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sabato 8 dicembre 2012

Nessun "pensiero unico" alla soluzione delle crisi!

E' sempre più evidente e sempre più palpabile la distanza che esiste tra il Parlamento ed il popolo Italiano. Possiamo tranquillamente affermare che questa distanza aumenta di giorno in giorno ma a partire da livelli di scollamento che sono marcatissimi almeno già da un anno.
Ci troviamo spesso a sostenere un concetto molto semplice, ma non per questo di facile applicazione evidentemente, lo riconosciamo, quello secondo il quale rappresenta un grave errore mostrarsi incapaci di ascoltare il popolo, che la nostra Costituzione definisce tra l'altro sovrano, e questo soprattutto quando la parola del popolo è verace, sincera, schietta, e soprattutto propositiva.
Ancor più difficile è forse far capire che la volontà popolare non si esaurisce con il semplice voto ma che continua anche dopo il voto stesso.
Sarebbe sbagliato inascoltarlo perfino se la Costituzione non lo definisse così, cioè sovrano, figuriamoci con questa legittimazione costituzionale! Diventa così un errore non solo grave ma addirittura anticostituzionale.
Nessuno dovrebbe ignorare questa sovranità popolare, soprattutto il mondo della politica che nasce per rappresentarla.
Il livello della capacità di ascolto è rimasto sostanzialmente invariato nel tempo, anche se talvolta ci sono state delle eccezioni, che tuttavia nel contesto generale obiettivamente non sono riuscite a compensare un granchè. Sono sforzi comunque apprezzabili benchè insufficienti.
E' per questo che la distanza tra il popolo e quelli che dovrebbero essere i suoi rappresentanti è sempre più ampia. Ormai il Parlamento non rappresenta più il popolo Italiano questo è evidente. Nè il popolo può essere rappresentato da un governo che non è stato eletto. Se il governo non rappresenta il popolo vuol dire che rappresenta qualcos'altro, che cosa poi rappresenti, lo lascio alle singole interpretazioni.
Lo sfondo sul quale certe opinabili e, per certi versi, scusate la parola, assurde decisioni sono state prese, è costituito da uno scenario che ha poco di legittimazione democratica e popolare e che ha invece molto del "pensiero unico".
Il "pensiero unico" è sempre un cattivo consigliere, ce lo insegna la storia.
Come il "pensiero unico" sull'Unione europea per esempio secondo il quale chi non vi aderisce in toto è un antieuropeista. Credo che ci siano vari modi di sentirsi europeisti e chi può assurgere a giudice per dirimere le controversie su quale è il migliore?
Che sia legittimo portare avanti un progetto politico nessuno lo nega, negarlo significherebbe mettere in dubbio diritti inalienabili. Tuttavia è possibile avere punti di vista diversi circa le modalità attraverso le quali un progetto possa e debba svilupparsi. Il pensiero unico in questo caso può rivelarsi controproducente poichè impedisce ad un pensiero maggiormente creativo di svilupparsi e di trovare le migliori risposte possibili per la risoluzione di determinate problematiche più o meno contingenti. Quello che serve è insomma un vero e proprio pensiero divergente, altro che "pensiero unico".
E' noto a molti, soprattutto a insegnanti e pedagogisti che il pensiero divergente, concetto di ambito tipicamente pedagogico appunto, serve a sviluppare quell'attitudine dell'allievo a trovare soluzioni varie, molteplici e originali ad uno stesso problema. Questo pensiero già di per sè è l'indice del fatto che varie soluzioni sono ritenute possibili generalmente di fronte ad uno stesso problema, anche da parte dei pedagogisti che lo insegnano e lo promuovono.
In questo senso si avverte un certo scollamento anche tra quello che è il mondo dell'insegnamento e quindi della scuola in generale, mondo nel quale vengono insegnati e vissuti certi valori molto importanti, e quello che è il mondo reale che vive al di fuori di questo, nella più ampia società, nella quale si fa molta fatica a riconoscere gli stessi valori. E i ragazzi sono ovviamente disorientati.
Il "pensiero unico" invece, da par suo, è sempre stato un ostacolo alle soluzioni creative e quindi alle soluzioni stesse in generale ed è caratterizzato da vistose rigidità molto difficili da accettare da parte di chi ha una certa idea di Democrazia.
