Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







giovedì 10 settembre 2015

Sei camere fanno più leggi di una sola!

Se ogni cittadino ha il dovere di svolgere un'attività o una funzione che concorra al beno materiale o spirituale (o anche entrambi) della società, un diario può essere un valido strumento per realizzare questo dovere.
Ma quando si sente esattamente questo dovere?
Forse quando si avverte la presenza di un dibattito e alcune idee pertinenti a questo dibattito coinciano ad affollare la nostra mente!
Cioè a dire quando senti che si formano in te delle idee, a cui quasi non partecipi poiché si formano spontaneamente, quando senti che c'è qualcosa che le forma. Che cosa sia questo qualcosa è domanda ineressante cui però non è possibile neanche tentare una riaposta in questa sede e ne rimandiamo la trattazione.
Ma in quel momento in cui si formano le idee, in quel preciso momento puoi chiederti quanto quelle stesse idee formatesi spontaneamente siano pertinenti a quel dibattito e decidere di esternarle o no.
Cosa ti dice il tuo senso del dovere? 
In altri termini, quello che intendo dire è che spesso e volentieri, come credo capiti a tutti, personalmente non sono se non un semplice testimone delle idee che si formano in me ed altro non faccio se non trascriverle fedelmente allo scopo di testimoniarne la presenza e di metterene al corrente i miei concittadini e contribuire ad arricchire un dibattito. Lo faccio con pochi mezzi, con questa modesta finestra che è rappresentata dal diario elettronico su cui campeggia questo articolo...ed altri.
Così, in ottemperanza all'art.4 della Costituzione, ma anche per venire incontro a quanti richiedono partecipazione e concorso d'idee, serenamente e pacatamente, nel rispetto delle altrui idee e soprattutto di chi le esprime, mi accingo a svolgere il mio dovere, (nient'altro che il mio dovere) e quindi a testimoniare l'avvenuta formazione spontanea di alcune idee, a scriverle e quindi riferirle sì da renderne partecipi gli altri, potenzialmente tutti, in questo caso circa il dibattito sul bicameralismo.

Vorrei esordire così: se avessimo sei rami del Parlamento, sei camere, potremmo scrivere contemporaneamente sei leggi; se ne avessimo cinque, potremmo scrivere contemporaneamente cinque leggi; se ne avessimo quattro potremmo scrivere contemporaneamente quattro leggi, se tre, tre leggi, ecc.
Cioè a dire che il numero alto delle camere non solo non inficierebbe la creazione delle leggi ma ne aumenterebbe di molto la velocità di ingresso, di promulgazione ed entrata in vigore nella società. Ci pensate?!
Ma allora perché invece di questionare sul bicameralismo non pensiamo ad un Parlamento con sei camere?
Se la ragione del dibattito sul bicameralismo è inerente la lentezza della formazione delle leggi non è togliendo questa funzione ad uno dei due rami attuali che si risolve il problema ma aumentando il numero delle stesse camere.
Si dirà, e l'obiezione non è priva di una sua pertinenza, che sei camere potrebbero scrivere leggi l'una all'insaputa dell'altra (all'insaputa dei dettagli) e creare potenziali conflitti e contraddizioni tra legge e legge e una grande confusione.
Questo lo ritengo certamente plausibile, tuttavia basterebbe un po' di buona volontà, di pianificazione e una buona dose di coordinazione per evitare questo rischio. Non è impossibile!
Ora, è chiaro ed evidente che l'idea delle sei camere è un espediente intellettuale, che si tratta di una modesta provocazione, ma di una provocazione che vuol far pensare a qualcosa di interessante. Anch'io penso che sei camere siano troppe naturalmente.
Tuttavia penso anche che non siano troppe due.
Quello che volevo fare notare comunque, sulla falsariga di questa provocazione, è qualcosa che ha già fatto notare Zagrebelsky, cioè che due camere possono pensare (e di fatto pensano effettivamente) a due leggi diverse contemporaneamente. Questo significa almeno due cose: 1) che due camere non rallentano i lavori in Parlamento come si va dicendo da tempo per giustificare la riforma; 2) che il bicameralismo italiano non è poi così perfetto come si vuol far credere.
A proposito di questo secondo punto vorrei puntualizzare gli elementi che concorrono a rivalutarne la cosiddetta perfezione di questo bicameralismo (bicameralismo perfetto): a) il numero diverso di parlamentari tra i due rami; b) la differenza di età tra i parlamentari di una camera e dell'altra (di fatto i senatori sono leggermente più anziani e consistentemente più saggi); c) il lavoro in diacronia tra una camera e l'altra cioè mentre una camera pensa ad una legge, l'altra camera pensa ad un' altra legge, ad una legge diversa.
A questo vorrei aggiungere che  il bicameralismo, perfetto o non perfetto che sia (e spero di aver messo in luce che anche quello italianao non è poi così perfetto) è la forma maggiormente in voga nelle democrazie più avanzate, particolarmente quelle occidentali.
Vorrei aggiungere quindi che una pessima riforma del Senato oltre ad accontentare la Germania (e non i cittadini italiani) rischia fortemente di far scaturire l'idea dell'abrogazione in toto del Senato stesso, portando il Parlamento ad assimilarsi a quello monocamerale che è in voga nelle democrazie meno avanzate del pianeta (e molto spesso nel cosiddetto terzo mondo), costituendo così un potenziale rischio di svilimento del tenore democratico, costituendo altresì un' inflessione della rappresentatività, ed un potenziale regresso storico, culturale, politico e sociale del Paese.
Se vogliamo molte leggi in tempi brevi (perché il mondo, si dice, è veloce e noi dobbiamo stare al passo, dobbiamo essere competitivi e correre col mondo ecc. ecc. e altri discorsi e mitologie del genere) a questo punto è meglio avere sei camere che una sola! Questo è il pensiero che si è pensato in me; io come un fedele testimone lo trascrivo semplicemente e ne metto al corrente, com'è mio dovere i cittadini.
Meglio sei camere che una sola!

