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sabato 31 dicembre 2022

Richelieu e letture sintomali

Quando il cardinale Richelieu voleva esibire la sua scaltrezza poteva arrivare a vantarsi del fatto che avute sei righe scritte dall’uomo più probo di Francia, vi avrebbe trovato qualche cosa sufficiente a farlo giustiziare.

Ora, che cos’è una lettura sintomale? È una interpretazione maliziosa di un atto comunicativo, così si evince anche dalla prefazione a ‘LA STRUTTURA ASSENTE’ di Umberto Eco, una interpretazione nella quale viene fatto dire a una persona qualcosa che non dice e non ha detto, o che forse dice senza volere, insomma, che gli fa dire cose che comunque non voleva dire. Esse sono quindi effettivamente maliziose, sono letture pericolose, che cercano di minare l’immagine stessa di una persona, per qualche scopo, e possono essere molti. Che le letture sintomali si configurino come pericolose, ci viene quindi confermato anche dal Richelieu, il quale ammette di essere praticamente in grado di trovare quello che non c’è in uno scritto, di far dire a qualcuno, anche all’uomo più probo di Francia, qualcosa suscettibile di renderlo reo, tanto da poter essere giustiziato. Ciò che il cardinale dice con quella frase, indica che ogni cosa può essere letta in qualsiasi senso, positivo o negativo, che è il potere di chi legge che decide quale interpretazione utilizzare. Sembra evidente che l'esercizio della lettura sintomale trovi un collegamento  con le sedi del potere. Strumento pericoloso che un certo potere potrebbe quindi trovare utile per i propri scopi, facile da utilizzare nei confronti di avversari politici o potenzialmente tali, di qualcuno insomma ritenuto a torto o a ragione scomodo o di semplici cittadini da strumentalizzare. Essere quindi scomodi al potere, rende suscettibili di essere aggrediti da letture sintomali. Se nella Francia del Seicento per procedere ad una lettura sintomale come quella a cui allude il celebre cardinale, era necessario entrare in possesso di una lettera di tipo ovviamente tradizionale, scritta con inchiostro, oggi le occasioni di entrare in possesso di atti comunicativi sono estremamente aumentate perché viviamo nella società dell’informazione e della tecnologia digitale che la amplia, una informazione peraltro ridondante, sovrabbondante, spesso eccessiva, a cui siamo giunti passando per la società dell’immagine, e le immagini giocano anche oggi un ruolo importantissimo nella comunicazione ovviamente, di massa e individuale. Per comprendere quanto è aumentato il numero delle occasioni in cui poter operare una lettura sintomale, basti pensare alla posta elettronica, alla messaggistica legata ai cellulari, alle piattaforme sociali, al mondo informatico in generale. In pratica non è necessario, come nella Francia del Seicento, intercettare della posta durante il suo spostamento fisico dal mittente al destinatario, il che poteva essere uno spostamento di chilometri. Oggi è sufficiente un calcolatore, un portatile, e vi è subito accesso ad un numero impressionante di carteggi epistolari elettronici, se hai le conoscenze per varcare certi accessi, insomma, se sei un pirata informatico. Se sai come fare ti puoi sbizzarrire, stando fermo nella tua stanza, e se sai come fare e vuoi procedere verso le letture sintomali, diventi un candidato Richelieu, in un certo senso. Oggi viviamo in un mondo molto complesso, che dalla semplice lettura di eventi comunicativi può passare alla manipolazione e al condizionamento, un mondo nel quale le occasioni per esfiltrare dati sono talmente tante che per un esperto c'è semplicemente l'imbarazzo della scelta. Naturalmente conoscere preferenze, gusti personali, avversioni, idiosincrasie, consente di impugnare queste conoscenze per usarle contro il sogetto da influenzare e manipolare o anche a pro, dipende dalle scelte. I dati personali, che possono essere estremamente sensibili, possono essere quindi sfruttati per operare molteplici manipolazioni di massa e individuali, cosa di cui ho già fatto accenno in altri articoli. Ecco, proviamo a immaginare che cosa significherebbe in questo mondo di potenziale sorveglianza estesa, vivere con un simile personaggio costantemente alle costole, che vigila su tutto ciò che fai e non si limita a vigilare, sputa costantemente sentenze, giudizi, cerca occasioni per farti delle accuse e forse stabilire condanne. È ovviamente una condanna ingiusta, a cui il lettore sintomale giunge dopo violazione della riservatezza, accuse senza prove, processi senza avvocato difensore, e condanne senza appello, insomma, non proprio un modo di procedere degno di uno Stato di diritto. Se quindi vogliamo mantenere alto il ruolo e il livello dello Stato di diritto, senza il quale la Democrazia non può albergare, dobbiamo difenderci anche da letture  e lettori sintomali, nonché dai manipolatori,, da chi vuole giudicarti e processarti in ogni istante.

Diviene forse abbastanza comprensibile quanto sia importante la salvaguardia della riservatezza.


sabato 26 novembre 2022

Informazione e dogmatismo

Nel mondo dell'informazione, scritta, radiofonica o televisiva, si assiste oggi ad un appiattimento quasi totale, come se non potessero sussistere opinioni che non siano praticamente tutte allineate. Per fortuna le eccezioni ci sono, altrimenti sembrerebbe di vivere in un incubo. Preso atto delle rare eccezioni, considerare l'appiattimento di cui dicevamo prima, dovrebbe spingere ad una grande riflessione e preoccupazione. Infatti quando si cerca di creare l'effetto di una grande condivisione sul modo di considerare un determinato fenomeno che si impone all'attenzione, come per esempio il fenomeno covid, senza offrire alternative di pensiero, quando cioè ci si dirige verso un sostanziale pensiero unico, le conseguenze che si producono sono quelle di limitare la creatività e il pensiero di chi fruisce di questo tipo di informazione, quasi incantando il pubblico. Le opinioni non allineate che nonostante l'appiattimento in corso possono prodursi, rischiano di essere bandite e di essere additate come eretiche, ed eretico è considerato colui che si fa portavoce di un punto di vista diverso. C'è insomma una sorta di pensiero pseudoreligioso che sembra permeare la situazione, che incombe dall'alto e che assolve o condanna, dove ad essere assolti sono quelli che si conformano al pensiero unico dominante, e ad essere condannati sono quelli che presentano delle opinioni critiche. A dimostrazione del fatto che nonostante i lodevoli sforzi di chi cerca di evitare conflitti sociali e interpersonali con un decalogo di sani princìpi, invitando a discutere le opinioni senza demonizzare chi se ne fa portavoce, scarsi sono i risultati, particolarmente in quella che abbiamo definito la vicenda covid. Sembra nascere talvolta insomma una sorta di dogmatismo, giacché l'assenza di un pensiero critico favorisce l'insorgere di un principio che si accoglie come vero o come giusto senza alcun esame critico o discussione, magari solo perché viene reiterato ossessivamente il dogma, ed ogni giornale o trasmissione fa semplicemente eco a ciò che è già stato espresso, senza aggiungere niente di sostanziale.

In pratica l'informazione corrente non ha bisogno oggi di un pubblico pensante, bensì di un pubblico credente, che accolga ciò che viene da essa veicolato come una verità rivelata da Dio e imposta ai credenti come articolo di fede, anche quando si tratta di veicolare informazioni che si vorrebbero appartenenti al novero di quelle ascrivibili al mondo scientifico. Solo che a veicolare questa informazione non è Dio. Appare strano quindi che una rivelazione non abbia come origine Dio e la domanda da porsi dovrebbe essere incentrata sull'origine di un simile credo dogmatico. Insomma, se non è Dio a veicolare un principio dogmatico offerto come articolo di fede, di chi si tratta? Se infatti il dogma sta bene in una religione che si basa notoriamente sulla rivelazione e sulla fede, per cui il sentimento di fiducia è importante anche in quanto tale e cementa i rapporti tra correligionari, andando a supplire ciò che non comprendo con la sola ragione, appare quantomai inappropriato nel mondo scientifico che si basa non sulla rivelazione, bensì sull'indagine e sul metodo scientifico, per cui è necessario andare sistematicamente alla ricerca di confutazioni alle proprie tesi, per saggiarne la consistenza o per offrire modelli diversi o aggiornati qualora le confutazioni dovessero trovarsi, il che costituisce sempre o dovrebbe costituire una buona notizia nel mondo scientifico. Invece le confutazioni nella vicenda covid sono state bandite in nome del pensiero unico di tipo dogmatico.

Sarebbero molte le considerazioni che a cominciare da queste riflessioni potrebbero scaturire. Mi limito a fare osservare quale potrebbe essere l'effetto del pensiero unico di tipo dogmatico, il quale esige un pubblico credente, vorrei dire credulone, potrebbe avere nel mondo della scuola. Se il destinatario modello dell'informazione corrente, dogmatica, è un pubblico che non pensi e che accetti tutto quello che viene propinato acriticamente, come atto di fede e a prescindere da qualsiasi approfondimento, è chiaro che una scuola che educasse al pensiero critico sarebbe vista come non funzionale allo scopo. Perché forgiare cittadini in grado di smascherare dogmi e superstizioni, ancorché intrisi da un'aura di scientismo, se ho bisogno di un pubblico, di un destinatario modello, che vorrei accettasse supinamente tutto ciò che gli somministro senza che opponga alcuna obiezione? Evidentemente si immetterebbero nella società degli enormi conflitti di interesse tali da far propendere per una scuola che non insegni il pensiero critico, che abolisca il pensiero divergente, che non inviti a difendere i propri diritti, neanche quello di pensiero. In pratica la direzione intrapresa è tale per cui, se non si corre ai ripari, se non interverremo fattivamente e concretamente a correggere la china di una informazione piatta e dogmatica, questa stessa informazione ed i mezzi di informazione di massa che essa usa, potrebbero essere alla scaturigine di una regressione sociale, culturale e scientifica senza precedenti nella storia umana.

