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lunedì 14 agosto 2017

Idee che sgorgano a Sant'Anna di Stazzema

Ieri l’altro sono stato a Sant’Anna di Stazzema per la 73^ commemorazione dell’eccidio del 12 agosto 1944, dove furono trucidate 560 persone tra cui 130 bambini.
Questa commemorazione, così come le altre di questo genere, acquista ogni anno una importanza sempre maggiore, è ogni anno sempre più preziosa perché nell’allontanarsi progressivo da questo triste episodio diviene prezioso il ricordo, ancorché documentato storicamente, di cosa è capace l’uomo quando il contesto politico e sociale favorisce l’insorgere dei peggiori istinti. Sono occasioni per non permettere ai revisionisti di alterare la storia e banalizzare l’accaduto e il contesto nel quale si è manifestato con tanta ferocia.
Molte le personalità intervenute, tra cui il sindaco di Stazzema Maurizio Verona, il senatore Andrea Marcucci, presidente della commissione cultura al Senato e altre personalità ancora in rappresentanza, quest’anno, di Russia e Germania, oltre a due rappresentanti dei giovani, italiani e tedeschi, protagonisti di una esperienza comune vissuta a Sant’Anna. Tantissimi i gonfaloni tra i quali anche quello del mio paese, Borgo San Lorenzo, portato dal messo, da una rappresentante della polizia municipale, e da mia madre che, come consigliera comunale, faceva le veci del sindaco.
Tra i vari discorsi viene richiamato in più di una occasione, se non erro prima dal sindaco e poi dal senatore, il ddl Fiano che vuole estendere ed inasprire le pene per i reati di apologia di fascismo. Non ho seguito da vicino l’iter parlamentare del ddl in questione e non ne conosco esattamente i contenuti per cui, come sempre in questi casi, mi mantengo prudente. Ma devo dire però che esistendo il reato di apologia di fascismo dal 1952, se un ddl del 2017, serve a contemplare quei casi che per ragioni evidenti non potevano essere contemplati dalla legge Scelba (vedi per esempio tutto ciò che riguarda internet) mi sembra che possa essere in linea di massima condivisibile. Questo dimostra inoltre come in fondo sussista ancora oggi un istintiva avversione ai tutti quei fenomeni caratterizzati da violenza e soprusi di cui il fascismo si fece portatore. Il timore di chi giudica liberticida il ddl dipende probabilmente dal fatto che talvolta quando si procede ad un legge di questo tipo si teme che la stessa legge possa essere applicata in modo eccessivo finendo per considerare apologia di fascismo qualcosa che magari non lo è. Se mi si concede un’iperbole, forse si teme che una lettura estensiva della legge possa far sì, per esempio iperbolico, che il Dalai Lama, tra i cui arredi compaiono (tra gli altri simboli) anche degli swastica, venga additato come un apologeta del nazismo! E’ un’iperbole che spero serva però a rendere l’idea. Sembrano timori eccessivi in effetti, ciò nondimeno questi timori sussistono! In altri termini si teme che pur partendo da un problema reale, che non va sottovalutato naturalmente, si rischi di arrivare ad eccessi effettivamente liberticidi. Forse non è probabile, ma purtroppo si riscontra una certa tendenza di questo tipo in generale, come nel caso della questione sulle bufale in rete, emersa con molto vigore, mentre nessuno pensava di regolamentare con lo stesso zelo le bufale di regime, come quella secondo la quale l’ESM sarebbe un fondo salva stati, per fare un esempio.
Giusto quindi non abbassare la guardia di fronte all’insorgere di forme di intolleranza, anche di recente rivolte nei confronti dei martiri della Resistenza! Giusto non abbassare la guardia di fronte alla banalizzazione di un periodo storico che è ancora oggetto di studi e controversie, di fronte al manifestarsi dei neo fascismi e dei neo nazismi e al diffondersi degli stessi, per non commettere quell’errore di sottovalutazione che poi permise l’insorgere del fascismo e il suo dilagare effettivamente liberticida.
Ma dobbiamo tenere presente che il fascismo non si è nutrito di soli simboli. L’esibizione del fascio littorio poteva richiamare alcuni sentimenti e creare un simbolismo comune ma quando si è trattato di arrivare effettivamente al potere, il fascismo più che dei simboli si è servito delle leggi e di una in particolare: la legge Acerbo. La legge Acerbo era una legge elettorale, una legge elettorale molto simile a quella più recente nota come Italicum. Quando si inneggia al ddl Fiano quindi, ci si ricordi anche di inneggiare al fatto che l’Italicum non è più in discussione in Parlamento, perché anche questa, piaccia o non piaccia, è una vittoria dell’antifascismo. Se il fascismo si identifica con la diminuzione di rappresentatività nei luoghi del potere, da quello esecutivo a quello legislativo a quello giudiziario, ci si ricordi di gioire per la vittoria del NO al referendum costituzionale, perché quella riforma avrebbe contratto la rappresentatività del popolo e aperto l’Italia al dilagare della Troika nei luoghi del potere. Come scrivevo quando promuovevo il NO al referendum costituzionale, la riforma avrebbe reso l’Italia lo zerbino della Troika.
