Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







lunedì 27 settembre 2021

Stato di emergenza e dissonanza cognitiva

Lo stato di emergenza se eccessivamente prolungato diviene intollerabile, la compressione di diritti di rango costituzionale, può essere infatti tollerata solo entro limiti temporali ragionevoli e definiti. Del resto il Codice della protezione civile stesso dice proprio questo, che i mezzi e i poteri straordinari che lo stato di emergenza porta con sé debbono essere impiegati durante limitati e predefiniti periodi di tempo. Definire i limiti temporali di questo stato di emergenza in base a criteri di ragionevolezza avrebbe degli indiscussi vantaggi. Ciò consentirebbe per esempio uno sforzo consapevole in cui cioè le energie da spendere e le frustrazioni da sopportare, inerenti le quasi scontate restrizioni, vengano messe in conto e calcolate da ogni cittadino, sapendo che poi, dopo questo sforzo si può rivedere, per così dire, la luce. In questo lasso di tempo ragionevole e definito, in cui c’è una accettazione consapevole delle limitazioni, diviene poi doveroso cercare la migliore soluzione possibile al problema sanitario, con scelte responsabili ed efficaci, basate sui testi scientifici e sulla letteratura specifica. Non sempre questo è stato fatto e purtroppo ciò ha comportato dei rischi notevoli sotto moltissimi profili. Ogni errore rischia sempre di generare una catena di errori, di riverberarsi in ogni dove e di errori ne sono stati fatti. Del resto nessuno è perfetto, il virus era relativamente sconosciuto e inizialmente si è agito a tentoni.
L’errore più grande forse è stato ed è, pensare che la soluzione della crisi epidemiologica, sempre ammesso che sussista ancora, sia consistita e consista nel comprimere per un periodo di tempo diritti che appunto fanno capo alla fonte primaria del diritto nel nostro Paese, la Costituzione, come il diritto alla libera circolazione, ad incontrare altre persone senza un limite numerico definito, senza dispositivi di protezione individuale e via discorrendo. Mentre è probabilmente vero il contrario, cioè a dire che l’esercizio dei diritti costituzionali o il ripristino degli stessi, avrebbe aiutato e aiuterebbe a riportare una vittoria più netta e veloce sul famigerato nuovo coronavirus. Sembrerà strano probabilmente eppure è così. E per comprenderlo dobbiamo tornare con la mente alle fasi iniziali della pandemia, quando le nozioni scientifiche e la letteratura da cui esse derivano avevano ancora un ruolo centrale, prima cioè di essere spazzate via da interessi di altro genere e da una informazione terrorizzante e sbalorditivamente imprecisa, fatta di numeri sballati, di vocaboli nebulosi e dal perimetro semantico incerto, di espressioni fuorvianti, di categorie inesistenti, di etichette sempre in aggiornamento.
Chi mantiene un atteggiamento scientifico, beninteso, c’è anche ora, solo che difficilmente riesce ad accedere al sistema mediatico nazionale, particolarmente nelle fasce dei grandi numeri.
Loretta Bolgan per esempio presumo che condivida anche oggi l’opinione che condivideva prima col consulente scientifico del primo ministro inglese che a inizio pandemia, sosteneva che se avessimo voluto proteggerci dalla covid per l’anno successivo avremmo dovuto spingere per una immunità di gregge naturale, non quella da vaccino, perché questa ci avrebbe permesso di veder circolare il virus molto meno. Questa era una opinione che aveva avuto credito per un certo periodo di tempo anche in Israele, Paese che poi ha preferito fare da apripista per altri tipi di soluzioni che, a quanto pare, stanno mostrando più di qualche difetto e che quindi sarebbe legittimo non seguire.
Ora, l’immunità di gregge naturale la si può raggiungere meglio quando le persone circolano ed entrano in contatto le une con le altre. Ecco perché se i diritti costituzionali della libera circolazione dell’individuo non avessero subìto contrazioni così grandi, l’immunità di gregge naturale avrebbe potuto raggiungersi senza grossi problemi e, stante l'alto grado di contagiosità, in tempi relativamente bervi. Del resto se il virus nella stragrande maggioranza dei casi, particolarmente per le fasce più giovani, si diffonde nella forma senza sintomi, quindi non pericolosa e tuttavia in grado di sviluppare una risposta immunitaria naturale importante e durevole, sarebbe valsa la pena, una volta messe al riparo le fasce a rischio naturalmente, i cosiddetti fragili, mantenersi su questa strada, quella appunto di non limitare i contatti. Invece è intervenuto qualche fattore che ha sviato da quella che sembrava essere la strada maestra, in sintonia con la letteratura scientifica e si è giunti addirittura a limitare i contatti tra medico e paziente.