Concludo dicendo che se da un lato l'informazione corrente è notevolmente appiattita, maggiormente vitale e creativo sembra essere il mondo delle piattaforme sociali, della rete, e questo costituisce uno dei fattori per sperare in un futuro migliore.

sabato 29 ottobre 2022

Diffusione del sapere scientifico o rispetto della riservatezza

Dopo l’insediamento del nuovo Governo, assistiamo a quello che sembra essere un cambio di orientamento rispetto a certe tematiche, specialmente quelle relative alla questione covid. Per esempio viene annunciato il reintegro del personale sanitario sospeso a causa del non adempimento all’obbligo di inocularsi un farmaco anticovid, cosa, quella del reintegro di cui francamente si sentiva proprio il bisogno, specialmente dopo un numero considerevole di autorevoli studi, vedi quello di The Lancet, che hanno dimostrato quanto questi farmaci non impediscano la trasmissione del famigerato nuovo coronavirus, unitamente al fatto che da essi possono scaturire numerose reazioni avverse, effetti collaterali purtroppo anche molto importanti, come dimostra Eudravigilance per esempio e che l’impiego precoce degli antinfiammatori avrebbe ridotto le ospedalizzazione del 90 per cento circa.
Questo cambio di orientamento sta scatenando però varie polemiche, in quanto sembra che ci sia tra i pazienti chi teme il contatto con un medico non “vaccinato” e così vorrebbe segni di riconoscimento inerenti questo stato, non essendo per fortuna in vigore la discriminatoria certificazione covid. Francamente la cosa è assurda, tuttavia persone che hanno paura di questo tipo di contatto sembrano essercene.
In ogni caso nessuno ha il diritto di sapere lo stato vaccinale e quello “vaccinale” degli altri, sono tutti dati giustamente ritenuti sensibili, protetti dal Garante per la Protezione dei Dati Personali. Sarebbe arrivato il momento di smetterla di forzare le situazioni, di sospingere a violare la riservatezza di queste informazioni, di dare questi esempi sbagliati, perché è sempre sbagliato incentivare un comportamento che non è rispettoso della riservatezza degli altri, un po’ di autodisciplina non guasterebbe. Del resto negli ospedali pubblici si seguono le norme deontologiche della pubblica amministrazione e queste sono sufficienti da sole a determinare intanto la regolazione dei rapporti tra colleghi. Ogni dipendente pubblico osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina e onore, assolve i propri compiti nel rispetto della legge, persegue l’interesse pubblico senza abusare della propria posizione o dei poteri di cui è titolare, deve essere obiettivo, corretto, in buona fede, indipendente e imparziale, evita comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti da svolgere. Ecco, pretendere di conoscere lo stato di un dipendente pubblico e non, rispetto alla vaccinazione in generale e alla “vaccinazione” covid in particolare, vìola la riservatezza di chiunque non voglia spontaneamente renderlo di pubblico dominio. E questo vale anche per i rapporti con i pazienti. Rimane una invadente domanda da porre eventualmente ad un medico e, sapete come si dice, chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Teniamo presente che in questo caso però, se il medico non risponde, non è perché sia necessariamente scortese, data l’invadenza della domanda, non rispondere è cosi legittimo che non rappresenta certo un atto di scortesia, quanto piuttosto di autodifesa, particolarmente in un mondo che viaggia per schemi, pregiudizi ed etichette, per algoritmi meccanici, che spinge a ghettizzare chi non si allinea e che dispone delle informazioni come se si trattasse di armi. Eviterei di far sfociare tutto in una guerra di religione dove i ’credenti’ chiedono liste di proscrizione dei ‘miscredenti’ per attuare nei confronti di questi ultimi una personale discriminazione, per rifiutarli socialmente, per additarli ai consimili, a questo potremmo arrivare. Però c’è la legge, il GPDP, i codici deonotlogici, se non basta la scienza, quella vera, quella al riparo da conflitti di interesse e che pone nel dubbio, nella tecnica della incessante confutazione delle proprie tesi, da minare per saggiarne la consistenza, nella ricerca e nella letteratura specifica, un argine all’ignoranza diffusa, che solo questa è in grado di determinare un deterioramento come quello che consisterebbe nel far sfociare tutto in una guerra di religione. Dovrebbe pensarci la scienza, quindi, coadiuvata da una informazione che si fa divulgazione scientifica, tuttavia se quella, con l’aiuto di questa non ci arriva, per fortuna c’è appunto la legge. Come facevamo prima del famigerato nuovo coronavirus? Non chiedevamo la lista dei medici vaccinati per quella determinata malattia infettiva, ci si fidava, anche semplicemente delle proprie impressioni. Oggi invece abbiamo abdicato a percezione e propriocezione, in favore di rigidi algoritmi inculcati da una informazione che è stata di tipo terroristico, volta a spaventare per convincere, dove convincere sta per indurre alla soluzione unica, quella dell’inoculazione di un farmaco presentato come salvifico rispetto ad una malattia presentata come incurabile. Invece un problema complesso implica spesso una serie di soluzioni, NON una sola, ed è per questo che dovremmo da oggi, insistere prepotentemente nello sviluppo del pensiero divergente, quel tipo di pensiero che stimola alla ricerca di molteplici soluzioni ad uno stesso problema e che è suscettibile di trovarne. Mentre attendiamo che questo tipo di pensiero si affermi nella nostra società, dal momento che ce n'è tanto bisogno, possiamo auspicare un'ampia diffusione dei veri principi medici e scientifici, per evitare guerre di religione tra fazioni radicalizzate, tra 'credenti' e 'miscredenti' che non si piegano al nuovo dogmatismo, oppure che ci si disponga semplicemente al rispetto della riservatezza degli altri, degli altrui dati personali, senza pretendere di sapere ciò che non è giusto sapere.

