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sabato 13 ottobre 2018

Una Rivoluzione Tranquilla!!!

Che cos’è lo stato di minorità?
Immanuel Kant ci dice che lo stato di minorità “è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro” (Scritti politici, 1784).
Ecco, la politica negli anni passati ha predisposto lo “stato di minorità” dell’Italia e degli italiani. E la cosa inquietante è che sono stati i politici italiani stessi a farlo. Ma non dubito che alle loro spalle ci siano stati cospicui suggerimenti di terze parti estere, non disinteressate. In quest’ultimo caso si tratta dei dispensatori di “consigli senza coda”, dispensatori di quei consigli cioè che vengono elargiti a beneficio del consigliere e non del consigliato. Ma la politica italiana ha avuto delle responsabilità enormi. Uno stato di minorità è uno stato di dipendenza psicologica o materiale.
Ed oggi assistiamo ad una Ue che da un lato sembra sfruttare questo stato di minorità predisposto in passato, dall’altro lo sostiene e lo rilancia, ne auspica la diffusione in tutta l’Europa, in ogni singolo Stato.
Tra i sistemi adottati per mantenere ed estendere lo stato generalizzato di minorità vi è quello di coltivare e mantenere dei saperi riservati, quasi dei saperi di casta, attraverso i quali predisporre una barriera culturale, stando ben attenti a diffondere l’idea secondo la quale al di qua della barriera si sanno le cose e quindi si possiedono le nozioni per poter fare e prendere decisioni, al di là di essa invece sussiste l’ignoranza, l’incapacità, il populismo. E’ un fenomeno diffuso ed attualissimo quello in cui si assiste a reciproche accuse di incompetenza da parte delle forze politiche. Anche questo fenomeno può essere ascrivibile ad una responsabilità che alberga nell’Ue stessa, non solo nell’Ue, ma certamente anche lì. Sembra paradossale per una Ue che ad ogni occasione propizia ama così tanto ricordarci l’importanza dell’abbattimento delle barriere. Ma a che serve abbattere le barriere visibili se si erigono barriere invisibili? Temo che chi le erige, queste barriere invisibili, sappia bene a cosa serve un simile procedimento, perché quest’ultime sono più pericolose proprio in quanto invisibili. L’invisibilità conferisce a queste barriere un potere d’azione smisurato e nascosto. Inoltre l’abbattimento delle barriere visibili, che potrebbero in un certo qual modo contenere il potere d’azione di quelle invisibili, aumenta a dismisura la forza e la portata di quest'ultime. Dietro alla retorica dell’abbattimento delle barriere spesso vi sono buone intenzioni, altrettanto spesso però si trova un po’ di ingenuità, e purtroppo vi è possibile avvertire anche la presenza, sovente, di una intenzione cosciente, quella di un progetto favorevole all’erezione di barriere invisibili come quelle culturali appunto al fine di perseguire un altrui stato di minorità. Queste sono utili a modellare una società fatta per compartimenti stagni, di conoscenze separate, dove ogni sconfinamento è visto di sbieco, avvertito come una invasione, malamente tollerato perché secondo le intenzioni di chi auspica ad una simile società (quella delle barriere invisibili) i saperi sono controllabili a livello centrale tanto più quanto sono tra essi separati. Sembra di assistere a un divario dei saperi coltivato ad arte in cui cultura popolare (o cultura di massa) e saperi riservati viaggiano su direttrici opposte. Come ci dice Roberto Scarpinato, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, nella prefazione al libro della dott.ssa Lidia Undiemi (dottore di ricerca in Diritto dell’Economia) “Il ricatto dei mercati”, <<Le nuove gerarchie di potere non dividono solo chi ha da chi non ha, ma anche chi sa da chi non sa e quest’ultima distinzione è funzionale alla prima. Oggi come ieri, sul terreno del sapere si gioca una partita politica fondametale>>.
Ma se il sapere attraverso un opera di divulgazione e diffusione di stampo illuministico raggiunge vasti strati di popolazione il cambiamento diviene possibile anche a livelli tali da sortire l’effetto di una vera e propria Rivoluzione, e tuttavia, essendo essa Rivoluzione combatutta con le sole armi pacifiche delle idee, di una Rivoluzione che si può fregiare del titolo di Tranquilla, insomma, di una Tranquilla Rivoluzione!
