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sabato 22 settembre 2018

Acqua, bene pubblico!

La gestione dell’acqua, bene pubblico, deve svincolarsi da politiche di profitto. Se si lasciasse spazio alle politiche del profitto per i beni pubblici come l’acqua, le conseguenze sulla vita delle persone potrebbero essere pesanti.
Un giorno si potrebbe arrivare a privatizzare l’aria!
Pagati gli stipendi di chi lavora nel settore per garantire la corretta erogazione e i livelli di sicurezza inerenti la qualità dell’acqua stessa, il resto dovrebbe essere investito in manutenzione (di cui si sente un grande bisogno) ed in eventuale innovazione, tutto per il bene della collettività.
Fatto questo, se rimangono delle eccedenze, si potrebbe prendere in considerazione l’idea di abbassare le tariffe.
Questo, a nostro avviso, è un modo corretto di pensare alla gestione dei beni pubblici.


domenica 9 settembre 2018

Le origni delle contraddizioni nell'Ue

L’Unione europea, così com’è, sembra essere estremamente funzionale al rafforzamento del potere di una ristrettissima oligarchia. L’Europa dei popoli non è mai esistita, esiste l’Europa dei vertici e non è la stessa cosa. Infatti quei vertici sembrano molto permeabili ai suggerimenti dall’oligarchia di cui sopra, nonché molto inclini a fomentare il neoliberismo capitalistico in funzione privatistica, riducendo gli spazi di ciò che è statale (addirittura mettendo in discussione il concetto stesso di Stato), cioè di ciò che è di tutti e quindi dei popoli. E se è di tutti lo è esattamente perché non è di qualcuno in particolare. Per questo diffido di ogni iniziativa che parte dai vertici, compresa l'iniziativa di una guardia di frontiera comune.
In generale la disonestà intellettuale di fondo (ragione per cui oggi si vivono molte contraddizioni in Ue) è stata quella di perseguire un po' in sordina, l’Europa dei vertici (e non l’Europa dei popoli) attraverso quello che si dice uno specchietto per le allodole, cioè attraverso lo sbandieramento della costruzione dell’Europa dei popoli, che non è e non può essere chiaramente la stessa cosa. Chi vuole costruire l’Europa dei vertici avrà difficoltà a raggiungere i propri obiettivi se dichiara apertamente di volere tale Europa. Meglio dunque aggirare l’ostacolo rischioso di una non condivisione popolare, facendo credere che si vuole costruire l’Europa dei popoli mentre sotto sotto si persegue la costruzione dell'altra. C’è una contraddizione di fondo quindi che ha guidato la costruzione di questa Ue e questa contraddizione, peraltro, non sembra essere nata da una svista. Questa contraddizione, come un nodo nei capelli, non poteva non venire al pettine e di fatto, oggi, per certi aspetti, sembra che sia arrivata al pettine.
La guardia di frontiera comune sembra costituire sotto certi punti di vista semplicemente uno di quei tentativi verticistici attraverso i quali tentare di saldare una Ue sbagliata e verticistica; sembra un tentativo di prosecuzione del progetto verticistico che si pone in contrasto con l'Europa dei popoli.
Guardando a quest’ultima proposta vengono spontanee alcune domande.
Questa guardia di frontiera è veramente la risposta appropriata al fenomeno dell'immigrazione?
Dalla guardia di frontiera comune all'esercito comune quanto è lungo il passo?
Il fenomeno dell’immigrazione giova a qualcuno? E se sì, a chi giova?
Il fenomeno dell’immigrazione è ampio e complesso e non è questa la sede giusta per affrontarlo, ma ai fini del discorso a questo punto non possiamo esimerci dal tentare qualche risposta.
E’ presumibile che giovi a chi cerca concorrenza sleale, a chi cerca l’esercito di lavoratori di riserva pronti a tutto (e quindi anche a sostituire chi non si piega all’eventuale sottrazione di diritti), a chi cerca un esercito di compratori di prodotti scadenti, giova all’abbassamento dei salari e, infine (ultimo ma non ultimo) a chi cerca di saldare una Ue sbagliata creando super-polizie o affini per gestire il fenomeno.
Quindi la guardia di frontiera non sembrerebbe essere la risposa appropriata, laddove invece una risposta appropriata starebbe nel prevenire il fenomeno attraverso la crescita culturale, sociale ed economica dei paesi da cui l’immigrazione proviene. Ma se cerco di saldare una Ue sbagliata e verticistica in contrasto con l'Europa dei popoli, il fenomeno dell’immigrazione mi è utile e quindi perché dovrei sforzarmi di far crescere culturalmente, socialmente ed economicamente quei paesi da cui esso promana?
Inoltre se giova a chi cerca l’esercito di lavoratori di riserva e se coloro a cui giova stanno ai vertici, difficilmente i vertici perseguiranno la piena occupazione, cosa che crea un contrasto con la Costituzione della Repubblica Italiana, punto di riferimento imprescindibile (e non negoziabile) per ogni italiano che si senta facente parte o non facente parte dell'Ue.
Non suscita più stupore la constatazione del fatto che il fenomeno dell’immigrazione è per certi versi fomentato, voluto, cercato. Anche se questo non è facile da vedere è, al contempo, sempre meno difficile da intuire, e se ci chiediamo a chi giova (qui prodest? O cui prodest, che dir si voglia) anche la risposta, a quanto pare, è sempre meno difficile da intuire.