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domenica 14 maggio 2017

Sintomi del degrado culturale nell'Ue

Mario Draghi, presidente della BCE, ha ripetuto, anche di recente, che l’euro è irrevocabile e che questo è scritto nei trattati, perciò deve essere ritenuto un dogma acquisito.
Ci sono quantomeno un paio di problemi che emergono immediatamente da un’attenta analisi di queste asserzioni e non possiamo sottrarci dal commentarli.
Uno potrebbe essere visto come un problema di onestà intellettuale e l’altro come un problema culturale. Vorremmo quindi esprimere un paio di opinioni al riguardo.
Prima opinione.
Nessuno ha bisogno di rendere irrevocabile (scrivendolo per esempio in un trattato) alcunché se pensa realmente che questo qualcosa sia uno strumento veramente utile per chi lo adotta. Il fatto che uno strumento sia descritto come irrevocabile, denuncia immediatamente in ogni caso tutta la sfiducia che il proponente ha nei confronti di ciò che propone e quindi anche tutti i dubbi nei confronti del successo di questo stesso strumento.
Ciò significa, in altri termini, che nei trattati si descrive come irrevocabile qualcosa di cui si sospetta già la non riuscita, di cui si è consapevoli presumibilmente che causerà molti e molti problemi, molti danni, e il lapsus (se è un lapsus) denuncia in modo inequivocabile che fin dalla redazione del trattato vi era la consapevolezza degli enormi problemi che avrebbe causato e che, di fatto, ha causato. Ciò non ha fermato il suo varo e il suo varo ha causato appunto (e causa) infiniti problemi.



