Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







lunedì 31 dicembre 2018

Buon Anno Nuovo!!!

Sapere che da domani la fatturazione elettronica diviene obbligatoria, confesso, mi turba non poco.
Dubito che l'obbligatorietà possa portare dei benefici e rendere meno facile l'evasione. Ma se anche del tutto inverosimilmente essa dovesse rendere impossibile l'evasione, sarebbe una conquista? Io dico di no perché mi chiedo: che cosa accadrebbe in un regime di impossibilità ad evadere il fisco se il fisco stesso divenisse improvvisamente iniquo? Si renderebbe contestualmente obbligatoria l'accettazione dell'iniquità, che per molti vorrebbe dire non poter portare avanti la propria azienda. Ecco una delle tante ragioni (solo una) che mi fa essere scettico verso ogni forma di obbligo. I nuovi regimi vivranno di percorsi obbligati, di automatismi, di coercizione, di invadenza e plasmeranno la digitalizzazione in questa direzione, riducendo i livelli di riservatezza e cercando di far convergere tutti i sistemi verso un unico interruttore. Gestito da chi? Auspichiamo che un numero crescente di politici e di cittadini pongano a se stessi queste domande. Auspichiamo anche che ci si adoperi fattivamente per far sì che i cittadini crescano culturalmente e vengano messi al corrente dei rischi insiti in un certo tipo di digitalizzazione, in modo che possano essere consapevoli.
L'emancipazione quindi rimane un traguardo importantissimo che fa rima con indipendenza e autonomia, cose che sembrerebbero stare a cuore a questo Governo. Per cui ci si dovrebbe apsettare che questa obbligatorietà venga tolta in qualche modo. Dire che il mondo va in questa direzione (quella della digitalizzazione) è solo un falso pretesto. Infatti se è varo che il mondo va in questa direzione perché obbligarlo ad andare in una direzione verso cui sta già andando spontaneamente?
Qualcosa non quadra. Questa obbligatorietà è frutto delle politiche del PD principalmente, ma era auspicabile che il nuovo Governo potesse porci rimedio. In questo frangente non l'ha fatto, speriamo che possa farlo in futuro. Ma vige sempre il vecchio detto: prevenire è meglio che curare!
In ogni caso qualche speranza c'è. Molto dell'elettorato che ha votato per i partiti dell'attuale maggioranza sente il problema dell'indipendenza, dell'autonomia e non deve fare altro che rendersi conto che queste istanze non sono compatibili con obblighi e meccanismi automatici (comprese le clausole di salvaguardia). La politica continui ad ascoltare il proprio elettorato, il "popolo sovrano", questa è una speranza e un buon auspicio che in un'ottica di convergenza di energie porterà alla vera emancipazione!
Nell'augurarmi quindi e nell'augurare che il prossimo anno sia un anno di autentica emancipazione per il nostro Paese, un anno di crescita culturale, politica e sociale, porgo i miei migliori auguri per un Buon Anno Nuovo!!!

sabato 15 dicembre 2018

Non c'è pace per la Costituzione?



