Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







giovedì 28 luglio 2016

Un NO alla Riforma Costituzionale per una Rivoluzione tranquilla!


Molte persone, molti concittadini italiani avvertono un senso di impotenza e di angoscia rispetto a quanto sta accadendo in Italia e nell’Ue, ma anche rispetto a quanto avviene a livello globale (poiché la globalizzazione non è un fenomeno estraneo a quanto avviene a livello nazionale chiaramente); avvertono un senso di angoscia rispetto a quella che sentono essere una contrazione dei diritti, una emarginazione sociale, l’impossibilità di progettare il proprio futuro, e si chiedono che cosa possono fare per dare una mano a se stessi e agli altri ad ovviare a tutto questo.
C’è un modo! Per cercare di invertire la marcia è innanzitutto indispensabile dire NO alla Riforma (Deforma) Costituzionale.
Quello che si può dire infatti è che oggi vi è una emergenza e che questa emergenza è rappresentata proprio dal Referendum Costituzionale. Innanzitutto quindi è necessario affrontare tale questione con compattezza e determinazione, con grande decisione, poiché è importantissimo che la riforma (Deforma) non passi. Se passasse le cose si complicherebbero alquanto e sarebbe ancor più difficile intervenire. A chi cerca di dare una mano contro quello che avverte essere una contrazione democratica e civile direi quindi innanzitutto di votare NO al REFERENDUM confermativo della Riforma Costituzionale di ottobre, e di convincere quante più persone possibile a fare lo stesso.
Questo rappresenterebbe un passo importantissimo, assolutamente indispensabile per continuare la lotta e ripristinare più alti principii civili, una migliore redistribuzione e migliorare il proprio futuro.
Sarebbe così importante la vittoria del NO che potrebbe benissimo essere paragonata negli effetti a quella di una Rivoluzione.
L’effetto di questa Rivoluzione pacifica, sarebbe capace di bloccare quello che taluni osservatori (italiani ed esteri) hanno additato come un Golpe, il Golpe tranquillo (con l’ingresso di un governo non eletto dai cittadini alla fine del 2011) i cui effetti proseguono ancora oggi.
Una Rivoluzione Tranquilla certo, incruenta, pacifica, affrontata con la sola arma pacifica del REFERENDUM.
Dopotutto ad un Golpe tranquillo è lecito opporre una Rivoluzione tranquilla!!!
Vi sentite impotenti? Volete cambiare le cose?
Volete veramente darvi e dare una mano?
Votate NO alla Riforma Costituzionale!!!

lunedì 25 luglio 2016

NO alla trasformazione del Senato in un Ispettorato della Troika!

NO alla trasformazione del Senato in un Ispettorato della Troika!
Cominciamo questo articolo nel modo in cui abbiamo concluso il precedente. Siamo sinceramente e autenticamente convinti che questo sarebbe il destino del Senato se vincesse il sì al REFERENDUM Costituzionale.
Ma qualcuno potrebbe chiedersi: che cosa significa Ispettorato della Troika?

La domanda è legittima e merita una risposta. Anche perché in assenza di una opinione definita e/o di informazioni appropriate si potrebbe legittimamente pensare che sia una cosa buona. Niente di più lontano dal vero!
Anticipiamo soltanto che significa commissariamento perpetuo, e l’inizio di quel vassallaggio cui più volte ci siamo riferiti parlando delle similitudini tra medioevo ed era contemporanea (tecno-feudalesimo), dopodiché procederemo con le spiegazioni.

Cosa significa dunque Ispettorato della Troika?

Per rispondere degnamente a questa domanda dobbiamo considerare innanzitutto che cos’è la Troika.
La Troika è un organismo internazionale formato da tre componenti: Commissione europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Chiedetevi adesso: chi avete eletto dei componenti di questo organismo? Della BCE e del FMI assolutamente nessuno! Dei componenti della Commissione europea forse vi può essere capitato di aver eletto nelle elezioni politiche uno degli attuali componenti, non di più, e in ogni caso senza neanche sapere che avrebbe rivestito quel ruolo cui è giunto in seguito o a nomine o a elezioni di secondo grado.
Quindi in sostanza nella Troika non vi è la benché minima traccia di rappresentatività e questo significa essere in presenza di un vulnus democratico nell’assetto dell’Ue, un vulnus così evidente che ci si stupisce che non sia colto da una moltitudine di commentatori politici.
Oltre a ciò la presenza del Fondo Monetario Internazionale (FMI) rende questo organismo (la Troika) un organismo che si muove al di fuori del diritto comunitario: anche questo rappresenta un vulnus democratico per l’assetto di questa Ue; inutile dire che anche in questo caso ci si stupisce che la cosa non sia colta da tutta una schiera di commentatori politici, ma da qualcuno sì...
Non solo ma dobbiamo rimarcare che lo stesso FMI, ben lungi dall’essere fedele ai proclami e alle proprie dichiarazioni di intenti, secondo le quali esso difenderebbe le economie più deboli e ricercherebbe la stabilità del sistema economico globale, esso va a perseguire il cosiddetto “Washington Consensus”, cioè difenderebbe gli interessi del suo maggiore azionista che è rappresentato dagli Stati Uniti d’America. Questa è l’opinione per esempio del premio nobel per l’economia, lo statunitense Joseph Stiglitz.
Questo significa che la gestione dell’Unione europea di fatto, grazie anche al trattato e all’organismo ESM (o MES) che rappresenta la strutturazione permanente in Europa della Troika, è demandata ad un organismo (la Troika) che non solo si muove al di fuori del diritto comunitario, ma tra i cui componenti, non eletti da nessun cittadino europeo, ci teniamo a rimarcarlo, insinua un organizzazione internazionale (il FMI) che difende gli interessi principalmente di un solo Paese cioè degli Stati Uniti. Se qui non è chiaro a quale tipo di aberrazioni e a quali tipi di conflitto di interessi andiamo incontro, vuol dire o che non si vuol vedere ciò che è visibilissimo ed evidentissimo, o che si è decisamente ingenui. Diremo, con tutto il rispetto per gli Stati Uniti, che è del tutto evidente che l’Unione europea potrà essere una vera unione europea solo e soltanto se saprà gestire la propria identità e i propri interessi autonomamente e indipendentemente dal condizionamento di paesi che, pur essendo storicamente amici, non di meno per certi versi sono anche antagonisti ed economicamente rivali. Questa è la realtà dei fatti. E’ chiaro quindi che l’Ue finché subirà l’influenza (non richiesta dai cittadini) di organismi che fanno gli interessi di paesi amici ma concorrenti, non potrà mai essere realmente se stessa e subirà incessantemente politiche che la danneggiano (e probabilmente in modo scientifico, calcolato) o subirà gli effetti di consigli sbagliati, per non dire consigli senza coda, cioè subirebbe quel tipo di consigli maliziosi che sono dispensati a beneficio del consigliere e non del consigliato. Non è un caso che nei paesi in cui è intervenuto il FMI il debito pubblico è aumentato vertiginosamente. E’ il caso o non è il caso di farsi venire qualche dubbio?
E dalla specifica esperienza italiana, sempre proclive ad autolesionismi o ad autonomi pseudo commissariamenti che di fatto rendono superfluo il commissariamento formale, sappiamo che l’aumento del debito pubblico è funzionale alla svendita di aziende profittevoli o strategiche con la scusa di racimolare gli spiccioli per far fronte allo stesso debito, che è una teoria assurda già nelle fondamenta!
Ma sono sempre meno, per fortuna, le persone che ci credono, sempre meno! E questo, grazie al cielo, è almeno in parte un sintomo di quella che potremmo chiamare emancipazione o rivoluzione culturale!!
Per chi può e lo vuol capire, in questo consiste il vero e più autentico anti-europeismo! Nello sfruttare l’ingenuità di chi crede a simili teorie infondate, nell’insegnare dogmi o superstizioni di questo genere e nel promuovere assetti politici che si strutturano in modo alquanto sui generis, e al di fuori del diritto comunitario.
Particolarmente quest’ultimo punto è importantissimo da comprendere e da fare proprio.

