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giovedì 30 gennaio 2014

Giornate memorabili in Parlamento per l'opposizione!

Quella vista ieri in parlamento è una pagina difficile da definire, certamente non bella per il governo. E' difficile soprattutto trovare definizioni positive le quali naturalmente, dal mio punto di vista, dovrebbero essere tutte quante riservate all'opposizione. Quando la demagogia si sposa all'autolesionismo quale venefica miscela può scaturirne!?! E' stato approvato un decreto contenente vari punti, una miscellanea eterogenea che unisce punti estremamente diversi tra loro se non addirittura contraddittori in qualche caso. Sono tecniche di nascondimento, fatte cioè per nascondere dietro un provvedimento populista un altro che probabilmente avrebbe fatto gridare allo scandalo. Questo modo di procedere ha sollevato legittimi dubbi di incostituzionalità. Penso che sarebbe opportuno quindi verificare la costituzionalità dei 'decreti macedonia' nonché la costituzionalità dei singoli punti facendone una esplicita richiesta all'organo competente in materia, la Corte Costituzionale.
Penso che potrebbero mostrarsi sensibili a questa richiesta, a questo invito  i fieri e coraggiosi oppositori all' approvazione di quello che è stato definito appunto 'decreto macedonia', per via suppongo dell'eterogeneità di cui accennavo, individuabili particolarmente nel Movimento Cinque Stelle, in Fratelli d'Italia e nella Lega che hanno combattuto fino in fondo pur sapendo che con ogni probabilità sarebbero stati accusati di voler far pagare l'IMU agli italiani, tesi non vera e che non regge alla prova dei fatti del loro operato.
Mi permetto quindi per quanto immeritoriamente di osare un timido suggerimento, quello di fare immediata richiesta, se possibile, alla Consulta, di verificare la costituzionalità dell'eterogeneità del provvedimento e dei singoli punti!
Soprattutto la parte del decreto che riguarda la Banca d'Italia, che è anche un simbolo importantissimo, oltreché una Banca, e che opera nell'interesse dello Stato (o lo dovrebbe fare), ha suscitato legittimo e sacrosanto scalpore. Sacrosanto sì, così come è 'sacro' il dovere di ogni cittadino di difendere la propria Patria, come ci ricorda l'art. 52 della Costituzione, una Costituzione troppo spesso dimenticata.
Una sacralità che evidentemente non tutti sentono allo stesso modo. Non ho letto personalmente i decreti e questo mi spinge ad un atteggiamento prudente riguardo al merito specifico degli stessi. Mi attengo a quanto emerso dall' aula soprattutto dagli interventi degli esponenti del movimento cinque stelle. Non posso entrare neanche troppo nello specifico perché la cosa meriterebbe uno spazio a se stante, tanto vi si potrebbe scrivere al riguardo.
Ma quanto udito fa capire che ci troviamo di fronte ad un provvedimento che aumenta del tutto arbitrariamente il valore delle quote di partecipazione fino ad un valore di sette miliardi e mezzo (vedrete che si troveranno mille scuse per giustificarlo), mentre sussistono altre stime e altre rivalutazioni che sarebbero realisticamente inferiori. E' una ricapitalizzazione che viene effettuata con la scusa della rivalutazione e col denaro pubblico il quale viene letteralmente regalato a chi già ce l'ha e in abbondanza, le banche, le quali non mettono un solo centesimo per la ricapitalizzazione.
Non possiamo biasimare chi si sente preso in giro francamente. Sarebbe stata garantita, se non erro, anche una percentuale di interessi annua del 6 %. Il 6% di sette miliardi e mezzo è pari a 450 milioni di euro.
E chi li paga questi milioni di euro? La Banca d'Italia! E la Banca d'Italia come fa a garantire tassi così alti? Probabilmente pensa di incamerarne di più! E' giusto o sbagliato chiedersi attraverso quali operazioni? E se questi proventi dovessero provenire dai rendimenti sui titoli di stato questo significherebbe tassi sui titoli superiori al 6% e conseguente aumento del differenziale (spread) ma soprattutto, cosa ben più importante, del debito pubblico. Mi chiedo quindi come è possibile che chi fa approvare simili decreti trovi il coraggio di andare in televisione a dire che si deve incentivare il lavoro agendo sugli sgravi fiscali, quando con ogni probabilità questo decreto andrà ad incidere negativamente sul debito pubblico. Chi fa approvare un simile decreto come può poi parlare di politica del lavoro quando i meccanismi finanziari sono così strettamente legati tra loro per cui il lavoro risente ovviamente delle alte tassazioni che servono a far fronte anche e soprattutto agli interessi del debito pubblico, come si può quando questo provvedimento potrebbe andare ad incidere proprio sul debito pubblico per 450 milioni annui.
Siamo di fronte alle banche che fanno politica, al denaro che fa politica, ma una pessima politica tesa purtroppo all'indebitamento. E si che si parlava di nazionalizzare una banca, nel qual caso sarebbe stata la politica finalmente a fare politica finanziaria!
Sarebbe opportuno tornare a parlare del debito pubblico in separata sede.
Si parla poi di eventuali aquisti da parte di altre banche anche straniere di quote di partecipazione che potrebbero essere invogliate dall'alto tasso di rendimento senza alcun rischio! Se questa è politica di sinistra!
No, credo che la politica di sinistra oggi non esista proprio nel Paese.
E' legittimo sospettare che nessun'altra Nazione in Europa e nel mondo avrebbe mai operato un simile atto autolesionistico nei confronti della propria banca centrale, nessuna!!!
In tempi di 'guerra economica' è un po' come dire 'invadeteci'!!!E credo e temo che ci sia già qualcuno (o forse molti) che stiano ridendo di noi in questo momento e per questa precisa ragione.
Ora, quando un governo opera in modo tale da mettere la propria Nazione nella condizione di essere derisa da altre Nazioni e di mettere in ridicolo i propri citattadini credo che si dovrebbe seriamente considerare l'ipotesi di fare un esame di coscienza!
Immaginate l'Inghilterra o la Francia o la Germania fare una simile cosa, è impensabile!
Ce le vedete queste Nazioni operare così? Io penso di no!
Il decreto sulla Banca d'Italia danneggia con ogni probabilità l'Italia e quindi avvantaggia i concorrenti della nostra Nazione. Ecco perché è un decreto autolesionistico.
Perché comunque la si pensi sull'euro, favorevoli o contrari che si voglia essere ( io ho già specificato che non ho una posizione definitiva in merito alla questione, ma che il prezzo dell'euro non puo essere la Democrazia!) non c'è dubbio che l'euro acuisca la concorrenzialità, la renda aspra! E questo a detta di molti economisti. Se veramente si pensa che questo decreto sulla Banca d'Italia sia per il bene della nostra Nazione lo si illustri con un serio e preciso dibattito dettagliato, magari in televisione, alla luce del giorno. Come dice anche il Vangelo di Marco, che è Vangelo di oggi e che cito a memoria senza la pretesa della correttezza letterale, "non si nasconde una luce", il che significa che la si mette bene in mostra. Se non lo si fa probabilmente vuol dire che non è una luce. E il fatto che il decreto sulla Banca d'Italia sia stato mascherato dietro il populista decreto sull'IMU lascia intendere che probabilmente si tratti proprio di questo, di qualcosa  di cui vergognarsi!
Quando sostenevo in post datati che in Italia sembra sussistere un modo di concepire la costruzione dell' Ue, per alcuni politici, a cui è estremamente funzionale il peggioramento delle cose nella nostra Nazione, sì da avere l'opportunità di dire che è meglio che ci governino altri organismi dal momento che noi non siamo in grado di farlo da soli, probabilmente dicevo il vero.
E di fatti le cose peggiorano sotto tutti i punti di vista.
Un dubbio legittimo: visto che questo decreto sembra danneggiare seriamente l'Italia, possibile che sia stato voluto al di fuori dell'Italia? A chi giova questo decreto se non giova all'Italia? Ci troviamo di fronte all'ennesimo 'consiglio senza coda'?
Credo che se ne rallegrino innanzitutto i  fautori dell'europeismo autoritario ( poiché non autorevole), a cui piace imporre la propria visione dell'Ue attraverso il ricatto economico, senza volerla mettere minimamente in democratica discussione. Il che la dice lunga su quanto siano persuasi della bontà delle proprie idee.
E perché i cittadini europei non dovrebbero avere opinioni sull'Europa o contribuire alla sua costruzione?
Perché sono costantemente tagliati fuori?

