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venerdì 5 aprile 2013

Della crisi

I problemi che l'Italia sta vivendo oggi potrebbero essere la risultante di una impostazione sbagliata di partenza circa la costruzione dell'Ue. Sappiamo bene infatti che l'Ue ha preso le mosse dalla Cee, Comunità Economica Europea. Ora, si possono avere varie opinioni al riguardo e pensare che questo sia un bene, o pensare che questo sia un male, a seconda dei punti di vista, tutti rispettabilissimi naturalmente, ma su una cosa dovremmo essere tutti quanti d'accordo.
Al di là di ogni connotazione con la quale ciascuno è libero di colorare la propria impressione soggettiva, una lettura essenzialmente denotativa di questo punto di partenza dovrebbe mettere in luce che si è trattato di una partenza di carattere espressamente ed essenzialmente economico e che questa stessa partenza ha finito per condizionare nel bene o nel male, tutte le scelte successive, ha finito per costituire, per così dire, un fattore modellante, un fattore modellante che si è imposto a discapito di altri, che forse sarebbero stati maggiormente appropriati.
Se di errore si è trattato quindi, questo errore si inquadra come errore esiziale, cioè come grave errore di partenza, di impostazione; un errore iniziale, con tutto ciò che ne deriva.
Il fatto è che si ha l'impressio che tutto abbia finito per modellarsi su questioni di carattere economico e che un minore rilievo abbiano avuto invece le questioni di carattere prettamente politico e culturale nonché sociale.
Non che siano state ignorate del tutto questo sarebbe falso e ingiusto asserirlo, ma probabilmente hanno avuto soltanto un ruolo marginale nel modellare l'Ue, esse hanno avuto un ruolo, diciamo così, di riempitivo, o hanno finito per adagiarsi semplicemente su ciò che era già precedentemente impostato.
Ed invece avrebbero dovuto avere, a nostro giudizio, un ruolo ben maggiore.
Sappiamo bene come l'economia possa influenzare la politica, nessuno ormai lo ignora. Ed è appunto sui rapporti e le relazioni tra finanza e politica che possiamo individuare uno dei gangli fondamentali di questa crisi.
Così oggi avvertiamo, per esempio, la presenza di un grande problema culturale, perchè è un problema culturale quello di dirimere la matassa di questo intreccio, dalla quale deriva, probabilmente, anche una sorta di inversione dei valori, come per esempio quella di mettere i mercati al di sopra di coloro per i quali i mercati sono stati pensati, cioè l'uomo, gli esseri umani.
E se ciò avviene  lo si deve probabilmente, in parte, anche a questo errore esiziale.
I problemi di oggi potrebbero benissimo essere la risultante, anche di questo tipo di impostazione che ha privilegiato il fattore economico a discapito di quello politico e culturale.
In altri termini possiamo dire (come si sente dire con maggior insistenza anche altrove,  per fortuna) che i nodi stanno venendo semplicemente al pettine, ma questi nodi sono stati creati nel passato, da scelte probabilmente sbagliate, o unilaterali, fortemente condizionanti, ma sempre e comunque insufficenti da sole ad affrontare un discorso così complesso e difficile come quello di creare una Unione Europea, che è una impresa piuttosto difficile se si valuta la piena accezione del termine 'unione' nel suo più alto valore e significato.
Come affrontare la crisi quindi?
Intanto crediamo che per affrontare questa crisi sarebbe opportuno inquadrarla nel modo più giusto possibile, sarebbe opportuno cioè inquadrarla nella più ampia cornice di una crisi culturale e non semplicemente di una crisi economica.
Questo costituirebbe a nostro avviso un salto di qualità nell'esame della situazione. Infatti è essenzialmente un problema culturale quello di riuscire ad invertire l'ordine dei valori, per riportarli ad una corretta impostazione. Quello che la cultura avrebbe il compito di fare oggi, per esempio, è ristabilire il primato della politica sull'economia.
Ora, abbiamo detto poc'anzi che la finanza influenza la politica, e che questo nessuno lo ignora oramai, e che sussistono tra finanza e politica degli intrecci spesso inestricabili e degli sconfinamenti che inquinano, per così dire, le acque, così da rendere difficile una chiara visione delle cose. Per questo, ci sentiamo di suggerire che forse un primo passo dovrebbe consistere nel cercare di tornare a demarcare anche da un punto di vista espressamente concettuale i confini dell'una e quelli dell'altra per avere un criterio discriminante che favorisca la lettura dell'attuale complessa realtà, anche del loro intreccio.
Se pensiamo alla finanza come al motore di una vettura e alla politica come all'autista, per esempio, questo ci offre il destro sia di intravedere la stretta relazione che sussiste tra le due parti in causa, sia il diverso ruolo che queste due stesse parti hanno nella loro relazione, e ci sembra per altro che esse siano inquadrate in questo caso sotto una luce decisamente rispondente al vero.
Forse potrebbe essere utile un altro paragone. Proviamo a considerare la finanza come i muscoli e la politica come la mente di uno stesso organismo.
Questo paragone è forse ancor più calzante. Infatti ci si rende subito conto che non possiamo far decidere ai muscoli quello che deve essere deciso dalla mente, né possiamo affidare alla mente il compito che deve essere svolto dai muscoli. Ognuno deve svolgere il proprio ruolo nei limiti del possibile.
Può capitare che muscoli e mente svolgano l'uno il compito dell'altro. Se questo avviene saltuariamente o occasionalmente poco male, ma se questo diventa la regola alla fine il livello di disarmonia che questo comporta rischia di compromettere seriamente l'andamento delle cose e si creano le premesse di un disarmonico sviluppo della situazione, che è un po' quello che sta avvenendo, a nostro avviso, in Europa e forse nel mondo.
Invece quello che l'Unione Europea dovrebbe cercare di fare è proprio di svilupparsi armonicamente, quanto meno, il più armonicamente possibile . Ma non può sussistere sviluppo armonico là dove non c'è relazione e ascolto tra le parti e questo è per l'appunto un altro dei problemi,  già segnalato da tempo, di cui soffre l'Europa, ma che ancora forse non viene preso abbastanza sul serio purtroppo. E naturalmente questa sottovalutazione del problema del dialogo tra le parti e dell'ascolto reciproco è un motivo di grande dispiacere, perchè basterebbe poco per vincere le reticenze e aprirsi all'ascolto, spesso  un semplice atto di volontà. Ci dispiace constatare che questa volontà invece non traspare.
Ogni volta che un cittadino cerca di portare una domanda o una richiesta e non viene ascoltato, è una occasione sprecata per migliorare e migliorarsi.
Sarebbe un nostro privilegio e un nostro onore sapere che questi pochi spunti di riflessione inerenti la crisi, venissero presi in considerazione, valutati, discussi, e approfonditi.
C'è ancora un altra questione che contribuisce ad inquadrare l'attuale crisi come crisi culturale ed è relativo al fatto che è sempre un problema culturale quello della perdita di un bagaglio culturale. Sì perchè c'è una certa impressione che si sta diffondendo ed è inerente al fatto che sembra si sia smarrito un certo bagaglio culturale. E' una impressione e non una certezza, e tuttavia la questione merita veramente di essere affrontata e approfondita.
Ma quale sia questo bagaglio culturale e che ruolo abbia o possa avere, lo vedremo nel prossimo post.