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lunedì 18 luglio 2016

Contesto nel quale si innesta la Riforma Costituzionale

Si avvicina, o si avvicinerebbe (uso il condizionale perché pare si parli già di un posticipo) il REFERENDUM Costituzionale, inizialmente previsto per ottobre 2016. Ma prima di entrare nel merito del contenuto della Riforma, vorremmo dare appunto uno sguardo d’insieme al contesto internazionale e nazionale in cui il REFERENDUM si innesta, pur senza rinunciare ad esprimere sin da subito le ragioni dei vari NO. Per quanto riguarda il quadro internazionale dobbiamo dire che esso è necessariamente vasto e complesso, ma anche notevolmente variegato. Non si pretende qui di dare una lettura esaustiva (sarebbe impossibile) ma di fornire alcuni spunti di riflessione, cominciando col rilevare che sussiste comunque una tendenza generalizzata piuttosto percepibile a livello globale che vede le ragioni delle multinazionali e delle banche d’affari (del cosiddetto "mercato" ma che mercato non è) tentare di prevalere su quelle dei diritti, direi, dello Stato di diritto, della politica e delle nazioni in una sorta di internazionalismo un po' caotico, deregolamentato, spesso, in fase di proposizione, retorico e di facciata. In Europa poi gli eventi più recenti dimostrano una crescente disaffezione per la struttura attuale dell’Unione europea, che non essendo riuscita ad ascoltare, come auspicavamo, le critiche costruttive che gli venivano proposte, registra le prime defezioni: la Gran Bretagna ha votato per uscire dall’Ue!
Una cosa su cui veramente meriterebbe riflettere...


A tutto questo si somma un quadro di instabilità generalizzato, determinato dal crescente dilagare del fenomeno del terrorismo, che non contribuisce certo a rasserenare gli animi. Dobbiamo poi considerare la crisi della Convenzione di Schengen e della libera circolazione delle persone all'interno dei paesi firmatari, ritenuto uno dei pilastri dell'Ue, crisi scatenata dalle situazioni di tensione dovute all'emergenza del fenmeno dell'immigrazione, e delle sue varie cause.
Tornando alla tendenza internazionalista, si deve di contro registrare il sussistere della rinascita delle tendenze opposte e delle ragioni che vi stanno alla base. Queste tendenze sono etichettate un po' troppo semplicistcamente, come tendenze nazionalistiche ma questo creerebbe una qualche confusione se non si precisasse, com’è doveroso, che queste tendenze pur mettendo al centro dell’interesse la nazione e la sua legittima indipendenza rispetto ad organismi sovranazionali non è un nazionalismo paragonabile a quello a cui abbiamo già assistito in passato. Se quel nazionalismo era un nazionalismo per così dire di attacco, questo nazionalismo odierno è per così dire di difesa; se quel nazionalismo del passato era alimentato da tutta una retorica da cui non era esente una presunta aurea di superiorità, anche della “razza”, questo nazionalismo non ha niente a che vedere con tutto ciò bensì col semplice desiderio di non essere schiacciati da politiche a cui si ritiene di non poter prendere parte alcuna in sede decisionale. Se quindi quel nazionalismo era per così dire un nazionalismo prepotente, questo nazionalismo è un nazionalismo che, contrariamente, nasce proprio per non subire prepotenze. E’ una bella differenza a pensarci bene, una visione diametralmente opposta! Anche su questo merita riflettere. Ci sono molte differenze quindi di cui non si può non tenere conto e che devono essere rilevate se si vuol dare una certa serietà all’argomento e alle argomentazioni circa i nazionalismi. Le tesi che vogliono accostare il nazionalismo del passato con quello che si sta sviluppando oggi se non tengono conto di queste differenze difficilmente potranno avere una qualche presa sull’opinione pubblica. Che poi ogni nazionalismo possa essere suscettibile di sviluppare tendenze anche pericolose, questo è un fatto, ma in nessun caso si possono e si debbono leggere le tendenze estremiste, le eccezioni, le degenerazioni, come il tratto distintivo, come il fenomeno in sé, come la regola, o il giudizio su tali fenomeni ne risulterà inevitabilmente viziato e probabilmente a scopo strumentale. Per capire bene il fenomeno bisogna quindi evitare ogni strumentalizzazione. Di fronte a tutto questo che la sola preoccupazione dell'Ue sia la tenuta della zona euro (per altro con mezzi che si esprimono a nostro parere al di fuori del proprio mandato, tant'è che la stessa BCE parla di strumenti non convenzionali per la difesa dell'euro!) sembra obiettivamente miope.

