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giovedì 29 novembre 2012

Est modus in rebus

Est modus in rebus, ecc. ecc.
Questa massima di Orazio è piuttosto funzionale, presa nella sua interezza, a descrivere le difficoltà che possono derivare dall'erosione dei confini nazionali, cosa di cui ci occuperemo prossimamente.
Ci tengo a precisare che qui non stiamo facendo l'apologia  dei nazionalismi, qui stiamo facendo delle semplici considerazioni circa il fatto che taluni studiosi affermino che da questa erosione nascano per il futuro i più conreti rischi di conflitti armati.
Si tratta quindi di pace, non di nazionalismo, di prevenzione e non di passatismo.

Riosservo

Riosservo, riascolto...

martedì 27 novembre 2012

Per chiarezza

Se può essere utile a dirimere qualche dubbio, cosa che spero non necessaria, molto serenamente confermo la mia linea critica nei confronti di pareggio di bilancio in Costituzione ( e quindi imposto come obbligo giuridico anzichè come obiettivo politico), Fiscal Compact e trattato ESM, e in generale su tutta una linea di impostazione dell'attuale gruppo dirigente, al quale non ho risparmiato le mie aperte e, spero, costruttive critiche. Confermo altresì la mia solidarietà a quanti si sono posti già prima di me e a quanti si pongano tuttora in una posizione altrettanto critica.
Raccolgo gli spunti di riflessione proposti senza una posizione pregiudiziale di partenza ma partendo da una posizione di ascolto e meditandoli, ed anzi ringrazio per ogni spunto offerto alla meditazione personale e collettiva.
Vorrei suggerire di non arrivare a troppo rapide conclusioni rispetto a quelle che potrebbero essere, e magari mi sbaglio, talune aspettative.  La realtà è molto complessa, le persone lo sono altrettanto, non è facile giudicare, abbiamo difetti e limiti, ma anche pregi e possibilità, e tuttavia fare passi avanti talvolta può essere difficoltoso. Rimanere dove si è arrivati nel proprio percorso, attestarsi sulle proprie posizioni, forse un po' meno, sempre meglio di andare a ritroso. Il mio suggerimento è di procedere serenamente nel proprio percorso, con fiducia.

giovedì 22 novembre 2012

Spiegare la bontà della Democrazia

Con lo stesso spirito espresso nel post "Ancora due parole sull'ESM" mi accingo a spendere questa volta due parole anche su un altro argomento di fondamentale importanza ai giorni nostri, un argomento che riguarda aspetti tra i più importanti e dibattuti e  maggiormente presenti nella vita di ogni singola persona di qualsiasi sesso ed età o classe sociale o nazionalità: la Democrazia.
Gli effetti della sua applicazione o della sua non applicazione, si riverberano necessariamente ed automaticamente nella vita di tutte le persone.
L'argomento si presenta molto sostanzioso, e spaventerebbe chiunque, così come spaventerebbe la mole di parole che si potrebbero spendere su di esso, troppe per un semplice post.
Ci tengo quindi a precisare che questo post ovviamente non pretende in alcun modo di trattare l'argomento in modo esaustivo, sarebbe un obiettivo esagerato, decisamente superiore alle mie forze. Quello che questo post si prefigge di fare piuttosto, è di fornire alcuni spunti di riflessione, e solo quelli, su aspetti inerenti la Democrazia che potrebbero essere particolarmente significativi e che io ho ritenuto nel mio recente passato e ritengo tuttora personalmente interessanti. Per questo, del tutto istintivamente, ritengo che possano essere di una qualche utilità o rivelarsi interessanti anche per gli altri e soprattutto penso che lo possano essere esattamente in questa particolare fase storica molto ma molto delicata, nella quale certi valori sembrano essersi affievoliti o quasi scomparsi del tutto, come fossero in via di estinzione, lasciando spesso esterrefatti coloro che gettando uno sguardo sulla società contemporanea penserebbero ancora di poterli trovare così facilmente.
Per questo credo sia importante oggi più che mai riportare la nostra attenzione sui valori fondamentali nei quali crediamo o diciamo di credere, uno dei quali è la Democrazia appunto, allo scopo di saggiarne la consistenza in rapporto a noi stessi e alla società, e appurare così se essi siano ancora capaci di smuovere le nostre coscienze, di persuaderci della loro bontà, di avere ancora un qualche ruolo nelle nostre vite di cittadini presi sia singolarmente sia come collettività, cosa che auspichiamo vivamente.
E'importante infatti che si sia effettivamente persuasi per se stessi della bontà di un valore per poter pensare di persuadere gli altri ed estenderne così in qualche modo la portata e la comprensione se possibile.
Quindi a volte mi chiedo: cosa potrei mai dire ad un eventuale interlocutore per convincerlo dell'importanza della Democrazia?
Quello che segue può essere abbastanza rappresentativo della risposta che potrei dare.

