Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







giovedì 28 aprile 2022

E se il Legislatore legifera in modo iniquo?

Non è scontato che il Legislatore legiferi in modo equo, anzi, la storia ci insegna che è assolutamente possibile che legiferi in modo iniquo.
Cosa succede in questo caso? Che aumenta il malcontento tra la gente, i cittadini di quello Stato in cui si legifera in modo iniquo, cominciano a manifestare questa scontentezza, questo malcontento, il quale può degenerare se non si pone rimedio alla situazione. Se esiste una concezione forte e una concezione debole di Stato di diritto, l’azione del Legislatore iniquo, si imposterà sulla concezione debole. Ricordiamo quindi sommariamente in che cosa consistano queste concezioni diverse di Stato di diritto.

La concezione debole

La 'concezione debole' di Stato di diritto è quella che stabilisce che esso sussiste semplicemente nel momento in cui vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi. Tuttavia non entra nel merito delle leggi stesse, non le giudica e non stabilisce se queste debbano possedere o no determinate caratteristiche per essere definite degne di entrare a far parte del novero di quelle che strutturano lo Stato di diritto in generale.
In questo senso sussisterebbe un criterio interno di verità e di giustizia che somiglierebbe molto da vicino a quello tipico di ciascuna "pratica teorica" autogiustificantesi, cosa di cui ci sembra parlare Althusser quando sostiene che "la pratica teorica è criterio di se stessa, contiene in sé i princìpi definiti di convalida della qualità del suo prodotto" cosa forse non negativa per il filosofo strutturalista e che tuttavia, da un certo punto di vista apre a delle critiche per le quali sembra quasi una sorta di autoassoluzione, in un certo senso. Se la pratica teorica non si apre ad altre prove di convalida, a critiche, essa convalidando se stessa si chiude in un mondo suo, rischiando di vanificare ogni contatto col mondo reale. E a ciò sembra fare riferimento un certo modo di legiferare attuale. Ne parleremo meglio in seguito quando ci riferiremo ai corto circuiti legislativi interni e alle iterazioni nidificate, strutturazioni funzionali ad una concezione debole. Questo tipo di concezione sembra molto sintonizzata con la cultura della divisione in compartimenti stagni, non comunicanti e fa gioco a un certo tipo di potere tendenzialmente assolutistico, verticistico. Infatti soltanto chi sta al di sopra di ogni compartimento stagno può gestirli pienamente, e questa gestione risulta essere tanto più facilitata quanto meno essi compartimenti comunicano tra loro, quanto minore è lo scambio di informazione tra gli stessi.
Ricapitolando, la concezione debole stabilisce che c'è Stato di diritto quando vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi, indipendentemente dal tipo di regole e di leggi, senza entrare nel merito del giudizio delle stesse, rischiando di far divenire il sistema di leggi piuttosto autoreferenziale e, in ultima analisi, perfino tendenzialmente e potenzialmente iniquo senza per questo alterare il princìpio suesposto. Possiamo, anzi dobbiamo invece chiederci se le leggi siano giuste o no in base a criteri peraltro già codificati dal mondo giuridico e che tuttavia qui, in questo caso, rimangono fuori dalla porta. Significa mettere alla porta una bella fetta della storia del diritto.
Ogni sistema autoreferenziale di leggi che è regola e misura di se stesso e che si regga su parametri interni di convalida, del tutto arbitrari, senza entrare nel merito di come debbano essere questi parametri è quindi suscettibile, non dovrebbe sfuggire, di creare un sistema potenzialmente autoritario.
Somiglierebbe un po' ad una struttura che non è suscettibile di ricevere dall'esterno stimoli capaci di apportare alcuna migliorìa, che ne è refrattaria. Struttura chiusa quindi, potente, potrà sembrare paradossale, come ogni struttura chiusa, particolarmente in un'ottica sincronica, salvo poi dover fare i conti con quella diacronica, con gli sviluppi temporali, e con ciò che viene lasciato fuori. Origina quindi, peraltro, da questa sede, una nefasta tendenza che è quella di vedere allontanare il popolo sovrano dal suo ruolo specifico quello di sovrano appunto, un ruolo che, giova ricordarlo, gli è assegnato nientemeno che dalla stessa Costituzione e che espleta con la partecipazione.
Questa autoreferenzialità e refrattarietà, dal nostro punto di vista è ciò che caratterizza essenzialmente lo 'Stato di diritto debole' o la 'concezione debole' di Stato di diritto, e l'alienazione del popolo  dal suo ruolo di sovrano, che coincide con l'allontanamento dei cittadini dalla prtecipazione appunto alla vita democratica, anche per scoraggiamento, rappresenta una delle sue peggiori conseguenze. 
L'aura di Stato di diritto che si vorrebbe conferire a questa 'concezione debole' è alquanto illusoria, ed avrebbe peraltro il difetto di addormentare il popolo, illuso da definizioni che potrebbero risultare prive di senso effettivo, svuotate di significato, magari gradualmente, dissuadendolo dal considerare i rischi che essa, in quanto debole, porta in sé.