Ora, ciò premesso, i promotori della Riforma costituzionale, per ciò che concerne il Senato, pubblicizzano che esso sarebbe come il nuovo organo di comunicazione con le realtà locali. In realtà, e lo si evince da quello che diventerebbe il nuovo art.55 (basta leggerlo), la Riforma costituzionale dicevamo, finirebbe per trasformarlo proprio in un ricettacolo di simil-commissari della Troika appunto, peraltro non retribuiti (tornando indietro in questo aspetto di circa un secolo) che devono vigilare sull’applicazione della normativa europea. Tutto ciò mentre sussistono già attualmente disarmonie lampanti tra Ue e Costituzioni nazionali, dubbi di attribuzione e di competenze tra istituzioni comunitarie e tra esse e quelle nazionali, confusione e caos istituzionale, dubbi sui limiti di mandato di certe istituzioni, dubbi di legittimità costituzionale di taluni provvedimenti, di certe iniziative, di certi poteri e via discorrendo. Si è creato un mostro ma nessun ce lo vuol dire.
Questa confusione esiste proprio perché le Costituzioni nazionali, al di là delle dichiarazioni di facciata, non sono appunto rispettate nella loro essenza, contravvenendo in questo a tutta una serie di intenti di carattere preliminare che sembravano presi solennemente e che avrebbero dovuto costituire la base, il fondamento di ogni azione di carattere comunitario europeo. Per questo si tende a cambiarle piuttosto che a rispettare quei solenni impegni, solenni ma disattesi, tanto per cambiare (scusate l'ironia!).
Il nuovo Senato, se venisse approvato, finirebbe così per divenire l’organo attraverso cui esercitare pressioni alle restanti istituzioni di carattere nazionale, Camera dei deputati compresa (non facciamoci illusioni) da parte di una Unione europea in cui la Democrazia e la rappresentatività non sono considerati, e di fatti non sono presenti e che, non a caso, sta già perdendo pezzi, vedi BREXIT!

Il nuovo Senato sarebbe dunque un effettivo strumento non dell’Italia come nazione sovrana, ma dell’Unione europea come unione strutturata verticalisticamente, non Democratica e non rappresentativa se non di organismi internazionali che perseguono gli interessi del maggior azionista.
Il Senato finirebbe così per esercitare le pressioni richieste degli organismi indicati, tra cui il FMI, (da solo o tramite Troika) che persegue, come sottolineato anche da celebri premi nobel per l’econimia (giova ripeterlo anche a breve distanza vista l'importanza!)) gli interessi del maggior azionista appunto, i cui risultati a livello effettivo, pratico operativo, sollevano forti dubbi, usando come indicatori i considerevoli aumenti del debito pubblico nei paesi in cui si trova ad operare.
Questa trasformazione del Senato con ogni evidenza è attualmente incostituzionale. Ecco che quindi la Costituzione diventa oggetto di totale revisione, di cambiamento in tutte quelle parti che ancora dichiarerebbero palesemente l’incostituzionalità di un simile mostro! Ecco come si spiega un cambiamento costituzionale di tale portata, un autentico stravolgimento della nostra Carta.
Per questo vi è chi dice che se anche questa Riforma cambia solo la seconda parte, in realtà è come se cambiasse anche la prima, quella dei diritti fondamentali. E questo potrebbe essere solo l’inizio!
In effetti un Senato non elettivo direttamente è evidente che lede il diritto di voto, che crea un vulnus demovratico (pare un motivo ricorrente!), che deprime gli spazi di Democrazia, che è allo stato attuale profondamente incostituzionale, ed è per questo che nella Riforma o, più precisamente, nella Deforma Costituzionale, come giustamente l’ha chiamata qualcuno, ci si accinge a cambiare l’art. 58 della Costituzione, che dichiara il Senato eleggibile direttamente, sconquassando l’assetto della nostra meravigliosa Costituzione in una porzione vastissima, deprimendola in modo umiliante.
E tutto questo lo fa un Parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Consulta, per via  dello sproporzionato premio di maggioranza che attribuisce al vincitore delle elezioni, cosa che turba la rappresentatività.
In altri termini questo sconquasso è portato avanti da un Parlamento che non è assolutamente rappresentativo del Paese, con il quale sussiste uno scollamento profondo, e che vige in uno stato di sostanziale prorogatio! Tutto ciò è inammissibile.
Si consiglia la lettura di quello che in caso di vittoria del sì sarebbe il nuovo l’art. 55 (art.1 della Riforma).
Dalla lettura si capisce subito che la propaganda dei promotori del sì, sottolineando esclusivamente l’aspetto del legame del Senato con le realtà locali, tace del tutto gli aspetti che legano il Senato all’Unione europea, cosa che peraltro sembrerebbe umiliante per lo stesso Parlamento europeo, aprendo a probabili conflitti di competenza con questa istituzione comunitaria. Non solo ma l’accento posto sul legame con le realtà locali sembra tanto più rimarcato quanto più si desidera offuscare l’altro. Una ragione di questo comportamento ci dovrà pur essere! E la ragione è esattamente quella espressa dall’incipit di questo articolo. In altri termini si vuol far passare sotto silenzio che il Senato si trasformerebbe appunto in un Ispettorato della Troika!
L’ideale è che ciò sia compreso dalla maggior parte dei cittadini. A chi mantenesse dei dubbi direi: fidatevi!
Se i dubbi permangono ugualmente considerate almeno il principio di prudenza poiché è meglio adottare questo principio e votare NO evitando il rischio (parlo di rischio ma evidentemente chi scrive non ha dubbi, può averli chi legge!) di imboccare una strada pericolosa che perdere la sovranità nazionale in questo modo umiliante per la stessa storia dell’Italia!!!
Diciamo NO a questa assurda Riforma Costituzionale!!!