Ben venga tutta questa attenzione ai fenomeni più appariscenti di intolleranza e recrudescenze fascistoidi, ma mi premuro di indicare un rischio, un rischio impellente, il rischio che di fronte alla giusta stigmatizzazione di questi fenomeni si rischi di perdere di vista altri pericoli, pericoli concreti e non meno oscuri di quelli che il fascismo e il nazismo sanno evocare.
Vorrei a questo punto esprimere un timore, che se il fascismo e il nazismo torneranno, non lo faranno mettendoci la faccia, come in passato, non lo faranno platealmente e sbandierando il vecchio repertorio di simboli e gesti ma, al contrario, dissimulandosi del tutto, magari sfruttando il mimetismo, il camaleontismo, le anfibologie per manifestarsi apertamente solo quando ormai il contesto creato intorno a sé non permetterebbe rapidi ritorni alla Democrazia, quando ormai, insomma, è troppo tardi. Cerchiamo quindi di non guardare soltanto a ciò che è plateale, evidente, codificato da un sistema di simboli, guardiamo anche oltre, guardiamo dietro le maschere, guardiamo a ciò che è pericoloso ma che si serve di altri simboli che non hanno ancora la codifica di simboli fascisti benché dietro di essi vi sia una qualche forma di fascismo e autoritarismo magari ben dissimulato, per cui molti non riescono a scorgerla.
C’è il concreto rischio che dietro (e sotto) l’impegno rivolto a stigmatizzare il fenomeno di una manifestazione plateale di simboli equivoci e storicamente codificati, cresca inavvertitamente un’altra cultura fascista e un'altra cultura nazista, una cultura nazi-fascista che non ci mette la faccia, che non si nutre degli stessi simboli e degli stessi gesti, ma delle stesse violenze o dell’evoluzione delle vecchie violenze, questo magari sì. Anche la violenza si evolve, anche i modi di perpetrarla si evolvono e si tengono aggiornati coi tempi.
Così mentre si spendono giustamente energie nel redarguire l’apologia di fascismo, sotto sotto, si rischia di farsi sfuggire qualcosa, si rischia di perde di vista un fenomeno potenzialmente peggiore, assai peggiore, molto più pericoloso.
Se Sant’Anna di Stazzema deve quindi diventare il simbolo della battaglia contro i nuovi fascismi, si deve anche avere il coraggio, la sensibilità e l’intelligenza di osservarli tutti i fascismi, nessuno escluso.
E si deve anche avere la lungimiranza di capire che i nuovi fascismi e i nuovi nazismi potrebbero nascondersi assai meglio di quanto si creda e senza sfruttare, meglio ribadirlo, il vecchio repertorio di simboli, gesti e manifestazioni esteriori.
Se Sant’Anna deve diventare il simbolo della lotta ai nuovi fascismi, questo non può essere che un bene, ma cerchiamo quindi di individuarli con strumenti concettuali più sofisticati e potremmo così finire per comprendere che essi magari vivono e rivivono in ambiti insospettati e insospettabili.
Era un po’ il problema che mi ero posto nella tesi finale intitolata “Verso una controriforma scolastica” elaborata per un corso di I livello sulla pedagogia e didattica artistica, in cui dichiaravo che per accorgersi di certi errori commessi nella scuola, tra i quali una pedissequa adiacenza a stilemi economico-finanziari, servivano all’uomo strumenti forse ormai perduti da secoli a causa di una degenerazione di certe facoltà, strumenti che però potrebbero essere recuperati e il cui recupero era forse in parte già manifestato dall’apparire nel XX secolo dello Strutturalismo e del Post Strutturalismo. Ma che fine hanno fatto oggi Strutturalismo e Post Strutturalismo? Molte domande, come sempre, riesce a suscitare la visita di Sant’Anna di Stazzema, di alcune di queste io stesso mi stupisco talvolta. Ma anche in questo risiede la forza di questi luoghi, per fortuna.
Non escludo quindi che prossimamente possa pubblicare su questo stesso Diario Elettronico un saggio che è uno spaccato di quella tesi, rivisto e adattato alle circostanze. Si sente infatti il bisogno di strumenti più efficaci per fronteggiare i nuovi nazi-fascismi e il rischio di nuove derive anti-democratiche, secondo me peraltro, già in corso. Ben lungi dal ritenere di possedere la chiave di questi nuovi o vecchi strumenti, diviene importante riscoprirli e partecipare all’elaborazione. Un invito che è chiaramente rivolto a tutti. Il saggio in questione si configura quindi solo come un imperfetto contributo che, se può avere un pregio, forse ha semplicemente quello di tentare di riscoprire qualcuno di questi strumenti e di indicare una possibile direzione.
Magari ce ne sono altre, magari di migliori, ben vengano!
Ma per tornare a Sant’Anna, concluderei richiamandomi al messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per il quale, una primaria importanza deve rivestire la difesa della Democrazia riconquistata ad un così alto prezzo.