mercoledì 9 settembre 2015

Addio Fiammetta!!!

Un doveroso saluto alla cara maestraVigiani Bonamici Fiammetta, che nei giorni scorsi si è spenta.
Medaglia d'oro della Pubblica istruzione, Benemerita dell'Arma dei Carabinieri, prima donna socialista (quindi prima donna e apripista per le succesive quote rosa) ad essere eletta nel Comune di Borgo San Lorenzo, come ricorda una targa di cui l'ha omaggiata il segretario del Partito Socialista Italiano, Riccardo Nencini.
Cinque anni di scuola intensi, sereni, ricchi di esperienze, di gite, di canti, di spettacoli e di quell'entusiasmo che sempre ha saputo infondere nei suoi alunni.
Una passione per l'insegnamento la sua che allora si identificava, come più volte successivamente mia ha detto, nella speranza e anzi nella certezza di migliorare il futuro di ognuno di noi e la stessa Nazione.
Una passione per l'insegnamento che non si è mai assopita neanche dopo il pensionamento e che ha sempre portato avanti con lucida consapevolezza, affidandola poi a quell'approccio peripatetico di cui ogni tanto mi accennava. C'era sempre qualcosa da imparare parlando con lei, anche durante una passeggiata ai giardini, o di fronte a una tazzina di caffè.
Sempre presente ai miei recenti compleanni finché ha potuto, ha lasciato un vuoto, prima in quelli, quasi a suggerire sommessamente l'avvicinarsi di un più radicale saluto, un avvicinarsi vissuto tuttavia da vera donna di fede, in modo estremamente sereno e dignitoso. Si è spenta nel sonno.
Anche se la Fiammetta se n'è andata, il suo ricordo sarà sempre con noi!