Non c’è pace per la Costituzione?
Viene annunciata una riforma costituzionale con riduzione del numero dei parlamentari.
Personalmente sono abbastanza deluso da questo annuncio. Mi sono sempre dichiarato contrario alla riduzione del numero dei parlamentari che non è necessaria né urgente né risolutiva. Mi dichiaravo tale mentre avversavo la riforma Costituzionale voluta da Renzi, e con coerenza mi dichiaro tale anche rispetto a quella annunciata recentemente. La forza dell’Italia è nella sua Costituzione, ed è sembrato di percepire che finalmente questa idea fosse entrata con convinzione del cuore di molti cittadini e in modo forse maggiore di ogni sovranista consapevole finalmente che è su di essa che si fonda la sovranità di cui si dice che "appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti" della stessa. Decidere di cambiarla ad ogni legislatura instilla un venefico dubbio: che essa non sia compresa. Additarla di continuo come qualcosa da cambiare dà l’idea di una insofferenza nei confronti della stessa che sembra non conoscere pause. E l’insofferenza che si percepisce per la Costituzione così com’è, si affianca volenti o nolenti, a torto o a ragione con la stessa insofferenza che sembra provare chi vede nel lealismo verso di essa il principale ostacolo ai propri disegni globalisti di indebolimento degli Stati sovrani.
Peraltro appare abbastanza paradossale, per non dire contraddittorio, che chi si fa portavoce dell’idea di Democrazia diretta voglia tagliare un numero cospicuo di parlamentari senza spiegarci come questo vulnus verrebbe colmato. Dalla digitocrazia forse? Dovremmo sforzarci tutti di capire quale danno irreparabile, quale vulnus democratico sarebbe, quello di cambiare la Costituzione per la digitocrazia!
E qualcuno ci avverte che tra digitocrazia e tecnodittatura il passo è breve. La tecnodittatura si nutre di permeabilità informatica potenzialmente gestita da una élite di esperti, di automatismi visibili e invisibili, di meccanicità, di barriere culturali, di manipolazione di massa, di sistemi e percorsi obbligatori che minano la libertà di scelta, di riduzione di rappresentanza sostituita da flasi miti di progresso, di un approccio sempre meno proporzionato alla realtà dell'essere umano e della sua essenza e meno proporzionato alle sue esigenze spirituali (ma anche materiali), allontanando la possibilità di un nuovo umanesimo. Vale la pena riflettervi.
Così si avverte una certa contraddizione nel fatto che pur parlando di Democrazia diretta si vada, con il taglio dei parlamentari, verso qualcosa che somiglia molto di più ad una elitarizzazione della politica, cioè al suo esatto contrario. La Democrazia diretta dovrebbe essere una partecipazione allargata e diretta dei cittadini alla politica, senza intermediazioni, quasi che fossero tutti parlamentari. Ne deriva che ciò che più può assomigliare alla Democrazia diretta è un alto numero di rappresentanti, quelli che i padri costituenti per esempio hanno fissato saggiamente, così come sono stabiliti nella Costituzione. Se non puoi avere il 100% dei partecipanti diretti, cerca di averne il più alto numero possibile, Abbassarlo non sembra coerente. Infatti minore è il numero dei rappresentanti e minore è la rappresentatività dei cittadini e non solo, minore è il numero dei parlamentari e maggiore (e più rischiosa) è la permeabilità dei parlamentari stessi (e del parlamento in generale) da parte di soggetti terzi, di gruppi globalisti di influenza e di pressioni dei gruppi finanziari, per non dire degli organismi come FMI, BCE, e Commissione europea, in pratica della Troika, che sappiamo bene quanto ci tengano ad essere sempre più forti rispetto agli Stati nazionali. In pratica con questa riforma costituzionale annunciata, quella che sembrava essere una pacifica rivoluzione italiana che, seppur pacifica, sembrava avere in sé il carattere di rinnovamento di una vera e propria rivoluzione e che era partita precisamente dalla difesa della Costituzione, perderà di fatto di slancio ed energia, probabilmente per esaurirsi in un niente di fatto. Per contravvenire a tutto ciò la prudenza dovrebbe essere d’obbligo e sembrerebbe doveroso rifarsi alla tradizione italiana, quella nata esattamente nel nostro Paese, quella che è autenticamente nostra, quella che ha una impronta analogica col tessuto del nostro territorio e che da esso è stata forgiata, quella che vive di autenticità, di esperienza, di cultura e che si è condensata nella nostra Costituzione della Repubblica Italiana attraverso l'elaborazione e la saggezza dei padri costituenti.
Il programma del movimento cinque stelle presentato agli italiani al punto "Tagli agli sprechi  e ai costi della politica: 50 miliardi che tornano ai cittadini", specificava subito di seguito:
Stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, sprechi della politica e opere inutili. Riorganizzazione delle partecipate, spending review della spesa improduttiva.