Da questo si comprende bene quanto sarebbe opportuno, in termini generali, abbandonare le modalità del "pensiero unico" ovunque esse si manifestino ed aprire spazi sempre più ampi allo sviluppo creativo di un numero maggiore di soluzioni possibili ai vari problemi che si presentano. In Italia questa creatività è molto presente e pulsante ma purtroppo emerge a fatica. Questa creatività è una delle grandi risorse del Paese e dovrebbe essere favorita e incoraggiata con fiducia, non ostacolata con scetticismo.
Ma è chiaro che tutto questo non può avvenire senza la capacità di ascolto da parte della classe politica.
Che ascoltare sia difficile non v'è dubbio, così come non v'è dubbio che molte conquiste debbano ancora essere fatte in questa direzione sulla quale non si insiste mai abbastanza, ripeto, mai abbastanza.
Ascoltare è faticoso, anzi faticosissimo, ed anche per questo risulta così difficile farlo.
D'altro canto se sull'altro piatto della bilancia vi fosse il "pensiero unico" e le sue conclamate rigidità, la scelta anche semplicemente razionale dovrebbe dirigersi ancora una volta necessariamente, e saggiamente sul disporsi all'ascolto per faticoso che possa essere.
Il pensiero unico dovrebbe essere quantomeno spiegato, ma ciò non avviene e se ciò non avviene si deve necessariamente prendere atto di questo e chiedersi che cosa questo significhi.
Partire poi dal presupposto secondo il quale le crisi aiutano, può essere magari il risultato di una attenta analisi politica, sociale ed economica di certe realtà ormai storicizzate e che quindi anche per questo è possibile analizzare.
Ma fare diventare questo presupposto teorico un "progetto" ha i suoi ben evidenti rischi oltre che  i suoi ben evidenti limiti.
Insomma è assolutamente necessario, credo, operare una distinzione nettissima tra analisi e progetto e gurdarsi bene dal confondere l'uno con l'altro.
Dall'analisi di certe realtà si può dunque notare che le crisi, in senso generale, sono risposte  sane ed appropriate a determinate condizioni e sollecitazioni esterne ma anche interne. E questa è l'analisi.
Ma coltivare l'idea secondo la quale, siccome dopo una crisi c'è una risposta positiva alla crisi stessa, si debba cedere deliberatamente spazi alla crisi  ed al suo possibile ingresso e radicamento nel mondo sociale è un meccanismo troppo artificioso, per certi versi prefabbricato se non addirittura un tantino arzigogolato per non dire perverso, troppo per garantire risposte positive e sane ma soprattutto naturali e spontaneamente appropriate o per lasciare spazio al pensiero divergente.
Se una crisi ha una origine prefabbricata si capisce bene come quegli spazi creativi e quell'elasticità necessaria che in un contesto più naturale costituirebbero gli strumenti opportuni per la ricerca della migliore soluzione possibile, non si trovino più, anche perchè sono sostituiti o impediti da una rigidità strutturale di partenza. Quando una crisi si maniestà con tali livelli di rigidità è giocoforza pensare che abbia una orgine un tantino prefabbricata. 
La struttura prefabbricata in quanto tale manifesta da sè il proprio carattere grazie alle sue rigidità intrinseche a cui accennavamo sopra e che non consentono alle soluzioni creative ne a quelle naturali di svilupparsi opportunamente.
In altri termini le strutture prefabbricate possono soltanto portare a soluzioni altrettanto prefabbricate cioè preconfezionate, forse addirittura prestabilite, perchè quella è la loro natura.
E' evidente quindi il perchè quando una soluzione è prefabbricata gli spazi per la naturalezza e la creatività non sussistano più.
In generale questi prodotti preconfezionati rappresentano e testimoniano, forse dovrei dire denunciano, anche loro malgrado, la presenza di un pensiero pregiudiziale su un determinato argomento o questione in ballo, un "pensiero unico" appunto. La Democrazia avrebbe, tra le altre cose il compito di favorire attraverso il confronto delle idee e il contraddittorio la nascita della soluzione migliore.
I prodotti preconfezionati tolgono questa opportunità ed anche per questo evidenziano la loro sostanziale antidemocraticità, e rivelano palesemente di non partire dal popolo sovrano ne dalle sue reali esigenze ma di partire quindi da altri contesti.
Va poi da sè che in questi altri contesti il livello del contraddittorio sembra essere praticamente assente e le decisioni assumono quindi le sembianze di veri e propri diktat che vengono calati dall'alto, per non dire imposti, come se ci trovassimo in presenza di una monarchia assoluta, neanche parlamentare, ma di una di quelle monarchie vecchio stampo o, per capirsi bene medievali, il chè è evidentemente abbastanza assurdo nel terzo millennio.