Il rapporto che certi organismi di questa Europa sembrerebbero chiederci non è in effetti un rapporto basato sulla fiducia anche se si insiste a chiamarla così, ma su una distorsione piuttosto evidente del concetto di fiducia, una sorta di pseudo-fiducia ( e sarebbe già qualcosa) in cui una delle parti ha una forza maggiore e l'altra minore e in cui questa forza è misurata sulla base della forza finanziaria. Quindi  viene sostanzialmente 'imposto' di avere fiducia.
Ma che fiducia è quella fiducia che viene imposta? La fiducia per essere veramente tale non può essere imposta. In realtà quella  che chiamo, eufemisticamente, cultura della pseudo-fiducia non ha niente a che vedere, come si può ben intuire, con la fiducia vera e propria né con quelli che si chiamano rapporti di fiducia.
Somiglia invece molto da vicino ad un rapporto che può essere indicato così: se fai quello che ti dico ti premio, se non fai quello che ti dico ti punisco.
Ora, mi dite secondo voi quale rapporto di fiducia si può stabilire su queste basi? Nessuno, è evidente! Si tratta in un cet qual modo di un rapporto da 'padre padrone'.
Quando tratti un tuo interlocutore dall'alto al basso imponendo la tua opinione sotto la minaccia più o meno velata di ritorsioni economiche, non cerchi un rapporto di fiducia ma un rapporto di sudditanza, primariamente psicologica ma non solo, in cui il riconoscimento della pari dignità ontologica non è minimamente presente.
La vera fiducia invece nasce proprio da questo riconoscimento: che colui col quale instauro un rapporto ha la mia stessa dignità ontologica e io la riconosco, la rispetto e la valorizzo.
Non si può chiedere un rapporto di fiducia senza riconoscere questa parità ontologica che è la base appunto del rispetto. Forse è bene ricordare che la fiducia è così preziosa che si dice: va conquistata!
Ma non con le armi, non con la violenza s'intende.
Vuol dire che il tuo 'essere' ha lo stesso valore del mio, che il tuo diritto all'esistenza è identico al mio. In un'ottica religiosa si potrebbe dire: riconosco che Dio ti ama quanto me!
Ora, in Italia erano in molti ad aver avuto fiducia in questa Europa, una vera, autentica fiducia, palpabile, spontanea, sincera.
Come è stata trattata questa fiducia? Come è stato trattato questo sentimento?! E' stata essa il presupposto di un rapporto basato sul riconoscimento della pari dignità ontologica? Purtroppo sembra di no!
La risposta a tutto questo la si evince e la si riscontra in quello che tutti riconoscono come un crescente euroscetticismo, altri come antieuropeismo, diverso-europeismo ecc. Questi fenomeni, comunque li vogliamo chiamare sono in crescita, è inutile far finta di niente.
Una ragione dovrà pur esserci? A chi giova far finta di non vedere? E come si intende persuadere questi cittadini? Con che mezzi, col ricatto finanziario?
A mio modesto modo di vedere vige da molto  tempo una certa euroincapacità all'ascolto.
Chi veramente volesse essere utile al Paese e all'Europa dovrebbe cercare di sintonizzarsi con la voce del popolo e con i suoi sentimenti. Ricordate l'art. 1 della Costituzione. Il popolo è sovrano.
Chi misconosce questo articolo lede la Costituzione, ne fa pura e semplice carta straccia, e se a farne carta straccia è chi vi giura sopra...

