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domenica 14 luglio 2013

Due concezioni di stato di diritto

In questa delicata fase storica, caratterizzata da una crisi generalizzata che, per altro, nessuno ancora si sforza di spiegare scientificamente, occorrerebbe veramente tornare a riflettere su alcune questioni di base.
Sarebbe molto importante per esempio tornare a riflettere sul ruolo e sul significato del concetto di stato di diritto.
A nostro modo di vedere esiste una 'concezione forte' e una 'concezione debole' di stato di diritto e se questo è vero allora è vero anche che per avere un approccio realistico su questa realtà, per altro complessissima e in rapido divenire, diventerebbe necessario tenere alquanto presente questa differenza. Cercheremo prertanto di fornire alcuni spunti di riflessione che possano risultare utili a definire queste due diverse concezioni e ad inquadrare il problema dell'esistenza di queste due diverse versioni di uno stesso concetto nelle loro linee essenziali, senza avere la benché minima pretesa naturalmente di essere esaustivi al riguardo che, per solo sperare di esserlo, dovremmo concedrci uno spazio e un tempo assai maggiori di quelli che in questo momento ci è possibile avere.
Partiamo dalla 'concezione debole'.
La concezione debole

La 'concezione debole' di stato di diritto è quella che stabilisce che esso sussiste allor quando vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi e che queste regole e queste leggi regolano la vita dei cittadini nei suoi vari aspetti. E fin qui tutto va bene, ma la 'concezione debole' non entra nel merito delle leggi stesse, non le giudica e non stabilisce se queste debbano possedere o no determinate caratteristiche per essere definite degne di entrare a far parte del novero di quelle che strutturano lo stato di diritto in generale.
In questo senso sussisterebbe un criterio interno di verità e di giustizia che somiglierebbe molto da vicino a quello tipico di ciascuna "pratica teorica" di cui parla per esempio Althusser: "la pratica teorica è criterio di se stessa, contiene in sé i princìpi definiti di convalida della qualità del suo prodotto[...]." egli dice.
Quindi, ricapitolando, la concezione debole stabilisce che lo stato di diritto sussiste allor quando vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi sì, ma indipendentemente dal tipo di regole e di leggi le quali diventano o rischiano di diventare piuttosto autoreferenziali e, in ultima analisi, perfino tendenzialmente e potenzialmente inique senza per questo alterare il princìpio suesposto.
In altri termini si fonda su un sistema di leggi che è regola e misura di se stesso e che si regge su parametri interni senza entrare nel merito di come debbano essere questi parametri e indipendentemente dal fatto che essi siano buoni o cattivi.
In questo senso somiglia un po' ad una struttura che non è suscettibile di ricevere dall'esterno stimoli capaci di apportare alcuna migliorìa o, perlomeno, ne è piuttosto refrattario. Origina così, per altro, una tendenza che è quella di vedere allontanare il popolo sovrano dal suo ruolo specifico e dal mondo della politica  in generale rendendolo solo nominalmente sovrano ma non di fatto, popolo sovrano che pur essendo parte integrante del sistema  statale che dovrebbe essere imperniato sul diritto, e pur essendo invero al contempo una risorsa umana individuale e collettiva potenzialmente importantissima nella proposizione di stimoli tendenti al miglioramento, rischia di allontanarsi sempre più da questo ruolo appunto.
Questa autoreferenzialità e refrattarietà, che è anche e soprattutto sostanzialmente rigidità, dal nostro punto di vista è ciò che caratterizza essenzialmente lo 'stato di diritto debole', e l'alienazione del popolo  dal suo ruolo di sovrano rappresenta una delle sue possibili conseguenze, nonché la potenziale creazione di leggi inique uno dei suoi principali rischi. Ma non sarebbe poi tanto la rigidità in sé e per sé a costituire il vero problema e il vero nocciolo della questione, poichè se ciò che è rigido è al contempo giusto e buono, ben venga anche la rigidità, la quale in questo caso assumerebbe più che altro le sembianze di forza e giustizia. La rigidità diventa un problema quando si accompagna alla potenziale iniquità dell'azione legislativa ed all'allontanamento dei cittadini dalla prtecipazione alla vita democratica.
L'aura di stato di diritto che si vorrebbe conferire a questa 'concezione debole' avrebbe, tra l'altro, il difetto di addormentare il popolo dal considerare i rischi che essa invero porta in sé.

La concezione forte

La 'concezione forte' di stato di diritto differisce dalla prima su un dato di essenziale importanza. Infatti a differenza di quella stabilisce alcune delle caratteristiche che le leggi devono avere per essere ritenute degne di entrare a far parte del novero di quelle che fondano lo stato di diritto.
La 'concezione forte' dello stato di diritto ricalca quindi nella prima parte quella della 'concezione debole' e stabilisce cioè che lo stato di diritto sussiste allor quando vi sono delle regole e delle leggi alle quali attenersi e che queste regole e queste leggi regolano la vita dei cittadini in ogni loro aspetto, ma entra nel merito di quelle che appunto devono essere alcune delle caratteristiche fondamentali che queste leggi devono avere.
Nel post intitolato 'Stato di diritto e legge del più forte' datato 11/10/2012, che suggeriamo di andare a rileggere per intero, avevamo in parte già espresso questo concetto. Lo riproponiamo adesso alla lettura con qualche lieve modifica ma senza sostanziali alterazioni e senza avere la pretesa che esso non sia perfettibile poichè anzi è molto probabile che esso lo sia, ma semplicemente nella speranza che possa fornire alcuni spunti di riflessioni magari proprio ad addetti ai lavori e giuristi vuoi per vocazione che per professione o entrambe le cose, che possano magari approfondire sia questo specifico concetto sia tutte queste problematiche in generale proprio allo scopo di migliorarle.
Ecco dunque quello che per ora può costituire una bozza della 'concezione forte' di stato di diritto:
Lo stato di diritto non è la dove sussistano semplicemente delle leggi, delle regole e dei trattati sui quali poggiarsi e ai quali attenersi, bensì è la dove le leggi, le regole e i trattati sui quali  ci si poggia e ai quali ci si attiene siano concepiti in modo equo e giusto sì da riflettere profondamente l'essenza del principio  secondo il quale stato di diritto equivale espressamente ed esattamente ad assenza della legge del più forte, e tale che queste stesse leggi non consentano né spazi né brecce dalle quali possano riaffiorare come ospiti indesiderati l'ingiustizia, la brutalità e l'arbitrio, tipicamente connessi alla legge del più forte, in nessuna delle loro manifestazioni note e meno note.

La nostra speranza è che l'Unione Europea rifletta su queste distinzioni anche perchè attualmente ci sembra improntata, e lo diciamo con sincero dispiacere, ad una 'concezione assai debole' di stato di diritto.