Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







martedì 11 agosto 2020

Del riconoscimento molecolare

Molti chiedono di collaborare alla soluzione del problema pandemico. È possibile partecipare a questo sostegno in vari modi, con donazioni per esempio, oppure offrendo preghiere o spunti di riflessione, perché c’è anche chi crede che questo problema si vinca con la cultura.
Ho spesse volte chiesto come avviene il riconoscimento molecolare del coronavirus. Certo non posso pretendere che la domanda sia giunta a chi ha le competenze per rispondere così da sospingerlo ad adoperarsi nel fornire questa risposta. In ogni caso risposte non ce ne sono state e il tempo passa inesorabile e i problemi non si risolvono anzi per certi versi sembrano aggravarsi. Così diviene necessario far fronte all’esigenza di avere una risposta facendo personalmente delle ipotesi, delle congetture.
Inizialmente sento l’esigenza di cominciare dal definire a me stesso la nozione di riconoscimento molecolare.
Cosa potrebbe mai essere il riconoscimento molecolare?
Riconoscere è conoscere nuovamente, quindi a cominciare da un modello di riferimento già conosciuto.
Molti sanno che cos’è una molecola, per esempio la molecola dell’acqua è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Ecco, l’RNA, l’acido ribonucleico, che costituisce una componente del coronavirus, cioè il suo genoma, è una macromolecola cioè una grande molecola costituita da componenti di grandezza inferiore come i nucleotidi quali adenina, uracile, citosina e guanina.
Quindi il riconoscimento molecolare deve riconoscere in questo caso nel campione biologico del tampone la presenza della macromolecola di RNA del coronavirus covid. I saggi molecolari mirano a dimostrare la presenza nel campione biologico di sequenze specifiche del virus. Presumibilmente si avvale quindi di un campione che diviene il modello da riconoscere, a questo deve servire tra le altre cose l’isolamento del virus. E quando i tamponi vengono esaminati se si scorgono macromolecole identiche al modello, ecco che avviene il riconoscimento. Nel momento in cui avviene il riconoscimento sappiamo che in quel tampone vi era il coronavirus e che quindi colui al quale il tampone era stato fatto ha nelle mucose entrate in contatto col tampone il virus in questione, per cui risulta positivo al riconoscimento molecolare del tampone.
Sappiamo però che il coronavirus è un virus mutante per cui è necessario chiedersi, come fare ad avere un campione modello? Se il virus muta, non potrà mai adattarsi al modello iniziale di riferimento perché col tempo si trasforma in un’altra cosa che può essere simile naturalmente eppure diversa dal modello stesso. Potrebbe essere poco, abbastanza o molto diversa. Come si può quindi verificare la presenza nel campione biologico di sequenze specifiche del virus se questo, mutando, dimostra di non avere in effetti sequenze specifiche. È proprio il concetto di sequenza specifica che è messo in dubbio, poiché se muta, quale potrebbe essere la sequenza specifica? Specifico significa proprio di quel virus e che non può sussistere in altro virus.
Visto che la variazione del virus è la variazione della sequenza, la domanda di una certa urgenza che si pone è se può esistere una sequenza specifica in caso di virus mutante.
Se la procedura per il riconoscimento molecolare adottasse un unico modello di sequenza, una persona che avesse il coronavirus mutato, non risulterebbe mai positiva da cui il rischio di falsi negativi.
È possibile presumere che non si ritenesse opportuno rischiare di dichiarare negativa una percentuale notevole di potenziali positivi, così l’impostazione del riconoscimento molecolare non ha potuto basarsi sull’identificazione di sequenze identiche al modello, è dovuta cambiare.


Non quando le sequenze del virus del campione biologico del tampone sono uguali identiche al modello di sequenza di riferimento, bensì quando sono semplicemente simili, ecco, in quel caso la macchina deve dichiarare che il paziente da cui il tampone proviene è positivo.


Dentro la macchina non c’è Dio, la macchina è costruita e programmata dall’uomo. Quindi deve essere stata questa l’idea generale che ha animato gli scienziati e predisposto la macchina, in un momento in cui si sapeva che il virus è mutante, e poco altro si sapeva. Probabilmente si è dovuti pervenire a stabilire quanto simile al modello iniziale dovessero essere le sequenze virali presenti nei tamponi per fare dichiarare alla macchina predisposta per il riconoscimento che ci si trovava di fronte al coronavirus.
Qualcuno avrà optato di far dire alla macchina di trovarsi in presenza del famigerato virus quando la sequenza del tampone sarebbe stata molto simile al modello. Forse, per un atteggiamento prudenziale, qualcuno avrà pensato che la macchina avrebbe dovuto fare quella dichiarazione, quando la sequenza sarebbe stata abbastanza simile. E magari vi è stato anche chi avrà pensato che sarebbe stato opportuno far fare alla macchina quella dichiarazione in presenza di una sequenza un po’ simile, poiché sappiamo che muta, però, quanto muta?

Ora, è chiaro che così il rischio di passare dai falsi negativi ai falsi positivi aumenta e in proporzione al fatto che si imposti la macchina per dichiarare che ci si trovi dinanzi al coronavirus in base al minor grado di similitudine.

Ora, sappiamo che il coronavirus appartiene a una famiglia di altri virus tra cui quello del raffreddore.
Se appartengono alla stessa famiglia è perché sono virus simili, che hanno delle componenti in comune, RNA e delle sequenze di nucleotidi di questo acido simili.
Se impostiamo la macchina per dichiarare che siamo dinanzi al coronavirus anche in caso di poca similitudine c’è il rischio che il virus del raffreddore che, essendo della stessa famiglia è in qualche modo simile, forse anche nelle sequenze di nucleotidi, a quello del famigerato cugino, venga quindi dichiarato coronavirus?
In altre parole potrebbe essere questa la causa di ipotetici falsi positivi?

È una questione di una certa importanza ovviamente poiché questa evenienza rischia di far lievitare il numero dei falsi positivi che, una volta dichiarati positivi dai mezzi di informazione di massa, contribuirebbero a falsare il dato realistico in senso negativo, drammatizzando una situazione già difficile per molte ragioni, e comunque a creare panico sociale e stato di allerta.

La retrotrascrizione è, in biologia, la capacità da parte di particolari enzimi di sintetizzare una molecola di DNA a partire da RNA. E' con questo metodo che si verificano le similitudini delle sequenze virali. se però non possono sussistere sequenze specifiche per il coronavirus covid, qualcuno ce lo deve dire.
La scienza fornisca risposte chiare, poiché ne abbiamo bisogno, è una richiesta dell'intero Paese!!!