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lunedì 21 marzo 2016

Del caso Telecom

Italia sistematicamente umiliata. Non è in grado di mantenersi alcuna azienda. Questo è il gioco del rubamazzo! A questo porta, tale gioco! Ed è per via di questo gioco che le aziende è bene che rimangano statali, soprattutto quando è in gioco la sicurezza nazionale.
Telecom in questo senso sembra costituire un esempio emblematico poiché sembra che stia per passare in mani francesi. Per Santa Giovanna d’Arco, che ciò non accada!!!
Anche perché gli estremi per evitare che questo accada ci sono, e forse ci sarebbero anche le risorse se le si cercasse. Ma è necessario un cambio di mentalità per attivare quest’ultime, è necessario che l’Italia si metta in testa di fare sistema, di allearsi con se stessa, di trovare le sinergie, di costituire una propria ‘Werkbund’ .
Se si pensa a questo è perché lo Sato italiano non sembra avere voglia di farsi avanti in questa vicenda e così ci si chiede se al posto dello Stato non si debba ricorrere all’intervento di altre forze nazionali.
Ma Intanto è necessario dire che una Costituzione ce l’abbiamo e che lo Stato altro non dovrebbe fare se non leggerla ed applicarla. Infatti questa Costituzione ha un articolo il 42 che recita, cito parzialmente:
<<La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.>>
Lo Stato ha dunque il diritto di stabilire se qualcosa va contro gli interessi sociali del Paese. E questo diritto è ancora maggiore quando in gioco vi è addirittura la sicurezza nazionale. Le comunicazioni sono troppo importanti per una Nazione, tanto importanti che evocare la sicurezza nazionale non è una cosa destituita di fondamento. Le comunicazioni sono certamente un fattore di sicurezza.
E se in gioco vi è la sicurezza nazionale è necessario fare appello anche ad un altro articolo della Costituzione, il 52, che cito sempre parzialmente:

<<La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino>>.

Ma naturalmente si deve riconoscere agli altri ciò che si chiede per se stessi! Cioè se è vero che le comunicazioni e le telecomunicazioni sono un aspetto della società che è riconducibile alla sicurezza nazionale, vuol dire che questo deve essere vero per tutti e che probabilmente in materia di comunicazioni e telecomunicazioni nei giochi d'azienda e in quelli di borsa non si deve andare mai oltre un certo limite, per garantire ad ogni nazione il legittimo controllo di un aspetto particolarmente legato alla sicurezza nazionale.
Se reclami il diritto di controllare appieno le comunicazioni e le telecomunicazioni per te stesso, devi concedere lo stesso agli altri. Chissà, forse in questo senso non c'è stata coerenza da parte di Telecom Italia. Mi sbaglio?
In ogni caso, comunque stiano le cose, e posto che si debba meditare su tutto questo, è sull’onda del sacro dovere di cui sopra che ci si deve sentire sospinti a fare qualcosa per la nostra Nazione, perché la gestione delle comunicazioni in Italia rimanga in mani italiane; tutti gli italiani sono chiamati in causa, nessuno escluso, ed è sull’onda di questo ‘sacro dovere’, che è dovere, ed è sacro appunto, che ci si può sentire sospinti a citare chi questo dovere l’ha sentito come sacro, appunto, qualcuno come Santa Giovanna d’Arco, che Dio l'abbia in Gloria! Patrona di Francia, proprio in nome del fatto che ella ha lottato per risollevare la sua Patria dall’umiliazione che gli veniva inflitta e comminata, ci si può sentire sospinti a chiedere che una Nazione che ha visto questo intervento realmente divino, in soccorso di una umiliazione tanto grande, non si prepari a perpetrare umiliazioni simili ad altri.
Per Santa Giovanna D’Arco, che ciò non accada!!!