giovedì 29 settembre 2022

Difendere i propri dati personali e la propria riservatezza

Nella odierna società, acquista una sempre maggiore importanza la difesa dei propri dati personali e della propria riservatezza. Questo è dovuto principalmente al grande sviluppo digitale che moltiplica le occasioni in cui si lasciano tracce di sé e informazioni annesse e connesse di ogni tipo, le quali, essendo peraltro ritenute il petrolio del futuro da chi le sa gestire, vengono studiate per molteplici scopi, tra i quali quello di fornire stimoli appropriati per indurre all'acquisto di prodotti su misura del soggetto studiato, potenziale acquirente, consumatore. Sarebbe ingenuo però pensare che le cose si fermino a questo. In ogni caso anche questa sola constatazione ci dimostra che la manipolazione si individualizza, sulla base delle informazioni che ognuno lascia in rete e che vengono carpite quando legittimamente e quando surrettiziamente. La manipolazione di massa è una pratica e un concetto che è sempre bene approfondire, perché non se ne sa mai abbastanza, però è comunque una nozione conosciuta. Ciò che oggi è meno conosciuta è invece la nozione di manipolazione individuale. I livelli che quest'ultimo tipo di manipolazione può raggiungere sono potenzialmente devastanti per la vita private delle persone. In ogni caso, manipolazione di massa e individuale, non si limitano certo ad indurre all'acquisto di determinati prodotti come dicevamo, benché molti di questi siano in effetti suscettibili anche da soli di determinare sostanziali variazioni nello stile di vita delle persone. Essere vincolati ad un cellulare di moderna generazione infatti, significa, anche in questo caso essere controllati in molteplici modi, e la vicenda covid lo dimostra ampiamente, dalle applicazioni aventi lo scopo dichiarato di evitare il contagio o tracciarlo, all'impiego digitale di certificazioni covid che, per quanto siano state spacciate per strumenti aventi lo scopo di facilitare gli spostamenti anche transfrontalieri e di normalizzare le situazioni, di fatto si sono trasformati prestissimo in strumenti per emarginare determinate categorie di persone, per esempio quelle che saggiamente avevano deciso di rinunciare ad incularsi una farmaco che ha dimostrato poi scientificamente tutti i propri limiti, in quanto non ha impedito i contagi e di contro è stato alla scaturigine di numerosissime reazioni avverse anche gravi come riportano i dati Eudravigilance per esempio. Nonostante questa saggia scelta, poi corroborata dal fatto che, come riportano numerosi studi tra i quali uno uscito sulla rivista The Lancet, con dei Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei, presi tempestivamente si sarebbero ridotte del 90 per cento le ospedalizzazioni, in quanto questi farmaci, noti come FANS appunto, si sono dimostrati perfettamente in grado di curare la covid, la malattia scaturita dal nuovo sars cov, il nuovo coronavirus, cosa peraltro ammessa sia implicitamente che esplicitamente dal Ministero della Salute, e di cui dobbiamo dargli atto. Esistendo le cure, l'uso del "vaccino" non è l'unico strumento per contrastare il nuovo coronavirus, anzi, in genere se esistono le cure sono proprio i vaccini ed i "vaccini" ad essere superflui. Se poi questi danno effetti collaterali avversi in numero significativo si comprende come la scelta di NON inocularsi sia stata compiuta nell'esercizio del proprio diritto alla salute e conformemente alla Costituzione che di questo diritto è garante. Ecco, questi strumenti digitali come le certificazioni covid, sono stati utilizzati per togliere lavoro e relativi stipendi a una moltitudine di persone che hanno semplicemente difeso la propria salute nella libera scelta di non rischiare effetti avversi anche gravi, in una situazione in cui farmaci antinfiammatori avrebbero curato adeguatamente una eventuale malattia correlata al nuovo coronavirus. Questo in una Repubblica fondata sul lavoro, come dice l'articolo 1 della Costituzione. Naturalmente il tutto verteva sulla disamina delle certificazioni, le quali per mantenere un minimo di rispetto del diritto alla riservatezza dovevano lasciare il dubbio se il responso verde, corrispondente ad una certificazione valida ad espletare diverse tipologie di mansioni lavorative,  dovesse essere dovuto a tre tipologie, l'esenzione, la guarigione o l'inoculazione. Ciò non ha fermato la vergognosa discriminazione portata avanti dal Governo Draghi, quellotra i Governi che dal dopoguerra ad oggi ha contribuito a deprimere lo Stato di diritto nel nostro Paese come mai era avvenuto prima. Anche se di certificazioni si poteva avere la versione cartacea, non c'è proprio alcun dubbio che la digitalizzazione abbia fornito spunti fondamentali, si è capito benissimo, anzi si è attuato, quello che il digitale prometteva potenzialmente, cioè l'essere usato per controllare le persone, con la centralizzazione, peraltro, di questo controllo. In pratica lo Stato ha preteso di sapere se una persona si era sottoposta o no ad un determinato trattamento sanitario, cui le persone erano sospinte coercitivamente dal ricatto di non poter altrimenti lavorare, cioè in assenza di quelle condizioni che permettono una scelta serena relativamente ad un determinato trattamento sanitario. Se una persona si è sottoposta ad un trattamento o no, dovrebbe essere una condizione personale e segreta che lo Stato non deve sapere, sono dati personali sensibilissimi, riservati. I recenti studi dimostrano che sussistendo le cure e non immunizzando il "vaccino" l'obbligo è stata una inutile forzatura, una scelta sbagliata. Questo è solo un esempio di ciò che significa gestire malamente dati personali così sensibili come quelli sanitari e aggiungiamo che il fascicolo sanitario digitale non è sicuro e permette, come tutte le cose digitali, facili esfiltrazioni. Oggi viviamo nel mondo dell'informazione ridondante, dove c'è un eccesso di dati che circolano, c'è una sovrabbondanza di questi dati, cosa però utile a qualcuno giacché molte informazioni vengono carpite surrettiziamente e utilizzate per ottenere un vantaggio e tutto ciò che diremo potrà essere usato contro di noi. La gestione di dati carpiti surrettiziamente è suscettibile di determinare condizionamento dei comportamenti a livelli assolutamente impensabili. Sono tutti fenomeni legati alla comunicazione anche subliminale e che pertanto, in quanto fenomeni comunicativi, possono essere compresi e studiati attraverso l'utile apporto della semiologia. C'è sempre stato un potere, da che mondo è mondo che ha affermato se stesso anche con la violenza, salvo poi subire la reazione di chi questa violenza riceveva, così, per ovviare a questo problema è cominciata ad affermarsi in taluno l'idea, per non dire la speranza, di poter esercitare un potere violento senza che esso si manifestasse apertamente o potesse essere facilmente additato, subliminale appunto. Essere violenti senza sembrarlo è un obiettivo di un certo potere. Per riuscire a  realizzare questo obiettivo, carpire dati personali è un fattore essenziale. Per questo gli strumenti giuridici come il GDPR e gli istituti di riferimento per la protezione dei dati come il Garante per la Protezione dei Dati Personali, GPDP, sono presidi essenziali per difendersi da questi attacchi, portati ai cittadini in generale, come manipolazione di massa, o ad alcuni cittadini in particolare, come manipolazione individuale. Difendere i propri dati personali è oggi una questione assolutamente essenziale sulla quale sarebbe giusto imperniare un' azione culturale diffusa. Servono studi ed iniziative per fare conoscere il problema dell'esfiltrazione dei dati, delle sue dinamiche, della gestione degli stessi a scopo manipolativo e violento, e di come sia importante difendersi da ciò. A questo punto ci sentiamo di aggiungere in conclusione una considerazione, cioè che ogni volta che rinunciamo ad esercitare il diritto alla difesa dei propri e altrui dati personali sensibili o concediamo la cessione del trattamento degli stessi a terzi senza prendere alcuna precauzione e con estrema leggerezza screditiamo e delegittimiamo proprio quegli istituti che potrebbero salvarci da un uso improprio e potenzialmente devastante degli stessi. Non sembri esagerata l'affermazione per cui dalla difesa di questi dati dipende la stessa libertà dei cittadini ed anche la stessa sopravvivenza della Democrazia.

giovedì 11 agosto 2022

Misure che rappresentano la scienza?

C’è chi sostiene che certificazioni covid, restrizioni, confinamenti, ricorso esclusivo ai “vaccini” rappresentino la scienza. Penso che sia sempre utile fare chiarezza su una questione fondamentale, come sono quelle questioni che vorrebbero definire cosa possa essere o non essere scienza.
Quelle non sono misure che rappresenano la scienza, sono misure che rappresentano una visione e che un certa informazione, per quanto estesamente appiattita sulle medesime, quasi avesse ricevuto l’ordine di comportarsi così, vorrebbe far passare per scienza, senza riuscirci peraltro, perché chi è veramente dentro la scienza sa quali siano le opinioni scientifiche, e queste sono state rappresentate da svariati personaggi, italiani e stranieri, blasonati o non, tutti a condividere una visione che l’informazione si è affrettata a soffocare, c’è una panoramica di tutto rispetto che va da Giulio Tarro che per la rivista Millennium è il miglior virologo al mondo, ed è stato uno degli allievi prediletti di Sabin, l’inventore del vaccino anti poliomielite, ecco, questo virologo di fama internazionale aveva detto dall’inizio che le cure ci sono e indicava il plasma iperimmune o cosiddetto convalescente, quello dei guariti, come una di queste, alla stessa stregua del compianto De Donno che è stato martirizzato per la stessa idea che metteva in pratica con successo, tanto che gli telefonavano anche dagli Stati Uniti. L’illustre virologo andava addirittura dicendo che prendendo per tempo la malattia le guarigioni sarebbero state del 100 per cento; c’è poi Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina, che ha messo in guardia dai pericoli dei farmaci mRNA, aggiungendo molte altre cose che poi il tempo ha dimostrato vere sebbene sia stato inzialmente moltocriticato; c'è poi anche Geert Vanden Bossche, potremmo parlare di Loretta Bolgan, Peter Doschi, Domenico Mastrangelo, Stefano Montanari, Luigi Di Bella, Stefano Scoglio, unanimi nel dire che non si vaccina in pandemia; e poi consideriamo anche Didier Raoult, Alexandra Henrion Caude, Kulldorff, Robert Malone, che dei farmaci mRNA è considerato uno dei padri, Jhon Ioannidis, Levitt, Honjo, Zelenko, purtroppo recentemente scomparso, e poi Tritto e tanti altri che non hanno trovato un mondo dell’ informazione molto favorevole ad accoglierli, a recepire certi messaggi e le cui opinoni si sono quindi scontrate con una sorta di preimpostazione della macchina mediatica che era quella probabilmente di filtralrle per non lasciarle passare o comunque di contrastarle. Penso che sia scontanto sottolineare come ciò faccia male alla scienza, non solo non la rappresenta, ne rappresenta anzi la perfetta negazione, questi atteggiamenti la negano, perché la scienza è confronto e l’atteggiamento scientifico non è quello di stabilire dei dogmi indiscutibili come se si trattasse di una religione, no, l’atteggiamento scientifico che si traduce nell’atteggiamento pratico dello scienziato e del ricercatore è quello di cercare incessantemente confutazioni alle tesi acquisite, quelle proprie e quelle degli altri, per metterle alla prova e vedere se resistono all’urto delle nuove acquisizioi o della riscoperta delle vecchie, quelle sulle quali si era purtroppo stesa una coltre di polvere, di cui ci si era dimenticati. Pensiamo per fare un esempio proprio al plasma iperimmune, inizialmente dimenticato, poi riscoperto con successo, e in conclusione, nonostante il successo terapeutico, fatto deliberatamente sparire, dimenticare. Sposare tesi aprioristicamente, orienta il discorso solo in certe direzioni, escludendone altre magari molto fruttuose, sipnge a confondere e a confondersi, a forzare e situazioni, rendendo inintelligibile il rapporto causa effetto stesso o forzando a leggere questo rapporto in modo sbagliato cioè a dire, a stabilire per un determinato effetto una causa sbagliata.  
Per far capire il rapporto tra mondo dell’informazione e vera scienza, possiamo prendere a riferimento anche pensieri non prettamente scientifici, quanto piuttosto di critica del comportamento, quasi del costume, ancorché forzosamente indotto. Si pensi a quello che diceva sempre l’illustre virologo Giulio Tarra, già nel 2020, il fatto cioè che egli esortasse a spengere la televisione e a fare una passeggiata, esortazione che è sintomatica di come un certo mondo scientifico e additasse i mezzi di informazione di massa in quel preciso momento, come distorsivi, come imperniati essenzialmente sul terrorismo mediatico, sul cavalcare l’onda del terrorismo psicologico, per cui si suggeriva sostanzialmente di disintossicarsi dalla televisione. Poi non so chi avesse avuto l’intuizione susseguente, quella di dire che spegnendo la televisione si spegneva contemporaneamente anche la pandemia. Non per questo il mondo dell’informazione ha fattto ammenda, anzi, ha continuato imperterrito nella stessa direzione, sciorinando dati che non sono stati validati da nessuno e sulla cui superficiale gestione, dall’approvvigionamento alla verifica, ai riscontri, ci sarebbe molto da dire. Sempre a proposito di mondo dei mezzi di informazione di massa ci sarebbe da sottolineare come l’uso di un determinato linguaggio, che non sembra proprio casuale, abbia contribuito a rendere inintllegibile la situazione, piuttosto che facilitarne la comprensione, esso infatti a cavalcato l’onda delle faicili etichette, creando contrapposizioni spesso inesistenti, fabbricandole, forse per fonmentare polemiche che esacerbassero gli animi e inducessero ad eccessi, accessi di collera, invettive e magari fatti clamorosi da amplificare col sensazionalismo. Insommo, i richiami ad una gestione responsabile, i primi a non averli seguiti sono proprio quei mezzi che se ne facevano portavoce.