Questo era scritto nero su bianco. Posto che la cifra di cinquanta mld debba intendersi come una esagerazione propagandistica (più o meno legittima in campagna elettorale ma non per questo realistica) si notava comunque questo: non un accenno alla riduzione del numero dei parlamentari, non un accenno a riforme costituzionali. Del resto la rappresentanza non è uno spreco della politica.
Se poi qualcuno ritiene che lo sia ciò dovrebbe essere espresso chiaramente ed esplicitato e messo nero su bianco nel programma elettorale. Questo, per fortuna, nel programma elettorale non c'è scritto, ed è un bene che non ci sia scritto.
Se era intenzione del movimento cinque stelle effettuare delle riforme costituzionali sarebbe stato onesto dichiararlo apertamente già dall'inizio, cioè prima del voto del 4 marzo.
C'era di che sentirsi tranquilli, c'era di che fidarsi. C'era un sentimento di fiducia che lentamente stava prendendo piede. E' profondamente sbagliato e dannoso minare questo sentimento.
In ogni caso, visto il programma, era logico aspettarsi che quei cinquanta miliardi (per quanto evidentemente esagerati) derivassero dai punti scritti nero su bianco e non da altro.
Del resto la Democrazia e la rappresentanza che ne è l'essenza stessa, hanno un costo e devono averlo e non si può risparmiare sulla Democrazia.
L'assenza di un solo cenno a qualsiasi ipotesi di riforma costituzionale di pari passo col giuramento fatto sulla Costituzione avevano fatto sperare che finalmente la Costituzione sarebbe stata lasciata in pace. Ricordiamo che il giuramento così recita:


«Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione.»


