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lunedì 28 dicembre 2020

E' stato un anno difficile

Forse a dicembre del 2019 avevamo già sentito parlare del nuovo coronavirus, sembrava una cosa lontana, probabilmente non pensavamo che sarebbe giunto rapidamente da noi, in Italia. Poi invece i primi casi, il paziente 0, la diffusione, insomma il fenomeno ha colpito anche noi. Così un virus sconosciuto, di cui era nota soltanto la famiglia, quella dei coronavirus appunto, ci ha colti alla sprovvista, come si suole dire. All’inizio è stato il caos, ospedali intasati, con il dubbio di quale dovesse essere il protocollo di cura migliore da seguire. Poi col tempo le cure hanno fatto progressi, sono divenute mirate, si è parlato di plasma iperimmune, di idrossiclorochina, si è scoperto che il virus provocava trombo embolia polmonare, e quindi è stata la volta degli attivatori del plasminogeno come l’urochinasi, per sciogliere i coaguli, dell’eparina per scongiurarne la formazione. Alcuni protocolli sono passati agli onori della cronaca, come il Piacenza e alcuni medici sono riusciti ad avere zero decessi. Di fronte a queste notizie incoraggianti, i numeri continuavano però a crescere, in modo preoccupante. Protagonista dei conteggi è stato il tampone, non solo, però in massimo grado. Quanti nuovi positivi? Ecco la domanda che ognuno di noi si faceva nel tardo pomeriggio di ogni giorno di inverno e di primavera. E ce n'è voluto per arrivare a discriminare che positivo non vuol dire malato, cosa che sarebbe stato importante capire prima. Quanti falsi positivi? E falsi negativi? Anche queste domande giustamente cominciavano a subentrare, seppur a fatica, nel circo mediatico. Come avviene il riconoscimento molecolare? Qualcuno si è chiesto anche questo, e ha cercato risposte. La Reazione a Catena della Polimerasi è la tecnica usata per il riconoscimento molecolare e ci hanno spiegato che funziona amplificando il contenuto dei tamponi, che il numero ottimale sarebbe non superiore ai 30 cicli di amplificazione. Alzare questo numero di cicli può essere stato un atto prudenziale da un certo punto di vista, però avendo innalzato il numero dei falsi positivi, ha anche contribuito ad igrossare i numeri generali, quelli che venivano quotidianamente sciorinati senza troppe distinzioni, alimentando l’effetto panico che ha avuto purtroppo un contributo non irrilevante nell' intasare pronto soccorso e ospedali. Ci sono state quindi molte polemiche inevitabilmente e l’informazione avrebbe potuto dare una mano nel fornire risposte al complesso fenomeno che abbiamo vissuto, risposte alle tante domande inevase, ai dubbi espressi, e avrebbe potuto farlo in modo maggiore di quanto non sia stato fatto. I mezzi di informazione di massa sono un potere, è noto, ed è quindi bene che siano orientati in senso deomocratico, nel fornire risposte al popolo, nell'essere esaustivi, precisi, puntuali. Del resto, a proposito di cose mediche, Pier Gildo Bianchi ammoniva che "un'adeguata informazione si impone come dovere civico".