Dopo il “vaccino” anti covid, aumentano i casi di bambini con insolita epatite autoimmune costretti al trapianto di fegato. C‘è poi il morbo scimmiesco che sembra essere un effetto avverso degli stessi, e che sarebbe in vero Herpes Zoster, favorito da un indebolimento del sistema immunitario effetto, questo dell’induzione di una immunodeficenza, di cui hanno parlato Joseph Tritto e Loretta Bolgan e che quindi non poteva non essere previsto, esso è anzi una degli effetti calcolati dei farmaci anti covid.
Chi vede la scienza come una cosa importante deve astenersi dal confondere cause ed effetti, perché questa confusione non favorisce la lettura della situazione, mentre può essere favorevole ad un certo tipo di commercio. Allo scopo di raccogliere dati abbondanti per fare tutta una serie di valutazioni anche inerenti le causae e gli effetti, è doveroso ampliare il numero delle categorie di persone che si trovano invischiate nella vicenda covid, cioè a dir, non è bene che essa sia vissuta solo dagli inoculati, deve essere vissuta anche da chi il farmaco non lo riceve o per scelta proopria o perché destinatario di un placebo e per scelta sicentifica nonché politica. Intendo dire che deve sempre esistere in ogni situazione il ‘gruppo di controllo’ per appurare le varie casistiche. Perseguire la politica del 100 per cento dei vaccinati non appare un scelta scientificamente orientata, al contrario, sembra suscettibile di creare le premesse per una confusione tra cause ed effetti e vorremmo che questa cosa divenisse acquisita da ora in poi come tesi favorevole all’acquisizione scentifica dei dati, per una corretta valutazione e stima degli stessi. Dunque perseguire la politica del 100 per cento è sbagliato, e questo a maggior ragione se, come dice la scienza che Tarro rappresenta, se presa per tempo, dalla covid si guarisce per l’appunto proprio nel 100 per cento di casi. Quindi è una politica sbagliata a prescindere, ed a maggior ragione se esiste il 100 per cento di casi di possibile guarigione se le terapie giuste, quelle che l’esperienza ci dice essere basate sulla somministrazione di determinati antinfiammatori, vengono somministrate tempestivamente o addirittura precocemente, come affermano associazioni di medici, passate agli onori della cornaca per il proprio operato. 

Insomma, nessuno dovrebbe correre a dare il titolo di 'coronate dalla scienza' a determinate prese di posizione che rappresentano orientamenti politici piuttosto che scientifici, e questo soprattutto se non si è dato sufficiente spazio a posizioni e opinioni diverse. Possiamo dire che il pensiero scientifico si nutre anch'esso di quello divergente, cioè di quel tipo di pensiero che è portato a trovare molteplici soluzioni ad uno stesso problema, mentre il pensiero convergente promuove una sola soluzione al problema. Se è così non si può ammantare del titolo di scienza un pensiero unico, che non ha dato spazio a quello divergente. Sperimo che queste considerazioni, anche sulle tipologie di pensiero trovino uno sviluppo e aiutino ad affrontare eventuali altre situazioni simili, che naturalmente non ci auguriamo che si affaccino ai disonori della cronaca.

sabato 30 luglio 2022

Riduzione del numero dei parlamentari e spregiudicatezza nel governare

Non era opportuno ridurre il numero dei parlamentari. Sono stati molti gli argomenti portati a sostegno di questa tesi, tutti molto condivisibili. C'è n'è uno però che forse si rende evidente solo adesso e di cui vorrei accennare, non prima di aver detto però che ne intuivo la presenza anche prima del referendum e tuttavia non riuscivo a fare chiarezza, a verbalizzare i concetti in modo opportuno, ero emotivamente coinvolto e non lucido quanto avrei voluto, provandone grande insoddisfazione e frustrazione. Premetto che, per quanto il risultato del referendum sia stato chiaramente espresso, la riforma inerente il numero dei parlamentari continua ad essere a mio giudizio incostituzionale per ragioni ben espresse dall'Avvocato Besostri e di cui non possiamo approfondire la questione in questa sede, dedicata ad altro argomento. Accenno soltanto al fatto che nonostante il referendum il volere dei cittadini non può esercitarsi oltre i limiti imposti dalle leggi e dalla Costituzione, come lo stesso Besostri saprebbe ben argomentare.
È stato un grave errore ridurre il numero dei parlamentari, per molte ragioni, dicevamo, però quella sulla quale vorrei soffermarmi adesso, mette questa riduzione in relazione ad un certo modo estremamente spregiudicato di governare. Purtroppo questa riduzione ha creato per alcuni un boccone estremamente appetitoso, desiderabile, inducendo una certa smania di raggiungere concretamente il risultato, e così qualcuno ha pensato bene di osare, nelle azioni di governo, tanto osando al massimo il governo avrebbe potuto divenire dimissionario e condurre ad elezioni. Quindi, dicevamo, ha spinto ad osare e questo, tra l'altro, cioè l’aver osato, ha mostrato anche tutti i limiti dell'opposizione, la scarsa resistenza che si è avuta di fronte ad un simile atteggiamento, cosa che ha incoraggiato e non potrà che incoraggiare ad osare ulteriormente, tant’è che anche se il governo è dimissionario invece di occuparsi degli affari strettamente necessari sembra sospingere il Parlamento ad approvare provvedimenti che sono clave sui cittadini e sui beni pubblici, che tendono cioè a sconquassare tutta una concezione dei beni pubblici.
C'è chi ha fatto notare come sia strano che un PdC che ottiene la fiducia dal Senato rassegni le dimissioni ed è stato detto che c'era voglia di abbandonare la nave. Forse. O forse c'era voglia di andare verso la concretizzazione della riduzione del numero dei parlamentari. Se dopo aver osato tanto l'opposizione è così scarsa da non determinare la conclusione dell'esperienza di governo, oseremo ulteriormente, dev'essere stato il ragionamento, provando a chiedere, anche se non troppo platealmente, i pieni poteri o qualcosa che somigli a questi. Se i parlamentari accetteranno il governo dispiegherà i pieni poteri, se non accetteranno verranno rassegnate le dimissioni. In questo modo, con le successive elezioni si concretizzerebbe l'incostituzionale riduzione del numero dei parlamentari. Sono state fatte osservazioni inerenti la stranezza di questa crisi di governo, qualcuno ha accennato al fatto che c'era voglia di lasciare, suggerendo che serviva una scusa un qualcosa di plausibile che però è effettivamente sembrato molto artificioso, se ci pensiamo.

