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venerdì 31 agosto 2012

Interpretazioni interessate?

Il santo patrono dei pittori e degli artisti in generale, anche nella accezione moderna di operatori artistici, è San Luca Evangelista.
E' confidando nella sua intercessione e clemenza di giudizio che io,  operatore artistico, mi accingo,  non senza un qualche timore reverenziale, a commentare l'interpretazione di una frase del suo Santo Vangelo.
Lo faccio perchè sono oltremodo convinto che una certa interpretazione di questa frase abbia  più che una qualche rilevanza nel determinare tutta una serie di atteggiamenti che definirei arrendevoli nei confronti di quello che potrebbe configurarsi, in termini generali, come un tendenziale peggioramento delle cose.
Lo faccio perchè credo che questa stessa frase (e le sue interpretazioni) abbiano una qualche rilevanza anche nel determinare una certa facilitazione al cammino di potenziali pericoli e deviazioni, in ultima analisi anche dell'assetto democratico stesso.
Ecco la frase nella sua attuale traduzione italiana tratta dalla Bibbia ( Luca 18,8) edizione ufficiale della CEI:

'Vi dico che farà loro giustizia prontamente.
Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?'

Partiamo dunque da qui. Come interpretare questa domanda?
Per tentare un approccio interpretativo a questa domanda intanto possiamo dire che si tratta di una domanda retorica. Come è tipico delle domande retoriche non c'è una risposta che segua, per lo meno non una risposta immediata e non una risposta scritta. Nel Vangelo di San Luca dopo questa domanda segue una parabola, in altri termini si cambia discorso e la risposta rimane sospesa.
Quindi questo parametro tipico delle domande retoriche è rispettato con ogni evidenza.
E' forse indagando le caratteristiche delle domande retoriche che possiamo trarre degli elementi utili alla decifrazione di questa che forse è una dalle domande maggiormente inquietanti di tutto il Vangelo?
Forse, rileggiamo:

'Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?'
L'assenza di risposte così tipica delle domande retoriche crea un vuoto che generalmentre viene colmato da una risposta che si presume sottintesa. E quale sarebbe la risposta sottintesa in questo caso? Alcuni ritengono che la risposta sottintesa sia: No! Non troverà la fede sulla terra! 
E questo naturalmente sbilancia la questione a favore di coloro che ritengono che si tratti di una frase profetica, di una predizione.
Tuttavia le cose potrebbero non stare esattamente così e questa risposta potrebbe essere eccessivamente frettolosa. Tra gli assertori della tesi secondo la quale si tratterebbe di una frase profetica possiamo annoverare un insigne filosofo inglese vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento: Francesco Bacone, italianizzazione del nome inglese Francis Bacon.
Nel suo saggio intitolato 'Della Verità' Bacone ci dice per esempio che la perfidia della falsità e l'inosservanza della fede si esprimono in modo eccelso con le parole del Vangelo secondo Luca appunto al capitolo 18 versetto 8, parole verso le quali richiama la nostra attenzione.
Bacone ci conferma con parole sue di credere che si tratti di una predizione. 
Tuttavia la sua citazione, obiettivamente presenta qualche lacuna che andremo ad esaminare.
Invitiamo gli eventuali gentili lettori a munirsi del testo del saggio. Io, da parte mia preferisco riportare soltanto discorsi in modo indiretto, per non incorrere nel rischio di violazione dei diritti d'autore. Mi rendo conto che in questo modo rendo le cose meno intelligibili e più farraginose ma preferisco assecondare un principio di prudenza. Bacone è scomparso da quasi quattro secoli e credo che i suoi diritti d'autore oramai siano inesistenti, tuttavia a scanso d'equivoci...
Ma riprendiamo...a cosa dobbiamo queste lacune? Ad una diversa traduzione del testo sacro? Ad una omissione volontaria, a che cosa?
Non conosco le versioni della Bibbia dell'epoca di Bacone. Presumo che fossero in latino, ma queste diversità non so se si possano spiegare semplicemente col passaggio dal latino al volgare.
La questione per me è aperta e la dovrò approfondire.
In ogni caso quattro cose emergono ben visibili e noi le possiamo notare senza difficoltà, eccole:
a) invece di 'Figlio dell'uomo', viene usato il termine 'unto' cioè 'Cristo';
b) la citazione  è priva della parte che recita: 'Vi dico che farà loro giustizia prontamente.'
c) nelle versioni attuali dei Vangeli l'avverbio di negazione 'non' non compare; sbagliano le versioni attuali o quelle di allora?
d) viene omesso il carattere interrogativo della frase sul quale mi pare sussista oggigiorno una generalizzata unanimità e che ha trovato oggi la sua oggettivazione nella presenza del segno di punteggiatura che rappresenta l'interrogazione, il punto interrogativo appunto.
In effetti, in generale, non credo che nei testi antichi fosse presente un segno di punteggiatura che indicasse la natura interrogativa  delle  frasi. Ma nei  testi  di oggi la punteggiatura è presente e nel caso specifico tutti i testi, tutte le versioni da me conosciute riportano la frase in esame in forma interrogativa. Forse già nel Cinquecento o nel Seicento era così. Bacone tuttavia non la riporta in forma interrogativa. Perchè? c'è una ragione? Può darsi che riporti una opinione altrui, che lui condivide e fa sua, ma che nasce altrove. 
Non solo, ma il fatto che egli dica che si tratta di una situazione che è stata predetta (e soltanto dopo citi il Vangelo) dimostra in modo inequivocabile una presa di posizione pregiudiziale sull'argomento, dove il pre-giudizio consiste esattamente nel ritenere la frase evangelica una frase profetica.
Come dire che non si discute il carattere della frase perchè il suo carattere è già stato acquisito ed il suo carattere, secondo questa interpretazione,  è profetico.
Ci sono troppe cose date per scontate. Il fatto è che l'esegesi biblica, fatte salve le alte verità di fede, non dovrebbe permettere che le questioni si liquidino con una simile frettolosità o che le si diano così per scontate.
In ogni caso la domanda rimane senza una risposta, e si configura come domanda retorica che non sottintende una risposta precisa, men che meno la certezza di una risposta negativa. Al contrario, in questa sospensione si può ravvisare nettamente la presenza di una speranza, la speranza che così possa non essere!
La frase virgolettata nell'attuale versione del testo di Francesco Bacone presenta troppe anomalie perchè la si possa credere una citazione vera e propria del Vangelo. Naturalmente essa lo richiama, e come, ma non lo cita propriamente ed esattamente. Come illustrato temo ci si trovi dinanzi piuttosto ad una interpretazione della stessa che ad una citazione vera e propria.
Nei testi che pubblicano il saggio di Bacone, le note a piè di pagina che rimandano al Vangelo di San Luca sono pertinenti e giuste, indirizzano verso la fonte primaria a cui Bacone stesso attinge e questo è naturalmente molto utile e positivo ma non possiamo certamente affermare che da un punto di vista strettamente filologico esse non necessitino di una qualche precisazione. Perchè è vero che la frase in questione è contenuta in Luca 18,8 ma è anche vero che essa non rappresenta per esteso quel versetto e che la parte omessa è portatrice e rivelatrice di un diverso sentore, di un diverso registro a cui ritengo sia utile approcciarsi per una lettura equilibrata e contestualizzata. E questo diverso registro bilancia quello che affiora nella frase interrogativa. 
