( che con Tommaso d'Aquino è uno dei pilastri della scolastica medievale), e che molta stima aveva di Alessandro di Hales, cioè del redattore insieme ai suoi alllievi della Summa Alexandri che abbiamo cercato indegnamente di commentare, aveva annoverato l'economia tra le scienze etiche o, per meglio dire 'morali'.
Ribadisco e sottolineo, tra le scienze morali!
Forse una maggiore attenzione all'etica in generale quindi, non guasterebbe nell'Unione europea, soprattuto se questo suggerimento viene non tanto da noi ( anche naturalmente ma non solo evidentemente ) quanto piuttosto dal cuore stesso della storia e della cultura europea, e potrebbe essere alla scaturigine anche di una maggiore presenza estetica nell'Europa di oggi.
Gli elementi che abbiamo trattato adesso, modus, species, ordo,  erano ritenuti attributi universali delle cose, tali che senza di essi perfino la comprensione delle cose stesse rischiava di non essere possibile e, di fatto, non era ritenuta possibile.
Dice infatti ancora la Summa Alexandri :

<< res non possunt intelligi sine modus, specie et ordine >>

Le cose non sono intelligibili, non sono comprensibili senza misura, forma e ordine.
Forse è per questo che l'Unione europea è così poco comprensibile, perché ne è priva!

Ribadiamo che non ci pare di essere stati i primi a scegliere il medioevo e che a medioevo è lecito rispondere  con medioevo, così ci sentiamo di poter affermare che, a chi cerca il ripristino dei privilegi di casta di tipo feudale, è lecito oppore la coeva filosofia estetica,
che è cosa migliore!!!