Quindi ci saranno le elezioni politiche. E come si presenta il panorama?
Coi listini bloccati, intanto, cioè coi parlamentari scelti dal capo bastone e a lui fedeli, così possiamo paventare che un minor numero di parlamentari obbedienti si accinga a far danni al nostro già martoriato Paese in un'ottica neoliberista, presumibilmente enormi. Speriamo di no. I correttivi non ci sono stati. C’è un’unica speranza, ed è che le forze politiche nuove che hanno capito e che si oppongono a ciò, abbiano una propria affermazione, propri rappresentanti all'interno del Parlamento. C'è da dire però che questo sistema non è propriamente pensato per i piccoli, per favorire la rappresentanza, bensì per favorire la cosiddetta governabilità, che tanto piace ad un certo credo politico tendenzialmente neoliberista o anche moderatamente liberista. A distanza di molti anni e nonostante avessimo dato per acquisite certe convinzioni, concetti, nozioni, e per smascherati certi falsi miti, ritorna ossessivo il mantra della governabilità come preferibile alla rappresentatività, e sembra di aver visto spendere e di aver speso energie inutilmente.
Sembrava assimilato, alla vigilia delle elezioni politiche precedenti, quelle del 2018, il concetto che la rappresentanza superasse per importanza la governabilità, complice l'opposizione alla riforma costituzionale che aveva innescato simili ragionamenti, giacché l’inverso poi aveva già ampiamente dimostrato che molte istanze non raggiungevano il palazzo, e l’assenza di queste istanze aveva permesso il consolidamento del vincolo esterno che tanti danni ha provocato e sta provocando al nostro Paese, che sembra l'ombra di se stesso.
Che non ci sia vincolo esterno che possa sostituire il volere interno di un Paese e del suo popolo, chiamatelo se volete, autodeterminazione, dovrebbe essere acclarato, dovrebbe essere implicito nel concetto di Democrazia, oltre che dimostrato dalle recenti vicende politiche. E invece a quanto pare non è così.
L’ultimo governo è stato quello che ha messo in maggior sofferenza lo stato di diritto con provvedimenti che taluni addirittura si sono spinti a definire contro i diritti umani. E in effetti dopo la conclusione dell'esperienza nazista, per usare un eufemismo, è stato stabilito in modo assolutamente inequivocabile che nessuno può essere sottoposto a sperimentazione farmacologica o di altro tipo senza esplicito ed informato consenso, concetto recepito dalla nostra Costituzione, come ha peraltro sottolineato debitamente ed in modo encomiabile il Giudice Susanna Zanda in una recente famosa ordinanza, che in gergo giuridico è definita anche sentenza cautelare, che ha fatto parlare di sé. Si è pensato quindi di poter osare, tanto, troppo, perché dinanzi a simili provvedimenti e a un simile modo di fare, autoritario, il governo al massimo avrebbe ceduto, avvicinando il momento del tanto agognato ridursi del numero dei parlamentari. Se quindi il governo avesse dovuto arrestarsi, pazienza, tanto  in vista c’è la riduzione appunto del numero dei parlamentari cioè un Parlamento tendenzialmente elitario, che esprime i desiderata di élite non democraticamente elette. Questo è stato il modus operandi degli ultimi governi, quelli successivi alla riforma, per quanto incostituzionale, inerente il taglio del numero dei parlamentari.
Questo significa che a creare le premesse di questo stato di sofferenza generalizzato conseguente al modus operandi di cui abbiamo accennato, sono stati indirettamente e per quanto inconsapevolmente proprio quei cittadini che hanno votato la riduzione del numero dei parlamentari, o comunque lo hanno favorito. Sembra strano eppure è così, parzialmente, s'intende. Questo intuivo già prima del referendum, anche per questo mi sono battuto con i miei limitati mezzi contro la riduzione del numero dei parlamentari. Purtroppo è così, avere votato favorevolmente alla riduzione del numero dei parlamentari ha creato un boccone ghiotto, che ha spinto ad osare, a spingersi oltre ogni limite, a forme di governo cioè spregiudicate tanto nel peggiore dei casi gli esiti sarebbero comunque favorevoli per un certo tipo di élite. Non so quanto sia riuscito a persuadere tra i cittadini che hanno votato per la riduzione del numero dei parlamentari quegli eventuali sparuti lettori, che proprio questa riduzione è stata una delle componenti alla scaturigine di quel modo di governare, che ha fatto e fa soffrire molti cittadini. Del resto nessuno può mettere in dubbio che l'obbligo di "vaccinazione" con un farmaco che tanti effetti avversi ha causato in base ai dati ufficiali Eudravigilance per esempio, e sta anche adesso causando, sia stato uno spingersi a limiti che non erano mai stati osati prima. Che ci sia stato un modo spregiudicato di governare, che sia in atto anche in questo momento, non c'è alcun dubbio a nostro giudizio. Che questo modus operandi sia stato preceduto dalla legge di riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentare, è evidente. Ora, mi chiedo, se un cittadino che ha votato favorevolmente alla riduzione del numero dei parlamentari avesse potuto intuire o immaginare che un simile cambiamento del Parlamento avrebbe portato a un tale modo spregiudicato di governare, avrebbe comunque votato favorevolmente?


mercoledì 29 giugno 2022

Chiarimenti


Nessuna ricerca del tempo perduto, per citare Marcel Proust, può avere successo. Si è perso del tempo? Non può essere recuperato. Si fa quel che si può, da dove si è, con quel che si ha e con quel che si sa. Se devi sempre essere altrove e niente delle tue scelte va bene forse chi sbaglia non è chi compie le proprie scelte, bensì chi giudica le scelte di quest’ultimo sempre sbagliate.
Creare false aspettative è un tecnica, un modo che qualcuno ha per raggiungere un determinato scopo, forse per far temporeggiare alcuni, per farne bloccare altri, forse per instillare diffidenza, nel momento in cui queste stesse aspettative vengono apparentemente tradite. Cose che magari non sono mai state nelle possibilità o alla portata di colui al quale le si vorrebbe affidare. È anche un modo come un altro per creare dissapori. Del resto sulle possibilità, sugli obiettivi che è possibile e giusto proporsi e raggiungere, sono state spese parole chiare, per esempio da Gurdjieff.

Fate di un piccolo obiettivo il vostro dio, e potrete acquisire del magnetismo.


All’inizio dovete cercare di raggiungere obiettivi molto limitati. Se affrontate subito grandi cose non arriverete mai a nulla; anzi, le vostre manifestazioni avranno degli effetti cacofonici che vi faranno detestare.


Scelga una piccola cosa che non è in grado di fare e ne faccia il suo scopo, il suo dio. Non lasci che nulla interferisca. Miri solo a quella. Se ci riesce allora mi sarà possibile darle un compito più grande. Ora come ora lei ha gli occhi più grandi dello stomaco, mira a cose troppo grandi, non potrà mai farcela. Ciò che la svia dalle piccole cose alla sua reale portata è un appetito anormale. Lo distrugga, dimentichi le grandi cose. Si dia l’obiettivo di vincere una piccola abitudine.

 
Una cosa che mi preme chiarire, a scanso di equivoci, è che quando cito Gurdjieff, certamente un bel personaggio, interessante, degno di nota, non è per strizzare l’occhio alla quarta via, qualsiasi cosa significhi oggi questa espressione, non ne sono un membro, mi sembra giusto dichiararlo nitidamente per evitare fraintendimenti. Quando cito Gurdjieff, è solo un modo per dare a Cesare quel che è di Cesare, per citare una fonte e rendergli in qualche modo giustizia. Ho magari comprato dei libri pagandoli il prezzo dovuto, li ho letti e ho forse incamerato qualcosa, concetti, nozioni,che medito e confronto con elementi precedentemente acquisiti anche in altri ambiti, tutto qui. L'idea di sviluppo armonico mi piace, ne intuisco l'importanza, però sinceramente non credo che possa identificarsi con la quarta via o con i metodi gurdjieffiani se non parzialmente, perché spesso in quei metodi, a mio giudizio, è la deliberata creazione di frizioni anche molto acute e violente a fare da filo conduttore o a divenire elemento essenziale, cose che non mi restituiscono certo l'idea di armonia e che non a tutti si adattano e si addicono, e delle quali penso che non mi siano congeniali. So che ci sono delle teorie per giustificare quei metodi, che magari sono interessanti e vale la pena conoscere, che magari quei metodi possono essere utili a conseguire certi risultati, tuttavia farli coincidere con lo sviluppo 'armonico' mi sembra decisamente una forzatura. C'è al contrario in quelli molta disarmonia e dissonanza che viene utilizzata come metodo, a torto o a ragione. Nessuno che non scelga deliberatamente di essere sottoposto a frizioni del genere dovrebbe subirne la somministrazione. Forse questo non piacerà a ceti adepti o estimatori di talune vie, non lo so. Quello che so è che personalmente ho delle critiche da muovere a certe tecniche. Per chi dovesse essere dispiaciuto ricordo che Gurdjieff stesso aveva tra le sue massime e diceva che, chi non è dotato di spirito critico non poteva rendere utile la sua presenza nell'Istituto che egli aveva costituito, è inutile che stia qui, diceva. Non è accettando pedissequamente e acriticamente un metodo, che la presenza di un persona può svolgere una funzione importante per sé e per gli altri. Meglio muovere una critica sincera, se c'è, è così che può nascere forse un confronto costruttivo.

Se non sei dotato di uno spirito critico, la tua presenza qui è inutile.


Ora, se diamo credito alle parole di Gurdijeff, una persona saggia, non cerca grandi obiettivi, cerca per sé stessa obiettivi alla portata, anche minimi, cose che è possibile raggiungere, e che implicano comunque un certo sforzo, è una scelta individuale configurabile come saggia. Se invece a causa di un 'grande appetito' sceglie grandi obiettivi, eccessivi, troppo grandi, non alla sua portata, non potemmo dire che manifesti certo una grande saggezza, né trasmette agli altri questa impressione. Ora, se una persona non è bene che scelga obiettivi eccessivi per se stessa, figuriamoci quanto potrà essere errato che altri scelgano per lui obiettivi del genere, irraggiungibili. In un'ottica didattica questo è il miglior modo per creare ansia da prestazione ed inficiare un certo tipo di risultato che in assenza di quella pretesa, potrebbe teoricamente anche prodursi. Qualsiasi insegnante responsabile sa che non deve creare ansia da prestazione nei propri alunni.