lunedì 7 marzo 2016

I difetti delle privatizzazioni

Privatizzare significa rendere i clienti succubi delle decisioni dei privatizzatori che, come sappiamo perseguono il profitto certamente molto più di quanto perseguano il bene comune.
Ma veniamo ai fatti: Telecom (TIM), raddoppia per la seconda volta nel giro di poco tempo le tariffe del telefono fisso, di casa, portandole da 5 centesimi al minuto senza scatto alla risposta a 20 centesimi al minuto con 20 centesimi di scatto alla risposta, nel giro di un paio di anni.
Il primo minuto di conversazione costerà quindi 40 centesimi di euro; 0,40 X 1936,27 lire = 774,508 una cifra che si avvicina consistentemente alle mille lire al minuto! Una cosa che è parsa a molti una follia. E sa a molti è parsa una follia una ragione probabilmente c’è.
Ve l’immaginate se al tempo della SIP avessimo speso mille lire al minuto per il fisso!
Che cosa sarebbe successo? Il fatto è che allora l’idea del servizio al cittadino era ancora una idea imperante, preminente, significativa, che aveva un certo peso e questo sarebbe bastato ad impedire una simile deriva delle tariffe.
Ecco che cosa significa perdere il controllo pubblico su un servizio che i cittadini italiani di varie generazioni hanno contribuito a costruire con le proprie tasse. E questo discorso vale purtroppo per molte altre cose.
Siamo ancora convinti che le privatizzazioni facciano bene a i cittadini comuni?
Cerchiamo di imparare che quando abbiamo una azienda pubblica profittevole, perderla significa perderne per sempre il controllo delle politiche aziendali, divenire succubi delle scelte degli altri, perdere per sempre i profitti che ne derivano, tutte cose che fanno pensare ad un regresso e non ad un progresso. Privatizzare insomma significa perdere un vantaggio per molti, e consegnare un vantaggio per pochi. Il fine sociale di certi servizi viene snaturato anche in paesi che hanno Costituzioni (così poco comprese…) che si basano su un profondo valore sociale e collettivo.
Come contribuente dello Stato, come cittadino che ha vissuto gli anni della SIP, questa decisione di quadruplicare le tariffe risulta essere uno schiaffo, uno schiaffo perpetrato dal più forte nei confronti del più debole costretto ad assistere impotente, e a subire scelte a proprio danno, senza poter fare niente così da rimpiangere quei tempi quando ciò non sarebbe stato possibile, perché vi era il concetto dell’equità sociale e quello di bene nazionale, non del profitto ad ogni costo, che è spesso anche un costo sociale.
Questo aumento delle tariffe sul fisso pare avvenga per costringere sostanzialmente gli utenti a passare ad altri tipi di offerte. I due principali benefici che normalmente si affidano al regime di concorrenza, cioè a dire la diminuzione delle tariffe e la libertà di scelta dei cittadini sembra proprio che ne risultino estremamente danneggiate. Tutto questo dovrebbe fare a lungo riflettere.
Poiché non c’è dubbio alcuno che qui le tariffe aumentino e che la libertà di scelta diminuisca. Forse c’è qualcosa che non è stato valutato attentamente, forse si è passati sopra qualche diritto dei cittadini senza accorgersene. Altrimenti come si spiega questo fatto?
A proposito di raddoppi, e rimanendo nell’ambito Telecom (TIM) anche il costo del bollettino postale pare che raddoppi, e pare che avvenga sostanzialmente per costringere i clienti alla domiciliazione bancaria.
Governo e privati di questi tempi sembrano lavorare in stretta sintonia a danno delle fasce più deboli, e a favore delle già privilegiatissime BANCHE, diminuendo le possibilità di scelta degli utenti e clienti, possibilità che sono il sale della Democrazia. E’ recente per esempio la notizia del regalo fatto dal governo alle BANCHE sull’esproprio facile, dopo quello sul salvataggio dall’interno. Evidentemente, tutt’altro che dispiaciuti per i recenti espropri fatti perpetrare dalle Banche ai piccoli investitori illusi dall’ipotesi di profitti facili, il Governo continua convinto più che mai a favorire il più forte. Meno male che dovrebbe essere a maggioranza di sinistra!
La direzione intrapresa è questa: tutti sintonizzati (governo e grandi capitali) per aumentare il potere e i privilegi di chi ne ha già moltissimi, cioè per aumentare potere e privilegi delle BANCHE, a danno di chi, di privilegi, ne ha pochissimi. Siamo di fronte ad un nuovo medioevo! E questa non è la sola spia ad indicarcelo.
Benché rimanga persuaso che le privatizzazioni talvolta (non sempre) possano essere anche un bene, sono ben lontano dal fare di questa opinione una fede assoluta o una religione, errore in cui molti purtroppo incorrono, errorre che talaltri minimizzano con espressioni del tipo: Il capitalismo è il sistema meno peggio, il male minore. E possibile, ritengo, che si possa avere anche una maggiore fantasia, un maggior spirito critico ed in definitiva essere maggiormente propositivi. Il bene di una privatizzazione dipende da molte cose, dal come, dal cosa, dal quanto e dal quando...Senza tutta una serie di prerequisiti spesso si trasformano in un danno.
Anche in questo caso si dimostra infatti come le privatizzazioni creino un danno sociale e non un beneficio.
Per un danno sociale a centinaia di migliaia di famiglie pochissimi otterranno cospicui benefici.
Anche qui si sfrutta la privatizzazione per creare percorsi obbligati e colpire i deboli.
E’ possibile che si possa aumentare a proprio piacimento le tariffe di quanto si vuole?
Che cos’è questo arbitrio? E i tanto decantati benefici per la collettività derivanti dalle privatizzazioni dove dovrebbero essere? Quali sarebbero?
Forse sarebbe il caso di rileggere la Costituzione e particolarmente l’art. 42, specie dove si dice che rispetto alla proprietà privata (garantita!)la legge determina “i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale […]”. Si parla espressamente di funzione sociale, ma sembra che per molti questo aspetto debba venire decisamente trascurato. Ed anche noi cittadini comuni, ce ne rendiamo conto solo quando qualcuno esercita il proprio arbitrio per mettere le mani nelle nostre tasche e creare un danno sociale per molti a beneficio di pochi, solo quando qualcuno è divenuto così potente da poterci umiliare e costringere a scelte (passare ad altre offerte, dato che il costo del fisso è divenuto meno conveniente di queste altre) che, probabilmente, in un regime di reale concorrenza, potremmo non essere costretti a compiere.