lunedì 18 luglio 2016

Contesto nel quale si innesta la Riforma Costituzionale

Si avvicina, o si avvicinerebbe (uso il condizionale perché pare si parli già di un posticipo) il REFERENDUM Costituzionale, inizialmente previsto per ottobre 2016. Ma prima di entrare nel merito del contenuto della Riforma, vorremmo dare appunto uno sguardo d’insieme al contesto internazionale e nazionale in cui il REFERENDUM si innesta, pur senza rinunciare ad esprimere sin da subito le ragioni dei vari NO. Per quanto riguarda il quadro internazionale dobbiamo dire che esso è necessariamente vasto e complesso, ma anche notevolmente variegato. Non si pretende qui di dare una lettura esaustiva (sarebbe impossibile) ma di fornire alcuni spunti di riflessione, cominciando col rilevare che sussiste comunque una tendenza generalizzata piuttosto percepibile a livello globale che vede le ragioni delle multinazionali e delle banche d’affari (del cosiddetto "mercato" ma che mercato non è) tentare di prevalere su quelle dei diritti, direi, dello Stato di diritto, della politica e delle nazioni in una sorta di internazionalismo un po' caotico, deregolamentato, spesso, in fase di proposizione, retorico e di facciata. In Europa poi gli eventi più recenti dimostrano una crescente disaffezione per la struttura attuale dell’Unione europea, che non essendo riuscita ad ascoltare, come auspicavamo, le critiche costruttive che gli venivano proposte, registra le prime defezioni: la Gran Bretagna ha votato per uscire dall’Ue!
Una cosa su cui veramente meriterebbe riflettere...


A tutto questo si somma un quadro di instabilità generalizzato, determinato dal crescente dilagare del fenomeno del terrorismo, che non contribuisce certo a rasserenare gli animi. Dobbiamo poi considerare la crisi della Convenzione di Schengen e della libera circolazione delle persone all'interno dei paesi firmatari, ritenuto uno dei pilastri dell'Ue, crisi scatenata dalle situazioni di tensione dovute all'emergenza del fenmeno dell'immigrazione, e delle sue varie cause.
Tornando alla tendenza internazionalista, si deve di contro registrare il sussistere della rinascita delle tendenze opposte e delle ragioni che vi stanno alla base. Queste tendenze sono etichettate un po' troppo semplicistcamente, come tendenze nazionalistiche ma questo creerebbe una qualche confusione se non si precisasse, com’è doveroso, che queste tendenze pur mettendo al centro dell’interesse la nazione e la sua legittima indipendenza rispetto ad organismi sovranazionali non è un nazionalismo paragonabile a quello a cui abbiamo già assistito in passato. Se quel nazionalismo era un nazionalismo per così dire di attacco, questo nazionalismo odierno è per così dire di difesa; se quel nazionalismo del passato era alimentato da tutta una retorica da cui non era esente una presunta aurea di superiorità, anche della “razza”, questo nazionalismo non ha niente a che vedere con tutto ciò bensì col semplice desiderio di non essere schiacciati da politiche a cui si ritiene di non poter prendere parte alcuna in sede decisionale. Se quindi quel nazionalismo era per così dire un nazionalismo prepotente, questo nazionalismo è un nazionalismo che, contrariamente, nasce proprio per non subire prepotenze. E’ una bella differenza a pensarci bene, una visione diametralmente opposta! Anche su questo merita riflettere. Ci sono molte differenze quindi di cui non si può non tenere conto e che devono essere rilevate se si vuol dare una certa serietà all’argomento e alle argomentazioni circa i nazionalismi. Le tesi che vogliono accostare il nazionalismo del passato con quello che si sta sviluppando oggi se non tengono conto di queste differenze difficilmente potranno avere una qualche presa sull’opinione pubblica. Che poi ogni nazionalismo possa essere suscettibile di sviluppare tendenze anche pericolose, questo è un fatto, ma in nessun caso si possono e si debbono leggere le tendenze estremiste, le eccezioni, le degenerazioni, come il tratto distintivo, come il fenomeno in sé, come la regola, o il giudizio su tali fenomeni ne risulterà inevitabilmente viziato e probabilmente a scopo strumentale. Per capire bene il fenomeno bisogna quindi evitare ogni strumentalizzazione. Di fronte a tutto questo che la sola preoccupazione dell'Ue sia la tenuta della zona euro (per altro con mezzi che si esprimono a nostro parere al di fuori del proprio mandato, tant'è che la stessa BCE parla di strumenti non convenzionali per la difesa dell'euro!) sembra obiettivamente miope.