Si può ragionare a lungo sulle varie vie, quella del fachiro, quella dello jogin, quella del monaco, sulla quarta via, sul tao e via discorrendo, però se l'uomo è in grado di scegliere, il che è un lusso, qualsiasi sia la via che decide di scegliere, di percorrere, alla conclusione della propria vita essa sarà stata per lui sempre e comunque la sua unica via. Ogni uomo percorre sempre e soltanto la sua unica via ed essa deve essere ritenuta degna di rispetto, anche se a qualcuno non piace. Come ha detto un altro bel personaggio, certo molto diverso da Gurdijeff, per quanto possano trovarsi degli elementi in comune, Marius Schneider, 'nessuno può servire la scienza in modo utile se non seguendo la direzione verso la quale è naturalmente condotto dall’indole della sua intelligenza'.
Ci sembra opportuno aggiungere e sottolineare a proposito di armonia che una simile direzione, quella suggerita da Schneider intendo, costituisce esattamente qualcosa che può configurarsi come un percorso armonico. 

Per gli estimatori della Costituzione, tra i quali mi annovero, si può anche dire che in essa sia presente una allusione evidente, per quanto non esplicita, allo sviluppo armonico. 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica Italiana rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese

La nozione di pieno sviluppo della persona umana richiama l'idea di sviluppo armonico, che è sviluppo conforme alle leggi cosmiche, se vogliamo, che per la Costituzione avviene con la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale. Stando alla quarta via, sembra invece che per un certo tipo di sviluppo gli ostacoli debbano essere deliberatamente apposti. Chi ha ragione?

Si può discutere a lungo se dare ragione alla Costituzione o alla quarta via, se sia meglio la rimozione o l'apposizione di ostacoli. Quanto però a stabilire quale sia la via costituzionale non sussiste dubbio alcuno sul fatto che sia quella espressa nell'articolo 3 della stessa Costituzione, è evidente. E per alcuni è anche la via effettivamente armonica perché la rimozione dei citati ostacoli rappresenta un modo per favorire linee di sviluppo che altrimenti non sussisterebbero. Consideriamo poi che oggi, sono in molti a frapporre ostacoli, in troppi, e qualcuno potrebbe anche essere tentato di giustificare un simile metodo, nobilitandolo col fatto che è rispondente a determinate caratteristiche tipiche della quarta via, arrivando a sostenere che è nell'interesse di chi si ostacola che gli ostacoli vengono posti. Spesso certi metodi possono quindi venire invocati pretestuosamente e forse ipocritamente, per falcidiare possibili sviluppi armonici e la Costituzione stessa, e impedire un corretto ed effettivo sviluppo armonico della persona umana. Se è vero che l'uomo si deve anche abituare a superare certi ostacoli, è vero anche che se questi sono eccessivi e sproporzionati, anziché generare sviluppo con essi si deprime e si soffoca un potenziale vero proficuo sviluppo. Ed esiste purtroppo anche chi, nell'incolpevolezza della quarta via, potrebbe approfittarne per danneggiare il prossimo con la scusa di fornirgli una occasione di sviluppo che, in vero, potrebbe non esserci e mirare purtroppo ad altri scopi. Sempre da Schneider apprendiamo come l'animale sia univoco e l'uomo equivoco. Anfibologie, mimetismi e camaleontismi caratterizzano l'azione dell'uomo nei vari settori della vita, anche nella politica. Non possiamo quindi fingerci ingenui e non ritenere che l'inganno sia sempre possibile.
Non colpevolizzo alcuna via, dico semplicemente che nell'ambito del possibile, è possibile che, con azione mimetica, con la buona scusa di sviluppare qualcosa o qualcuno, si vada invece a danneggiare. Non a tutti le frizioni e le frustrazioni sono utili, e quando sono somministrate reiteratamente, con persistenza, quando sono indesiderate, possono divenire semplicemente violenza. Un esempio di sviluppo armonico, di ottava conclusa debitamente, di linea di sviluppo realizzata, ce lo fornisce il Libro dei Proverbi, quando dice che 'un desiderio soddisfatto è albero di vita'. Oppure quando dice che 'Desiderio soddisfatto è una dolcezza al cuore'. Non di sole frizioni vive l'uomo, non con le sole frizioni si sviluppa, non coi soli no. Quanto ad essere armoniche, le stesse frizioni e frustrazioni non sembrano tali, sembrano dissonanti invece, a differenza di una ottava che si sviluppa e si conclude realizzando un legittimo, appropriato, proporzionato ed armonico desiderio. Ci sono molti punti di vista, e ognuno ha esigenze diverse e personali. Ci si sviluppa meglio con le frizioni o senza?

Lasciamo in sospeso la risposta, benché qualche suggerimento interpretativo sia stato immesso nel discorso. Quanto alla sintonizzazione con l'armonia però, Costituzione e Proverbi sembrano aderirvi maggiormente di qualsiasi frizione o frustrazione, specie se queste non sono richieste e sono indebitamente somministrate e reiterate.

domenica 29 maggio 2022

Scienza e problemi della comunicazione di massa oggi

Nel modo con il quale i mezzi d’informazione di massa veicolano oggi le nozioni scientifiche, particolarmente quelle legate alla 'vicenda covid', si insinuano dei rischi notevoli. Per esempio si crea una frattura tra ciò che è prettamente scientifico e quello che viene diffuso alle masse, alla grande platea popolare, sotto lo stesso nome, pur non essendo tale, cosa che ottiene il non encomiabile risultato di popolarizzare la scienza, in un modo però che non è quello del grande divulgatore scientifico, che sarebbe cosa lodevole, bensì in modo tale che talune nozioni risultano talmente vuote di senso, svuotate insomma di significato, distorte o non approfondite a un livello tale da divenire addirittura non scientifiche. È il caso per esempio della nozione di isolamento di un virus, per cui essa è veicolata in modo così poco approfondito appunto da risultare non scientificamente accurata e designa oggi a livello popolare qualcosa che non è il vero isolamento scientifico di un virus. Ora, se una stessa nozione designa cose del tutto diverse, si crea un problema di non poco conto, si separano i saperi, si scindono, uno rimane riservato nello stretto ambito effettivamente scientifico, l’altro si diffonde nella popolazione illudendola, in questo caso che l’isolamento ci sia stato in base ai livelli richiesti dalla scienza per essere definito tale, cosa che invece non è avvenuta. Questo problema dicotomico affiora anche in altre tematiche nel lessico politico, che recepisce la nozione popolarizzata, quella che meglio gli sembra in grado di permettere un interfacciarsi col popolo che è stato influenzato dall’informazione corrente in modo così efficacie da riconoscere in quel lessico i concetti chiave pur così lontani dall’essere effettivamente scientifici. E così la nozione un tempo scientifica e oggi distorta viene istituzionalizzata come scientifica dalla politica, benché di scientifico sia rimasto molto poco e quindi sostanzialmente creando un danno enorme sia alla vera scienza che al popolo, un danno di incomprensione suscettibile di creare ulteriori danni a cascata. In pratica i mezzi di informazione di massa, svolgono oggi il poco edificante ruolo di separare saperi riservati da quelli popolarizzati senza che questo emerga in modo evidente, forse addirittura senza che ne siano consapevoli, aumentando così una frattura sociale invisibile che, per quanto tale è presente, e la cui ricomposizione si presenta alquanto problematica e tuttavia necessaria per ottemperare all’attuazione doverosa e imprescindibile della Costituzione. Perciò tutto quello che può contribuire da un lato a definire scientifico ciò che effettivamente è tale e, dall'altro a ricucire fratture sociali deve essere visto con apprezzamento.

giovedì 28 aprile 2022

E se il Legislatore legifera in modo iniquo?

Non è scontato che il Legislatore legiferi in modo equo, anzi, la storia ci insegna che è assolutamente possibile che legiferi in modo iniquo.
Cosa succede in questo caso? Che aumenta il malcontento tra la gente, i cittadini di quello Stato in cui si legifera in modo iniquo, cominciano a manifestare questa scontentezza, questo malcontento, il quale può degenerare se non si pone rimedio alla situazione. Se esiste una concezione forte e una concezione debole di Stato di diritto, l’azione del Legislatore iniquo, si imposterà sulla concezione debole. Ricordiamo quindi sommariamente in che cosa consistano queste concezioni diverse di Stato di diritto.

