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lunedì 30 luglio 2012

Il grande problema culturale di oggi

C'è un grande problema culturale in Italia e in Europa.
Lo si evince da tutta una serie di politiche e da tutta una serie di interventi inerenti le stesse politiche anche da parte di alti esponenti dello stato che da un po' di tempo ribadiscono ogni qual volta se ne presenta l'occasione quello che sembra essere diventato una specie di tormentone e che possiamo riassumere così:

L'Europa ci chiede..., i mercati ci chiedono...

E tutto questo per giustificare politiche appunto, che non vengono minimamente spiegate, se non con queste poche parole che sono del tutto insufficienti a illustrarne la portata, politiche nei confronti delle quali c'è una scarsissima informazione e una assenza di dibattito allarmante, essendo forse considerate per addetti ai lavori .
Ecco perchè mi prendo la briga di sottolineare che esiste un problema culturale molto esteso e molto presente ,che si somma agli altri problemi e che dovrebbe essere segnalato e dibattuto apertamente in più sedi possibili.
Pur nel rispetto delle opinioni diverse dalle mie e sopratutto nel rispetto di chi le esprime e delle eventuali istituzioni che chi le esprime rappresenta, con lo stesso spirito espresso nel post precedente mi premuro di offrire agli eventuali gentili lettori questa modesta dissertazione.
Quello che segue è soltanto il mio piccolo intervento che spero possa essere raccolto e sviluppato da persone più qualificate di me.

Esaminiamo allora le due frasi. A proposito di: 'L'Europa ci chiede'.

Intanto dobbiamo renderci conto subito fin dall'inizio che l'Europa è fatta dai suoi cittadini.
Sarebbe così scandaloso quindi dire che l'Europa siamo noi? Se lo fosse probabilmente ci troveremmo di fronte ad un giudizio che non considera la nozione di Europa dei popoli.
Non credo quindi che possano sussitere opinioni scandalizzate rispetto a questo punto.
Ma allora se non è scandaloso vuol dire che non c'è niente di cui scandalizzarsi e se non c'è niente di cui scandalizzarsi allora vuol dire che è vero, l' Europa siamo noi.
Intendiamoci per me questo è scontato, così come lo è per una moltitudine di cittadini europei ,ma temo che non lo sia per tutti.
Se esaminiamo la frase 'l'Europa ci chiede' con serietà scentifica dovremmo pur convenire che il presupposto teorico perchè questa frase possa sussistere prevede due soggetti, uno costituito dall'Europa stessa, l'altro da colui o coloro a cui l'Europa si rivolge.
I due soggetti si troverebbero come interlocutori l'uno dell'altra ma questo implica una  separazione, implica il fatto cioè che l'uno e l'altra siano due cose diverse.
Intendiamoci, la frase in sé e per sé ha una sua efficacia mediatica e sintetizza una certa realtà, e chi la usa probabilmente cerca di comunicare in forma breve un concetto che altrimenti richiederebbe un dispendio di parole notevole probabilmente. Tuttavia, anche se chi la usa non intende, almeno nelle intenzioni, distingure e seperare i due soggetti cioè l'Europa e i suoi  interlocutori di fatto questo da un punto di vista della comunicazione oggettiva è esattamente ciò che avviene, ed è ciò che viene comunicato e percepito al di là di ogni intenzione.
Credo che sia giusto farlo presente. Credo che sia giusto fare presente che si tratta di una frase che esclude e non include.
Se invece la cosa è consapevole allora ci si trova di fronte ad un problema culturale che può essere sintetizzato dalla domanda: ma allora che cos'è l'Europa? o meglio, che cos'è l'Unione europea?
Dovremmo cercare di rispondere innanzitutto a questa domanda prima di intraprendere qualsiasi tipo di politica comunitaria. E' o non è fondamentale sapere cosa si è prima di decidere in quale direzione andare? Ma purtroppo non c'è una Costituzione che ce lo dica.
In mancanza di una Costituzione che ce lo dica è necessario e doveroso continuare a pensare che l'Europa siamo noi! Soprattutto se si è pienamente convinti di questo e non c'è nessuno che ci dica e ci spieghi che è sbagliato pensarlo!
Dunque, l'Europa ci chiede...ma noi non siamo sicuri di esserci rivolti richieste simili, potremmo dire!

A proposito di: 'I mercati ci chiedono'.

Quanti economisti di fronte a questa frase si saranno chiesti: a quali mercati si allude?
Perchè dire mercati significa dire compravendita e la compravendita avviene là dove esiste la merce e il compratore, anche quello che compra al dettaglio. Ogni negozio è mercato.
In questa frase sembra invece emergere una visione più ristretta della nozione di mercato, forse si allude alla borsa valori. Ma il mercato è più esteso, smentitemi se sbaglio.
Allora com'è possibile pensare che si stia cercando di aiutare il mercato quando le politiche di austerità implicheranno una riduzione degli scambi di compravendita e quindi una contrazione dei mercati?
Ma sopratutto c'è una domanda che vorrei porre, una domanda che non è mia benchè non sappia a onor del vero a chi attribuirla, e mi scuso per l'ignoranza. Ma i gentili lettori più esperti, se ve ne saranno ,cosa che io spero, avranno forse già individuato la persona a cui attribuirne la paternità, e la domanda è la seguente:

ma è l'uomo che è stato fatto per i mercati o sono i mercati che sono stati fatti per l'uomo?

Io credo che i mercati siano stati fatti per l'uomo, e non l'incontrario e voi che ne pensate?
Dovremmo dunque essere noi a rivolgere delle richieste ai mercati e non viceversa.
Ecco dunque un problema culturale sul quale dovrebbero aprirsi dei dibattiti perchè ci sono evidentemente delle opinioni divergenti tanto da essere diametralmente opposte.
Talvolta sembra quasi che l'insistenza con la quale certe frasi vengono ripetute sia quasi fatta di proposito per suscitare dibattiti, il che da questo punto di vista è apprezzabile, peccato però che ciò non avvenga nelle  proporzioni commisurate all'entità e alla portata della questione!

Prosegue...