Detto questo vorrei aggiungere soltanto che da qui a dire che le crisi siano necessarie ce ne corre.
Infatti le crisi non sono affatto necessarie di per sè, e il compito della politica dovrebbe essere esattamente quello di evitarle. Ci sono sviluppi che si compiono al massimo grado delle proprie potenzialità esattamente in assenza di crisi e non in presenza di esse. Se poi una crisi avviene naturalmente ci si adopera per fronteggiarla,  proprio perchè non solo non è necessaria ma perchè può essere addirittura dannosa.
La presenza di una crisi evidenzia che c'è stato qualcosa nella lettura della realtà che non è stato ben compreso o ben digerito, per cui da fattori sconosciuti o imprevisti magari perchè imprevedibili la crisi stessa è emersa.
Da questa analisi dovrebbero poi svilupparsi gli anticorpi necessari ad impedire l'insorgere di una crisi analoga in futuro.
Dire quindi che una crisi è necessaria è un punto di vista assai opinabile chiaramente, ma arrivare a dire addirittura che ne abbiamo bisogno, questa è una affermazione che si commenta da sola.
Spiace dirlo, ma è giusto o non è giusto chiedersi quanto sia opportuno affidare le redini dell'Italia a chi è persuaso da una simile idea? Dopotutto non è destituito di fondamento, a ragion veduta, formulare il pensiero immediatamente concomitante, quello secondo il quale cioè, chi è disposto a ritenere una crisi necessaria o addirittura a  dichiarare che ne abbiamo bisogno, probabilmente non farà esattamente tutto il necessario per impedire che la crisi stessa si manifesti e alberghi nel paese che governa!
E ci sono dei dati che parlano da soli!!
Si può pensare obiettivamente di voler bissare risultati del genere?
Responsabilità significa anche riconoscere di aver espresso opinioni sbagliate, e ripensare anche le proprie posizioni, e usare il proprio prestigio per il reale interesse del popolo sovrano. Difficile forse, ma non impossibile.
Credo che questo momento debba essere vissuto con grande senso di responsabilità si, ma da parte di tutti, nessuno escluso, e cominciando anche a fare delle autocritiche, nonchè a fare propri alcuni punti che dovrebbero assurgere a punti di riferimento primari, imprescindibili e inalienabili delle prossime politiche nazionali ed estere.
Il primo dei quali è appunto l'ascolto di soluzioni alternative ai vari problemi e particolarmente a quelli finanziari che incidono così pesantemente sulle vite dei sempre più stremati cittadini.
Non vogliamo più scenari come quelli della Grecia, né credo che alcuno li voglia, né che le legittime domande dei cittadini vengano eluse con tanta sufficienza. E il compito di fare questo spetta esattamente alla Democrazia e alla politica che dovrebbe garantirla. Quante volte ci sarebbe stata l'opportunità di rispondere alle legittime interrogazioni dei cittadini attoniti e di venirgli incontro? E se questo non è avvenuto a chi lo dobbiamo imputare?
Per questo sarebbe necessario in questa delicata fase storica per la stessa Unione europea che il tentativo di rinvigorire la Democrazia venisse spalleggiato da campioni di Democrazia e alleati storici come gli Stati Uniti d'America per esempio, ma anche da chiunque creda fermamente nei valori della Democrazia stessa.
C'è chi molto responsabilmente chiede di fare riforme per fronteggiare la crisi, ma senza una accurata analisi del perchè la crisi sussista è difficile capire quali siano le misure giuste da prendere. Potremmo cercarle insieme. Ma quanto si è disposti a entrare nel dibattito su come uscire dalla crisi? Quanto si è disposti a riconoscere che dalla crisi si esce solo e soltanto qualora se ne trovino le cause?
Torniamo dunque a rivalutare l'importanza della Democrazia e delle istituzioni che gli sono proprie perchè, come detto qui e altrove, e altrove anche da parte di persone più qualificate di me, la Democrazia è l'unica forma di governo che garantisca tutti e non è cosa così scontata.
Io nel mio piccolo ho messo la Democrazia ai vertici dei miei interessi perchè sono oltremodo convinto che solo grazie ad essa potremo vincere le sfide del futuro, viceversa chissà... E' solo una opinione e sarebbe mio onore sapere che essa viene presa in considerazione e fattivamente condivisa.
Qualora questo avvenisse anticipatamente e umilmente ringrazio.