La concezione debole

La 'concezione debole' di Stato di diritto è quella che stabilisce che esso sussiste semplicemente nel momento in cui vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi. Tuttavia non entra nel merito delle leggi stesse, non le giudica e non stabilisce se queste debbano possedere o no determinate caratteristiche per essere definite degne di entrare a far parte del novero di quelle che strutturano lo Stato di diritto in generale.
In questo senso sussisterebbe un criterio interno di verità e di giustizia che somiglierebbe molto da vicino a quello tipico di ciascuna "pratica teorica" autogiustificantesi, cosa di cui ci sembra parlare Althusser quando sostiene che "la pratica teorica è criterio di se stessa, contiene in sé i princìpi definiti di convalida della qualità del suo prodotto" cosa forse non negativa per il filosofo strutturalista e che tuttavia, da un certo punto di vista apre a delle critiche per le quali sembra quasi una sorta di autoassoluzione, in un certo senso. Se la pratica teorica non si apre ad altre prove di convalida, a critiche, essa convalidando se stessa si chiude in un mondo suo, rischiando di vanificare ogni contatto col mondo reale. E a ciò sembra fare riferimento un certo modo di legiferare attuale. Ne parleremo meglio in seguito quando ci riferiremo ai corto circuiti legislativi interni e alle iterazioni nidificate, strutturazioni funzionali ad una concezione debole. Questo tipo di concezione sembra molto sintonizzata con la cultura della divisione in compartimenti stagni, non comunicanti e fa gioco a un certo tipo di potere tendenzialmente assolutistico, verticistico. Infatti soltanto chi sta al di sopra di ogni compartimento stagno può gestirli pienamente, e questa gestione risulta essere tanto più facilitata quanto meno essi compartimenti comunicano tra loro, quanto minore è lo scambio di informazione tra gli stessi.
Ricapitolando, la concezione debole stabilisce che c'è Stato di diritto quando vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi, indipendentemente dal tipo di regole e di leggi, senza entrare nel merito del giudizio delle stesse, rischiando di far divenire il sistema di leggi piuttosto autoreferenziale e, in ultima analisi, perfino tendenzialmente e potenzialmente iniquo senza per questo alterare il princìpio suesposto. Possiamo, anzi dobbiamo invece chiederci se le leggi siano giuste o no in base a criteri peraltro già codificati dal mondo giuridico e che tuttavia qui, in questo caso, rimangono fuori dalla porta. Significa mettere alla porta una bella fetta della storia del diritto.
Ogni sistema autoreferenziale di leggi che è regola e misura di se stesso e che si regga su parametri interni di convalida, del tutto arbitrari, senza entrare nel merito di come debbano essere questi parametri è quindi suscettibile, non dovrebbe sfuggire, di creare un sistema potenzialmente autoritario.
Somiglierebbe un po' ad una struttura che non è suscettibile di ricevere dall'esterno stimoli capaci di apportare alcuna migliorìa, che ne è refrattaria. Struttura chiusa quindi, potente, potrà sembrare paradossale, come ogni struttura chiusa, particolarmente in un'ottica sincronica, salvo poi dover fare i conti con quella diacronica, con gli sviluppi temporali, e con ciò che viene lasciato fuori. Origina quindi, peraltro, da questa sede, una nefasta tendenza che è quella di vedere allontanare il popolo sovrano dal suo ruolo specifico quello di sovrano appunto, un ruolo che, giova ricordarlo, gli è assegnato nientemeno che dalla stessa Costituzione e che espleta con la partecipazione.
Questa autoreferenzialità e refrattarietà, dal nostro punto di vista è ciò che caratterizza essenzialmente lo 'Stato di diritto debole' o la 'concezione debole' di Stato di diritto, e l'alienazione del popolo  dal suo ruolo di sovrano, che coincide con l'allontanamento dei cittadini dalla prtecipazione appunto alla vita democratica, anche per scoraggiamento, rappresenta una delle sue peggiori conseguenze. 
L'aura di Stato di diritto che si vorrebbe conferire a questa 'concezione debole' è alquanto illusoria, ed avrebbe peraltro il difetto di addormentare il popolo, illuso da definizioni che potrebbero risultare prive di senso effettivo, svuotate di significato, magari gradualmente, dissuadendolo dal considerare i rischi che essa, in quanto debole, porta in sé.

La concezione forte

La 'concezione forte' di Stato di diritto differisce dalla precedente su un dato di fondamentale importanza. Infatti a differenza della prima stabilisce alcune delle caratteristiche che le leggi devono avere per essere ritenute degne di entrare a far parte del novero di quelle che fondano lo Stato di diritto stesso.
La 'concezione forte' dello Stato di diritto ricalca comunque nella prima porzione dell'enunciato quella della 'concezione debole' quando cioè stabilisce il fatto che lo Stato di diritto sussiste là dove sono presenti regole e leggi alle quali attenersi, in questo senso l'enunciato è del tutto sovrapponibile al primo, anche dove dice che queste regole e queste leggi regolano la vita dei cittadini in ogni loro aspetto, però si differenzia nettamente quando specifica, stabilisce che regole e leggi devono possedere alcune particolari caratteristiche imprescindibili. Quali caratteristiche?
Nell'articolo intitolato 'Stato di diritto e legge del più forte', datato 11 ottobre 2012, scritto a quel tempo nella speranza che potesse fornire spunti di riflessione magari proprio agli addetti ai lavori, ai giuristi, agli accademici,  e oggi riproposto per spronare, stimolare interventi sempre negli stessi, in chi è vocato insomma allo studio del diritto, si tentava di dare una prima risposta quando si sottolineava che leggi e regole poste a fondamento della 'concezione forte' debbano essere strutturate in modo da riflettere profondamente l'essenza del principio  per cui dove vige lo Stato di diritto non vige la legge del più forte, tale per cui queste stesse leggi non consentano né spazi, né brecce dalle quali possano filtrare, riaffiorare come ospiti indesiderati, la prevaricazione, l'ingiustizia, la brutalità e l'arbitrio, tipicamente connessi alla legge del più forte.

Ovvero si può formulare l'enunciato per cui il vero Stato di diritto non è là dove sussistano semplicemente leggi, regole, trattati sui quali poggiarsi e ai quali attenersi, bensì è là dove le leggi, le regole e i trattati sui quali  ci si poggia e ai quali ci si attiene, siano uno scudo alla legge del più forte, all'arbitrio, all'ingiustizia palese o, peggio, dissimulata.

Speriamo che l'Unione europea rifletta su queste distinzioni anche perché attualmente ci sembra sempre improntata, e lo diciamo con dispiacere aumentato rispetto a quello espresso alcuni anni or sono, ad una 'concezione assai debole' di Stato di diritto e la preoccupazione consiste nell'osservare che il tempo passa e purtroppo le condizioni ben lungi dal migliorare, peggiorano, per cui ecco l'aumento del dispiacere. Ed il peggioramento si percepisce tanto in Ue quanto in Italia.

A parlarci del fatto che il Legislatore può sbagliare, ovvero legiferare in modo iniquo, del resto, vi è anche il noto Avvocato Besostri, giurista esperto di pubbliche amministrazioni, diritti umani e protezione delle lingue regionali e minoritarie, sempre in prima linea quando si tratta di difendere la Costituzione, quando essa si trova sotto attacco, cosa che succede troppo spesso purtroppo.

Tra le ultime difese nelle quali si è prodigato, c'è quella collegata  all'ultimo referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, criticando aspramente anche le procedure come quando ha asserito che quella referendaria è stata illegittima per violazione dell' articolo 72 della Costituzione nei commi 1 e 4, perché le norme sull’indizione del giorno dei comizi coincidenti con elezioni amministrative, e comprensivo in questo vaso appunto del referendum, non sono state votate una per una dalle Camere con una procedura normale; e dell'articolo 77 della Costituzione, nell'interpretazione data dalla Corte Costituzionale con la sentenza  numero 32 del 2014. Si è trattato quindi di un referendum soggetto a varie legittime critiche, anche per lo scarso spazio dato dall'informazione allo stesso e, anche se il popolo si è espresso in maggioranza per il sì, l'articolo 1 è perentorio al comma in cui dice che "La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Quindi il volere del popolo è soggetto a dei limiti costituzionali invalicabili, tali per cui anche una percentuale di poco al di sotto del cento per cento non può varcarli. Anche un referendum costituzionale può essere viziato da un contenuto incostituzionale, così il metodo, una questione complessa che non possiamo approfondire in questa sede. ci limitiamo ad osservare che legiferare in modo sbagliato è possibile e può riguardare anche norme di carattere costituzionale. Cosa significa però, in modo sbagliato? Significa innanzitutto in contrasto con altre norme vigenti. Abbiamo cercato di rispondere prima, consapevoli di averlo fatto in modo parziale e imperfetto, cercando di sottolineare la differenza tra la concezione forte e debole di Stato di diritto. Forse però a questo punto gioverà ricordare adesso che uno Stato di diritto si fonda anche su una gerarchia di fonti del diritto. In Italia questa gerarchia vede al primo posto la Costituzione, non a caso definita Fonte delle fonti del diritto, proprio perché sta al vertice di esse. In Italia la gerarchia delle fonti del diritto ricalca lo schema seguente.

Costituzione

Leggi
Decreto del Presidente della Repubblica
Decreto Legislativo
Decreto Legge
Decreto Ministeriale
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
Delibera del Comitato Interministeriale
Circolari
Interpretazioni
Ordinanze
ddl, disegni di legge
Consuetudine

Bisogna tenere presente questa gerarchia delle fonti del diritto, al vertice delle quali c'è la Costituzione. Anche l'Educazione Civica dovrebbe occuparsi di insegnare questa gerarchia nella Scuola italiana, infatti avendola ben presente si comprendono molte dinamiche altrimenti difficilmente comprensibili, e posso essere testimone del fatto che spesso i discenti conferiscono a raccomandazioni e note ministeriali la valenza di leggi, cosicché ho un bel daffare nel cercare di far capire di quale errore si tratti.