Forse è per corroborare la tesi 'profetica' che i sostenitori di questa, omettono di citare del versetto 8 del capitolo 18 l'altra parte: 'Vi dico che farà loro giustizia prontamente.'
Questa frase termina un discorso sulla giustizia, sulla sua forza e sulla sua prontezza. Soltanto dopo appare l'altra, quella interrogativa che, più che profetizzare, diciamolo a questo punto, insinua un dubbio, drammatico e terribile quanto si vuole, eppur tuttavia pur sempre e soltanto un dubbio, non una certezza!
Ma anche se volessimo essere pessimisti fino in fondo, cosa sconsigliabilissima sempre e in questo caso in modo particolare, e vedere in questa ultima frase una profezia, la questione, pur offrendo punti di vista certamente interessanti nella loro pur evidente drammaticità, non potrebbe essere chiusa così repentinamente e così semplicisticamente. Il dibattito dovrebbe necessariamente aprirsi a vari interrogativi susseguenti...
Il rischio di cadere nel fatalismo e nell'accidia concomitante è assolutamente realistico e pericoloso, e dovrebbe bastare da solo a dissuadere dalla lettura pessimistica e inclinare verso quella ottimistica.
Dovremmo abdicare alle valenze della fede, della verità e della giustizia solo perchè ci viene ipotizzato un futuro deprivato di quei vasti orizzonti che queste stesse valenze sono in grado di squadernare dinanzi ai nostri occhi?
Dovremmo abdicare alle valenze della fede solo perchè ci viene prospettato un futuro nel quale la fede, si dice, sarà assente? Io credo che non sia opportuno e che non sia utile. Credo anzi che sia dannoso.
Quando Temistocle, nell'antica Grecia, ricevette il primo responso da parte dell'oracolo di Delfi, interrogato sulle sorti della guerra che i persiani di Serse gli avevano mosso, non si lasciò abbattere pur essendo stato l'oracolo nefasto.
Intanto mandò subito qualcun altro a chiederne un secondo. Pur essendo il secondo responso ugualmente nefasto, questo conteneva degli elementi aggiuntivi interpretando i quali Temistocle trasse quei dati che poi lo portarono alla sostanziale vittoria nei confronti dei persiani. Ma il principale strumento usato da Temistocle è stato l'amor patrio unito all'intelligenza tattica lucida e ferma, priva di quel panico che l'oracolo così nefasto avrebbe potuto portare.
Questo ci dimostra che non dobbiamo cedere alla presunta inevitabilià o negatività di un' informazione o di una situazione, ma dobbiamo sempre avere lo stimolo di migliorare le cose.
E allora ripeto, dovremmo abdicare alle valenze della fede soltanto perchè ci viene prospettato un futuro nel quale la fede, si dice, sarà assente?
Credo di no, benchè forse qualcuno vi speri. I persiani se avessero saputo del primo responso dell'oracolo di Delfi avrebbero certamente sperato che i greci vi credessere pienamente e che fossero presi da sconforto. Non fu così e la storia ci testimonia che i persiani alla fine furono sconfitti.
Ecco uno strumento concettuale semplice e utile a disacernere gli schieramenti in campo: chi crede la frase 'profetica'? Chi no? Chi si lascia abbindolare dal fatalismo? Chi invece sfrutta i mezzi e i doni del descernimento che Dio a donato perchè venissero usati per tentare sempre e comunque una risposta di buon senso?
Infatti saremmo tentati a ragion veduta di ritenere 'persiani' coloro che la ritengono profetica, e 'greci' coloro che non la ritengono tale.
E Bacone allora sarebbe un 'persiano'?
No, ritengo che fosse in buona fede. Dobbiamo pensare che con Bacone siamo a cavallo tra Cinquecento e Seicento in un contesto totalmente diverso da quello attuale. E questa frase, alludendo al futuro che verrà, acquista importanza col passare del tempo e oggi, a distanza di quattro secoli dall'epoca di Francis Bacon, sembra avere acquistato una rilevanza maggiore rispetto ad allora.
Bacone non è quindi un 'persiano' nel senso di un 'invasore', non aveva nulla da invadere. Tuttavia, forse inconsapevolmente, nel corroborare quella tesi potrebbe suo malgrado aver aiutato in passato e potrebbe aiutare ancora oggi coloro che da questa tesi potrebbero pensare di trarre profitto.
Credo che il teologo ci confermerebbe quanto grande sarebbe il gloriarsi dell''avversario' nel riuscire a strumentalizzare a proprio favore lo stesso 'Vangelo' cioè proprio lo strumento principale per contrastarne l'operato.
E da un punto di vista tipicamente teologico, certamente nell'insieme di coloro che sperano di confondere le menti e i cuori dei fedeli e non solo, e che sperano di far credere vera qualcosa che non lo è, è difficile non intravedere quella che potremmo definire l'ombra dell''avversario', in ogni caso comunque di un 'avversario'.
Ora, nel mondo ci sono credenti e non credenti di varie fedi e confessioni. Immagino che l'interprertazione 'profetica' (e negativa) della frase presa in esame, sia rivolta ai credenti. Così lo è anche questa dissertazione che ha lo scopo di dissuadere dallo scendere a rapide conclusioni visto l'effetto negativo che queste possono avere. Ma ha anche lo scopo di dissuadere dal chiudere gli occhi dal mondo che si guasta per la sola ragione che 'così è stato predetto'! Infine ha lo scopo di suggerire di prendere in esame l'interpretazione 'non profetica' (e positiva) della stessa, poichè questa consente di non cedere alla tentazione di abdicare a quelle valenze positive che aiutano il mondo e che rispondono a quell'istintiva e naturale esigenza di giustizia cui allude la prima parte del versetto (Lu 18,8) benchè in qualche caso distrattamente omessa.