Per quanto riguarda il quadro nazionale, esso risente inevitabilmente della situazione internazionale, anche per via del fatto che è aumentata la permeabilità nazionale rispetto a tutte le energie che si agitano all’esterno, e fare parte di una unione sui generis come l’Unione europea, aumenta questa permeabilità cosa di cui si è ben resa conto da tempo la Gran Bretagna.
Questa permeabilità è stata per altro alla scaturigine di una contrazione democratica a livello nazionale piuttosto consistente ed evidente, osservabile sia dall’interno che dall’esterno del Paese. La ben nota lettera del 5 agosto 2011, firmata dall’allora Presidente della BCE Jean Claude Trichet, che invitava l’Italia alle riforme (interessate, ndr), cui si è affiancata una speculazione sui titoli italiani con conseguente aumento del differenziale tra titoli italiani e titoli tedeschi, ha contribuito non poco alla caduta del Governo allora alla guida del Paese. Le stesse pressioni esercitate in sede di G20 a Cannes, per indurre il Governo ad accettare il cosiddetto “aiuto” (che era un aiuto anche in questo caso interessato, come si comprende bene oggi) si affiancava a tutto il resto. Questo c.d. “aiuto” è stato rifiutato (giustamente, ndr), dall’allora pesidente del Consiglio Berlusconi con il sostegno dell’allora Ministro delle Finanze Tremonti. Esso, infatti, altro non era, in sintesi, se non una sostanziale cessione di sovranità! A tutto questo dobbiamo sommare poi anche i contatti preventivi presi dall’allora Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, risalenti già all’estate del 2011, con quello che sarebbe divenuto il nuovo Presidente del Consiglio, Mari Monti. E’ chiaro oramai che si agiva di concerto, e questo agire di concerto è stato interpretato da più di un esponente politico come un Golpe, un Colpo di stato organizzato e pianificato come tale!
La sostituzione con un nuovo Governo, senza passare da elezioni (e tutti i retroscena di cui ho parzialmente fatto cenno), hanno indotto molti quindi a ritenere di essere in presenza di un Colpo di Stato, un Colpo di Stato ben orchestrato, condotto in modo tale da non essere quasi avvertito dai più e cha ha fatto dire a qualche osservatore straniero che in Italia si era consumato un Colpo di Stato tranquillo.
Il quadro nazionale vede anche il proporsi di forze politiche realmente nuove, non antieuropeiste ma euro-critiche o diverso-europeiste, che rappresentano per molti cittadini una reale speranza di cambiamento, la possibilità di un diverso approccio alla politica e una occasione di discontinuità con fattori politici ed economico-finanziari che hanno portato alla situazione attuale il Paese, anche per via della svendita di aziende profittevoli e alla conseguente deindustrializzazione del Paese. Ma il quadro nazionale vede, ancora in auge, il progetto innescato dalla sostituzione dell’esecutivo e del Primo Ministro (senza elezioni) nel 2011, di cui abbiamo fatto cenno sopra, progetto che è in sostanziale continuità col Governo attuale. A tale proposito dobbiamo rimarcare che anche l’attuale Primo Ministro non è stato eletto dai cittadini italiani, un particolare di cui dobbiamo tenere conto sempre, poiché rivelativo e di sostanziale importanza. Ciò nonostante l’attuale primo Ministro è andato al potere con una parvenza di discontinuità col passato, parvenza che però, essendo tale, è andata a mano a mano scemando. Propostosi come il nuovo che avanza, l’attuale esecutivo ha dimostrato nei fatti (Ansaldo Breda, Poste, Enav, tra i vari esempi) di insistere con la deindustrializzazione del Paese, tramite svendita di aziende profittevoli o strategiche, sostanzialmente in linea con ciò che ha prodotto la perdita di circa il 25 % della capacità industriale del Paese; ciò avviene con la solita scusa del far fronte al debito pubblico che avanza, come se non fosse ormai del tutto evidente che non è la svendita che è funzionale a riparare il debito, ma che è il debito che è funzionale alla svendita, tant'è che pare lo si culli ben bene come un infante per farlo ben crescere. L’attuale esecutivo ha dimostrato altresì una sostanziale sottomissione agli interessi delle banche, un sostanziale disinteresse nei confronti dei diritti dei lavoratori, (atipico per la sinistra, allarmante tant'è che anche qui sono in moltissimi a dire che questo governo non ha niente di sinistra) una tendenza autoritaria, personalistica e una pericolosa volontà di potenza,  e tutto questo in una sostanziale adiacenza alle solite connivenze, agli tessi intrecci di interessi personali e di politica, esattamente come avveniva prima, niente è cambiato! In sostanza il cosiddetto nuovo che avanza ha dimostrato di essere non il nuovo più nuovo del nuovo ma il vecchio più vecchio del vecchio, è cambiata solo la facciata, solo la maschera.
Vedi a tale proposito l’articolo “Se questo è il nuovo che avanza”, e "Se questo è il nuovo che avanza 2", in questo stesso Diario Elettronico.
Se vogliame veramente cambiare il Paese (non astrattamente ma in meglio) dobbiamo partire da dei presupposti indispensabili, da condizioni sine qua non. Il presupposto secondo noi indispensabile da cui dobbiamo infatti partire è che un popolo di circa 60 milioni di abitanti (quello italiano) ha diritto ad una sua rappresentanza. Ma senza elezioni, questa rappresentanza non potrà sussistere. E poi, senza questa rappresentanza, gli esponenti politici saranno sempre proclivi ad accettare le pressioni esterne, spesso interessate. Infatti se essi non rappresentano il popolo elettore finiranno col rappresentare organismi internazionali, sovranazionali, o entità finanziarie esterne al Paese. Chi dovrebbero governare nel primario interesse delle ragioni di stato e nell’interesse del popolo elettore finisce così per rappresentare altre forze peraltro antagoniste al Paese. Ne scaturisce un conflitto di interessi mostruoso.
Serve dunque rappresentatività, serve come l'acqua, serve come il pane, serve che il popolo sia rappresentato, e che lo sia degnamente, come si merita.
Ma il fondamento indispensabile a che ciò avvenga, cioè il fondamento indispensabile perché la politica in generale, rappresenti il popolo elettore è che ci siano le elezioni e che il voto sia libero e segreto, eguale e diretto, senza liste bloccate ma con voto di preferenza. Che un Primo Ministro sia eletto è un requisito necessario affinché la rappresentatività del popolo sussista, altrimenti andremo incontro a Primi Ministri che per esempio in visita negli USA, rivolti ad un platea di studenti universitari americani dice che non li deluderà. Che significa tutto ciò?!?!
A scanso di equivoci, ci teniamo a precisare che intendiamo con eletto non una elezione diretta del Primo Ministro, ma che il Primo Ministro sia scelto tra i parlamentari che sono passati da elezioni, secondo le consuetudini parlamentari italiane e secondo la Costituzione.


