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mercoledì 8 agosto 2012

Il grande problema culturale di oggi

...Continua da post del 3 agosto 2012

Con l'ultimo post ci siamo lasciati chiedendoci se la concezione che abbiamo definita articifio-centrica essendo di difficile collocazione storica non apparisse anacronistica, o in altri termini antiquata, perchè magari anacronistici ( o antiquati ) erano i mezzi della nostra indagine su di essa. Ma obbiettivamante ci sentiamo di escludere del tutto questa ipotesi perchè francamente i mezzi di indagine che talvolta, è vero, possono influenzare il risultato della stessa,in questo caso sono dei mezzi semplicissimi come il confronto tra le diverse idee che ci troviamo dinanzi,la ricerca di similitudini e divergenze e via discorrendo. Sono quindi strumenti concettuali di uso piuttosto comune. Questo dubbio ci sembra dunque fugato.
Ma allora in che cosa consiste la difficoltà di ritenerla anacronistica come istintivamente apparrebbe?
Essenzialmente dal fatto che, come abbiamo già detto, non possiamo collocarla in un preciso momento storico.
Ma allora il problema rimane e noi dobbiamo quindi chiederci ancora:
la concezione che mette al centro degli interessi dell'uomo i suoi prodotti anzichè l'uomo stesso (in questo caso specifico il mercato invece dell'uomo) e che investe questi prodotti di una dignità superiore  a  quella  dell'uomo che li ha pensati e prodotti per se, è una concezione anacronistica o una concezione modernista?
Rispondere non è semplice, ci proviamo:
L' artificio-centrismo sembra anacronistico perchè sembra più moderna la concezione che ci sembra rappresentare la sua più perfetta antagonista cioè la concezione antropocentrica originariamente e tipicamente rinascimentale, e con il Rinascimento facciamo un salto all'indietro di circa sei secoli. Questo ci spinge a credere la concezione artficio-centrica come più arretrata rispetto a questa. Eppure la difficoltà di dargli una collocazione precisa riporta a prendere in considerazione l'ipotesi di una sua originalità e quindi in qualche modo di una sua modernità.
In effetti dobbiamo ammettere che effettivamente pare essere veramente una concezione originale e quindi
almeno in questo moderna, ma da un punto di vista essenzialmente esistenziale, o se preferite anagrafico, deprivando cioè il termine 'moderno' di quei valori di positività che gli sono tipicamente connessi e che generalmente si porta dietro.
In altri termini quella artificio-centrica rappresenta una concezione culturale che presuppone come sub-strato culturale soltanto alcune caratteristiche della modernità, escludendone altre, le più rilevanti.
Per esempio esclude quelle di ambito filosofico perchè è compito della filosofia ( oltre che del senso comune) stabilire se l'uomo ha più o meno dignità delle cose che egli pensa, progetta, costruisce.
Quindi c'è una doppia difficoltà: è difficile considerarla anacronistica, ma è difficilie anche considerarla pienamente moderna e avanzata. E questa doppia difficoltà la rende una concezione piuttosto ambigua.
Ma, per concludere, in tutta obiettività non ci sembra possa rappresentare una conquista o un passo avanti di cui andare fieri e non c'è dubbio che la concezione antropocentrica rinascimentale, pur di sei secoli più vecchia ci sembra esprimere un ben più alto valore, una più alta conquista culturale.