L'idea di evitare contatti ha portato al confinamento, al coprifuoco e a molteplici numerose restrizioni, con conseguenze incalcolabili sotto molti punti di vista. Evitare contatti non è sbagliato se si tratta di evitare la peste, solo che non ci trovavamo di fronte alla peste.
Emerge e si rafforza l’idea che ci sia stata una risposta sproporzionata, adesso che il famigerato virus è meglio conosciuto.
Quindi, anche ammettendo che la prudenza sia un atteggiamento tendenzialmente e generalmente positivo, possiamo affermare che le restrizioni non abbiano certo permesso il conseguimento dell’immunità di gregge naturale. Inoltre la privazione delle libertà troppo prolungata che scaturisce da un atteggiamento eccessivamente prudenziale, sproporzionato appunto, è essa stessa fonte di malattia poiché induce a degli stati patologici veri e propri e l'uomo cerca istintivamente la via di liberazione da questi stati indesiderati. Prova ne sia il fatto che per la libertà ci sono state persone che hanno dato la vita giacché evidentemente sentivano che vivere senza di essa era un po' come vivere in un eterno stato patologico. L'individuo è sospinto verso un proprio sviluppo armonico e senza la libertà, nel vivere in uno stato di assoggettamento, di privazione, di minorità, di morboso controllo esterno, anche di potenziale perpetuo ricatto, questo sviluppo non può sussistere né dare frutti. Lo stato di emergenza che dà luogo a numerose eccezioni, rischia di divenire la regola e se qualcuno si permette di dire che questa nuova regola contrasta con la Costituzione viene additato come un pericoloso sovversivo e proprio mentre cerca di evitare che venga sovvertito l’ordine delle priorità in base alle gerarchi delle fonti del diritto, mentre cerca cioè di far notare che c'è qualcosa che stride, che non si armonizza con le fonti del diritto sovraordinate. I provvedimenti aventi forza di legge o quelli amministrativi che stridono con le fonti sovraordinate, danno inevitabilmente luogo ad una sofferenza psichica e fisica nei cittadini che stridore riescono a ravvisare, molte sofferenza in vero e tra queste ce n’è una che è possibile catalogare come dissonanza cognitiva. Le mie funzioni cognitive educate al rispetto della Costituzione, si plasmano su determinate traiettorie di attesa, cioè si attendono il rispetto di certe gerarchie. Se ciò non avviene, si entra in dissonanza con ciò che è atteso. È un po’ come quando il bullo ti impone di dichiarare rosso il verde e verde il rosso. I tuoi sensi che dicono il vero si ribellano istintivamente, riconoscono infatti il rosso e il verde, per cui la risposta attesa, sana, è quella coerente con questo riconoscimento. le circostanze però ti spingono a dover dichiarare il contrario, ne scaturisce una sofferenza. Vale anche per le leggi. Ciò che è sovraordinato non è subordinato, cioè che è subordinato non è sovraordinato. Se qualcuno o qualcosa ti spinge a dichiarare il contrario ne deriva anche in questo caso una sofferenza. Vivere costantemente in uno stato di dissonanza cognitiva induce ad uno stato patologico in cui l'individuo non può cresce né svilupparsi in modo armonico. Chi è disposto a vivere in un perpetuo stato patologico per paura di un virus da cui in oltre il 90 per cento dei casi si guarisce spontaneamente? Probabilmente qualcuno c'è, qualcuno che risponderebbe sì, di essere disposto a tanto lo troveremmo, però siamo abbastanza certi di poter affermare che col passare del tempo, dopo aver sperimentato sulla propria pelle che cosa significa vedersi privare lungamente di quelli che sono diritti di rango costituzionale, sussisterebbe la ragionevole certezza di un probabile cambio di opinione. Perché ci sono tecniche, come quella detta della rana bollita, che sono lente a palesarsi, però prima o poi si palesano. Se per rinnovare il passaporto covid un giorno le persone dovessero essere costrette all'ennesima dose di una terapia genica che già adesso denuncia tutti i suoi limiti e notevoli problematiche, qualcuno mangerà la foglia e si schiererà auspicabilmente con quanti già adesso protestano, e non sono pochi.

"Una volta che in questione sia una minaccia alla salute gli uomini sembrano disposti ad accettare limitazioni della libertà che non si erano mai sognati di poter tollerare, né durante le due guerre mondiali né sotto le dittature totalitarie".
Giorgio Agamben

Qualcuno sembra averne approfittato però tutto ha un limite, poiché ci sono dei precisi confini che non possono essere varcati senza che ciò appaia ingiusto, che una moltitudine di persone se ne accorga, certi confini non possono essere valicati impunemente.

Ci sono dei precisi confini, sì, come ci insegna Orazio, varcati i quali non può sussistere il giusto e anche la persona meno accorta e meglio disposta a cedere diritti perfino di rango costituzionale in cambio dell'illusione di ripararsi da un virus ormai curabilissimo, dopo un po' si renderebbe conto di vivere ormai in un mondo estremamente peggiorato, ingiusto, che insomma qualche confine di troppo è stato valicato.

Est modus in rebus.