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mercoledì 26 febbraio 2014

Diritto-dovere di voto e soglie di sbarramento

La prima e più importante cosa di cui una legge elettorale deve tenere conto è il rispetto del diritto di voto. Sarebbe paradossale se ciò non avvenisse.
Un Paese che non conceda il diritto di voto ai suoi cittadini non è un Paese civile.
Penso che su questo dovremmo essere tutti d'accordo!
In Italia le soglie di sbarramento così alte di fatto significano il cestinamento di milioni di voti. Il cestinamento del voto a sua volta non significa altro che la soppressione pura e semplice di questo diritto. Questo vuol dire né più né meno che a milioni di italiani viene di fatto negato il diritto di voto. E' un fatto gravissimo secondo me e inaccettabile per una Repubblica che si proclami tale, cioè Rex-pubblica, e che oltretutto si proclami democratica ( art. 1 della Costituzione).
Un argomento come questo è o non è degno di essere affrontato nelle sedi istituzionali?
E' o non è degno di essere affrontato nelle commissioni che si occupano della legge elettorale?
Io ritengo che lo sia e come me è probabile che la pensino molti altri cittadini!
Possiamo discutere a lungo sul fatto se questa linea di principio sia tatticamente valida o non valida a smuovere una determinata situazione o a favorire una certa piega piuttosto che un'altra, senza presumibilmente arrivare a dirimere la questione così facilmente.
Quello che cerco di fare lanciando questa questione non ha una valenza tattica quanto piuttosto di principio appunto, ma di un principio importantissimo, un principio che fonda la Democrazia, quello appunto del diritto di voto!
La valenza di questa posizione consiste non tanto nel tentativo di dare delle risposte, quanto piuttosto in quello di mettere in luce un problema esistente e purtuttavia sottaciuto.
La domanda che possiamo porci è se al di là dei tatticismi il principio suesposto possa trovare una sua pertinenza e una sua collocazione nell'ambito di un dibattito, quello sulla legge elettorale, che dovrebbe essere imperniato prevalentemente sulla costituzionalità della stessa, soprattutto dopo la sentenza della Consulta in merito al cosiddetto 'porcellum'.
Vogliamo ancora maggioranze che si formano da leggi elettorali incostituzionali? Direi che non è il caso!
Ma c'è ancora un fatto da sottolineare circa l'argomento inerente la lesione del 'voto'ed è quello relativo al fatto che si tratta non solo della lesione di un diritto ma anche della lesione di un dovere, e questa è una sfumatura che potrebbe sembrare superflua a prima vista ma che invece potrebbe essere foriera di possibili e sintomatiche nonché sensibili variazioni di senso che sarebbe opportuno approfondire.
L' art. 48 della Costituzione infatti recita:

Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

Come possiamo ben notare in questo articolo ci si riferisce al voto sia in termini di diritto che in termini di dovere. Non a caso, a proposito di 'voto' si è spesso sentito usare l'espressione diritto-dovere.
Addirittura sempre in questo articolo viene prima menzionata la nozione di dovere e soltanto dopo quella di diritto, come se la Costituzione ci invitasse a considerare attentamente questo aspetto inerente appunto il dovere, non meno e forse ancor più di quanto non si debba soffermarsi a considerare l'aspetto inerente il diritto!Dunque chiediamoci: è più grave ledere un diritto o è più grave ledere un dovere?
Difficile a dirsi! Possiamo tentare qualche argomentazione.
Se la lesione di un diritto sappiamo riconoscerla e stigmatizzarla come un reato che deve essere punito e come un danno che deve essere riparato e indennizzato cioè risarcito, per chi lo subisce, riconoscere questo per la lesione di un dovere è forse più complesso e difficile.
Probabilmente perché il dovere mantiene suo malgrado un certo sentore di 'obbligatorietà', sembra vivere in una sfera in cui sussista un qual certo alone di costrizione o coercizione che, in quanto tale, può essere vissuta talora con malcelato senso di fastidio, tanto che si sarebbe tentati di credere che la soppressione di un dovere possa corrispondere in qualche modo anche ad una sorta di liberazione da un gravame fastidioso e che per questo possa configurarsi addirittura come qualcosa di positivo.
Ma le cose potrebbero non stare esattamente così. In effetti a ben pensarci un cittadino che viva il dovere di voto così negativamente di fatto esercita la sua azione di avversione al dovere astenendosi dal voto stesso, benché l'astensione rappresenti spesso più una risposta di rassegnazione ad una situazione politica che si ritiene compromessa a tal punto da non poter essere riparata, neanche dal proprio voto, piuttosto che una risposta liberatoria e forse anche inconscia a fastidiose sensazioni di costrizione.
Ma qui stiamo parlando della lesione del dovere di voto in chi il voto è andato ad esprimerlo sulla scheda elettorale e poi se l'è visto cestinare da una soglia di sbarramento iniqua, cioè a dire della lesione di un dovere civico espletato pienamente, il che getta tutto sotto un luce alquanto diversa.
Tutti coloro che si recano a votare sono già ritenuti 'capaci' di farlo ed il loro voto pertanto è valido e in quanto tale non può essere limitato da altri fattori, figuriamoci se può essere del tutto misconosciuto e cestinato! Se proprio qualcuno ha voglia di cestinare un voto cestini il proprio, non quello degli altri.
Si finisce con l'eliminire così, con le soglie di sbarramento, non solo un diritto ma addirittura un dovere, mettendo gli elettori il cui voto viene cestinato nella condizione di non poter svolgere il proprio dovere.
Per una piena comprensione di questo discorso, molto dipende dal senso che diamo al termine 'dovere' naturalmente, sul quale è doveroso, scusate il gioco di parole, soffermarsi almeno un poco.
Sono molte le sfumature che può assumere questo termine.
Uno stesso termine per una moltitudine di significati ma mai troppo diversi, in questo caso, gli uni  dagli altri. Dovere è l'obbligo di fare qualcosa secondo leggi, convenzioni, norme sociali ecc. ma è anche l'opportunità e la convenienza di fare qualcosa di giusto. Ancora un altro significato è quello che pone l'accento sul dovere con il senso di dovere qualcosa a qualcuno, in questo caso presumibilmente lo Stato, ed espletare questo dover significherebbe in questo senso sdebitarsi con lo Stato stesso.
Ti dovevo qualcosa, ecco che mi sono sdebitato!
E' su questo particolare significato che vorrei porre l'accento. Considerando infatti l'espletamento del dovere di voto come uno sdebitamento, come un'azione cioè che ti libera da un debito, la soppressione di questo dovere implica viceversa la permanenza in uno stato di debitore. Si è in altri termini condannati a non potersi sdebitare. E questo pone l'elettore in una situazione di intrinseca debolezza ed inferiorità nei confronti dello Stato che dovrebbe invece tutelarlo. La condizione di un debitore è sempre una condizione intrinsecamente difficile e che spesso da adito da parte dei creditori ad atteggiamenti dispotici anziché giusti. Sappiamo bene poi come certi settori della società siano solerti e zelanti quando si tratta di riscuotere crediti! E' un caso probabilmente che l'abbandono del proporzionalismo, con l'introduzione delle soglie di sbarramento e del maggioritario, sia coinciso con atteggiamenti sempre meno prodighi da parte delle banche, con minore apporto di credito e, secondo numerose testimonianze, con prestiti che raggiungono, quando concessi, tassi  di interessi con soglie usuraie? Forse sì, è un caso, però sembra abbastanza sintomatico questo strano parallelismo, come se le due cose facessero capo ad uno stesso modo di sentire o punto di vista, chissà!