Ciò detto, gettando uno sguardo in generale sul quadro politico Macro e Micro, dobbiamo registrare quindi una tendenza interessatamente internazionalista cui si affianca una tenenza acriticamente internazionalista trascinata dalla prima, cui, per fortuna, si contrappongono una tendenza critica nei confronti dell’internazionalismo, a cui si affianca una tendenza nazionalista ma di quel nazionalismo di difesa, di cui si accennava sopra.
Ora, facendo una sintesi di quanto scritto sopra, guadando a ciò con un sol colpo d'occhio, dobbiamo contemporaneamente chiederci: verso quale direzione va la Riforma Costituzionale?
La Riforma Costituzionale va esattamente nella direzione di cedere sovranità, cioè verso quella direzione che è già stata per esempio rifiutata in sede di G20, e in altre sedi, dal Governo Berlusconi, ma non dal Governo Monti né dai suoi successori tra i quali deve essere annoverato l'attuale esecutivo.
Essa infatti indebolirebbe le istituzioni nazionali, in favore di una maggiore capacità di penetrazione da parte di organismi internazionali e sovranazionali, nei confronti cioè di quegli organismi così distanti (e consapevolmente distanti, in barba all’art. A del trattato di Maastricht) dai cittadini comuni. Queste cessioni di sovranità sono l’elemento preponderante che crea il maggior numero di disaffezioni nell’Ue. In questo riscontriamo un fattore comune con ciò verso cui è aumentata la disaffezione britannica rispetto all’Ue, che ha portato al BREXIT, che ha fatto dire a molti politici, più o meno gli stessi che non l’hanno saputo prevenire, che dobbiamo cambiare qualcosa nell’Ue.
In altri termini il gravissimo vulnus, la gravissima ferita, la gravissima contrazione di rappresentatività e di Democrazia che la Riforma costituisce, andrebbe per forza di cose a togliere capacità decisionale al popolo italiano in favore di tutto ciò che non è nazionale e che viene dall’esterno, e che quindi, non essendo nazionale, non ha alcun interesse specifico ad aiutare realmente il nostro Paese, quanto piuttosto a depotenziarlo. E questo non farà che aumentare la disaffezione del popolo italiano nei confronti dell’Ue. Non solo ma ciò mette in evidenza come certe dichiarazioni in favore di un cambiamento nell’Ue, non siano se non dichiarazioni di facciata non suffragate dai fatti. E’ nell’interesse dell’Unione europea che questa riforma non avvenga!
  
Il Senato si trasformerebbe infatti in una sorta di Ispettorato della Troika, altro che aumento del contatto con le realtà locali, come ci vorrebbero far credere!
Ecco perché è importantissimo, per non dire necessario, dire NO alla Riforma Costituzionale!!!
NO alla trasformazione del Senato in un Ispettorato della Troika!!!

Col prossimo articolo si esamina il contesto della Riforma Costituzionale

Come annunciato, in merito alla posizione sinceramente convinta, estrememente meditata, orientata al NO del presente Diario Elettronico e del suo gestore, per quanto riguarda il REFEREDUM Costituzionale, andremo a considerere col prossimo articolo il contesto in cui essa si innesta, senza la pretesa di essere esaustivi, visto e considerato che descrivere il contesto internazionale e nazionale nella sua reale estensione, sarebbe un compito estremamente complesso e difficile.


mercoledì 13 luglio 2016

Questo Diario si schiera col NO alla Riforma Costituzionale

E' precisa intenzione di questo Diario Elettronico e del suo gestore, di prendere una posizione decisa ed inequivocabile rispetto alla Riforma Costituzionale proposta in sede di REFERENDUM.
La posizione che questo Diario esprime è senza dubbi ed esitazioni, decisamente a favore del NO.
NO alla Riforma Costituzionale!

Nel corso dei prossimi articoli verranno esposte tutte le tesi a favore del NO e tutte le confutazioni alle tesi a favore de SI. Non solo si cercherà di confutare tali tesi esaminandole dettagliatamente una ad una, ma si cercherà altresì di far comprendere come esse siano piuttosto pretestuose e tendenziose, come tendano cioè, dietro la tesi di facciata, ad avallare impostazioni, idee, politiche (anche economiche), che sono esattamente quelle che stanno alla scaturigine della disaffezione che ha fatto propendere la Gran Bretagna per l’uscita dall’Unione europea.
Dopo il voto sull’uscita della Gran Bretagna molti si sono affrettati a dire che bisogna cambiare qualcosa in questa Ue, ma praticamente tutte le impostazioni sono rimaste le stesse e la Riforma della Costituzione esprime quelle tendenze che costituiscono esattamente l’errore di questa Ue, tant’è che la Riforma stessa sembra dettata proprio da questa Ue direttamente al Governa italiano, che ha trascritto pari pari.
Procederemo fornendo il quadro generale della situazione, per passare ad esaminare l’errore di metodologia e di impostazione, di legittimazione che sta dietro questa Riforma, per poi passare a confutare il contenuto della Riforma stessa nel merito, mostrando appunto l'inconsistenza delle tesi de SI e dimostrando la pertinenza e la giustezza delle tesi de NO.