venerdì 24 gennaio 2014

Delle privatizzazioni

Durante l'ultimo ventennio non abbiamo fatto altro che ascoltare incessantemente un'unica opinione vissuta come oro colato, fatta passare per vangelo, per così vera da dover essere incontrovertibile, quella secondo la quale le privatizzazioni sono l'unica cosa  che si possa fare per migliorare l'economia e il benessere del Paese.
Ebbene, trascorsi questi venti anni ci rendiamo conto che i risultati non ci sono stati e che l'Italia è stata soggetta ad un processo di crescente deindustrializzazione che, all'analisi dei fatti, ha visto proprio nella privatizzazione la protagonista indiscussa di questo processo di smantellamento. L'Italia sembra diventata il super-mercato nel quale venire a comprare per dismettere o portare a casa e tutto questo nonostante la presenza nella nostra Costituzione dell'art. 41, un articolo che deve essere finito nel dimenticatoio, che non sentiamo mai citare, neanche da coloro che giurano sulla stessa Costituzione e che guidano il Paese. Perché è così difficile citare questo articolo?
Questo articolo dovrebbe essere fatto leggere a tutti coloro che intendono investire in Italia, anche perché e legittimo immaginare che desiderino conoscere almeno in parte il contesto nel quale vengono ad investire.
Per fortuna ci sono le eccezioni che non guastano ma che non sono sufficienti da sole a ribaltare la situazione, infatti guardando ai risultati in generale purtroppo questo processo è evidente, nessuno, dati alla mano, lo può negare.
Durante l'ultimo ventennio l'Italia ha perso circa il 20% della capacità industriale. Un punto percentuale di media all'anno! E questo fattore è alla scaturigine di molte tensioni sociali. E' possibile ignorarle? E come è possibile pensare ancora di illudere il popolo che con le privatizzazioni tutto va meglio? Sono rimasti in pochi a crederci! E la colpa non è della diffidenza ma della scienza!
La scienza ci insegna che le cose vanno provate con i fatti e in questo caso i fatti hanno dimostrato che in Italia le privatizzazioni in generale peggiorano le cose. Peccato, ma è così.
In Italia le privatizzazioni rappresentano quel fattore di permeabilità che consente lo smantellamento di ciò che funziona già e anche piuttosto bene! Non sarà il caso di rifletterci un po'?
La storia provata dimostra questa tesi. Non sarà dunque il caso di essere prudenti quando si affronta il tema delle privatizzazioni? Non sarà forse il caso di dare delle rassicurazioni? Siamo in attesa per esempio del parere dei sindacati.
Pensiamo poi alle ragioni per le quali si dice di voler privatizzare, cioè per  fare cassa!
Ma a che cosa serve fare cassa quando in Italia c'è un secchio bucato rappresentato dal debito pubblico che prima o poi ti rimangia qualsiasi 'tesoretto'? I cittadini stanno piano piano rendendosi conto di questo, nonostante tutti gli eventi distraenti che sono in corso.
Anzi verrebbe da chiedersi: proprio adesso che si stava focalizzando l'attenzione sui veri problemi del Paese si dovevano innescare cosi vasti elementi di distrazione di massa?
Difficile è capire perché non si è andati ad analizzare con scientificità questo problema del  debito pubblico negli anni passati, riversando su di esso tutta l'energia necessaria per risolverlo, poiché è possibile risolverlo.
Ecco quale sarebbe l'unica vera e utile riforma che si dovrebbe fare: la totale concentrazione di tutte le energie alla risoluzione del problema dei problemi, quello che è all'origine della maggior parte degli altri problemi, quello cioè del debito pubblico!!!
L'Italia potrà dire di aver finalmente voltato pagina quando e solo allor quando si sarà decisa ad affrontare seriamente e convintamente questo problema, per altro risolvibile. Non c'è riforma che tenga al confronto.
Invece di privatizzare per fare cassa dunque, inutile palliativo, affrontiamo questo problema con le armi della scienza economica e della scienza politica! Scopriremmo probabilmente che non c'è nessun bisogno di privatizzare per fare cassa, e i dipendenti delle aziende a rischio privatizzazione probabilmente sarebbero più tranquilli.
Se c'è qualcuno che è già abbastanza forte di per sé, questo è proprio il settore privato finanziario che non ha certo bisogno di favori, stanti così le cose.
E' il settore pubblico che deve essere aiutato casomai, infatti i rapporti attualmente in corso sono tutti sbilanciati a favore del privato-finanziaio e del bancario, con buona pace dell'economia reale e questo determina un rischioso squilibrio che alla fine danneggia tutti.
Perché andare a sommare pesi dalla parte della bilancia in cui già ve ne sono di più? Ma poi a che scopo?
Di fronte a tutto questo processo di deindustrializzazione attraverso le privatizzazioni possibile che non ci sia una sola opinione di sinistra in difesa del settore pubblico?
I cittadini italiani avevano riversato notevoli speranze nelle ultime elezioni e avevano richiesto particolare attenzione su vari temi: quelli dei trattati europei (del MES, del Fiscal Compact), del debito pubblico, del lavoro ecc. avendo ben intuito che alcune dinamiche in atto a livello nazionale ed europeo erano piuttosto sorde a queste richieste.
E che fine hanno fatto le risposte a tutte queste richieste? Completamente eluse!
E' difficile non sentirsi feriti di fronte alla totale impermeabilità del governo rispetto a queste legittime istanze del popolo che la Costituzione sancisce come sovrano. Esattamente, come sovrano! Perché è così difficile ottenere delle risposte incoraggianti su questi temi? Anzi, semplicemente ottener delle risposte?
I cittadini sono disorientati e non sanno da che parte rifarsi. Che ci crediate o no si sentono traditi e anche umiliati e presi in giro per l'ennesima volta, e come biasimarli?