In base alle nozioni che io possiedo, e che potrebbero essere ampliate naturalmente, se per caso dovessi spiegare a qualcuno in che cosa consista la bontà della Democrazia, in che cosa consistano i suoi vantaggi e le ragioni per le quali la sua applicazione pratica nel mondo reale sarebbe quantomai auspicabile e opportuna, nonchè preferibile a qualsiasi altra forma di governo, certamente non potrei che parlare dell'antica Grecia e di quella che è generalmente ritenuta la prima forma democratica pienamente applicata, cioè la Democrazia diretta di Clistene.
Ma lo farei non tanto soffermandomi sugli aspetti tecnici di questa specifica forma di Democrazia, quanto piuttosto, in termini generali, mettendone in luce altri aspetti tra i quali gli esiti positivi che da questa sono scaturiti per la Grecia di allora, poichè, per esempio, non c'è alcun dubbio che è stato grazie alla Democrazia che la Grecia ha potuto salvarsi dall'invasione persiana.
La cosa potrebbe non essere subito così percepibile o così immediata, così automatica, eppure ritengo che, per poco che ci si sforzi di comprendere queste ragioni, esse non tarderebbero ad apparire progressivamente sempre più lampanti e persuasive, perfino senza entrare troppo nei dettagli.

Da quella giovane democrazia greca del V secolo a.C. infatti sono scaturite tutta una serie di conseguenze in virtù delle quali poterono mettersi in atto le misure e gli uomini giusti e necessari per affrontare il grave pericolo che quella invasione avrebbe rappresentato per la sopravvivenza della civiltà greca nella sua interezza.
Dalla storia si possono imparare molte cose perchè la storia, come sappiamo, insegna e spetta all'uomo secondo le proprie possibilità, cercare di trarne il maggior numero di benefici o comunque degli insegnamenti utili. Tuttavia ci sono dei passaggi storici particolarmente salienti e quello che stiamo trattando è forse uno di quelli.
Ciò che questa storia in particolare ci insegna è che la fiducia ben riposta nella Democrazia, non può portare che buoni frutti ai suoi estimatori ma anche a coloro che suoi estimatori magari non sono. La Democrazia insomma porta buoni frutti indistintamente a chiunque, cosa che è difficile poter dire per altre forme di governo.
Ma vediamo meglio quali sono le ragioni per le quali la vittoria greca sui persiani fu determinata dalla Democrazia, cosa che, come abbiamo detto, potrebbe non essere così evidente in un primo momento.