lunedì 11 luglio 2016

Ancora qualche considerazione su CETA e TTIP

In un periodo di crisi come quello che abbiamo attraversato di recente e che stiamo attualmente ancora attraversando, uno sguardo sul territorio del Mugello evidenzia come il comparto agricoltura abbia avuto le minori ripercussioni, ovvero, abbia tenuto abbastanza bene a differenza di altri comparti.
Grande contributo a tutto ciò lo ha offerto la grande qualità dei prodotti agricoli locali, produzione basata sul modello per altro che incentiva la filiera corta che ha tra i sui pregi la stessa valorizzazione dei prodotti locali, un minore ricarico sui prezzi e, non ultimo, la salvaguardia ambientale.
Tutto questo nonostante scelte e accordi che in taluni casi anno favorito la deregolamentazione del mercato a favore di produzioni provenienti da altri continenti.
Ma se un trattato come il TTIP o il CETA hanno partita vinta, di tutto questo che cosa rimarrà? E' una domanda che merita quantomeno un tentativo di risposta ma per rispondere proviamo a ritracciare le fila della genesi del TTIP.
E’ stato nel giugno del 2013 che il presidente degli Stati Uniti, Obama, e il presidente della Commissione europea Barroso (per altro anunciato prossimo presidente onorario della colosso americano Goldman Sachs), hanno lanciato ufficialmente le trattative per una intesa transatlantica sul commercio e gli investimenti (TTIP).
Questi trattati sono attualmente in corso in un clima di opacità e scarsissima divulgazione e partecipazione, nonché altrettanto scarsa condivisione con i cittadini europei che sarebbero destinati a subirne le conseguenze visto e considerato che questi trattati sembrano favorevoli soltanto ad una parte soltanto dell’Atlantico, quella, guarda caso, degli Stati Uniti e del Canada o, per meglio dire, di alcuni settori degli Stati Uniti e del Canada.
Del resto che Barroso sia annunciato come prossimo presidente onorario della Goldman Sachs, rivela abbastanza chiaramente, per chi vuol vedere e non gira gli occhi dall’altra parte, che questi trattati nella fase primigenia, sono cominciati, con due interlocutori che evidentemente stavano entrambi dalla stessa parte dell’Atlantico.
Se infatti per gli Stati Uniti apre ufficialmente il Trattato Obama e per l’Ue, un presidente onorario (in gestazione) della Goldman Sachs, chi tratta realmente per l’Europa? Nessuno, chiaramente...
Come potrebbero quindi questi trattati essere favorevoli all’Ue? Non c’è modo alcuno che lo possano essere!
Ma queste situazioni di conflitto d’interesse sembra che stiano divenendo la regola per questa Ue.
Ci credo che la Gran Bretagna se ne e sia voluta andare! Come biasimarla?!
Ma tornando al TTIP, visto che avevo annunciato negli articoli precedenti riguardanti tale trattato che avrei offerto occasione di far leggere opinioni non mie, ma di terze parti, di esperti economisti, ecco che in ottemperanza a questo annuncio coerentemente espongo l’opinione dello statunitense premio nobel per l’economia Jozeph Stiglitz a propostio di TTIP:
<< L’accordo di libero scambio tra Ue e Stati uniti è iniquo. L’Europa non dovrebbe firmarlo>>, << si tratta di un accordo la cui intenzione sarebbe di eliminare gli ostacoli al libero commercio. Tuttavia gli ostacoli al libero scambio sono (in questo caso, ndr) le regole per la tutela dell’ambiente, della salute, dei consumatori, dei lavoratori>>. Stiglitz ha inoltre affermato che << I costi in termini di salute, ambiente e sicurezza dei cittadini sarebbero enormi>>. Questi costi a suo parere non sarebbero neppure valutabili, poiché è in atto (e questo è ormai evidente a tutti) un tentativo di <<sottrarre il trattato al processo democratico, invece di avere un dibattito su questi temi>>. Secondo il noto premio nobel, il trattato <<mina le tutele che europei e statunitensi hanno creato in decenni e accresce le disuguaglianze sociali, dando profitti a poche compagnie multinazionali a spese dei cittadini>>.

Il tentativo, presumibilmente concepito fin dall’inizio, di sottrarre il trattato al giudizio dei cittadini può e deve essere fermato facendo appello ad un’arma che è ritenuta la più democratica che possa esservi: il REFERENDUM!
Invece stavamo registrando nei giorni scorsi, non solo il rigetto di sottoporre un trattato del tutto simile nei contenuti al TTIP, cioè il trattato CETA (con il Canada), al REFERENDUM, ma addirittura di sottrarlo al giudizio dei Parlamenti Nazionali con una decisione arbitraria che avrebbe costituito un precedente pericolosissimo per la tenuta della Democrazia e della stessa Ue (meno male che se ne sono accorti!) nonché per  l’immagine dell’Ue che vuole apparire nonostante tutto democratica, pur non essendolo, con il rischio concreto di una deriva autoritaria che, pur essendo già presente in una forma non visibile ai più, si sarebbe manifestata in tutta la sua evidenza.
Così siamo lieti di apprendere che la Commissione ha optato per considerare il trattato CETA un trattato misto, considerazione dai risvolti politici non indifferenti e che, una volta tanto è quantomeno in sintonia col sentore popolare, che non è populismo, parola abusatissima un po' da tutti e spesso a sproposito.
Questa decisione è importante dicevamo perché elimina proprio il rischio che il trattato scavalchi i Parlamenti Nazionali, i quali sono invece chiamati nuovamente in causa, legittimamente. Questo rappresenta la sconfitta politica della posizione di chi auspicava lo scavalcamento dei Parlamenti stessi, una sconfitta politica per questo Governo, dalla quale ancora una volta, però, non si traggono le dovute conseguenze, ma che conferma comunque la linea autoritaria attualmente in atto e che caratterizza questo stesso Governo, linea che si manifesta oltretutto palesemente anche con la Riforma Costituzionale.
Tuttavia, pur essendo lieti di questa decisione della Commissione, che ridà un po’ di speranza, riconfermiamo la nostra assoluta convinzione che trattati di questa portata, ben lungi dal non essere compresi dalla cittadinanza (sono compresi eccome!) possono e debbono essere passati al vaglio della stessa con quello strumento che è noto come REFERENDUM!
Ecco come si può salvaguardare la produzione locale di qualità, col REFERENDUM su tali trattati!

Con questo articolo concludiamo la serie incentrata su TTIP e CETA... Così potremo finalmente concentrare le nostre energie, i nostri sforzi e la nostra attenzione su quelli relativi al Referendum Costituzionale...