giovedì 23 gennaio 2014

Del bicameralismo perfetto

Anche il Sistema Nervoso Centrale è diviso in due lobi che per certi versi sono simili e per altri diversi. C'è quindi in questa spartizione e divisione delle camere, cioè nel bicameralismo ( anche e soprattutto in quello 'perfetto'), una sorta di rispondenza, di isomorfismo con questo organo. Quando un organismo dello Stato è isomorfo ad un organo dell'essere umano, il livello di armonia aumenta nella società  per via delle somiglianze e delle rispondenze in essere e di ciò che di positivo esse comportano.
Infatti Camera e Senato sono simili e diversi al contempo, anche se prevalgono le similitudini. Tuttavia in questa spartizione anche così com'è c'è qualcosa, anzi molto, di positivo, pur nella similarità. La cosa principalmente positiva è che questa spartizione consente livelli di meditazione profondi e tempi di sedimentazione delle informazioni utili e direi necessari all'approfondimento delle stesse.
Se ai deputati spetta il compito di legiferare con maggior disinvoltura, il che non significa superficialmente, ai senatori, generalmente più anziani, spetta quello di stemperare le parti più stridenti, di indicare le eventuali anomalie, di rettificare ciò che è esagerato instaurando con i deputati un dialogo costruttivo basato sulla dialettica, anzi direi sulla nobile arte della dialettica, la quale, beninteso, può espletarsi proprio per questa struttura bicamerale. Legiferare è una responsabilità grandissima e l'assemblea costituente questo lo sapeva bene, avendo vissuto sulla propria pelle che cosa vuol dire legiferare in modo eccessivamente (e sottolineo eccessivamente) disinvolto, veloce, parziale e, come la storia ci insegna, dittatoriale.
Ma la disinvoltura può essere utile se coadiuvata da un organismo correttore come avevano ben intuito i padri costituenti. 
Alla camera dei deputati spetta dunque il compito di legiferare con maggior disinvoltura. Questa disinvoltura non è solo utile ma necessaria per certi versi e deve essere concessa con fiducia. E' una disinvoltura, per così dire istituzionalizzata e funzionale al pensiero creativo e divergente. Infatti in essa si nasconde il segreto della creatività propositiva.
Tuttavia siccome in questo proporre disinvoltamente è notoriamente presente anche un rischio (calcolato in questo caso) di andare anche oltre le righe o di commettere degli errori, ecco che subentra un livello di meditazione più profondo, quello del  Senato, che ha il ruolo di emendare e di stemperare questi eventuali eccessi, come abbiamo detto sopra.
Anche nell'essere umano sussistono e coabitano insieme vari livelli di attenzione, varie pulsioni e vari atteggiamenti di fronte alle informazioni ed alle situazioni che la realtà ci offre. Ognuno di noi può facilmente individuare in se stesso un livello di maggior impulsività e un livello di maggior meditazione. Spesso soltanto l'esperienza insegna ad armonizzare questi aspetti diversi della personalità. Possiamo dire che in un certo senso la Camera rappresenta ciò che di positivo può portare l'impulsività, il Senato ciò che di positivo può portare la meditazione e il loro dioalogo ciò che di positivo può portare l'esperienza. Vorrei quindi far notare che anche in questo vi è un chiaro isomorfismo con l'essere umano e con certe sue funzioni e caratteristiche viste anche in un'ottica evolutiva, e di  conseguenza anche questo si configura come un fattore positivo.
Talvolta non è facile capire nell'immediato quali siano gli eccessi, dove in una legge si è andati sopra le righe, dove si annida l'errore, dove sta l'esagerazione, la disarmonia ecc.
Per rendersene pienamente conto servono dei tempi di sedimentazione delle informazioni. I passaggi che avvengono tra Camera e Senato sono utili proprio per consentire questa sedimentazione che a sua volta favorisce l'assimilazione e l'approfondimento. Anche in questo sussiste evidentemente un certo livello di isomorfismo con le funzioni e le strutture della mente.
Ci sarebbero tante altre cose da dire ancora. così tante da non sapere da che parte rifarsi.
Per esempio, mi viene in mente che il 'porcellum' ha reso il bicameralismo farraginoso per l'asimmetria di trattamento tra Camera e Senato ( vedi post intitolato 'Porcellum' e 'larghe intese' ). Se prima c'era proporzionalità tra Camera e Senasto e rispondenza in termini di maggioranza, il'porcellum' l'ha tolta, togliendo governabilità. E questo dovrebbe far riflettere tutti coloro che sono alla ricerca della governabilità e delle ragioni dell'ingovernabilità.