domenica 6 settembre 2015

Ascolto e coscienza


E' ancora impressa nella mia mente la lezione che il compianto Padre Giuseppe dei Cappucini, mio confessore (grandissimo confessore!) ha saputo lasciarmi: dal male non nasce il bene, non si fa il male per il bene e dall'ingiustizia non nasce la giustizia!
Non so se lo sapesse o se lo ignorasse ma già stavo facendo autonomamente valutazioni di questo tipo, arrivando a pensare che da una azione lesiva del diritto e della dignità, da una azione sbagliata denotabile come ingiusta e negativa, scaturiscono catene di azioni corrispondenti, dello stesso tenore, come se dalla prima scturisse una sorta di peccato originale trasferentesi alle sue derivazioni.
Da una azione violenta scaturisce una catena di azioni violente e il male si nutre di se stesso espandendosi. Viceversa da una azione contraddistinta dal bene, dal buon senso, si sviluppa una catena di azioni corrispondenti, dello stesso tenore e quindi benefiche, non violente, che immettono nella società benefici, in altri termini scaturisce il bene, il quale si nutre e si alimenta di se stesso.
E' quindi molto importante e direi basilare il segno che mettiamo alle nostre azioni.
Ho dovuto ascoltare molto la mia coscienza prima di giungere a questa consapevolezza.
Il primo dovere di un essere umano infatti è, secondo me, quello dell'ascolto della propria coscienza.
Attraverso le religioni si sono sviluppati dei sistemi che conducono alla coscienza come al più alto valore. Quando si parla di ascolto ecco quindi qual'è il più alto grado di ascolto che si può raggiungere, quello della coscienza.
Non è forse questo di cui ci parla il profondo simbolo denominato l'etere nel cuore?
Ascoltare significa quindi soprattutto e innanzitutto ascoltare la propria coscienza.
Ma ci sono infiniti modi per eclissare e far eclissare agli altri l'ascolto della coscienza, ci sono infiniti modi per comprometterlo, per renderlo difficile e tra questi infiniti modi ve n'è uno che è costituito dal dare suggerimenti sbagliati soprattutto verso terze persone, suggerire cioè di compiere il male verso terze persone.
Chi riceve un simile consiglio può sottrarsi alla diffusione del male e dell'ingiustizia (e contestualmente all'eclissi della coscienza) soltanto esercitando l'obiezione di coscienza e dicendo: <<No, io non faccio questo, la mia coscienza me lo impedisce!>>.

Ho sempre ravvisato una certa sintonia con padre Giuseppe, da questo punto di vista:
dal male non nasce il bene, da un'ingiustizia non nasce la giustizia!
Non solo ma anche: dal male si sviluppa il male e dal bene si sviluppa il bene!
Infatti per giustificare il male e l'ingiustizia si cercano alleati e questo dimostra essere vero ciò che si diceva sopra, cioè che dal male derivano, si scatenano e si sviluppano catene di male, ed è così che si satura la società di negatività e si snatura il senso delle leggi e del diritto, anche quel diritto che la fede ha contribuito a creare con laute immissioni di coscienza nella redazione, per esempio, di certi articoli fondamentali anche della Carta costituzionale.
L'ingiustizia crea ingiustizia, non c'è alcun dubbio al riguardo.
Per giustificare queste catene di male, col passare del tempo, l'esperienza umana ha cominciato ad adottare varie tecniche e strategie, non ultima quella di usare espressioni che fino a prova contraria erano state usate correttamente almeno fino a quel momento, piegandole ai propri fini poco nobili, a quei fini per cui si è deciso di strumentalizzarle.
<<Vox populi, vox Dei!>>, è una di queste. Trattasi di un' arma a doppio taglio e forse perfino senza una vera e propria impugnatura quando viene strumentalizzata a fin di male e piegata a scopi non virtusi, a meno che questa impugnatura non rechi la scritta: arbitrio e violenza!
Infatti se è vero che Vox populi = vox Dei, cioè che la voce del popolo è la voce di Dio, questo lo può essere solo nel momento in cui la voce del popolo è la voce della propria coscieza, di una coscienza collettiva e non la voce di una calunnia o di una volontà intesa al male, intesa a commettere illeciti, a tradire il proprio codice deontologico, a fare della Costituzione carta straccia e via discorrendo!
Per cui ritengo che chi cerca giustificazioni teoriche all'ingiustizia usando per altro espressioni di questo tipo, sbagli clamorosamente.
Abbiamo già le leggi, non dobbiamo che applicarle!
E credo anche che la confusione, anche e soprattutto quella della coscienza, non possa esprimersi  altrettanto bene che nel momento in cui invita a commettere il male, a commettere l'ingiustizia, fornendo con l'esempio lo stimolo a fare altrettanto e quindi a diffondere nella società più alti valori ancora di ingiustizia.
Credo che Padre Giuseppe sarebbe d'accordo con me:
cercare giustificazioni teoriche all'esercizio del male e dell'ingiustizia è il principale atto contro Dio!
La semplicità e il rispetto delle leggi e del buon senso, di contro, il miglior modo di lasciare fare a Dio!