giovedì 3 agosto 2017

E' stata prudente e opportuna l'approvazione della missione italiana in Libia?


Come cittadino italiano ho pensato del tutto istintivamente che la missione intrapresa dall’Italia in Libia e votata dal Parlamento ieri, fosse sostenuta da entrambi gli invitati a Parigi, Sarraj e Haftar. Era una cosa che davo per scontata e invece evidentemente mi sbagliavo perché scontata non era come avrei appreso questa mattina. Come cittadino distratto ho pensato di essere stato colpevolmente distratto sì, ma in fondo non siedo in Parlamento e quindi la mia distrazione può essere chiaramente ben giustificata. Molto meno giustificabile sarebbe invece il fatto che i parlamentari che hanno approvato la missione non avessero tutte le informazioni in merito e non sapessero che non c’era l’accordo tra i due libici, Sarraj e Haftar. Ed ecco che oggi arriva la sorpresa: Haftar minaccia l’Italia, le navi italiane che sconfinano sarebbero giudicate alla stregua di navi nemiche che invadono le acque territoriali libiche.
Da cui nasce una domanda: Il governo sapeva che non c’era l’accordo di Haftar? E se lo sapeva è stato prudente approvare una missione senza l’approvazione di entrambi?
Ma le richieste di chiarimento di membri delle commissioni riunte III e IV della Camera e 3^ e 4^ del Senato il 1 agosto 2017, come quella di Edmondo Cirielli di Fratelli d’Italia che ha chiesto chiarimenti rispetto alle dichiarazioni di Haftar, già avvenute quindi, che poneva dubbi giudicando l’intervento italiano sui migranti un semplice pretesto per cambiare gli equilibri in campo, dimostrano che il Governo non poteva ignorare al questione. Queste dichiarazioni le ho potute ascoltare oggi, registrate, sulla televisione satellitare della Camera. E scaturiscono quindi alcune risposte evidentemente e anche alcune altre domande.
Il fatto è che se si raggiunge un accordo delicato tra due esponenti libici e li si fa apparire di pari dignità di fronte alla platea televisiva di tutto il mondo come avvenuto in Francia, non si può poi screditare l’uno a discapito dell’altro ponendone uno su un piano inferiore rispetto all’altro senza aspettarsi quantomeno un po’ di risentimento.
Si può sperare che il dialogo inclusivo delle parti, come si dice, possa avere un seguito se si va ad escluderne una, di queste parti? In questo appare una contraddizione evidente.