Per quanto riguarda il quadro nazionale, esso risente inevitabilmente della situazione internazionale, anche per via del fatto che è aumentata la permeabilità nazionale rispetto a tutte le energie che si agitano all’esterno, e fare parte di una unione sui generis come l’Unione europea, aumenta questa permeabilità cosa di cui si è ben resa conto da tempo la Gran Bretagna.
Questa permeabilità è stata per altro alla scaturigine di una contrazione democratica a livello nazionale piuttosto consistente ed evidente, osservabile sia dall’interno che dall’esterno del Paese. La ben nota lettera del 5 agosto 2011, firmata dall’allora Presidente della BCE Jean Claude Trichet, che invitava l’Italia alle riforme (interessate, ndr), cui si è affiancata una speculazione sui titoli italiani con conseguente aumento del differenziale tra titoli italiani e titoli tedeschi, ha contribuito non poco alla caduta del Governo allora alla guida del Paese. Le stesse pressioni esercitate in sede di G20 a Cannes, per indurre il Governo ad accettare il cosiddetto “aiuto” (che era un aiuto anche in questo caso interessato, come si comprende bene oggi) si affiancava a tutto il resto. Questo c.d. “aiuto” è stato rifiutato (giustamente, ndr), dall’allora pesidente del Consiglio Berlusconi con il sostegno dell’allora Ministro delle Finanze Tremonti. Esso, infatti, altro non era, in sintesi, se non una sostanziale cessione di sovranità! A tutto questo dobbiamo sommare poi anche i contatti preventivi presi dall’allora Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, risalenti già all’estate del 2011, con quello che sarebbe divenuto il nuovo Presidente del Consiglio, Mari Monti. E’ chiaro oramai che si agiva di concerto, e questo agire di concerto è stato interpretato da più di un esponente politico come un Golpe, un Colpo di stato organizzato e pianificato come tale!
La sostituzione con un nuovo Governo, senza passare da elezioni (e tutti i retroscena di cui ho parzialmente fatto cenno), hanno indotto molti quindi a ritenere di essere in presenza di un Colpo di Stato, un Colpo di Stato ben orchestrato, condotto in modo tale da non essere quasi avvertito dai più e cha ha fatto dire a qualche osservatore straniero che in Italia si era consumato un Colpo di Stato tranquillo.
Il quadro nazionale vede anche il proporsi di forze politiche realmente nuove, non antieuropeiste ma euro-critiche o diverso-europeiste, che rappresentano per molti cittadini una reale speranza di cambiamento, la possibilità di un diverso approccio alla politica e una occasione di discontinuità con fattori politici ed economico-finanziari che hanno portato alla situazione attuale il Paese, anche per via della svendita di aziende profittevoli e alla conseguente deindustrializzazione del Paese. Ma il quadro nazionale vede, ancora in auge, il progetto innescato dalla sostituzione dell’esecutivo e del Primo Ministro (senza elezioni) nel 2011, di cui abbiamo fatto cenno sopra, progetto che è in sostanziale continuità col Governo attuale. A tale proposito dobbiamo rimarcare che anche l’attuale Primo Ministro non è stato eletto dai cittadini italiani, un particolare di cui dobbiamo tenere conto sempre, poiché rivelativo e di sostanziale importanza. Ciò nonostante l’attuale primo Ministro è andato al potere con una parvenza di discontinuità col passato, parvenza che però, essendo tale, è andata a mano a mano scemando. Propostosi come il nuovo che avanza, l’attuale esecutivo ha dimostrato nei fatti (Ansaldo Breda, Poste, Enav, tra i vari esempi) di insistere con la deindustrializzazione del Paese, tramite svendita di aziende profittevoli o strategiche, sostanzialmente in linea con ciò che ha prodotto la perdita di circa il 25 % della capacità industriale del Paese; ciò avviene con la solita scusa del far fronte al debito pubblico che avanza, come se non fosse ormai del tutto evidente che non è la svendita che è funzionale a riparare il debito, ma che è il debito che è funzionale alla svendita, tant'è che pare lo si culli ben bene come un infante per farlo ben crescere. L’attuale esecutivo ha dimostrato altresì una sostanziale sottomissione agli interessi delle banche, un sostanziale disinteresse nei confronti dei diritti dei lavoratori, (atipico per la sinistra, allarmante tant'è che anche qui sono in moltissimi a dire che questo governo non ha niente di sinistra) una tendenza autoritaria, personalistica e una pericolosa volontà di potenza,  e tutto questo in una sostanziale adiacenza alle solite connivenze, agli tessi intrecci di interessi personali e di politica, esattamente come avveniva prima, niente è cambiato! In sostanza il cosiddetto nuovo che avanza ha dimostrato di essere non il nuovo più nuovo del nuovo ma il vecchio più vecchio del vecchio, è cambiata solo la facciata, solo la maschera.
Vedi a tale proposito l’articolo “Se questo è il nuovo che avanza”, e "Se questo è il nuovo che avanza 2", in questo stesso Diario Elettronico.
Se vogliame veramente cambiare il Paese (non astrattamente ma in meglio) dobbiamo partire da dei presupposti indispensabili, da condizioni sine qua non. Il presupposto secondo noi indispensabile da cui dobbiamo infatti partire è che un popolo di circa 60 milioni di abitanti (quello italiano) ha diritto ad una sua rappresentanza. Ma senza elezioni, questa rappresentanza non potrà sussistere. E poi, senza questa rappresentanza, gli esponenti politici saranno sempre proclivi ad accettare le pressioni esterne, spesso interessate. Infatti se essi non rappresentano il popolo elettore finiranno col rappresentare organismi internazionali, sovranazionali, o entità finanziarie esterne al Paese. Chi dovrebbero governare nel primario interesse delle ragioni di stato e nell’interesse del popolo elettore finisce così per rappresentare altre forze peraltro antagoniste al Paese. Ne scaturisce un conflitto di interessi mostruoso.
Serve dunque rappresentatività, serve come l'acqua, serve come il pane, serve che il popolo sia rappresentato, e che lo sia degnamente, come si merita.
Ma il fondamento indispensabile a che ciò avvenga, cioè il fondamento indispensabile perché la politica in generale, rappresenti il popolo elettore è che ci siano le elezioni e che il voto sia libero e segreto, eguale e diretto, senza liste bloccate ma con voto di preferenza. Che un Primo Ministro sia eletto è un requisito necessario affinché la rappresentatività del popolo sussista, altrimenti andremo incontro a Primi Ministri che per esempio in visita negli USA, rivolti ad un platea di studenti universitari americani dice che non li deluderà. Che significa tutto ciò?!?!
A scanso di equivoci, ci teniamo a precisare che intendiamo con eletto non una elezione diretta del Primo Ministro, ma che il Primo Ministro sia scelto tra i parlamentari che sono passati da elezioni, secondo le consuetudini parlamentari italiane e secondo la Costituzione.