Cosa significa questa gerarchia delle fonti?  Significa una cosa ben precisa, cioè che le Leggi non possono essere in contrasto con la Costituzione, i DPR non possono essere in contrasto né con le Leggi, né con la Costituzione; i DLgs non possono essere in contrasto né con i DPR, né con le Leggi, né con la Costituzione e via discorrendo, ciò che sta sotto non può essere in contrasto con nessuna delle fonti che stanno sopra, dette perciò sovraordinate, figuriamoci quindi se una nota ministeriale può essere in contrasto con una legge o essere scambiata per essa. Siamo sicuri quindi che questa gerarchia delle fonti venga in effetti rispettata? No, ed è per questo che esistono i tribunali come i TAR ed anche la Corte Costituzionale, con lo specifico compito di verificare se una norma sia in contrasto con la Costituzione oppure no. Una legge fatta male o ingiusta, ci suggerisce l'Avvocato Sandri, o viene cambiata in sede legislativa, però per fare questo c'è bisogno chiaramente di un mutamento politico, giacché è difficile per non dire impossibile suppore che la stessa maggioranza che l'ha approvata la cambi, e sarebbe ingenuo crederlo, oppure può essere cambiata solo da una sentenza di tribunale.

Esistono dei periodi storici in cui purtroppo sembra che si indulga particolarmente in una pessima legislazione e quello attuale purtroppo è uno di questi. In pratica dal dopo guerra, lo Stato di diritto nel nostro Paese non è mai stato così in sofferenza come oggi.

Un pessimo modo di legiferare è suscettibile di creare proprio quei contrasti che andrebbero evitati per rispettare il vincolo della gerarchia delle fonti, così può capitare di avere leggi incostituzionali, come potrebbe confermare lo stesso Besostri. E ora pensiamo che se anche una Legge, così alta nella gerarchia delle fonti, può essere incostituzionale, anche una Legge di revisione costituzionale, figuriamoci quanto può essere incostituzionale un DPCM che sta molto al di sotto della Legge in quella stessa gerarchia delle fonti che richiamavamo prima, o una nota ministeriale, come sono costretto talvolta a spiegare agli studenti. Per esempio, oggi, nella scuola si vive un momento difficile perché le note del 28 e 30 marzo 2021 del ministero dell'istruzione interpretano il Decreto Legge del 24 marzo in un modo particolarmente disinvolto arrivando a vederci delle cose che a molti sembrano inventate di sana pianta, come improponibili estensioni orarie di lavoro. In questo caso una nota ministeriale contrasterebbe con un DLgs, con una fonte sovraordinata. Si creano così dei corto circuiti che innescano problemi a cascata.

In effetti, in alcuni casi sembra che ci si trovi dinanzi proprio a quello che potremmo definire una specie di corto circuito inerente i conflitti tra norme di rango pari o diverso, conflitti sempre difficili da affrontare e da dirimere, per cui una disposizione di legge o avente forza di legge si trova a confliggere con altre norme o regolamenti o risoluzioni di pari o maggior rango nella gerarchia delle fonti del diritto, con conseguente aumento dei rapporti conflittuali giacché quando le leggi confliggo ciò si riverbera inevitabilmente sul tessuto sociale deprimendone la coesione.
Col Decreto Legge 26 novembre 2021 n 172 si vedono assegnare a talune figure ruoli che fino a quel momento non erano stati di pertinenza di quelle stesse figure, situazione che causa una difficoltà gestionale non indifferente per cui la gestione insomma pone dei problemi nuovi, come nel caso di un Dirigente Scolastico che si trovi a gestire informazioni delicatissime inerenti lo stato di salute o “vaccinale” degli insegnanti, informazioni per l'appunto di estrema delicatezza. Quelle che vorremmo cercare di far capire è che quei conflitti che abbiamo definito corto circuiti, hanno sempre un effetto sociale devastante,  divenendo potenzialmente fonti di conflitto anche tra persone, cosa che purtroppo va a turbare gli stessi ambienti di lavoro. Questo anche perché possono arrivare a mettere in dubbio diritti garantiti come il lavoro stesso. E anche perché chi si trova a subire la pressione di una norma iniqua, può ravvisarne l'incostituzionalità e magari chi deve farsi carico del rispetto della stessa norma non la ravvisa, ne scaturisce un conflitto, spesso garbato per fortuna, però in alcuni casi magari no, ed ecco quindi che in luogo di un atteggiamento solidale nascono frizioni, aporie, incomprensioni, insomma rapporti conflittuali. Se esiste un conflitto sociale, legiferare i modo iniquo svolge il compito di abbassare il conflitto ad un livello della scala sociale inferiore, a livelli in cui magari dovrebbe sussistere una maggiore coesione, per fare fronte comune rispetto ad attori maggiormente influenti e con una forza intrinseca maggiore dovuta al ruolo politico, proprio perché collocati ad un livello della scala sociale elevato dentro un sistema politico che peraltro acquisisce ogni giorno che passa una fisionomia sempre più verticistica, ragion per cui un vero contrasto può essere esercitato esclusivamente da un tessuto sociale coeso in una rivendicazione comune. Ne deriva che con ogni probabilità il Legislatore sa che legiferando in modo iniquo abbassa il livello dello scontro sociale, andando proprio a creare fratture là dove occorrerebbe la presenza di una coesione ai massimi livelli. Nella situazione attuale non è impossibile che un insegnante per esempio possa trovarsi in contrasto con il proprio DS e questo è difficile che non sia stato ipotizzato come possibile esito di una legislazione iniqua dal Legislatore stesso, il quale pensa forse così di facilitarsi il successo nel perseguire i propri scopi. Giacché riteniamo legittimo difenderci con fantasie precauzionali che peraltro hanno il prego di ipostatizzare come vere le cose fantasticate per il solo fatto di comparire come vere nell'ipotesi di chi le formula, nella sua mente insomma che riflette le stesse leggi che vi si trovano al di fuori, noi dobbiamo ritenere, per nostra salvaguardia, che il Legislatore sappia che legiferando in contrasto con norme di rango superiore, sovraordinate nella gerarchia delle fonti del diritto, ottiene il risultato di fomentare il conflitto sociale, spesso tra pari, determinando uno scollamento là dove dovrebbe sussistere coesione, che lo faccia insomma di proposito, con la precisa consapevolezza di ottenere questo risultato. Naturalmente sarebbe gravissimo.

lunedì 28 marzo 2022

Salute e bilancia

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Così recita l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana. Esso è da tempo al centro della nostra attenzione essendo stata la nostra vita attraversata da quella che potremmo definire la vicenda Covid, cioè una vicenda chiaramente legata al virus e alla malattia, quindi alla salute, con ogni evidenza. La corretta interpretazione di esso ci pare quindi essere di fondamentale importanza per comprendere la vicenda stessa che abbiamo vissuto. Ora, per comprendere bene questo articolo probabilmente non sarebbe inutile leggerlo con davanti a sé una bilancia. Servirebbe anche un peso corrispondente al 'diritto' e un altro corrispondente a quello che l'articolo della Costituzione definisce 'interesse' e che dovremmo usare insieme all'altro durante appunto la nostra personale lettura di questo articolo.

Come procedere?

Prendere la Costituzione e cercare l'articolo 32 di essa. Prendere la bilancia e porla su un piano. Mentre si legge il primo comma dell'articolo in questione o dopo averne dato lettura, cercando di far riecheggiare nella mente quanto appena letto, collocare sopra un piatto di essa bilancia il peso corrispondente al 'diritto' e poi sull'altro piatto collocare il peso corrispondente a 'interesse' e rimanere ad osservare la bilancia che cosa fa.

Dove pensate che penderebbe?

È necessario rispondere molto sinceramente a questa domanda.

Essa penderebbe senza dubbio alcuno sul lato dove è stato collocato il peso corrispondente al 'diritto' e francamente non ce ne stupiamo.

È percepibile anche istintivamente da chiunque che tra 'diritto' e 'interesse' abbia un maggior peso il primo, chiunque esamini se stesso sinceramente non può che convenirne. Comunque, a scanso di equivoci, vi sono sentenze della Corte costituzionale a confermare questo.

In sintesi possiamo affermare che tra 'diritto' e 'interesse collettivo' non può che prevalere il primo, come del resto conferma appunto la sentenza numero 307 del 1990 della Consulta.

Così facciamo notare che il diritto individuale alla salute prevale nettamente sul generico interesse collettivo, è evidente ed è bene che sia così perché la rinuncia alla difesa del diritto individuale alla salute, non può dare come risultato la difesa di quella collettiva che è possibile e preferibile anche come risultante della somma di ogni scelta individuale. Cioè a dire se vuoi perseguire la salute collettiva non è rinunciando alla difesa di quella individuale che puoi ottenere questo risultato e il diritto individuale alla salute personale si espleta anche rifiutando un farmaco che produce numerosi e importanti effetti avversi. Con un obbligo è evidente che il diritto a non subire questi effetti non sussisterebbe più e così, anziché perseguire la salute collettiva si potrebbe ottenere l'effetto contrario. Purtroppo i dati dell' EUDRO VIGILANCE confermano questo. Sono quasi 4 milioni gli effetti avversi e sono decisamente sottostimati. Se consideriamo poi che un effetto avverso potrebbe avvenire anche a distanza di molto tempo sembrano destinati ad aumentare.

Così siamo lieti di apprendere che in Nuova Zelanda la Corte Suprema revoca l’obbligo "vaccinale" in quanto rappresenta una GRAVE VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI.

E siamo lieti anche di apprendere che in Gran Bretagna è stato deciso di togliere l'obbligo "vaccinale" per il personale sanitario, una scelta che dovrebbe essere compiuta anche in Italia, considerando che questi "vaccini" producono purtroppo un così alto numero, nonostante la sottostima, di reazioni avverse.

Potremmo avere cortesemente un commento di qualcuno dei nostri parlamentari che li stanno avallando questi obblighi?