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domenica 16 ottobre 2016

Se la NATO non fa la NATO

Per un cittadino italiano e, in quanto tale (e solo in quanto tale) cittadino dell'Unione europea, fare parte della NATO è certamente un valore aggiunto, e come tale la maggior parte dei cittadini italiani lo sente. Il livello di difesa che questa appartenenza conferisce è senza dubbio un fattore di sicurezza.
La NATO, l'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord, è nata per precise ragioni storico-politiche, un trattato che risale al 1949. Esistono ancora queste ragioni? Difficile a dirsi, certo è che il mondo è molto cambiato e con esso è cambiata la Russia con cui veniva identificata spesso l'URSS l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. L'era di Mikhail Gorbachev, con la Glasnost (trasparenza) e la Perestrojka (la ristrutturazione, ma forse anche il disgelo), hanno prodotto un nuovo scenario nel mondo. L'URSS si è sciolta e le Repubbliche che ne facevano parte, come la Lettonia, sono divenute indipendenti, inizialmente con qualche contrasto ma poi il passaggio è avvenuto in modo molto democratico.
Ora, in questi giorni apprendiamo che un contingente militare italiano per volere della NATO deve essere dislocato proprio in Lettonia, ufficialmente per ragioni di difesa.
Per molti è stata una notizia scioccante, anzi, tanto scioccante quanto ingiustificata. Che cosa, di grazia, dovrebbe giustificare una simile operazione? Siamo certi di non essere di fronte ad un abbaglio? Siamo sicuri che la NATO non stia varcando i limiti del proprio mandato? Sono tutte domande legittime.
Facciamo dunque una premessa:
se la NATO non fa la NATO, si possono muovere legittimamente delle obiezioni.
Se poi queste obiezioni afferiscono alla sfera della coscienza si può e si deve parlare di obiezione di coscienza.
Personalmente, per quanto mi ritrovi nell'Alleanza Atlantica, dopo il disgelo e lo scioglimento dell'URSS, sono sempre stato scettico riguardo agli allargamenti dell'Alleanza che comprendessero stati direttamente confinanti con la Russia e che in passato sono stati parte integrante dell’URSS stessa.
L’obiezione che tenderei a muovere è la seguente: tra due entità politiche (mettiamo due Nazioni) che fanno scintille (USA e Russia, per esempio) occorre frapporre un cuscinetto e non metterle direttamente in contatto, per evitare esattamente che dalle scintille divampi un fuoco e dal fuoco un incendio.
Ciò detto chiediamoci: quando la NATO fa la NATO?
Per rispondere a questa domanda è necessario considerare qual è il concetto guida dall'Alleanza stessa.
Il concetto fondamentale dell’Alleanza Atlantica è sempre stato quello di difesa collettiva.
Per questo non gli si addice minimamente il ruolo di provocatore o di attaccante. La NATO quindi fa la NATO quando difende e solo quando difende, non certo quando attacca. Si potrebbe obiettare che la NATO non sta attaccando. Apparentemente no, ma che differenza passa tra una difesa collettiva eccessivamente preventiva e un attacco collettivo? Probabilmente non molta. Tirare troppo sul concetto di difesa collettiva fino a trasformarlo in qualcosa di molto diverso, rischia di far perdere di vista i paradigmi storici dell'Alleanza, quelli che ne giustificavano l'esistenza e anzi ne conferivano dignità e spessore.
Come fare dunque a rimanere indifferenti rispetto a quella che sembra essere a tutti gli effetti una mutazione di paradigma, di fronte a quello che sembra essere un diverso modo di concepire ed usare l’Alleanza?
Mi auguro che, allo stato dei fatti, dato il mutato ruolo della NATO, che dal paradigma della difesa collettiva, passa ad altro, a qualcosa di non meglio definito (e quindi in certo qual modo pericoloso anche nella misura in cui è incerto) non risulti del tutto fuori luogo l’apposizione di alcune obiezioni da tradursi anche in domande come la seguente:

se la NATO non fa la NATO, le Nazioni che ne fanno parte, sono tenute ad una pedissequa obbedienza?