Ciò detto, gettando uno sguardo in generale sul quadro politico Macro e Micro, dobbiamo registrare quindi una tendenza interessatamente internazionalista cui si affianca una tenenza acriticamente internazionalista trascinata dalla prima, cui, per fortuna, si contrappongono una tendenza critica nei confronti dell’internazionalismo, a cui si affianca una tendenza nazionalista ma di quel nazionalismo di difesa, di cui si accennava sopra.
Ora, facendo una sintesi di quanto scritto sopra, guadando a ciò con un sol colpo d'occhio, dobbiamo contemporaneamente chiederci: verso quale direzione va la Riforma Costituzionale?
La Riforma Costituzionale va esattamente nella direzione di cedere sovranità, cioè verso quella direzione che è già stata per esempio rifiutata in sede di G20, e in altre sedi, dal Governo Berlusconi, ma non dal Governo Monti né dai suoi successori tra i quali deve essere annoverato l'attuale esecutivo.
Essa infatti indebolirebbe le istituzioni nazionali, in favore di una maggiore capacità di penetrazione da parte di organismi internazionali e sovranazionali, nei confronti cioè di quegli organismi così distanti (e consapevolmente distanti, in barba all’art. A del trattato di Maastricht) dai cittadini comuni. Queste cessioni di sovranità sono l’elemento preponderante che crea il maggior numero di disaffezioni nell’Ue. In questo riscontriamo un fattore comune con ciò verso cui è aumentata la disaffezione britannica rispetto all’Ue, che ha portato al BREXIT, che ha fatto dire a molti politici, più o meno gli stessi che non l’hanno saputo prevenire, che dobbiamo cambiare qualcosa nell’Ue.
In altri termini il gravissimo vulnus, la gravissima ferita, la gravissima contrazione di rappresentatività e di Democrazia che la Riforma costituisce, andrebbe per forza di cose a togliere capacità decisionale al popolo italiano in favore di tutto ciò che non è nazionale e che viene dall’esterno, e che quindi, non essendo nazionale, non ha alcun interesse specifico ad aiutare realmente il nostro Paese, quanto piuttosto a depotenziarlo. E questo non farà che aumentare la disaffezione del popolo italiano nei confronti dell’Ue. Non solo ma ciò mette in evidenza come certe dichiarazioni in favore di un cambiamento nell’Ue, non siano se non dichiarazioni di facciata non suffragate dai fatti. E’ nell’interesse dell’Unione europea che questa riforma non avvenga!
  
Il Senato si trasformerebbe infatti in una sorta di Ispettorato della Troika, altro che aumento del contatto con le realtà locali, come ci vorrebbero far credere!
Ecco perché è importantissimo, per non dire necessario, dire NO alla Riforma Costituzionale!!!
NO alla trasformazione del Senato in un Ispettorato della Troika!!!