lunedì 4 luglio 2016

Nel giorno dell'Indipendenza americana, alcune riflessioni su CETA e TTIP

Prima di riaffrontare l'argomento TTIP direttamente proviamo a chiederci di nuovo: perché la Gran Bretagna se ne va dall’Ue? Perché una élite non eletta prende decisioni sulle spalle dei cittadini, senza minimamente interessarsi delle loro opinioni alle quali si antepone il pregiudizio secondo il quale i cittadini non hanno la capacità di comprendere le questioni in atto, essendo ritenute le stesse troppo complesse per gli stessi, ragion per cui deve occuparsene una élite di sedicenti esperti. La stessa cosa la si diceva dopo il BREXIT, visto l’esito: i cittadini non dovevano essere interpellati su tale questione, troppo complessa per essere compresa pienamente dagli stessi. Questa è la percezione della Democrazia che alberga nelle alte stanze di questa Ue e in una vasta parte del mondo dell'informazione (mondo che sarebbe deputato ad informare le masse, e non a criticarne le decisioni, aggiungo!)! E’ francamente pazzesco!
La sensazione è che la cosa coincida sintomaticamente, tale e quale, anche per quanto riguarda le questioni relative al TTIP. Secondo i sedicenti esperti, tali questioni (quelle inerenti il TTIP), troppo esperte, non dovrebbero essere discusse da chi non è sufficientemente acculturato, ma solo da chi può veramente capirle.
Piccola parentesi aperta per quelli che parlano tanto di barriere e che poi si scoprono da una parte di una barriera di cui non supponevano l'esistenza: questa non è forse una barriera?
E’ una domanda retorica evidentemente poiché la risposta, scontata, è che questa è esattamente una barriera, una barriera culturale. Solo che questa barriera non è fatta di mattoni e quindi non è visibile. Forse per questa sola ragione sarà anche meno barriera delle altre? No è una barriera come le altre ed anzi più pericolosa poiché non visibile. Ai retorici dell’abbattimento delle barriere offriamo con questo, spero, una occasione di riflessione. E con questo chiudo la parentesi.
Tornando ai trattati, quelli discussi tra esperti, sono attualmente il CETA e il TTIP. Il primo è il Trattato di libero scambio tra Unione europea e Canada (meno famoso ma non meno pericoloso), il secondo è il già citato Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti con gli Stati uniti.
Siamo sempre persuasi che simili trattati debbano essere sottoposti a REFERENDUM.
E mentre siamo a chiedere questo, pare che altrove qualcuno si stia muovendo per farli approvare senza addirittura il voto dei Parlamentari Nazionali. A questo porta il sapere esperto evidentemente e il pregiudizio culturale (scusate l’ironia): io so e quindi decido, tu non sai e quindi stai alle mie decisioni!
Ma la Democrazia non è questo!
Ribadiamo quindi con forza che occorre indire un REFERENDUM sia sul CETA sia sul TTIP.
Sono troppe le questioni in ballo perché si possa pretendere di mettere in disparte il cittadino comue e il suo diritto ad esprimersi in dissenso (e quindi nell'indipendenza) dai pereri dei sedicenti esperti. Una delle più rilevanti questioni è quella sul possibile livellamento dei parametri sulla sicurezza alimentare, tutt’altro che improbabile benché qualcuno sostenga il contrario e magari in buona fede.
Ma la buona fede non basta, perché purtroppo non cancella l’eventuale danno. E il cittadino che si vorrebbe non adeguatamente preparato per tali decisioni, saprebbe adottare il principio di prudenza all’occorrenza se ciò gli fosse concesso!
Dunque in probabile buona fede vi è chi, dalla parte del CETA e del TTIP, sostiene che la Commissione europea non è e non sarà mai autorizzata a cedere sui livelli di sicurezza alimentare.
Se tuttavia dovessimo esserne edotti, e rimanerne persuasi dagli esempi, dai cedimenti che sono in atto ad esempio, per i mangimi animali, certo, non si dovrebbe stare troppo tranquilli.
Infatti, pensate forse che quelle opinioni, quelle dei sostenitori di questi trattati, significhino che nell’UE, in generale non ci sono cedimenti sui livelli sanitari del mangiare, neanche nei mangimi per animali?
Purtroppo ci sono! Magari più che di cedimenti dovremmo parlare di ignavia o accidia, fortissima distrazione, addormentamento, o chissà come.,,ma ci sono!
Non ci credete? 
Per chi non ci crede facciamo notare che un minimo di documentazione e di informazione è sufficiente per ricredersi. Apprendiamo infatti da una eccellente puntata di REPORT, che i sedicenti esperti si lasciano sovente addomesticare e molto facilmente chiudono più di un occhio sulla questione dei mangimi animali.
Si scopre quindi che nelle crocchette si possono trovare molte sostanze pericolose, dalla bentonite (argilla con cui si fa la lettiera dei gatti, che ha una funzione assorbente), alle micro tossine, muffe che attaccano i cereali, ai conservanti di sintesi, ecc…
Intatnto precisiomao che non tutti i mangimi contengono sostanze pericolose, soltanto alcuni.
Nella trasmissione si dice che nei prodotti analizzati dalla dott.ssa Annie Leszkowicz sono stati trovati livelli preoccupanti di micro tossine fino a 128,23 ng/Kg, cioè a dosi relativamente alte. Ma anche a dosi basse, comunque, un prodotto mangiato quotidianamente espone al rischio di tumori. Ciò nonostante molte ditte fanno una grande pubblicità sul fatto che l’animale non deve variare la dieta. Serviva addomesticare la politica europea, che ha obbedito subito. E' giusto o non è giusto quindi chiedersi se un simile addomesticamento non avverrà un giorno anche per i cibi umani?
A proposito di alimentazione animale è stata rivolta una domanda dalla giornalista Giannini, che ha curato il bellissimo servizio giornalistico, al portavoce della Commissione europea Enrico Brivio. La domanda chiedeva se i produttori di cibi per cani e gatti possono non elencare in etichetta la presenza di conservanti o additivi. La risposta un po’ sibillina, ma non troppo, è stata che l’Ue prescrive che ci sia comunque un numero di telefono, un numero verde, che il consumatore può chiamare se vuole informazioni in più rispetto a quelle fornite dall’etichetta. Quello che si comprende è che quindi si possono non elencare quei componenti ma bisogna mettere un numero verde a disposizione del cliente che può telefonare per avere ulteriori informazioni, informazioni rispetto alle quali, se non altro, le aziende non possono (o non dovrebbero) sottrarsi.  Non dovrebbero, diciamo, poiché nella realtà dei fatti, può capitare che si risponda schiettamente ma può capitare anche che si cerchi di eluderle: alcuni tergiversano, altri rispondono che quei dati omessi si riferiscono ad acidi grassi, al BHA per esempio, che è un acido antiossidante che favorirebbe, secondo questi pareri, addirittura il nutrimento cerebrale, e che sarebbe addirittura contenuto nel latte materno, ecc.
Il BHA è il butilidrossianisolo o idrossianisolo butilato (BHA, E320), è un conservante sintetico. Non è vero che è contenuto nel latte materno, mentre è verissimoo che l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro lo ha catalogato nel gruppo delle sostanze che potrebbero essere cancerogene per l’uomo. Questi conservanti servono all’industria alimentare degli animali per evitare che gli oli contenuti nel mangime irrancidiscano. Sarebbe questo il motivo per cui la Commissione europea di fatto, anche per l'annosa assenza di sanzioni, li ha autorizzati ed ha autorizzato pure il non elencamento nell’etichetta.
Abbiamo perso un setter inglese tricolore per causa di un tumore. Per un leggero sovrappeso gli fu cambiata la dieta che passò da casalinga a confezionata, quella delle crocchette. Difficile stabilire con scentificità il nesso di causa ed effetto, ma il principio di prudenza avrebbe consigliato un ritorno alla dieta precedente. Il setter cominciò a sviluppare poco dopo il cambio di dieta un tuomore, per cui nacque un odissea infinita, ma senza approdi ad Itaca purtroppo. Non ne ero il padrone, non potevo gestire la situazione personalmente e benché avessi dato il suggerimento di ritornare alla dieta casalinga non fui ascoltato. Le persone tendono sulla base della fiducia a dare ragione al parere esperto. Mi si ripeteva che gli esperti avevano consigliato quello e che quello doveva essere. Purtroppo il principio di autorità quando è mal gestito e mal riposto impedisce per fino alla razionalità di prendere il sopravvento. Era inutile che facessi notare che il setter rifiutava quel cibo, che quel rifiuto qualcosa doveva pur significare. Alla fine il settere non ce l'ha fatta.
Ma torniamo alle concessioni fatte ai mangimi animali.
Vorrei fare notare che è la stessa Commissione che sta trattando il CETA e il TTIP.
Torniamo quindi all’affermazione di sopra, affermazione di alcuni sostenitori dei trattati in questione, quella secondo la quale la Commissione non è e non sarà mai autorizzata a cedere sui livelli di sicurezza alimentari.
Visto che per quanto riguarda certi altri mangimi pare che abbia ceduto, perché mai dovremmo credere che non cederebbe anche di fronte ad altre situazioni? E’ meglio imparare dell’esperienza che rischiare alla cieca, per inesperienza!
Ora, visto che siamo nel duegentoquarantesimo anniversario dell'Indipendanza americana, volevo concludere con una riflessione successiva a una domanda. Quello dell'indipendenza è un principio universale che vale per tutte le nazioni e per tutti gli uomini? Riteniamo di sì, e riteniamo che anche gli Stati uniti credano ciò!
Così volevamo fare notare che non può esserci vera indipendanza se le decisioni importanti della vita sono prese nella totale dipendenza, nella dipendanza da terzi; non può esserci vera indipendenza se esse cioè dipendono soltanto da un ristretto gruppo di persone, qualificate o non qualificate che possano essere.
Indipendenza e dipendenza viaggiano chiaramente si direttrici opposte.
E' il principio stesso di indipendenza che ci richiama alla responsabilità e all'opportunità che ci si possa esprimere con giudizio indipendente appunto, poiché ognuno, indipendentemente, seguendo o non segundo i consigli e i dibattiti in corso, possa liberamente prendere una decisione per se stesso su tali questioni, senza che altri decidano per lui.
Per quanto in buona fede quindi, ai sostenitori del CETA e del TTIP suggeriamo di aprirsi al principio dell'indipendenza, di considerare l'aspetto democratico della vita, in sostanza di aprire gli occhi di fronte alle critiche ed ai suggerimenti pacifici e democratici, a prendere in considerazione le ragioni contrarie e, se non a condividerle, quanto meno a farle esprimere democraticamente acnhe con un REFERENDUM.
Non dovremmo importare carni con estrogeni, antibiotici, aflatossine, somatropina, o carni trattate con sbiancanti come l’acqua ossigenata, ecc. che, a basso costo, metterebbero a rischio le nostre produzioni di qualità.
Mentre, a proposito di questi trattati, dovremmo prendere appunto in grande considerazione, giova ribadirlo, l’indizione di un REFERENDUM! E’ una richiesta dei cittadini dell’Ue, e del principio di indipendenza!!