Seconda opinione.
Cosa ancor più rilevante della prima, a nostro giudizio, è il fatto che, anche se un trattato descrivesse come irrevocabile l’euro, questo non significherebbe minimamente che esso lo sia davvero per questa sola ragione, perché l’euro è solo uno strumento, e in quanto tale deve essere funzionale innanzitutto a chi lo adotta. Potremmo dire che l’euro è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per l’euro. L’euro quindi, come strumento fatto per l’uomo, è revocabile come qualsiasi altro strumento fatto per l’uomo. Anche se un trattato dovesse descriverlo come irrevocabile ci sono dei principii da rispettare, principii che vengono prima di qualsiasi trattato, anche prima dei trattati europei (la cui validità è messa in dubbio da un numero sempre maggiore di persone istruite e acculturate nonché titolate).
Se l’euro è descritto come irrevocabile, l’errore è nel trattato e quel trattato è nullo, almeno nella parte specifica che tratta di questo aspetto. Nessuno può affermare che una cosa sia irrevocabile e pensare che un rappresentante di un qualsiasi governo, senza neppure interpellare i cittadini che dovrebbe rappresentare (ma che di fatto non rappresenta), nel momento in cui firma e sottoscrive quella affermazione, si leghi per l’eternità ad uno strumento che, in quanto tale, è pensato in funzione dell’uomo e che quindi per la sua stessa natura è intrinsecamente subordinato allo stesso e perciò rimovibile in qualsiasi momento dovesse rivelarsi inefficacie o dannoso per chi lo usa.
L’uomo non si può subordinare eternamente ad uno strumento che è intrinsecamente subordinato a lui, se ciò avviene vi è un pervertimento, una violazione del diritto naturale. Nessun trattato che violi un diritto naturale può e deve essere ritenuto valido. Qualsiasi trattato che neghi principii essenziali e un naturale ordine delle cose deve quindi essere ritenuto nullo in quanto potenzialmente vessatorio nei confronti di chi lo sottoscrive e di chi è costretto ad adottarlo.
L’euro non è irreversibile proprio in quanto è uno strumento e la natura degli strumenti è quella di essere intrinsecamente reversibile in quanto indissolubilmente legata alla funzionalità che deve avere nei confronti dell’uomo. Prova ne sia il fatto che gli strumenti si evolvono, cambiano col tempo, spesso sono sostituiti in favore di altri strumenti, oppure non hanno successo e vengono semplicemente abbandonati e dimenticati. Porre uno strumento ad un livello ontologicamente superiore a quello dell’uomo è una follia pura e semplice della nostra epoca e chi si fa portavoce di questa follia, immettendola addirittura in un trattato si fa contestualmente portavoce della distruzione della storia dell’evoluzione umana in occidente, si fa contestualmente portavoce della distruzione della cultura e della migliore e più rilevante filosofia occidentale.
Questo è artificio-centrismo, questo è il vizio della nostra epoca che sta uccidendo l’umanesimo, l’antropocentrismo.
Che un trattato europeo si faccia portavoce di questo artificio-centrismo, cioè del perverso difetto di porre al centro dell’universo gli strumenti che l’uomo crea per se stesso, anziché l’uomo stesso, rappresenta un tale danno di immagine per l’Unione europea e anche per la cultura europea in generale, che è perfino difficile calcolare l’ammontare di questo danno in termini meramente economici.
E un Paese che decidesse di uscire dall’euro, non solo quindi lo può fare ma, nel momento stesso in cui decidesse di farlo, dovrebbe chiedere assolutamente di essere risarcito per l’enorme danno culturale e di immagine che da esso è derivato; dovrebbe essere risarcito per essere stato assoggettato ad un trattato che nega principii essenziali e conquiste culturali rilevanti che davamo per acquisite e che invece evidentemente acquisite non sono.
Sappiamo bene come vi sia stato qualcuno che ha detto che <<nella legge sta scritto che nel giorno di sabato…>> Ma vi è stato anche chi ha risposto che <<il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato>>.
Che significato può assumere quindi il fatto che qualcuno asserisca che nei trattati vi è scritto che l’euro…
Ribadiamo ancora una volta, poiché repetita iuvant, che l’euro è fatto per l’uomo e non l’uomo per l’euro.
Ripetiamo questo concetto da anni senza che se ne veda un apprezzabile considerazione se è vero com’è vero che ci si trincera dietro i soliti dogmi e le solite superstizioni o, peggio ancora, dietro a pulpiti e scranni cui si ha avuto accesso senza che il popolo abbia mai avuto minimamente la possibilità di dire la propria e che sono stati conquistati quindi in modo non del tutto democratico e che non sono certamente esempio di rappresentatività, questo è sicuro.
Sappiamo che ripetere giova, giova comunque, a prescindere da tutto ciò, e quindi ripetiamo, ribadiamo insistentemente questo concetto, che l’euro (trattati o non trattati) è reversibile!
La classe politica che governa questa Ue dovrebbe sforzarsi di prendere in considerazione queste opinioni ed evitare di fare orecchie da mercante, e smettere di andare avanti come un treno in corsa che, ormai slegato e isolato dalla realtà che dovrebbe rappresentare ma dalla quale è evidentemente avulso, rischia di deragliare e di trascinare con sé in questo deragliamento tutti i vagoni che volenti o nolenti gli sono attaccati.
Così come nei contratti non possono esservi clausole vessatorie, così, allo stesso modo, nei trattati non possono esservi violazioni dei principii e dei diritti conquistati.
In conclusione, spiace dirlo ma, l’opinione di Draghi, trattati o non trattati (e quindi l’opinione degli stessi trattati e di chi li redige e di chi li sottoscrive), quando è così palesemente in contrasto col buonsenso e con principii fondamentali si palesa semplicemente come uno degli esempi maggiormente eclatante dell’attuale degrado culturale che purtroppo sta attraversando l’Unione europea e la sua classe dirigente.
La strenua e dogmatica difesa di un progetto ritenuto da molti economisti di rilevo un progetto fallimentare, quella dell’euro, rischia di saldarsi indissolubilmente ed inevitabilmente con un degrado culturale, con un impoverimento intellettuale la cui china è estremamente pericolosa, e il cui esito difficilmente prevedibile.