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venerdì 3 agosto 2012

Il grande problema culturale di oggi

...Continua dal post del 30 luglio 2012

Nel precedente post abbiamo analizzato due frasi molto ricorrenti oggigiorno:
L'Europa ci chiede...; I mercati ci chiedono...
Riprendiamo il discorso.
In generale, le frasi che vengono pronunciate anche e soprattutto quando si riferiscono all'esposizione dei propri intenti o ad illustrare il proprio operato, volenti o nolenti denunciano la cultura alla quale  appartengono. Ma cosa si deve intendere per cultura innanzitutto?
In questo caso per cultura si deve intendere non tanto l'alto sapere culturale, o in altri termini l'alto grado di acculturamento, quanto piuttosto la concezione di vita, il proprio modo di operare nella vita e di concepire la stessa, il modus vivendi.
Naturalmente non tutte le persone hanno lo stesso modus vivendi perchè è evidente che non tutti hanno lo stesso tenore di vita o appartengono ad una stessa classe sociale, ad uno stesso ambito di vita.
Per questo le cose che diciamo rivelano e rispecchiano ciò che siamo o vorremmo essere e ciò che pensiamo del mondo o come vorremmo trasformarlo.
Per questo i problemi che queste frasi pongono si configurano come 'problema culturale', perchè denunciano l'appartenenza ad un tipo di cultura che è vissuto da chi le pronuncia, ma denunciano anche gli intenti che potrebbero tradursi in politiche che ricadono su tutti anche su coloro che non aderiscono alla stessa cultura. Infatti quando una idea si traduce in politica, naturalmente allarga il campo della propria portata e della propria azione, e va ad investire anche la vita reale e il modus vivendi di chi non condivide queste stesse idee, appunto.
Quindi, riassumendo, il problema che queste frasi rivelano è un problema che si configura come 'problema culturale' perchè queste stesse frasi si fondano su concezioni di vita personali ma che potrebbero non essere condivise. Sembrano essere in gioco concezioni di vita diverse, forse addirittura opposte. Esse si manifestano come 'problema culturale' perchè un problema culturale è anche quello che potrebbe scaturire dalla loro applicazione sul piano pratico. Ma anche perchè compito della cultura (o di una diversa cultura) dovrebbe essere quello di comprenderne la portata e di offrire degli strumenti concettuali tali da svolgere il compito di mitigarne gli effetti potenzialmente negativi.
E' quindi necessario, per non dire doveroso, soffermarsi a riflettere e cercare di capire quali sono queste diverse concezioni di vita e in che modo rapportarsi ad esse.
Fondamentalmente quello che la mia breve analisi ha cercato di mettere in luce è che queste frasi ci rivelano una concezione decisamente non antropocentrica. Cioè a dire una concezione che non mette al centro l'uomo, il suo essere corona della creazione secondo alcuni, il suo essere corona dell'evoluzione secondo altri o entrambe le cose prese insieme  secondo altri ancora.
Questa concezione rivela, al contrario, una impostazione che potremmo definire, passatemi il termine, artificio-centrica. Cioè mette al centro i prodotti dell'uomo ( cioè artificiali ) e li investe di una dignità superiore a quella dell'uomo stesso che li ha fatti: i prodotti e le creazioni dell'uomo si antepongono al proprio artefice ed hanno maggiore dignità del proprio artefice! Il che sembra evidentemente assurdo, almeno secondo il senso comune!
Chiediamoci ancora una volta:

ma l'uomo è stato fatto per i mercati o viceversa sono i mercati che sono stati fatti per l'uomo?

La risposta che si spera di ricevere da questa domanda, come abbiamo già detto nel precedente post, è che sono i mercati che sono stati fatti per l'uomo e non viceversa.
E questo fortunatamente rivela ancora oggi un residuo di quell'antropocentrismo che dal Rinascimento in poi si è andato affermando quando con maggiore insistenza e quando con minore fortuna o con qualche intoppo, ma in linea di massima in modo sempre abbastanza costante.
La concezione artificio-centrica è abbastanza singolare invece nella sua originalità e non si può nemmeno dire che riporti l'uomo ad una fase precedente al Rinascimento, cioè al medioevo perchè la concezione medievale, che pure da un punto di vista della topografia cosmica metteva al centro la Terra, creazione di Dio, era caratterizzata essenzialmente da una concezione Teo-centrica, da una concezione cioè che metteva al centro di tutto Dio.
La concezione artificio-centrica sembra quindi costituire addirittura un arretramento rispetto al medioevo. Eppure è una concezione che si manifesta attualmente a quanto pare e questo dovrebbe far lungamente riflettere. In altri termini, una domanda che potremmo rivolgere a noi stessi è: siamo forse noi che stiamo usando dei sistemi di interpretazione sbagliati o anacronistici, tali da farci sembrare anacronistico l' oggetto della nostra indagine?
Credo che innanzitutto sia importante sollevare la questione e poi tentare una risposta che si presenta articolata e che affronteremo nel prossimo post.
Intanto, per concludere, diciamo che se il dubbio prende è perchè  è difficile collocare la concezione artificio-centrica in un qualsiasi periodo storico. Ci stupiremmo di ritrovarla perfino nel mondo dell'uomo preistorico.
Probabilmente rappresenta una vera e propria novità anche se forse non in senso assoluto.
A scanso di equivoci, ci tengo a precisare comunque che non stò cercando di suscitare l'ilarità di nessuno, sia chiaro. Ma ci sono cose che non possono essere taciute e certe analisi vanno portate avanti fino ai minimi termini, anche al rischio di dare l'impressione opposta, perchè la posta in gioco è troppo alta. Non saprei in quali altri termini porre la questione. Lasciatemi dire che, al contrario, il tutto verte, e spero si senta, su una assoluta serietà, e anzi oserei dire preoccupazione.

Prosegue...

Il problema culturale
Tecnica mista su carta
2011-2012