Probabilmente no ed anzi, l’obiezione di coscienza, che deve essere sempre giustificata in questi casi, soprattutto se deputata alla salvaguardia degli equilibri internazionali e quindi, in definitiva, alla salvaguardia della pace, diviene un atto necessario.
Mi auguro quindi che il Governo Italiano non invii il contingente di 150 militari.
I rischi in simili operazioni ci sono, ci sono sempre. Un incidente, una incomprensione, possono far degenerare velocemente una situazione e creare il presupposto per ulteriori sviluppi.
E’ imbarazzane per chi pensa che la Russia non solo non sia una nemica, ma che debba e possa essere una amica, assistere al proprio Governo che invia un contingente, per quanto esiguo, ai confini con essa.
Ma se il Governo non dovesse sentire di dover opporre questa giustificatissima obiezione di coscienza, e non sente come questa obiezione trae forza e motivazione da un immotivato e imprevisto cambiamento di statuto, peraltro mai formalizzato, a quanto ne sappiamo, probabilmente accetterà l’incarico supinamente.
In questo caso mi sentirei di suggerire sommessamente alla Russia, per quanto possibile, una chiave di lettura, quella di vedere questa cosa come un cinico, maldestro e goffo nonché ingiustificato tentativo di terze parti (che sfruttano certi automatismi dell'Alleanza), di creare inimicizia tra due Nazioni, Italia e Russia, e due popoli, che non si sentono affatto nemici e che desiderano anzi essere amici.
E se la NATO decide di cambiare strategia, statuto e modus operandi, senza sentire nemmeno il dovere, non dico il bisogno, di informare preventivamente i suoi alleati non ci si stupisca se gli spazi per una seria e motivata obiezione di coscienza si aprono improvvisamente. Che dei cambiamenti nella NATO siano avvenuti, non c’è dubbio e sembra quasi naturale. Abbiamo citato l'era di Gorbacev, ma potremmo citare la caduta del muro di Berlino (che ne è connessa) un ulteriore mutamento è forse avvenuto dopo l’11 settembre. Dei mutamenti ci sono stati ovviamente e siamo i primi a dire che non poteva essere altrimenti ma, cambiare impostazione radicalmente, e trovarsi agli antipodi di quanto giustificava l'Alleanza, in modo diametralmente opposto, cambiare paradigma e passare da quello di difesa collettiva a quello che sembra essere di attacco collettivo, sembra francamente troppo.

Né ci si deve stupire se porzioni cospicue di opinione pubblica ne chiedono le ragioni e invitano ad atteggiamenti più seri e responsabili, il che significa invitare a non essere provocatori né aggressivi.
La strategia della provocazione da cosa dovrebbe essere giustificata?
E’ demandato alla coscienza di ognuno chiedere che si rifletta molto attentamente prima di agire in modo avventato e irresponsabile, prima di cambiare strategia, prima di cambiare paradigma.


Questa operazione di cui abbiamo suggerito una chiave di lettura nel tentativo di seminare zizzania e creare artificiosamente inimicizia tra due Nazioni che non si sentono affatto nemiche, sembra trovare, ad una attenta lettura, un suo antecedente nella illegittima sostituzione del Governo Berlusconi con un Governo non eletto dai cittadini, nel 2011, attraverso quello che taluni hanno definito un golpe tranquillo.


Uno dei capolavori politici di Berlusconi era stato infatti quello di aver portato la Russia al vertice con la NATO, il 28 luglio 2002, a Pratica di Mare, vertice in cui si riunirono 20 capi di stato, tra cui la Russia appunto, una svolta importante per il bene del pianeta, con la ratifica della Dichiarazione di Roma, che costituì un nuovo consiglio a 20. L'abbattimento di quel Governo sembra coincidere con molte cose, legate per esempio al consolidamento di una Ue che non riesce a consolidarsi democraticamente, ma solo con l'uso strumentale dell'euro, ma probabilmente significa simbolicamente, e forse psicanaliticamente, la dichiarazione di avversione verso quel risultato di Pratica di Mare.

Il mondo sembra colto attualmente da un senso di smarrimento, da una ventata di follia.
Speriamo che questa emergenza rientri presto, ma chi può dirlo?! Ciò sarebbe auspicabile prima che si arrivi ad una degenerazione della situazione con conseguenti possibili scontri militari.
Rischiare un conflitto armato ai confini dell'Ue, non sembra molto saggio francamente.


Come ultima considerazione vorremmo fare notare una cosa importante dal nostro punto di vista. Anche per questi inquietanti venti di guerra che tirano, è bene dire NO a questa Riforma Costituzionale con la quale diviene più facile (e forse non è un caso) arrivare ad una dichiarazione di Stato di Guerra, come sanno bene coloro che si informano leggendo molto e come probabilmente non sanno invece coloro che si basano solo sulle enunciazioni pubblicitarie dei promotori del sì, che non toccano mai il merito della stessa Riforma, e ripetono incessantemente sempre lo stesso mantra, quasi a scopo ipnotico, quelli che ripetono cioè che la Riforma serve per modernizzare, per semplificare, per velocizzare (chissà forse per velocizzare la dichiarazione di Stato di Guerra!), un mantra peraltro smentito da eminentissimi costituzionalisti e giuristi, che hanno spiegato bene come al di là delle intenzioni, per come è scritta, essa non velocizza, non semplifica, non modernizza, anzi...Ma le intenzioni sono importanti e, lette alla luce dei recenti fatti, acquistano una sinistra parvenza!