Così il bicameralismo va a prendere colpe che in realtà non ha e che non può obiettivamente avere .
Per fare un altro esempio, una delle colpe di cui verrebbe accusato il bicameralismo perfetto sarebbe l'immobilismo.
L'Italia, come un sempre maggior numero di cittadini si sta ben rendendo conto, è stata consegnata all'immobilismo non dal bicameralismo ma dalle politiche dell'austerità che purtroppo sono state ratificate dai parlamentari delle precedenti legislature. Queste politiche ci hanno legato mani e piedi, hanno svenduto la sovranità nazionale, leso la Democrazia e creato danni incalcolabili di ogni genere. Forse tutto questo serviva anche per gettare la colpa sul bicameralismo, anzi forse principalmente per questo. Servirebbe invece in questo momento un atto di assunzione di responsabilità, e magari anche qualche mea culpa , invece si preferisce trovare un capro espiatorio.
E quale sarebbe il capro espiatorio? Il bicameralismo appunto! E' chiaramente, sotto ogni punto di vista, uno sviare il problema.
Quello che l'Assemblea Costituente ci ha consegnato con il bicameralismo costituisce un patrimonio di un valore incommensurabile che è il condensato di una profondissima cultura, di profonde esperienze e conoscienze anche circa l'essere umano, la sua psicologia e le sue caratteristiche e funzioni primarie, cosa che si evince da quell'isomorfismo di cui abbiamo accennato sopra. Questo patrimonio è ricco di valore, denso di significato e non può essere spazzato via  con tanta superficialità. Serve un dibattito.
E' dovere di ogni cittadino esprimere un parere su questo tema ma per poterlo fare è necessario un buon livello di informazione e poi un buon livello di meditazione sulle stesse informazioni ricevute e per fare questo ci vole tempo naturalmente. Servono livelli di lettura approfonditi ed estesi.
Possiamo augurarci che questi livelli di informazione si attivino?
Uno dei compiti del servizio pubblico di informazione dovrebbe consistere esattamente in questo.
Forse merita anche citare un vecchio adagio popolare che recita: la gatta frettolosa fece i gattini ciechi!
Quando la fretta rischia di spazzare via secoli di cultura, di conoscenze, quando rischia di diminuire i livelli di Democrazia e rappresentatività urge da parte di tutti riflettere e meditare con grande attenzione.
E sulla fretta e sulle urgenze ci sarebbero  tante cose da dire in Italia.

mercoledì 22 gennaio 2014

Della legge elettorale

Data la reticenza della politica ad affrontare la questione del 'porcellum' ci è voluta la Corte Costituzionale per  esprimere un giudizio definitivo sullo stesso, giudizio che l' ha dichiarata incostituzionale.
E questa ormai è storia.
Ora, i punti sui quali la dichiarazione di incostituzionalità si è espressa sono due:  premio di maggioranza e assenza di preferenze.
Per ovviare alla prima è necessario, o togliere il premio di maggioranza o indicare una soglia precisa che faccia scattare lo stesso, indicazione che nel 'porcellum' non c'era.
Nel primo caso c'è chi dice che si torni al passato della  'Prima Repubblica', cosa che sarebbe invece tutta da discutere. Infatti anche se il difetto della Prima Repubblica era quello di una scarsa durata dei governi, questo sistema ha portato l'Italia ad essere la quinta potenza economica mondiale, segno evidente che qualcosa funzionava, eccome! Anche se i governi si succedevano rapidamente infatti lo Stato era solido perché erano solide le sue istituzioni e tutto questo nonostante le molte tensioni. E una nazione non è fatta del suo solo governo ma di tutte le istituzioni che vi coabitano.
Andrei molto cauto quindi perfino con lo scartare un proporzionalismo perfetto, soluzione verso la quale di fatto andrebbe la legge elettorale epurata dei suoi elementi di incostituzionalità, proporzionale che potrebbe essere eventualmente corretto da alcuni accorgimenti. Dobbiamo riconoscere che tra l'altro il sistema proporzionale ha l'indiscutibile pregio di essere estremamente rappresentativo dei reali umori del Paese.
Quello che è cambiato oggi è il potere di ricatto dei cosiddetti mercati, cioè a dire le ingerenze esterne. Infatti chi cerca di fare leva su questo pretesto tende a dire che la successione dei governi è l'indice dell'instabilità, e che l'instabilità preoccupa i mercati. E con questa opinabile equazione l'ingerenza è bella che servita e i mercati governano! Cioè fanno politica.
D'altro canto un ragionevole premio di maggioranza effettivamente garantirebbe una maggiore durata dei governi e quindi una maggiore governabilità e apparente stabilità.