La concezione forte

La 'concezione forte' di Stato di diritto differisce dalla precedente su un dato di fondamentale importanza. Infatti a differenza della prima stabilisce alcune delle caratteristiche che le leggi devono avere per essere ritenute degne di entrare a far parte del novero di quelle che fondano lo Stato di diritto stesso.
La 'concezione forte' dello Stato di diritto ricalca comunque nella prima porzione dell'enunciato quella della 'concezione debole' quando cioè stabilisce il fatto che lo Stato di diritto sussiste là dove sono presenti regole e leggi alle quali attenersi, in questo senso l'enunciato è del tutto sovrapponibile al primo, anche dove dice che queste regole e queste leggi regolano la vita dei cittadini in ogni loro aspetto, però si differenzia nettamente quando specifica, stabilisce che regole e leggi devono possedere alcune particolari caratteristiche imprescindibili. Quali caratteristiche?
Nell'articolo intitolato 'Stato di diritto e legge del più forte', datato 11 ottobre 2012, scritto a quel tempo nella speranza che potesse fornire spunti di riflessione magari proprio agli addetti ai lavori, ai giuristi, agli accademici,  e oggi riproposto per spronare, stimolare interventi sempre negli stessi, in chi è vocato insomma allo studio del diritto, si tentava di dare una prima risposta quando si sottolineava che leggi e regole poste a fondamento della 'concezione forte' debbano essere strutturate in modo da riflettere profondamente l'essenza del principio  per cui dove vige lo Stato di diritto non vige la legge del più forte, tale per cui queste stesse leggi non consentano né spazi, né brecce dalle quali possano filtrare, riaffiorare come ospiti indesiderati, la prevaricazione, l'ingiustizia, la brutalità e l'arbitrio, tipicamente connessi alla legge del più forte.

Ovvero si può formulare l'enunciato per cui il vero Stato di diritto non è là dove sussistano semplicemente leggi, regole, trattati sui quali poggiarsi e ai quali attenersi, bensì è là dove le leggi, le regole e i trattati sui quali  ci si poggia e ai quali ci si attiene, siano uno scudo alla legge del più forte, all'arbitrio, all'ingiustizia palese o, peggio, dissimulata.

Speriamo che l'Unione europea rifletta su queste distinzioni anche perché attualmente ci sembra sempre improntata, e lo diciamo con dispiacere aumentato rispetto a quello espresso alcuni anni or sono, ad una 'concezione assai debole' di Stato di diritto e la preoccupazione consiste nell'osservare che il tempo passa e purtroppo le condizioni ben lungi dal migliorare, peggiorano, per cui ecco l'aumento del dispiacere. Ed il peggioramento si percepisce tanto in Ue quanto in Italia.

A parlarci del fatto che il Legislatore può sbagliare, ovvero legiferare in modo iniquo, del resto, vi è anche il noto Avvocato Besostri, giurista esperto di pubbliche amministrazioni, diritti umani e protezione delle lingue regionali e minoritarie, sempre in prima linea quando si tratta di difendere la Costituzione, quando essa si trova sotto attacco, cosa che succede troppo spesso purtroppo.