Ognuno rifletta a modo proprio su questi temi, con la propria preparazione e la propria sensibilità.
Ma dopo attenta riflessione qualsiasi sia la sfumatura soggettiva con la quale ognuno può colorare la presente questione, probabilmente si potrà pervenire almeno alla conclusione che che se la Costituzione è giustamente considerata la fonte delle fonti del diritto, probabilmente non sarebbe eccessivo affermare che essa possa e debba essere considerata e vissuta anche come 'la fonte delle fonti del dovere'.
Per tornare invece alla questione più strettamente inerente la legge elettorale, direi che  per una buona legge elettorale sarebbe importante e necessario coniugare rappresentatività e governabilità, cosa che certamente non è semplice da realizzare. Ma se seguiamo un principio costituzionale nella costruzione di una legge elettorale, come è doveroso per altro fare, e se prendiamo il principio del rispetto del diritto-dovere di voto come fondamento della stessa, allora dobbiamo riconoscere che questo deve essere prioritario rispetto a quello della governabilità, cioè della stabilità di un governo, che è importante ma viene dopo in una ideale scaletta di priorità. Proviamo ad immaginare che cosa potrebbe significare un governo che non è rappresentativo del popolo sovrano ma che è stabile, si stabilirebbe la permanenza della non rappresentatività cosa che non è certo democratica.
Oltretutto uno stato non è fatto del suo solo governo ma di tante altre strutture e istituzioni che possono vivere benissimo temporaneamente in assenza di un governo. Si accusa spesso la Prima Repubblica di essere stata instabile dal punto di vista della governabilità, e non c'è dubbio che per certi versi questo sia vero. Ma non bisogna dimenticare che durante questo periodo l'Italia è cresciuta fino a divenire la quinta potenza economica mondiale. E' con la Seconda Repubblica che è cominciata la decrescita, da quando cioè si è abbandonato il proporzionalismo, sarà un caso?
Ciò detto anch'io penso che in linea di massima la governabilità sia un valore, soprattutto quando un governo operi per il bene dei suoi cittadini, viceversa...
Per tale ragione si può tentare di stabilire dei criteri per la governabilità, ma a partire dall'imprescindibile  rispetto della rappresentatività e soprattutto del diritto-dovere di voto togliendo ciò che costituisce la fonte del cestinamento dei voti, cioè le soglie di sbarramento!
E' a partire da qui che si può poi intavolare un discorso sulla governabilità, successivamente e solo successivamente cioè alla garanzia di poter esprimere le proprie idee in un voto che possa essere rappresentato in Parlamento. Ricordiamoci che ogni opinione è ricchezza e contribuisce a definire la realtà e che ciò che impedisce l'espressione del voto, per esempio col suo cestinamento, impoverisce la realtà e impedisce di fatto di ricostruirla tale quale essa è. Forse è anche per questo che oggi si assiste sovente ad un repentino scollamento, successivamente al voto, tra il Parlamento e i cittadini che di quel Parlamento sono stati gli elettori, ad un repentino scollamento tra le esigenze dei cittadini e le politiche che vi si instaurano. Perché manca rappresentatività!
Ben venga la governabilità quindi, ma prima il diritto-dovere di voto!!!