Per ovviare al secondo oggetto della contestazione, l'assenza di preferenze, è necessario inserire la possibilità delle stesse, non ci sono alternative. Nella proposta di legge elettorale attuale, invece le preferenze non ci sono.
Credo che per forgiare una buona legge elettorale sia necessario meditare attentamente ogni punto. E' questa l'opportunità che ci viene data dalla sentenza della Consulta. Ed è il parlamento il luogo nel quale questo dibattito deve svolgersi e nel quale i punti devono essere discussi uno per uno. Il che non significa che non si possa e non si debba esprimere le proprie opinioni anche al di fuori di esso, che anzi questo è un elemento di vivacità e di creatività e anche ovviamente di partecipazione che è ciò che si richiede ad ogni cittadino.
Prima della sentenza della Consulta comunque c'era uno stato di totale immobilismo nonostante le richieste di revisione del 'porcellum' da parte di vastissime aree della società civile. Adesso, dopo che la Consulta si è espressa c'è una gran fretta. Pensiamo che siano da ritenere sbagliati entrambi gli attegiamenti. Sarebbe opportuno invece procedere nei tempi giusti, ma sopratutto nei modi giusti cioè facendo svolgere al parlamento il suo ruolo di legislatore e non quello di semplice ratificatore! Relegare il parlamento a ruolo di ratificatore è lesivo della sua dignità. Il parlamento dovrebbe essere il luogo dove avvengono le 'connessioni sinaptiche' se mi si passa l'espressione, oppure dove si estende la 'Zona Prossimale di Sviluppo'. Le caratteristiche delle leggi si possono discutere anche fuori naturalmente ma poi è buona norma farle in parlamento, non fuori e la fretta oltretutto è una cattiva consigliera. Non è rispettoso nei confronti della Consulta stessa eludere un dibattito attraverso accordi politici blindati. Sa tanto di vecchia politica. Lo è ancor meno eluderlo con un accordo in palese contraddizione con la sentenza della stessa, che ha sancito l'incostituzionalità delle liste bloccate e dell'assenza di preferenze.
Come dire che dopo la sentenza della Corte Costituzionale si procede col proporre una legge elettorale che non è costituzionale! E tutto questo di gran fretta! Per coloro che sostengono che la fretta è innescata dalla sentenza della Consulta, nel rispetto e in ossequio alla stessa si apre una bella contraddizione, piuttosto difficile da dirimere.
Ma c'è un'altra cosa da tenere presente nel dibattito attuale e sono le soglie di sbarramento. E' una questione troppo importante per non tenerla presente. Dobbiamo tenere saldi infatti alcuni principi inalienabili come, nella fattispecie, quello del diritto al voto. Le soglie di sbarramento di fatto rappresentano per una moltitudine di persone il cestinamento puro e semplice di questo diritto. Credo che si debba cominciare a rimuovere quegli ostacoli che impediscono di fatto l'esercizio di questo diritto. Se ne dovrebbe discutere anche se questa lesione si verificasse per un singolo cittadino, figuriamoci quando ciò avviene per centinaia di migliaia e forse anche milioni di cittadini, è intollerabile. Personalmente abolirei completamente le soglie di sbarramento e se ciò non dovesse essere possibile queste andrebbero comunque ridotte di molto.
Per una buona legge elettorale bisognerebbe coniugare rappresentataività e governabilità e personalmente credo che tra questi due punti quello maggiormente importante sia il primo.
Insomma la carne al fuoco è molta ed è necessario procedre con un atteggiamento serio e rispettoso della Costituzione, delle istituzioni legislative e della Corte Costituzionale. 

