Per le tecniche miste su carta o altre tecniche che compaiono in questo Diario Elettronico firmate a nome Alessio, tutti i diritti sono riservati.







giovedì 20 giugno 2013

Costruire ma come?

Ognuno di noi ha un suo modo di concepire l'idea generale di 'costruzione' a qualsiasi ambito la si voglia ricondurre, dall'architettura alla politica, ecc. ecc.
Ora, che cosa fa di una costruzione una buona costruzione?
Credo che una buona costruzione debba possedere talune caratteristiche per essere definita tale e, al contempo, essere priva di talaltre caratteristiche negative. Fino a qui tutto chiaro e anche troppo generico e scontato.
Vediamo meglio dunque.
Personalmente ritengo che le costruzioni lente e profondamente meditate siano le migliori e le più durature.
In secondo luogo sono buone quelle costruzioni che fanno capo a principi e norme generali il più ampiamente condivise. Di contro non è buono ciò che si fonda sui blitz, sui diktat, sul personalismo, sulla deificazione dei singoli individui e sull'accentramento dei poteri, soprattutto quando si allontanano sempre più dalla popolazione.
Un esempio su tutti è quello che può fornirci la comparazione dell'Impero Romano col Sacro Romano Impero. La struttura dell'Impero Romano infatti ( ma anche quella del periodo repubblicano) seppure sia cambiata sensibilmente nel corso del tempo, si è sempre basata su principi generali, norme, regole, leggi ecc. Vedi il Diritto Romano. Quella del Sacro Romano Impero era invece incentrata sulla figura carismatica di Carlo Magno. Il primo ha avuto una considerevole durata, mentre il secondo è andato smantellandosi con la scomparsa del suo principale simbolo vivente, cioè Carlo Magno stesso.
Questo dovrebbe rendere abbastanza bene l'idea mi auguro.

Ma per tornare al tema di ciò che è buono in una 'costruzione', è certamente buona una costruzione che fa tesoro dell'esperienza umana personale e collettiva, ed altresì quella che fa tesoro delle proprie conquiste civili, politiche e sociali, e della propria memoria storica.

Ora pensiamo all'Unione Europea.
Tutti i cittadini europei sono chiamati a collaborare alla costruzione dell'Unione Europea, ma questo non significa che ci si debba adagiare su di un  modello precostituito di Europa.
Come testimonia il 'pensiero divergente' esistono molteplici soluzioni ad uno stesso problema. Misconoscere questa realtà getta un leggero sospetto. Questa realtà che ci illustra il 'pensiero divergente invece, che si presenta, tra l'altro, assai più democratica dell'altra, dovrebbe essere ampiamente e pacificamente accettata.
Ma, comunque la si pensi, la cosa che più di ogni altra si dovrebbe tenere presente nella costruzione dell'Unione Europea, sono gli stessi principi di carattere generale, cui alludevamo prima.
Uno su tutti: l'art. A del trattato di Maastricht che sostanzialmente statuisce che ogni decisine debba essere presa il più vicina possibile ai cittadini europei.

L'impressione che si riceve oggi invece è che le decisioni siano prese, non soltanto lontano dai cittadini, ma tendenzialmente sempre più lontane dai cittadini, e questo non è bello, e per due semplici e immediatamente avvertibili ragioni: a) perchè non è bello in sé che le decisioni siano prese lontane dai cittadini; b) perché tradisce il principio sancito dall'articolo A di un trattato europeo.
Se lo stato di diritto è quello che si fonda sull'osservanza delle leggi, delle norme, e dei diritti, che si approvano ( anche se questa rimane a nostro giudizio una 'concezione debole' di stato di diritto) dovremmo quindi chiederci se qui lo stato di diritto viene rispettato oppure no.
La sensazione è che si vada verso una costruzione sbagliata dell'Europa nella quale alcuni organismi che si vorrebbero istituire sono concepiti, non solo lontano dai cittadini, ma anche per funzionare tanto meglio quanto peggio funzionano i singoli stati ( vedi ESM), cioè in modo inversamente proporzionale.
Quello che si dovrebbe cercare di fare invece secondo il nostro modesto giudizio e di fare funzionare le cose in modo direttamente proporzionale.
E' chiaro infatti a questo punto che chiuque volesse rafforzare questi organismi, riceverebbe un notevole impulso e contributo dal mal funzionamento anche del proprio Stato. E vi è già stato chi ha auspicato l'ingresso delle crisi all'interno del proprio sistema.
Non si dovrebbero insinuare simili tentazioni nel tessuto politico e sociale di uno Stato.
Chiadiamoci: è questo il modo di costruire l'Europa? O ne esiste uno migliore?
Certo che ne esiste uno migliore!
Il modo migliore di costruire l'Europa, lo abbiamo accennato, è quello che si fonda su un rapporto di diretta e virtuosa proporzionalità, cioè a dire: va bene il singolo Stato, va quindi bene anche l'Europa.
Quindi, in altri termini, è quello di amministrare saggiamente e virtuosamente innanzitutto il proprio stato, fin da subito, così da innescare un meccanismo virtuoso con l'eccedenza del quale si va a costruire un organismo più grande.

Pensare invece che per costruire si debba prima necessariamente distruggere e generare crisi su crisi è un pensiero pericoloso, nefasto e in ultima analisi controproducente per non dire tendenzialmente antidemocratico e contraddittorio anche con le varie Carte Costituzionali, che l'Unione Europea sulla carta dice di voler rispettare.
Anche perché una domanda affiorerebbe spontanea all'orizzonte: Chi ci dice che, chi concepisce la costruzione come una somma di distruzioni, una volta costruito ciò che intende costruire, non sia tentato a sua volta di applicare lo stesso principio e di distruggere il nuovo sistema appena costruito a favore di un secondo sistema più grande o diverso? E via discorrendo.E tutto questo a favore di chi, della popolazione, vicina alla quale dovevano essere prese le decisioni? Ci sembrerebbe di no!
Su di un simile sistema di costruzione qualche dubbio dovrebbe affiorare...