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domenica 20 ottobre 2019

La politica può essere creativa solo se non rifiuta il contatto coi cittadini

Oggi assistiamo al diffondersi di un atteggiamento politico molto superficiale che se non debitamente rivisto rischia di portare il Paese verso forti tensioni sociali.
Purtroppo l’atteggiamento in questione è quello del rifiuto del dibattito o delle istanze, siano esse di un individuo, di un gruppo sociale o di una nazione, che è oggi molto diffuso e costituisce purtroppo uno dei maggiori problemi per lo sviluppo della società sia a livello nazionale che a livello internazionale.
Lo stesso abbassamento del livello di rappresentanza del Parlamento italiano deciso con una riforma costituzionale peraltro mai annunciata in campagna elettorale, basata sul taglio del numero dei parlamentari, coincide con questa tendenza preoccupante.
Anche l’atteggiamento dell’Unione europea, quello del sostanziale rifiuto di prendere in considerazione le istanze che da molti anni provengono dall’Italia o, per meglio dire, da certi italiani preparati e competenti nonché sensibili nel rilevare le problematiche poi esposte in vari libri, istanze che per esempio sottolineano la disarmonia sussistente tra lo sviluppo dell’Ue stessa con i suoi relativi trattati e i contenuti della Costituzione della Repubblica Italiana, corrisponde a questa preoccupante tendenza.
È sempre sbagliato rifiutare un confronto e un dibattito, oltre ad essere sostanzialmente maleducato per non dire irrispettoso e il fenomeno, particolarmente quando si diffonde, rischia di portare le energie delle persone ad essere incanalate verso una china pericolosa, in un percorso nevrotico, da cui il rischio di tensioni sociali. Le nevrosi sono stati patologici per nulla desiderabili e la politica anche in considerazione dell'articolo 32 della Costituzione non dovrebbe ignorare il problema ed ha anzi il dovere di prendere in considerazione il pericolo di relegare un numero imprecisato ma alto di cittadini in quello stesso stato e dovrebbe disporsi ad evitare ogni rischio di infliggere anche inconsapevolmente un simile supplizio. Da cui l'esigenza di indicarlo.

Rifiutare il confronto, ad ogni livello, è la premessa dello stato nevrotico.