martedì 14 gennaio 2014

Banche, territorio, mercato

Le banche sono istituti il cui ruolo tradizionale è sempre stato quello di finanziare progetti ex novo, aziende,ditte varie, ecc. legati evidentemente all'economia reale e primariamente al territorio.
Nessuno mette in dubbio naturalmente che questo ruolo rivesta una grande e strategica importanza e che le banche siano per questo importantissime e per certi versi insostituibili.
Se dunque l'importanza delle banche è storicamente collegata allo sviluppo del territorio di appartenenza e del suo tessuto sociale, e questo ha funzionato per secoli, perdere questo legame potrebbe costituire un gravissimo errore ed aprire molte incognite. Inseguire lauti guadagni rischiando operazioni finanziarie dal dubbio esito si è dimostrato invece spesso un errore, quello sì, con conseguenze economiche disastrose. Ricordiamoci che sul banco degli imputati dell'attuale crisi economico-finanziaria vi è, a detta di molti economisti, la finanza speculativa e non quella che finanzia progetti reali.
Quando si snatura l'essenza di una banca andando contro la sua stessa storia, la sua stessa tradizione, i rischi divengono potenzialmente notevoli.
Ma se ricapitalizzazione di una banca significa strappare la sovranità e il legame col territorio, garanti del benessere dei cittadini del territorio stesso, dovremmo chiederci se sia veramente opportuno ricapitalizzare. Non credo sussistano obblighi di sorta!
Anche qui dabbiamo renderci conto che spesso ricapitalizzare coincide con svendere le proprie prerogative, la propria identità, la propria storia e la sovranità, cose che creano forti legami col territorio, e finire nelle mani di chi potrebbe non amare altrettanto il territorio in cui magari una banca è nata, è cresciuta e ha vissuto per secoli. Se la ricapitalizzazione avviene in modo da garantire il mantenimento di una certa tradizione e non strappa la sovranità al territorio può essere una cosa ragionevole. Viceversa se significa smembrare, smantellare, prendere e portare a casa a chi giova tutto questo? Il territorio se ne avvantaggia? Attenzione alle operazioni autolesionistiche e ai 'consigli senza coda', quelli dati a beneficio del consigliere e non del consigliato! Oltretutto ci sono questioni circa certe ricapitalizzazioni che andrebbero inquadrate nell'insieme. Se per esempio non fossero stati gettati via ( o forse è meglio dire regalati?) miliardi di euro in operazioni senza capo ne coda l'esigenza di ricapitalizzare certi istituti non sussisterebbe!

In generale poi si avverte l'esigenza di approfondire certe tematiche legate non solo alle banche ma anche al mercato. Qualcuno, esperto del settore, dovrebbe probabilmente cominciare a sollevare certe questioni e a studiare approfonditamente se per caso le regole del cosiddetto 'libero mercato' non siano da rivedere e correggere nell'interesse di tutti. Sembrano talvolta piuttosto anti-democratiche che democratiche. E' un argomento molto serio che non è possibile risolvere in poche battute naturalmente.
Ma sembra davvero necessario porre questa questione e arrivare ad una conclusione scientificamente incontrovertibile sulla stessa.
Mi permetto solo alcune osservazioni per venire incontro a quanti richiedono partecipazione, concorso di idee e stimoli del pensiero.
Si dice spesso libero mercato, marcando spesso l'accento su questa parola: libero.
E questo farebbe immediatamente pensare che questo mercato viva di una assoluta libertà e che sia una garanzia assoluta di libertà, garantendo cioè una delle più grandi conquiste del genere umano. Ma è davvero così?
Questa domanda è pertinente poiché se per libertà si intende la libertà di tutti, cioè una libertà democraticamente estesa a tutti i cittadini, nessuno escluso, allora dovremmo cominciare a chiederci se il mercato questo  è davvero in grado di garantirlo oppure no. O, per meglio dire, se questo assetto attuale con le regole attualmente vigenti, sia in grado di garantirlo oppure no.
Sembra infatti che il mercato sia piuttosto incline a garantire la libertà dei più forti e dei più ricchi, ma assai meno incline a garantire la libertà dei più deboli e dei meno abbienti e questo a lungo andare determina degli squilibri che alla fine danneggiano tutti anche i più forti e i più ricchi.
Ciascuno la pensi come vuole ma seri interrogativi dovrebbero porsi su questo assetto mercato-centrico, dove non è tanto il mercato in sé e per sé, per la verità, ad essere sotto accusa ma le regole ad esso soggiacenti  e, semmai, una certa strumentalizzazione politica che se ne fa.
La domanda se questo assetto risponda a esigenze di garanzia democratica si sta diffondendo in strati assai ampi della società dai più ai meno colti, e questo non dovrebbe essere né ignorato né preso alla leggera, anche perché bisognerà riconoscere con onestà intellettuale, che queste osservazioni si basano sull'esperienza diretta, sulla vita vissuta e sull'osservazione del fatto che dopo tanto libero mercato l'Italia si sta oggi sempre più deindustrializzando e impoverendo e difficoltà sociali stanno emergendo in strati via via più ampi della popolazione e la politica non sembra avere gli strumenti per fronteggiare tutto questo.
Le banche svolgono una funzione sociale molto importante vorremmo soltanto che fossero più resistenti a certi condizionamenti che vengono dall'esterno e che invitano a speculare e più sensibili a certe richieste dell'imprenditoria e della società civile in generale soprattutto quando appartiene al territorio. E in Italia ci sono territori magnifici da tutelare.
Esse non dovrebbero fare politica, non dovrebbero speculare sui titoli di stato ma aiutare l'impresa e il territorio a crescere e svilupparsi in aderenza con l'invito costituzionale dell'art. 41.

giovedì 9 gennaio 2014

'Porcellum' e 'larghe intese'