Potrà sembrare esagerato ricavare una dissertazione di questo tipo per delle frasi sentite in qualche notiziario,o lette sui giornali ma potrebbe non esserlo. Infatti dobbiamo ricordare che erano frasi ricorrenti e che quindi tendevano evidentemente a creare opinione. Oppure la loro ricorrenza, come abbiamo tra l'altro già detto, intendeva proprio suscitare un dibattito, nel qual caso l'intenzione è lodevole, e la conseguenza naturale è che simili dissertazioni abbiano luogo. Ma ci tengo a precisare che ci sono frasi ed espressioni che effettivamente 'parlano' al di là delle reali intenzioni del dichiarante, e che ci sono cose che diciamo anche senza rendercene pienamente conto.
Capita a tutti, a me per primo. Quello che cambia e che fa la differenza, è il contesto nel quale vengono pronunciate. Proviamo a pensare a quale differenza c'è tra un contesto di amici che parlano tra di loro e un alto contesto istituzionale che viene amplificato dai mezzi di informazione di massa. La differenza è notevole.
In ogni caso le parole che pronunciamo hanno chiaramente un valore e sono importanti, tanto più quanto più dall'alto vengono pronunciate. E non c'è alcun dubbio che le parole che pronunciamo esprimano una moltitudine di cose che vanno anche al di là delle nostre intenzioni o consapevolezze o del più immediato dei significati. Ma indagarle deve essere ritenuto legittimo e non offensivo.
Ed il problema culturale di cui esse sono in qualche modo il sintomo è tanto più importante  quanto più alto è il contesto istituzionale nel quale questo problema si manifesta e viene individuato, anche perchè, dato il contesto, il problema che si manifesta può andare  ad incidere direttamente su quello che è il nostro futuro e quello delle prossime generazioni.

E' importante evidentemente, per non dire necessario, fronteggiare questa concezione artificio-centrica, che si rivela malgrado le intenzioni o la consapevolezza, contrapponbendole un'altra più profonda concezione che risponda meglio alle esigenze dell'uomo contemporaneo e alle sfide che lo aspettano.
Ora, siccome la più perfetta antagonista a questa concezione ci sembra essere quella che investe l'uomo della sua legittima e imprescindibile dignità ontologica, possiamo concludere che per contrastare l'artificio-centrismo con tutti i pericoli che esso comporta, è necessario e doveroso ricorrere ad un nuovo umanesimo che tolga l'uomo da una posizione di subalternità rispetto ai suoi stessi prodotti, e che lo riporti di nuovo al centro del mondo o più pragmaticamente, se preferite, dei suoi stessi interessi e che gli conferisca una maggiore dignità.
Potrebbe servire e rivelarsi utile un nuovo antropocentrismo che dovrebbe ovviamente tenere conto delle mutate condizioni di vita ed essere quindi di un grado diverso rispetto a quello del passato e proporzionato alle problematiche dell'uomo contemporaneo. E l'impressione è che da tempo in vasti settori della società si senta questa esigenza che evidentemente non può essere ulteriormente ignorata.
Lungi dal costituire un ostacolo alla fede del credente poi, questo antropocentrismo pur riconoscendo la posizione di centralità dell'uomo nella vita dell'uomo, non implica affatto il sostituire  Dio nella posizione centrale, poichè il credente sa che al centro dell'uomo c'è Dio.
Oltretutto, in ogni caso, ci pare meno grave questo che sostituire Dio con i 'prodotti' dell'uomo.
Per entrare un poco dentro a questo nuovo antropocentrismo, possiamo affermare che quest'ultimo dovrebbe spontaneamente distinguersi dal suo illustre precedente rinascimentale anche per un altro fatto che ci limitiamo a segnalare:
l'antropocentrismo rinascimentale riconosce la centralità dell'uomo ma in una società fortemente maschilista. si tratta quindi di un antropocentrismo tendenzialmente andromorfico, per così dire, cioè  fato a immagine del maschio. il nuovo antropocentrismo dovrebbe, si spera, aver superato questa dimensione parziale, per diventare un antropocentrismo antropomorfico, cioè di forma genericamente umana, dove per genericamente umana si intende che non si esclude ne la forma maschile ne quella femminile ma che entrambe hanno pari dignità di esservi rappresentate.
Questa potrebbe essere una possibile risposta e già da tempo, ripeto, qualcosa si è mosso in questa direzione, ma temo sia rimasto inascoltato.