Innanzi tutto potrebbe risultare utile capire la portata di questa vittoria greca sui persiani, o per meglio dire di queste vittorie perchè le vittorie furono due a distanza di dieci anni l'una dall'altra. Mentre la prima tuttavia con ogni probabilità sarebbe arrivata ugualmente anche in assenza della giovane Democrazia ateniese la seconda, di gran lunga più importante, certamente no.
Ma cerchiamo dunque di capire la portata di queste vittorie. Per farlo dobbiamo cercare di renderci conto della disparità delle forze in campo. L'impero persiano era un impero immenso, sconfinato.
Il re Dario lo aveva portato ad una tale estensione che per dare una idea rispetto agli odierni territori esso comprendeva Egitto, Palestina, Libano, Siria, Giordania, Iraq, Iran, Turchia, Armenia, Pakistan, parti dell'Afghanistan e del nord dell'India, nessun altro impero era stato così vasto e così ricco,  i persiani rappresentavano la potenza in assoluto più grande al mondo.
La Grecia, dal canto suo, era invece piccola, divisa e frammentata in tante piccole città stato spesso in lite fra loro. Questo da solo dovrebbe rendere abbastanza bene l'idea di questa disparità.
Qualsiasi pronostico sarebbe stato sfavorevole alla Grecia.
Durante la prima guerra persiana nel 490 a.C., il contingente persiano ebbe dimensioni doppie rispetto a quello greco e tuttavia lo possiamo definire relativamente modesto rispetto a quella che era la reale possibilità bellica persiana.
Nonostante questa superiorità numerica la guerra si concluse con la vittoria dei greci guidati da Milziade nella piana di Maratona. L'elezione di Milziade a stratega (generale) di questa impresa viene favorita dalla saggia decisione di Temistocle e dei democratici di ritirarsi in favore del primo, valente uomo di guerra.
Temistocle parteciperà comunque alla battaglia.
Anche questa rappresentò comunque una dura prova per i greci e per la nuovissima democrazia ateniese, contro un esercito assai più nutrito. Si trattò di una vittoria memorabile anche in virtù dell'inferiorità numerica dei greci.
Ma se i greci lottarono in inferiorità numerica nella prima guerra persiana, che dire allora della seconda, dieci anni più tardi, dove questa inferiorità numerica si manifestò in modo assai più marcato?
La vittoria greca, in questa seconda guerra persiana,  dove gli stessi persiani impiegarono oltre 250000 uomini, fu dovuta alle intuizioni e alla lucidità razionale di Temistocle. Ed è qui che entra in gioco, prestiamo bene attenzione, l'importanza della Democrazia.
Infatti potremmo definire Temistocle una creazione della democrazia di Clistene.
Consideriamo per esempio che egli non apparteneva all'aristocrazia terriera, cosa che gli avrebbe precluso l'accesso al potere. Senza la democrazia di Clistene egli non avrebbe potuto affermare la propria personalità e non sarebbe mai emerso. Niente Democrazia = niente Temistocle, e niente Temistocle = niente vittoria.
Questo impedimento sarebbe potuto arrivare da parte dell'aristocrazia terriera stessa, benchè in modo indiretto. Sarebbe dico, poichè dobbiamo riconoscere alla stessa aristocrazia in realtà il merito, nella fattispecie, di aver letto i propri tempi  in modo esemplare e di aver dato fiducia all'uomo giusto del momento: Clistene.
Ma facciamo quindi una ipotesi controfattuale: che cosa sarebbe successo alla Grecia se l'aristocrazia terriera si fosse opposta alla nascita della democrazia e avesse optato ancora una volta per la detenzione personale del potere?
Se questa aristocrazia terriera, tradizionalmente sempre al potere (Milziade ne era un rappresentante) non fosse stata così lungimirante da concedere a Clistene di pensare ad una nuova forma di governo e non avesse posto in lui la propria fiducia tutto sarebbe andato perduto, se non nella prima, quantomeno nella seconda guerra persiana.
Se l'aristocrazia avesse osteggiato la nascita della democrazia forse si sarebbe temporaneamente rafforzata per se stessa ma solo temporaneamente appunto e solo per soccombere successivamente, poco più avanti di fronte all'Impero persiano insieme a tutti gli altri cittadini di Atene e di tutta la Grecia.
Questo rafforzamento in altri termini non sarebbe stato che una pia illusione capace forse di determinare un temporaneo appagamento ma che in realtà avrebbe celato un pericolo immenso poichè avrebbe costituito esattamente la premessa della successiva sconfitta.
E' qui che dovremmo fermarci un po' di più a riflettere sull'importanza che ha avuto la Democrazia di Clistene per la Grecia! Per la Grecia soltanto? Certamente no, gli esiti di questo epico conflitto rappresentato dalla seconda guerra persiana avrebbero segnato il corso di tutto l'Occidente per i secoli a venire.