Ce lo spiega molto bene la psicologia, e la terapia della Gestalt in particolare.
Per il terapeuta della Gestalt, il confronto verbale, anche nel caso sia aspro e tendente ad essere identificato con un conflitto, costituisce sempre una sorta di collaborazione:
Il conflitto costituisce una collaborazione che va al di là di quel che è inteso, verso una figura completamente nuova” ci spiegano Perls, Hefferline e Goodman.
E ci specificano che questo è certamente vero “per ogni collaborazione creativa tra persone”.
Tendiamo a pensare che una collaborazione creativa non sia conflittuale proprio in quanto tale, cioè in quanto creativa, mentre non è assolutamente detto che non lo possa essere. Pur riconoscendo che una collaborazione creativa possa sussistere su certi livelli di armonia tra le posizioni in campo e nella fattispecie anche in considerazione del fatto che si parla apertamente di “collaborazione creativa” dove non c’è dubbio che a “collaborazione” debba corrispondere un qualche tipo di armonia, è anche possibile che un rapporto creativo possa avvenire in una situazione maggiormente critica, come può essere una situazione conflittuale.
Del resto critici e storici dell’arte di grande importanza, come per esempio Achille Bonito Oliva, ci hanno informato già da tempo di come l’arte contemporanea fondi l’approccio col riguardante, posizionandosi già all’avvio, su una situazione di schermaglia. Il contatto tra opera e fruitore dell’opera si avvia sulla base di una schermaglia iniziale. È così che la maggior parte delle persone vive l’impatto con l’opera d’arte contemporanea, molti di noi ne hanno fatto esperienza. Ma questo ci porterebbe a parlare di questioni che non possiamo affrontare adesso. Ci basti pensare per il momento che, anche nel campo giudicato massimamente creativo, quello dell’arte, è noto che un conflitto iniziale possa portare successivamente, se non rifiutato, ad esiti creativi dove la creatività, in questo caso, non è da attribuirsi semplicemente all’artista che ha creato l’opera, ma è propria del riguardante che attraverso il rapporto intenso e creativo con l’opera stessa matura e forse cambia in meglio, scoprendo di essere diverso e forse migliore di ciò che sarebbe stato se avesse rifiutato di addentrarsi nella fruizione artistica di una determinata opera. È la sensazione della crescita culturale che è anche accrescimento e trasformazione della personalità.
A questo punto citerei un brano del libro “TEORIA E PRATICA della TERAPIA della GESTALT, Vitalità e accrescimento della personalità umana, dell’Astrolabio, opera dei tre già citati autori, Perls, Hefferline e Goodman, che è illuminante a questo riguardo ed in particolare a proposito di interessi diversi tra persone che collaborano o confliggono:
L’efficienza maggiore non viene raggiunta stabilendo un’armonia a priori tra i loro diversi interessi, né compromettendo i loro interessi individuali nei confronti di una meta preconcetta; piuttosto (finché le persone rimangono in contatto tra di loro e si prefiggono con serietà di raggiungere la migliore conquista creativa), quanto più acutamente differiscono nella propria opinione e discutono il problema apertamente, tanto più probabilmente produrranno collettivamente un’idea migliore di quella che ognuno di loro aveva individualmente”.
Ma occorre appunto rimanere in contatto. Rifiutare di prendere in considerazione un’istanza è rifiutare il contatto e quindi ogni cosa positiva e ogni soluzione creativa che da esso potrebbe scaturire.
Per tornare alle considerazioni politiche, il Parlamento è il luogo del contatto per eccellenza tra i rappresentanti del popolo, deprimerne la rappresentanza significa rinunciare ad occasioni di contatto, a potenziali sviluppi creativi rispetto a questioni rilevanti per il Paese.
Anche le dinamiche del gioco possono offrirci spunti di riflessione.
Sappiamo che il gioco è un grande fattore di crescita e non solo nei bambini. Anche gli adulti giocano e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Le discipline sportive ne sono uno e il calcio la fa da padrone, particolarmente in Italia.
Così nei giochi” proseguono Perls, Hefferline e Goodman, e non solo sportivi, “è proprio la competizione che spinge i giocatori a superare se stessi” e ci dicono anche che il problema “della competitività nevrotica non è la competizione in se stessa, ma il fatto che il concorrente non è interessato al gioco”.


Per tornare al parallelismo con l’arte e con l'artista, anche e soprattutto quello contemporaneo che secondo Bonito Oliva "non chiede più comprensione che fraintendimento" secondo la sua "necessità soggettiva",i nostri tre autori ci dicono che “anche nell’atto creativo di una singola persona, per esempio in un’opera d’arte o in una teoria, è proprio il contrasto che si produce tra gli elementi eterogenei e irreconciliabili che fa saltar fuori all’improvviso una soluzione creativa”.
Se a livello individuale rimane ferma la legittimità di rifiutare il gioco, qualsiasi gioco, anche quando rifiutarlo potrebbe costituire una occasione positiva e di crescita non colta, sul fronte della politica, quando si diviene rappresentanti del popolo sussiste un certo dovere di essere interessati al gioco, di non rifiutare il contatto, il confronto, specie con i cittadini di cui si dice di essere i rappresentanti.

Collaborare, competere, confliggere, se contenuti entro certi limiti, possono variamente farci ottenere esiti creativi e farci pervenire a soluzioni creative a determinate problematiche.
Ma perché una soluzione creativa e magari inaspettata possa scaturire la disposizione a prendere in considerazione le idee di chi si è tenuti a rappresentare è un prerequisito essenziale, necessario.
Andare verso il rifiuto di una buona rappresentanza dei cittadini nel corrispondente Parlamento, deprimerla fino al livello più infimo in Europa, cosa di cui qualcuno si vanta, non è la risposta giusta che ci si attende dalla politica nazionale. Disinteressarsi agli studi che indicano le disarmonie esistenti tra trattati Ue e Costituzioni nazionali, come quella italiana, non è la risposta che ci si attende dalle politiche comunitarie. Questi rifiuti possono soltanto sviluppare conflitti nevrotici. A chi giova?