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domenica 6 settembre 2015

Ascolto e coscienza


E' ancora impressa nella mia mente la lezione che il compianto Padre Giuseppe dei Cappucini, mio confessore (grandissimo confessore!) ha saputo lasciarmi: dal male non nasce il bene, non si fa il male per il bene e dall'ingiustizia non nasce la giustizia!
Non so se lo sapesse o se lo ignorasse ma già stavo facendo autonomamente valutazioni di questo tipo, arrivando a pensare che da una azione lesiva del diritto e della dignità, da una azione sbagliata denotabile come ingiusta e negativa, scaturiscono catene di azioni corrispondenti, dello stesso tenore, come se dalla prima scturisse una sorta di peccato originale trasferentesi alle sue derivazioni.
Da una azione violenta scaturisce una catena di azioni violente e il male si nutre di se stesso espandendosi. Viceversa da una azione contraddistinta dal bene, dal buon senso, si sviluppa una catena di azioni corrispondenti, dello stesso tenore e quindi benefiche, non violente, che immettono nella società benefici, in altri termini scaturisce il bene, il quale si nutre e si alimenta di se stesso.
E' quindi molto importante e direi basilare il segno che mettiamo alle nostre azioni.
Ho dovuto ascoltare molto la mia coscienza prima di giungere a questa consapevolezza.
Il primo dovere di un essere umano infatti è, secondo me, quello dell'ascolto della propria coscienza.
Attraverso le religioni si sono sviluppati dei sistemi che conducono alla coscienza come al più alto valore. Quando si parla di ascolto ecco quindi qual'è il più alto grado di ascolto che si può raggiungere, quello della coscienza.
Non è forse questo di cui ci parla il profondo simbolo denominato l'etere nel cuore?
Ascoltare significa quindi soprattutto e innanzitutto ascoltare la propria coscienza.
Ma ci sono infiniti modi per eclissare e far eclissare agli altri l'ascolto della coscienza, ci sono infiniti modi per comprometterlo, per renderlo difficile e tra questi infiniti modi ve n'è uno che è costituito dal dare suggerimenti sbagliati soprattutto verso terze persone, suggerire cioè di compiere il male verso terze persone.
Chi riceve un simile consiglio può sottrarsi alla diffusione del male e dell'ingiustizia (e contestualmente all'eclissi della coscienza) soltanto esercitando l'obiezione di coscienza e dicendo: <<No, io non faccio questo, la mia coscienza me lo impedisce!>>.

Ho sempre ravvisato una certa sintonia con padre Giuseppe, da questo punto di vista:
dal male non nasce il bene, da un'ingiustizia non nasce la giustizia!
Non solo ma anche: dal male si sviluppa il male e dal bene si sviluppa il bene!
Infatti per giustificare il male e l'ingiustizia si cercano alleati e questo dimostra essere vero ciò che si diceva sopra, cioè che dal male derivano, si scatenano e si sviluppano catene di male, ed è così che si satura la società di negatività e si snatura il senso delle leggi e del diritto, anche quel diritto che la fede ha contribuito a creare con laute immissioni di coscienza nella redazione, per esempio, di certi articoli fondamentali anche della Carta costituzionale.
L'ingiustizia crea ingiustizia, non c'è alcun dubbio al riguardo.
Per giustificare queste catene di male, col passare del tempo, l'esperienza umana ha cominciato ad adottare varie tecniche e strategie, non ultima quella di usare espressioni che fino a prova contraria erano state usate correttamente almeno fino a quel momento, piegandole ai propri fini poco nobili, a quei fini per cui si è deciso di strumentalizzarle.
<<Vox populi, vox Dei!>>, è una di queste. Trattasi di un' arma a doppio taglio e forse perfino senza una vera e propria impugnatura quando viene strumentalizzata a fin di male e piegata a scopi non virtusi, a meno che questa impugnatura non rechi la scritta: arbitrio e violenza!
Infatti se è vero che Vox populi = vox Dei, cioè che la voce del popolo è la voce di Dio, questo lo può essere solo nel momento in cui la voce del popolo è la voce della propria coscieza, di una coscienza collettiva e non la voce di una calunnia o di una volontà intesa al male, intesa a commettere illeciti, a tradire il proprio codice deontologico, a fare della Costituzione carta straccia e via discorrendo!
Per cui ritengo che chi cerca giustificazioni teoriche all'ingiustizia usando per altro espressioni di questo tipo, sbagli clamorosamente.
Abbiamo già le leggi, non dobbiamo che applicarle!
E credo anche che la confusione, anche e soprattutto quella della coscienza, non possa esprimersi  altrettanto bene che nel momento in cui invita a commettere il male, a commettere l'ingiustizia, fornendo con l'esempio lo stimolo a fare altrettanto e quindi a diffondere nella società più alti valori ancora di ingiustizia.
Credo che Padre Giuseppe sarebbe d'accordo con me:
cercare giustificazioni teoriche all'esercizio del male e dell'ingiustizia è il principale atto contro Dio!
La semplicità e il rispetto delle leggi e del buon senso, di contro, il miglior modo di lasciare fare a Dio!