Riflettiamo molto attentamente, dunque, su questo poichè ci sono delle sfide che ci aspettano nel futuro che non potranno essere né affrontate né vinte senza una forte e seria Democrazia e senza quelle opportunità che essa sola sa dare, opportunità come per esempio quella di far emergere le idee migliori e le persone giuste e meritevoli, nonchè  di consentire a ciascuno di esprimere il meglio di sé e di sviluppare le proprie  peculiarità, caratteristiche e prerogative.
Perchè il futuro sia ricco di speranza ci sono almeno due cose quindi che devremmo tener presente al massimo grado:
a) non disfarsi delle proprie conquiste, soprattutto di quelle più grandi e importanti, come per esempio appunto la Democrazia;
b) non ripetere gli errori del passato, soprattutto i più gravi, totalitarismi, dittature, anomale distribuzioni del potere, e tutto ciò che da esse deriva: ricatto, schiacciamento della personalità, assenza dello stato di diritto, dilagare delle ingiustizie e dell'arbitrio ecc.

Se osserviamo il presente invece notiamo  purtroppo che si affacciano all'orizzonte pericoli di primissimo livello, pericoli rappresentati per esempio dal fatidico trattato denominato ESM e dalla casta che vorrebbe istituire.
Questo trattato, la casta  e il meccanismo che vorrebbe istituire sono un esempio di qualcosa che marcia esattamete nella direzione inversa a quella di un naturale sviluppo democratico.
Questo è segnalato da un numero crescente di intellettuali, ed anche da una sentenza della Corte Costituzionale Tedesca, benchè personalmente non riesca ancora a capire molto bene come questa stessa sentenza sia stata recepita dai promotori dell'ESM.
L'istituzione di questo organismo ci costringerebbe a perdere le sfide del futuro poichè sostanzialmente rischierebbe di riportarci indietro nel tempo ad uno stato di oligarchia dove i membri dello stesso ESM godrebbero di privilegi che in passato sono stati riservati alla sola nobiltà feudale.
Ora, si chiedono spesso all'Unione europea prove di coesione, così mi dico: sarebbe questa la prova di coesione dell'Europa? Il ritorno al feudalesimo?

Non distruggiamo dunque questo immenso patrimonio che si chiama Democrazia.
Dimostriamo invece che ci sta a cuore imparando a riviverne il più sacro dei valori che è quello dell'ascolto della voce del popolo sovrano.

mercoledì 7 novembre 2012

Congratulations!

Gli Stati Uniti d'America scelgono la continuità e nell'Election Day rinnovano ad Obama il mandato per altri quattro anni.
In una sfida al cardiopalma alla fine la spunta il Democratico contro il Repubblicano Romney che si è rivelato veramente un degno avversario.
Quello che faceva temere maggiormente per i Democratici era forse il personale carisma del Repubblicano capace di mitigare perfino le varie controproducenti uscite dei giorni di campagna elettorale.
Ma alla fine il popolo degli States ha deciso ed ha dato ai Democratici la vittoria.
Personalmente condivido questa scelta del popolo statunitense e non ho mai fatto mistero della mia simpatia per Obama e per il suo concetto di Re-Distribuzione.

Congatulations! Re-Distribution, Re-Paideia, Re-Election!