venerdì 1 luglio 2016

Diverso europeismo, critiche ed autocritiche

Personalmente sono, e mi sono sempre dichiarato un diverso europeista. Continuo ad esserlo, a dichiararmi tale, con la sensazione però che coloro che, come me, sono e si dichiarano tali, cioè diverso-europeisti (persone che pensano che l’Ue possa avere un senso a condizione che cambi) si trovano a fronteggiare un interlocutore estremamente ostico e monolitico, rappresentato dalle istituzioni europee stesse, ovviamente. Dopo il REFERENDUM britannico, penso anche che molti di coloro che si dichiaravano diverso-europeisti temendo che questo diverso-europeismo vada ad avallare o porti necessariamente ad ipotesi di uscita dall’Ue, piuttosto che a ipotesi di cambiamento, abbiano fatto una piccola marcia indietro, un poco spaventati. Direi che non è il caso di spaventarsi, ma forse è così che si giustificano opinioni abbastanza sorprendenti, uscite da esponenti di movimenti politici che sapevamo critici nei confronti di questa Europa (e quindi orientati al diverso-europeismo), opinioni secondo le quali il vero problema dell’Ue sarebbero gli stati nazionali mentre a ragion veduta (i fatti non mentono), l’uscita della Gran Bretagna, dimostra invece che il pericolo è rappresentato dal temuto forte accentramento dei poteri (è questo che si teme) che non tiene abbastanza in considerazione le ragioni degli stati nazionali. Per cosa sarebbe uscita altrimenti la Gran Bretagna?
Non erano questi gli esiti cui si sperava di poter giungere attraverso una valutazione critica (e autocritica) dei fatti recenti, cioè di questa uscita: bollare come un problema gli stati nazionali!  
Questo significa arroccarsi proprio sulle posizioni che hanno causato la BREXIT.
Gli stati nazionali sono i genitori dell’Ue, l’Ue ne è la figlia, giovane, inesperiente, un po’ maleducata (pensiamo ai fischi in Parlamento) e per certi versi, ribelle! I figli, tutte le tradizioni lo insegnano, devono ascoltare i propri genitori! Il figlio che non ascolta il genitore, generalmente, nella maggior parte dei casi, subisce una punizione educativa, a fin di bene.
E' un po' questo che è accaduto con la BREXIT.
Un’Ue diversa (e migliore) è possibile, a condizione che si ascoltino e si valutino con la dovuta attenzione le critiche che le vengono rivolte. Arroccarsi sulle posizioni precedenti purtroppo non serve, anzi, alla lunga favorirà altre uscite.
In ogni caso dopo il REFERENDUM, passati i primi scossoni, la borsa britannica sembra reagire piuttosto bene, registrando prestazioni per certi versi eccezionali: pare sia al meglio da 11 mesi! Forse chi sperava in una vittoria del ‘restare’ paventava pure che, in caso di uscita, si potessero evidenziare queste prestazioni tutt’altro che negative. E’ chiaramente un argomento in meno da poter usare in caso di ulteriori richieste di uscita. Dobbiamo semplicemente aspettare per capire bene gli effetti. C’è molto su cui riflettere…
Dopo questo articolo devo ritornare ad affrontare un argomento cominciato qualche articolo fa e poi temporaneamente abbandonato, per varie ragioni, non ultime l’interesse causato dagli eventi di provato rilievo che si sono verificati recentemente, come quello di cui abbiamo accennato. Col prossimo articolo quindi riparleremo di TTIP e del perché non è conveniente all’Europa.