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale espressa in merito alla legge elettorale universalmente nota come 'porcellum' e definita una 'porcata' dal suo stesso autore, una sola strada può aprirsi, quella di una nuova legge elettorale. Questa sentenza oltre a questo specifico e indiscusso merito ha anche quello di aprire un dibattito su una legge elettorale alternativa che non potrà essere che diversa e si spera finalmente aderente alla Costituzione. Così, estendendosi il dibattito, molte cose possono essere ridiscusse e rivalutate, come per esempio le stesse soglie di sbarramento che sinceramente odorano fortemente, pure quelle, di incostituzionalità. Odorano di incostituzionalità perché vanificano il voto di centinaia di migliaia di cittadini che vedono letteralmente cestinare il proprio impegno di elettori e questo dobbiamo finalmente avere il coraggio di ritenerlo un vero e proprio abominio intollerabile.
Per tornare al 'porcellum', che esso sia stato innanzitutto una scelta politica anziché tecnica lo si evince anche dal fatto che sembra essere stato l'elemento fondamentale nella creazione delle 'larghe intese'.
E questo non per i difetti tacciati come incostituzionali dalla Consulta ma per altri difetti che, pur essendo passati in secondo piano rispetto ai primi, sono nondimeno assai rilevanti.
Mi riferisco particolarmente ad un difetto sostanziale, cioè la sua asimmetria o, se preferite, la sua disomogeneità. Questo difetto risiede nella disparità di trattamento tra le due camere, quella dei deputati e quella dei senatori. Uno degli elementi fondamentali che hanno determinato difficoltà nella governabilità dopo le ultime elezioni (con conseguente istituzione delle 'larghe intese') è stato determianato dal fatto che alla Camera c'era una maggioranza assoluta ed al Senato solo relativa. E questo proprio a causa di questo difetto sostanziale in assanza del quale la governabilità sarebbe stata praticamente garantita!
Così le 'larghe intese' sembrano essere il frutto di una scelta politica ben precisa che vede il 'porcellum' come indiscusso protagonista e non semplicemente la diretta conseguenza del risultato elettorale che ha visto, come sappiamo, tre schieramenti su valori, abbastanza paritetici in termini percentuali.  
La funzionalità del 'porcellum' come veicolo di realizzazione delle 'larghe intese' sembra essere assai rilevante, tanto da lasciar pensare che la disparità che lo ha caratterizzato sia stata cercata ad arte.
Fantapolitica? Forse, chissà... Ma una cosa è certa, chi avesse voluto progettare le 'larghe intese' non avrebbe potuto trovare miglior alleto dell'asimmetria del 'porcellum'!

giovedì 2 gennaio 2014

Buon Anno...e si riparte!

Prima di ricominciare con un nuovo anno di articoli, appena entrati nel 2014, vorrei augurare Buon Anno a tutti!!!
Dopodiché sarei quasi tentato di affrontare un tema che sembra tornare prepotentemente alla ribalta, quello del bipolarismo senza por tempo in mezzo. Ma la vera tentazione sarebbe quella di farlo in modo alquanto stringato, quasi a mo' di battuta. In effetti l'argomento sarebbe tale da lasciar presagire paginate e paginate di  argomentazioni e non penso che adesso, in un momento che mi vede impegnato su vari fronti, riuscirei a prodigarmi in una impresa del genere. Così cercherò di esprimere alcune impressioni personali in modo estremamente sintetico, nella sola speranza  che possano contribuire al dibattito in corso e ripromettendomi di approfondirle successivamente soprattutto a me stesso.
Il bipolarismo è da molti visto come un elemento di modernità anche perché ci sono esempi di moderne democrazie che lo adottano. Ma ci dimentichiamo sempre che ciò che funziona all'estero non è detto che funzioni in Italia. Infatti in Italia spesso accade che di una cosa importata pedissequamente dall'estero si riesca a prendere solo gli aspetti negativi tralasciando quelli positivi anche quando ci sono.
C'è da dire poi che il bipolarismo corre il rischio di trasformarsi col tempo in bipartitismo.
E in che cosa si trasformerebbe in Italia il bipartitismo se non in una 'larga intesa' fintamente divisa?
Ecco perché in Italia il bipartitismo sarebbe così rischioso. Esso finirebbe semplicemente con lo schiacciare tutta quanta quella varietà di pensiero che è ricchezza incommensurabile su due poli che poi finirebbero con l'omologarsi a vicenda di fronte alle pressioni del pensiero unico sull'Europa! Mentre ciò che occorrerebbe fare in questo momento sarebbe proprio cercare la varietà, la ricchezza, la fantasia, il pensiero creativo e quello divergente. Andrebbe cercato, si dice da noi, col lanternino!L'Italia dovrebbe cioè sforzarsi di trovare una sua specifica strada, facendo leva sulle proprie forze e sulla riccheza della varietà di pensiero, sulle proprie prerogative, sulle proprie caratteristiche e peculiarità positive, e ce ne sono, sfruttando la creatività e la scientificità razionale e non copiando soluzioni da contesti così diversi dal nostro. Intendiamoci, indicare dei modelli è legittimo naturalmente e anche giusto per certi versi, ma non basta da solo, perché poi bisogna avere il coraggio di calare il modello nel contesto italiano e questo è difficile.
Le soluzioni devono essere lungamente meditate, la fretta non è una buona consigliera. E sarebbe fare un torto alla nostra Nazione misconoscergli la capacità e la possibilità di trovare una via autonoma e magari originale.