Ora, quando giuri di osservare lealmente la Costituzione e nel programma elettorale non fai alcun cenno di riforme costituzionali lanci un messaggio ben preciso e tranquillizzante rispetto alla Costituzione stessa, e dovresti fare di tutto per mantenere questa impostazione. Tutti i ministri hanno giurato così!
Se rispetti il giuramento fai forte la tua Nazione. La maggior parte dei problemi di una Nazione deriva dal fatto di non prendere in seria considerazione momento solenni come i giuramenti di fronte allo Stato e ai cittadini, minando alla base il senso di solidità e scurezza che invece deriva dall'onorarli.
Posto che il nostro ordinamento è quello di una Repubblica parlamentare e che chi giura solennemente sulla Costituzione giura di difendere questo ordinamento, se ti fai portavoce di una idea di Democrazia diretta, e quindi si evince che in qualche modo ti sta a cuore la Democrazia, dovresti, si potrebbe ritenere, avere a cuore la rappresentatività dei cittadini italiani. Se è quindi vero che non puoi smantellare l’ordinamento statale e al contempo è vero che ti sta a cuore il fatto che i cittadini siano degnamente rappresentati, il miglior compromesso possibile è quello di un numero sufficientemente alto di rappresentanti del popolo. Quello fissato dai padri costituenti va benissimo. Ci sono talmente tante altre cose da fare per il bene del Paese, veramente tante, ma talmente tante da non sapere da dove rifarsi, da non sapere da dove cominciare: perché quindi cominciare dal cambiare la Costituzione che si è giurato di osservare lealmente? Perché disturbare ancora una volta la Costituzione? Perché lasciarsi sviare da una riforma costituzionale neanche presente nel programma elettorale, che rischia solo di fare perdere di vista le cose veramente importanti.
Questa riforma costituzionale, rispetto alla quale è auspicabile aspettarsi un ripensamento, anche in quanto non necessaria né urgente né risolutiva (e che come tutte le cose non necessarie né urgenti né risolutive rischia di essere semplicemente dannosa), non va nella direzione di un maggior potere contrattuale dell’Italia rispetto alle istituzioni europee che si dice di voler cambiare ma, al contrario, va nella direzione opposta, cioè in quella di un maggior potere contrattuale conferito indirettamente alle istituzioni europee che vorrebbero cambiare l’Italia dall’esterno a propria immagine e somiglianza o, per meglio dire, nel proprio interesse. Del resto è abbastanza evidente che l'idea attraverso la quale si vorrebbe fare presa sui cittadini per attirare il consenso su questa nuova riforma costituzionale annunciata è l'idea del risparmio, quella stessa idea che FMI, BCE e Commisione europea (cioè la Troika) cercano di inculcare nella testa degli italiani (e non solo) e con la quale cercano di modellare il pensiero delle persone, la forma mentis, con la conseguenza di trasformare in SPA uno Stato, il nostro che, una volta reso tale, non potrebbe più riprendersi in eterno. Eppure il sentimento condiviso nell'elettorato alle ultime politiche è stato quello della speranza che l'Italia potesse finalmente risollevarsi. Perché quindi andare nella direzione auspicata dalla Troika che sarà ben felice di apprendere che si vuole ridurre il numero di parlamentari? La Troika infatti sa bene che con quella riduzione si contrae la rappresentanza e quindi la Democrazia ed essa, la Troika, diviene indirettamente più forte. Il falso mito di progresso legato all'espressione "andare al passo coi tempi" (siamo già al passo coi tempi in un senso oggettivo ed esistenziale, e lo siamo se difendiamo la Democrazia e la rappresentanza da chi le vuole contrarre come ad esempio la Troika), accompagnato dal falso mito del "risparmio" (che piace così tanto alla Troika) erano gli argomenti di Renzi, o ci siamo già dimenticati? Se, con simili argomenti, si diminuisce la rappresentanza in Italia gli unici a beneficiarne saranno FMI, BCE e Commissione europea. Sì, è tale la portata della cosa! Il momento quindi è delicato e noi fidiamo nel senso di responsabilità e nella sensibilità di chi ci governa e ci rappresenta per far sì che questa riforma non prenda piede anche perché rischia di compromettere per sempre la possibilità storica, unica ed irripetibile, di una rivoluzione italiana pacifica, combattuta con le sole armi delle idee che potrebbe cambiare l'Ue in meglio ed essere esportata nel mondo intero, perché questa è la potenzialità e la portata di una simile rivoluzione. Ma se fai quel che piace alla Troika, utilizzando gli argomenti della Troika (e di Renzi) ed annullando de facto il solenne giuramento compiuto sulla Carta Costituzionale, questa portata verrà radicalmente ridimensionata. Tutte quelle che sono le realistiche aspettative dei cittadini di poter cambiare l'Europa in un senso democratico e rappresentativo, di farlo da qui, dall'Italia, ritagliandogli un ruolo di primo piano nella storia contemporanea, verrebbero drasticamente ridimensionate e forse spente per sempre. Sono cose che non torneranno. Per questo è meglio rispettare il solenne giuramento e fare quel che veramente serve al Paese senza ulteriori tentazione né distrazioni se non veniali. Ma quando tocchi la Costituzione non c'è niente di veniale. Questa riforma annunciata e, ripeto, di cui si auspica un ripensamento, non può quindi essere accettata tanto facilmente, ritengo, da chi si dichiara orgogliosamente ed autenticamente sovranista, né da chi crede nella rappresentanza, ma neanche da chi si ritiene semplicemente leale alla Costituzione, andando, in definitiva, anche nella migliore delle ipotesi, ad indebolire proprio quella sovranità che appartiene al popolo, sancita dall’art. 1 della Costituzione poiché quella sovranità si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione cioè nella Democrazia rappresentativa attraverso i rappresentanti che il popolo si sceglie. Serve un adeguato numero di rappresentanti per mantenere forte il legame col territorio. Questo legame è indispensabile per uno Stato sovrano. Lo Stato è sovrano a titolo originario e la sovranità non può essere ceduta, come scritto nel Trattato di Montevideo. E se non deve e non può essere ceduta deve essere tutelata!