Tra le ultime difese nelle quali si è prodigato, c'è quella collegata  all'ultimo referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, criticando aspramente anche le procedure come quando ha asserito che quella referendaria è stata illegittima per violazione dell' articolo 72 della Costituzione nei commi 1 e 4, perché le norme sull’indizione del giorno dei comizi coincidenti con elezioni amministrative, e comprensivo in questo vaso appunto del referendum, non sono state votate una per una dalle Camere con una procedura normale; e dell'articolo 77 della Costituzione, nell'interpretazione data dalla Corte Costituzionale con la sentenza  numero 32 del 2014. Si è trattato quindi di un referendum soggetto a varie legittime critiche, anche per lo scarso spazio dato dall'informazione allo stesso e, anche se il popolo si è espresso in maggioranza per il sì, l'articolo 1 è perentorio al comma in cui dice che "La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Quindi il volere del popolo è soggetto a dei limiti costituzionali invalicabili, tali per cui anche una percentuale di poco al di sotto del cento per cento non può varcarli. Anche un referendum costituzionale può essere viziato da un contenuto incostituzionale, così il metodo, una questione complessa che non possiamo approfondire in questa sede. ci limitiamo ad osservare che legiferare in modo sbagliato è possibile e può riguardare anche norme di carattere costituzionale. Cosa significa però, in modo sbagliato? Significa innanzitutto in contrasto con altre norme vigenti. Abbiamo cercato di rispondere prima, consapevoli di averlo fatto in modo parziale e imperfetto, cercando di sottolineare la differenza tra la concezione forte e debole di Stato di diritto. Forse però a questo punto gioverà ricordare adesso che uno Stato di diritto si fonda anche su una gerarchia di fonti del diritto. In Italia questa gerarchia vede al primo posto la Costituzione, non a caso definita Fonte delle fonti del diritto, proprio perché sta al vertice di esse. In Italia la gerarchia delle fonti del diritto ricalca lo schema seguente.

Costituzione

Leggi
Decreto del Presidente della Repubblica
Decreto Legislativo
Decreto Legge
Decreto Ministeriale
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
Delibera del Comitato Interministeriale
Circolari
Interpretazioni
Ordinanze
ddl, disegni di legge
Consuetudine

Bisogna tenere presente questa gerarchia delle fonti del diritto, al vertice delle quali c'è la Costituzione. Anche l'Educazione Civica dovrebbe occuparsi di insegnare questa gerarchia nella Scuola italiana, infatti avendola ben presente si comprendono molte dinamiche altrimenti difficilmente comprensibili, e posso essere testimone del fatto che spesso i discenti conferiscono a raccomandazioni e note ministeriali la valenza di leggi, cosicché ho un bel daffare nel cercare di far capire di quale errore si tratti.

Cosa significa questa gerarchia delle fonti?  Significa una cosa ben precisa, cioè che le Leggi non possono essere in contrasto con la Costituzione, i DPR non possono essere in contrasto né con le Leggi, né con la Costituzione; i DLgs non possono essere in contrasto né con i DPR, né con le Leggi, né con la Costituzione e via discorrendo, ciò che sta sotto non può essere in contrasto con nessuna delle fonti che stanno sopra, dette perciò sovraordinate, figuriamoci quindi se una nota ministeriale può essere in contrasto con una legge o essere scambiata per essa. Siamo sicuri quindi che questa gerarchia delle fonti venga in effetti rispettata? No, ed è per questo che esistono i tribunali come i TAR ed anche la Corte Costituzionale, con lo specifico compito di verificare se una norma sia in contrasto con la Costituzione oppure no. Una legge fatta male o ingiusta, ci suggerisce l'Avvocato Sandri, o viene cambiata in sede legislativa, però per fare questo c'è bisogno chiaramente di un mutamento politico, giacché è difficile per non dire impossibile suppore che la stessa maggioranza che l'ha approvata la cambi, e sarebbe ingenuo crederlo, oppure può essere cambiata solo da una sentenza di tribunale.

Esistono dei periodi storici in cui purtroppo sembra che si indulga particolarmente in una pessima legislazione e quello attuale purtroppo è uno di questi. In pratica dal dopo guerra, lo Stato di diritto nel nostro Paese non è mai stato così in sofferenza come oggi.

Un pessimo modo di legiferare è suscettibile di creare proprio quei contrasti che andrebbero evitati per rispettare il vincolo della gerarchia delle fonti, così può capitare di avere leggi incostituzionali, come potrebbe confermare lo stesso Besostri. E ora pensiamo che se anche una Legge, così alta nella gerarchia delle fonti, può essere incostituzionale, anche una Legge di revisione costituzionale, figuriamoci quanto può essere incostituzionale un DPCM che sta molto al di sotto della Legge in quella stessa gerarchia delle fonti che richiamavamo prima, o una nota ministeriale, come sono costretto talvolta a spiegare agli studenti. Per esempio, oggi, nella scuola si vive un momento difficile perché le note del 28 e 30 marzo 2021 del ministero dell'istruzione interpretano il Decreto Legge del 24 marzo in un modo particolarmente disinvolto arrivando a vederci delle cose che a molti sembrano inventate di sana pianta, come improponibili estensioni orarie di lavoro. In questo caso una nota ministeriale contrasterebbe con un DLgs, con una fonte sovraordinata. Si creano così dei corto circuiti che innescano problemi a cascata.