venerdì 4 settembre 2015

La squadra

Talvolta ci viene chiesto a quale squadra apparteniamo, con quale squadra stiamo!
In altri termini ci viene chiesto da quale parte stiamo...Ma rispetto a quale parametro, potremmo chiederci?
Magari non lo si chiede apertamente, ma lo si chiede con sistemi non convenzionali, o lo si fa capire...
La cosa in ogni caso personalmente non mi imbarazza, poiché non ho dubbi al riguardo: appartengo alla squadra  che difende la Costituzione, i suoi principii e i diritti che essa esprime.
Ed ancora alla squadra che riconosce nella coscienza e nell'obiezione di coscienza un metodo per la riaffermazione del diritto, dello Stato di diritto e dei principii costituzionali; principii da riaffermare per sé e per gli altri, validi per tutti, senza eccezione alcuna.
Questa è la mia squadra!
Mi trovo per questo forse, in scarsa compagnia, e me ne dispiace.
Ma un tempo non è stato così! C'è stato un tempo infatti in cui la squadra che affermava i principii costituzionali era una grande squadra, fatta di tantissime persone, la maggioranza.
Oggi non è più così pare, anche se a causa dell'esistenza di una sorta di sistema drogato e falsato da tanti fattori (vedi legge elettorale incostituzionale) non ci è dato sapere esattamente i dati reali, e non sussiste più una reale rappresentanza politica.
Ma possiamo chiederci: dove sta la ragione? In chi credeva nell'affermazione dei diritti e dei principii costituzionali o in chi crede che debbano essere cambiati se non addirittura aboliti?
Cosa è cambiato da ieri ad oggi! Molto evidentemente!
Si dirà che non li si vuole abolire ma cambiare, che li si vuole modificare perché vanno aggiornati!
Purtroppo dietro queste affermazioni spesso vi è il puro e semplice rischio di reprimerli senza sostituirli degnamente con diritti equipollenti.
Con quale squadra sto, quindi, l'ho detto, l'ho detto con chiarezza e non è concesso il poter equivocare su tale questione.
E' una posizione chiara. Dall'affermazione dei principii che questa posizione difende, si tutela tutti, senza distinzione di sesso, di religione, di convinzioni politiche, di condizioni sociali ecc. ecc.
In questo senso è una posizione decisamente laica, ma di una laicità che non esclude o non ghettizza chi legittimamente la pensa diversamente o secondo uno spirito anche più marcatamente religioso (che sulla basse dello stesso art.3 della Costituzione ha diritto di albergare) col quale in questo caso non sussistono né divergenze né contrasti.
Infatti la coscienza a cui le religioni in generale e quella cristiana in particolare fanno spesso appello, spinge a quegli stessi livelli di consapevolezza e quindi di scienza che hanno forgiato gli articoli della Costituzione stessa.
Oggi invece si assiste alla perdita della memoria, all'affievolimento della coscienza, all'anestesia morale (vedi Barthes), al tramonto degli ideali, alla distrazione di massa.
E' in questo clima che si vorrebbe mettere mano alla Costituzione, in un clima che non sa più perché quegli articoli sono stati scritti, in un clima in cui non pare proprio di ravvisare una vera legittimazione costituente, lontanissino da un clima costituente, lontanissimo da quel clima che è quello della mia squadra.
Oggi si è lontanissimi da quella cosienza che ha forgiato la Costituzione!
La prudenza di chi si rende conto di questa lontananza dovrebbe farsi sentire maggiormente.
Quella della Costituente descrive abbastanza bene la mia squadra.
E tu, a quale squadra appartieni?