A chi coltiva il divario dei saperi non rimarrà che sfruttare l’alone di prestigio personale, i diplomi, le lauree i riconoscimenti, i premi ricevuti, i riflettori mediatici, in generale la propria immagine ecc. insomma dovrà persuadere il popolo non tanto attraverso le argomentazioni che sono divenute improvvisamente criticabili da parte di una sempre maggiore fetta di popolazione ma attraverso altro, ove per altro debba intendersi anche la censura delle critiche stesse, la messa in ridicolo degli interlocutori, fino alle minacce degli interventi dei mercati e di ulteriori interventi della Troika.
Perché una Tranquilla Rivoluzione sia possibile, dobbiamo quindi difenderci dalla cultura della divisione in scomparti (o compartimenti stagni), dalla cultura della pseudofiducia (cioè dell’atteggiamento di fiducia imposto coercitivamente, il che è una negazione di fatto della vera fiducia) e fare leva sul concetto di interdisciplinarità. Ed è un lavoro grosso perché pieno di ostacoli.
In altre parole oggi l’interdisciplinarità è vista male e con sospetto ma mai ufficialmente. Infatti ufficialmente anch’essa viene sbandierata come un vessillo, soprattutto nella scuola. Quando uno studente a cui è stata insegnata l’importanza dell’interdisciplinarità si trova, alla fine del percorso scolastico, immerso nella società degli adulti e del lavoro, stenterà a riconoscere in essa l’applicazione di quegli insegnamenti, si sentirà spaesato, probabilmente anche tradito e dovrà imparare a sue spese a non sconfinare, a non porre domande, a non chiedersi troppi perché, si troverà a dover dare fiducia a chi gliela chiede sotto la minaccia di ripercussioni, si troverà cioè a non poter fare tutto ciò che la scuola gli ha insegnato e gli ha detto di fare.
Nel dibattito politico attuale sono considerati passatisti i cosiddetti sovranisti perché aspirerebbero ad uno Stato sovrano non condizionabile a livello centrale europeo o comunque meno condizionabile possibile e dotato di proprie frontiere nazionali. Ma se ciò avviene è perché si è avvertita l’esistenza di altre barriere, quelle invisibili appunto, e quindi è emerso il sospetto di un approccio ingannevole alla questione delle barriere. Se mi chiedi fiducia ma poi mi inganni, come potrò avere una reale fiducia in te? In altri termini i sovranisti si sono accorti di un inganno in corso e si sono resi conto anche che le barriere visibili sono un antidoto contro le barriere invisibili. Se le barriere visibili sono un antidoto contro altri mali non possono essere il male assoluto. Ed ecco che la retorica delle barriere viene meno. Chi si lamenta di ciò, chi si lamenta di un ritorno al concetto di Stato Nazione, peraltro mai venuto meno nell’ordinamento giuridico internazionale, dovrebbe probabilmente fare tutta una serie di riflessioni, per non dire di mea culpa, e chiedersi se per caso, le barriere invisibili che si volevano sostituire a quelle visibili non abbiano giocato un qualche ruolo. Se chi cerca barriere e divisioni dei saperi ci vuole guidare gli sarà utile, riteniamo, coltivare un altrui stato di minorità!
Anche questo è un sospetto che alberga in un sempre maggior numero di cittadini.
Per concludere torniamo a chiederci: che cos’è dunque lo stato di minorità?
<<E’ l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro>>. Da cui discende anche che chi cerca di guidarti, talvolta lo fa perseguendo un tuo stato di minorità e non sempre per il tuo bene.
Chi persegue lo stato di minorità lo fa attraverso la separazione dei saperi, le barriere di casta, in generale. attraverso le barriere invisibili, anche attraverso la cosiddetta internazionalizzazione (che spesso purtroppo coincide semplicemente con la creazione di dipendenze artificiose verso altri Stati o organismi) e molte altre cose.
<<L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso>>,(Kant, ibid.) ma anche agli altri spesso.
<<Abbi il coraggio di servirti della tua propria inelligenza!>> dice ancora Kant (ibid.).
Se ci sarà il coraggio di servirsi della propria intelligenza, l’Italia uscirà dallo stato di minorità nella quale ha relegato se stessa (col fattivo contributo di altri) e sarà quindi possibile una Rivoluzione Tranquilla!!!