Per quanto riguarda i timori espressi da alcuni portavoce libici ufficiali e non, alcune precisazione sono probabilmente doverose.
Si può pensare che l’Italia costituisca un pericolo per la Libia con due navi? I timori sembrano quantomeno sproporzionati. La recente storia d’Italia dimostra in tutto e per tutto che l’Italia non ha alcun pensiero bellicoso nei confronti della Libia, cosa che sarebbe addirittura incostituzionale e che farebbe saltare subito qualsiasi governo. Vi immaginate se un Governo che ha già i suoi problemi va a rischiare di cadere per un intento incostituzionale?! Non è semplicemente realistico, per cui la Libia può dormire sonni tranquilli, non saranno le due navi italiane a conquistarla! Quanto all’ipotesi di cambiare gli equilibri in atto, anche questa ipotesi sembra essere eccessivamente severa nei confronti dell’Italia che ha invece un reale interesse nel gestire più da vicino il fenomeno della tratta dei migranti fenomeno che, come tutti sanno, la riguarda da molto vicino.
Ma non possiamo giudicare del tutto fuori luogo né illegittime le preoccupazioni di Haftar che vanno comprese.
Per questo ribadiamo ancora una volta che sarebbe servito il consenso di entrambi, Sarraj e Haftar insieme, per portare navi italiane in acque libiche, cosa che Sarraj, di ritorno dagli impegni presi in Francia avrebbe compreso benissimo.
Ma adesso le minacce ci sono, sono state confermate, e quindi dobbiamo chiederci che cosa succederebbe se alle minacce dovessero seguire i fatti?! Il quadro relativo al traffico dei migranti ne risulterebbe migliorato? Ne dubito! Il quadro generale in Libia ne risulterebbe migliorato? Ne dubito! Ecco perché occorreva un assenso anche di Haftar. Chiediamoci anche: a chi gioverebbe un’eventuale degenerazione dei fatti?
Non possiamo esimerci dal constatare né nascondere ai nostri occhi che un eventuale crisi militare tra Haftar e l’Italia aggraverebbe in generale la situazione libica, già molto delicata ma che potrebbe avvantaggiare la Francia di cui non si tace (ne si smentisce) l’interesse per i giacimenti petroliferi sfruttati da ENI.
Non è che siamo finiti in una qualche trappola? Chissà?! Forse sì, forse no ma...se sì, ordita da chi?
Qui prodest? A chi giova?
In ogni caso se trappola c'è, questa ha un'origine e forse una pianificazione ormai datata che si può forse rintracciare nella destabilizzazione della Libia relativa alla c.d. primavera araba.

Sono tempi difficili e dobbiamo essere scaltri ma soprattutto prudenti, prudenti come serpenti e questa prudenza il Governo e il Parlamento pare che forse non l’abbiano mostrata ma i Governi coinvolti riguarderebbero probabilmente anche le precedenti legislature.