In effetti, in alcuni casi sembra che ci si trovi dinanzi proprio a quello che potremmo definire una specie di corto circuito inerente i conflitti tra norme di rango pari o diverso, conflitti sempre difficili da affrontare e da dirimere, per cui una disposizione di legge o avente forza di legge si trova a confliggere con altre norme o regolamenti o risoluzioni di pari o maggior rango nella gerarchia delle fonti del diritto, con conseguente aumento dei rapporti conflittuali giacché quando le leggi confliggo ciò si riverbera inevitabilmente sul tessuto sociale deprimendone la coesione.
Col Decreto Legge 26 novembre 2021 n 172 si vedono assegnare a talune figure ruoli che fino a quel momento non erano stati di pertinenza di quelle stesse figure, situazione che causa una difficoltà gestionale non indifferente per cui la gestione insomma pone dei problemi nuovi, come nel caso di un Dirigente Scolastico che si trovi a gestire informazioni delicatissime inerenti lo stato di salute o “vaccinale” degli insegnanti, informazioni per l'appunto di estrema delicatezza. Quelle che vorremmo cercare di far capire è che quei conflitti che abbiamo definito corto circuiti, hanno sempre un effetto sociale devastante,  divenendo potenzialmente fonti di conflitto anche tra persone, cosa che purtroppo va a turbare gli stessi ambienti di lavoro. Questo anche perché possono arrivare a mettere in dubbio diritti garantiti come il lavoro stesso. E anche perché chi si trova a subire la pressione di una norma iniqua, può ravvisarne l'incostituzionalità e magari chi deve farsi carico del rispetto della stessa norma non la ravvisa, ne scaturisce un conflitto, spesso garbato per fortuna, però in alcuni casi magari no, ed ecco quindi che in luogo di un atteggiamento solidale nascono frizioni, aporie, incomprensioni, insomma rapporti conflittuali. Se esiste un conflitto sociale, legiferare i modo iniquo svolge il compito di abbassare il conflitto ad un livello della scala sociale inferiore, a livelli in cui magari dovrebbe sussistere una maggiore coesione, per fare fronte comune rispetto ad attori maggiormente influenti e con una forza intrinseca maggiore dovuta al ruolo politico, proprio perché collocati ad un livello della scala sociale elevato dentro un sistema politico che peraltro acquisisce ogni giorno che passa una fisionomia sempre più verticistica, ragion per cui un vero contrasto può essere esercitato esclusivamente da un tessuto sociale coeso in una rivendicazione comune. Ne deriva che con ogni probabilità il Legislatore sa che legiferando in modo iniquo abbassa il livello dello scontro sociale, andando proprio a creare fratture là dove occorrerebbe la presenza di una coesione ai massimi livelli. Nella situazione attuale non è impossibile che un insegnante per esempio possa trovarsi in contrasto con il proprio DS e questo è difficile che non sia stato ipotizzato come possibile esito di una legislazione iniqua dal Legislatore stesso, il quale pensa forse così di facilitarsi il successo nel perseguire i propri scopi. Giacché riteniamo legittimo difenderci con fantasie precauzionali che peraltro hanno il prego di ipostatizzare come vere le cose fantasticate per il solo fatto di comparire come vere nell'ipotesi di chi le formula, nella sua mente insomma che riflette le stesse leggi che vi si trovano al di fuori, noi dobbiamo ritenere, per nostra salvaguardia, che il Legislatore sappia che legiferando in contrasto con norme di rango superiore, sovraordinate nella gerarchia delle fonti del diritto, ottiene il risultato di fomentare il conflitto sociale, spesso tra pari, determinando uno scollamento là dove dovrebbe sussistere coesione, che lo faccia insomma di proposito, con la precisa consapevolezza di ottenere questo risultato. Naturalmente sarebbe gravissimo.