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domenica 23 novembre 2014

Come nel film di Charls Chaplin

Un ragazzino spacca una vetrata con un sasso. Pochi istanti dopo passa il vetraio che così ha l'opportunità di sostituire il vetro rotto.
Chiaramente il ragazzino e il vetraio stanno dalla stessa parte e lavorano di comune accordo.

Questa famosa sequenza cinematografica del film "Il monello" di Chaplin, è emblematica, direi quasi paradigmatica, per tutta una serie di variegati atteggiamenti che vi sono nella nostra società a vari livelli e che vi si ispirano o che si ispirano alla stessa fonte a cui si ispira il film.
Questi attegiamenti sono presenti anche a livelli insospettabili probabilmente, forse anche a livello europeo.

Se di Europa si deve parlare, come recita una recente pubblicità progresso...dunque parliamone!

Facciamolo però a partire da una domanda: può darsi che certi architetti del pensiero unico sull'Europa adottino questo paradigma chapliniano, per inscenare le proprie politiche?

Speriamo di no! Certo è che se lo adottassero non renderebbero un gran servigio al proprio continente.
Se l'atteggiamento del monello e del vetraio per quanto sbagliato riesce quasi ad essere tollerato dallo spettatore poiché frutto del bisogno di chi vive anche di espedienti e nella necessità, lo stesso atteggiamento appare molto meno tollerabile in istituzioni così altolocate da non essere neanche minimamente sfiorate dal concetto di bisogno!
Si potrebbe anche essere tentati di mantenere il beneficio del dubbio se non sentissimo così forte il rischio di essere tacciati di palese ingenuità.
Così cerchiamo di non fare gli ingenui e siamo franchi!
Per rispondere a questa domanda cerchiamo innanzitutto di individuare questi atteggiamenti, diciamo così, analoghi, al paradigma appena espresso, nel contesto europeo.
Dunque vediamo...
Un paio di anni fa George Soros, magnate della finanza internazionale, aveva espresso una opinione riportata da Luca Ciarrocca, direttore di Wall Street Italia, secondo la quale le politiche europee ( e, nota bene, europeiste!) avrebbero innescato una trappola deflazionistica!
Questo non ha certo cambiato l'atteggiamento dell'Ue che è andata avanti a spronbattuto, ignorando addirittura anche altri autorevoli pareri ed opinioni normalmente ritenute di prestigio, e riuscendo a piegare, complici imbonitori professionisti, le politiche nazionali dei singoli paesi alle proprie richieste.
E questo naturalmente, cioè quello di essersi piegata alle richieste dell'austerità, è un erorre purtoppo molto grave della nostra Nazione, nella fattispecie di quelle forze politiche che allora appoggiavano il governo Monti.
La mia personale opinione è che queste politiche richieste dall'Ue, hanno prolungato la crisi che era partita, come gli esperti certamente ricorderanno, dal crollo dei titoli statunitensi inerenti il mercato immobiliare.
L'anno prolungata, non l'hanno certo ostacolata né, tantomeno, risolta.
Così essa si fa sentire ancora!
Questa dunque la mia modesta opinine, ma che dire dell'opinione di un magnate della finanza, o di opinioni dello stesso tenore di esperti economisti di settore?
Tutto ignorato.
Quando qualcuno ti dice che stai innescando una trappola deflazionistica che fai poi quando la deflazione arriva veramente? Ti stupisci?
E' da questi effetti ( effetti come la deflazione ) che poi si va a dire ai cittadini che bisogna procedere alla risoluzione con 'mezzi non convenzionali'.
E' così che si cerca di giustificarli. Ma questi 'mezzi non convenzionali' hanno un peso politico non indifferente, e valicano certi limiti con una disinvoltura sconcertante, e quindi pongono dei problemi che è del tutto legittimo porsi e che non possono essere elusi con tanta sufficienza.
Questi problemi devono essere affrontati, così come quelli che stanno a monte!!!
Orbene, c'era un modo per evitare di ricorrere ai famosi 'mezzi' o 'strumenti non convenzionali' nella fattispecie, ed era quello di non innescare trappole deflazionistiche!!!
Era, ancora, quello di anticiparle ascoltando le autorevoli opinioni di certi esperti di settore, esperti come Soros appunto, e come altri.
Aver voluto procedere ugualmente in quella direzione che cosa dimostra?
E' giusto o non è giusto dunque chiedersi se questo dimostri la presenza di dolo?
E' giusto o non è giusto dunque chiedersi se si sia preferito ignorare quegli appelli perché gli effetti negativi che ne sarebbero derivati sarebbero stati estremamente funzionali allo scopo di ricorrere ai 'sistemi non convenzionali'?
Sistemi dai risvolti politici, lo ribadiamo, tutt'altro che marginali.
Secondo l'opinione corrente sembra che i 'mezzi non convenzionali' servano a fronteggiare la deflazione ed altre problematiche ancora.
Ma, alla luce di queste considerazioni, è giusto o non è giusto chiedersi se per caso non sia piuttosto vero che si sia usata la deflazionema e gli altri problemi economici per poter inscenare gli strumenti non convenzionali?
In altri termini i mezzi non convenzionali sono la causa della deflazione, il motivo per cui essa sussiste.
Il nesso di causalità è stato invertito.
E' così?
Se non è giusto chiederselo, qualcuno ci spieghi perché non lo è, ed ascolteremo volentieri la risposta.
L'impressione tuttavia è questa: la trappola deflazionistica corrisponde a quella che nel film 'Il monello' è la rottura del vetro; l'uso dei 'sistemi non convenzionali al di fuori del proprio mandato' corrisponde alla sua sostituzione con un vetro nuovo.
Ma la vera domanda è: di comune accordo? Chissà!
Certo è strano pensare ad una Ue che da un lato innesca trappole deflazionistiche, che incentiva l'austerità, legando mani e piedi agli stati nazionali membri, sempre più spogliati di sovranità, che non possono né muoversi né sforare tetti del tutto arbitrari, e dall'altro lato permette a potenti apparati  dell'Ue come la BCE di fare il bello e il cattivo tempo, di fare quello che gli pare, quando gli pare, come gli pare, valicando i limiti imposti dai trattati, e di ricorrere a mezzi definiti 'non convenzionali' andando chiaramente al di là del proprio mandato.
Purtroppo però certe cose sembrano tanto più vere quanto più strane sono!
Forse questo accade poiché il pensiero unico sull'Ue non ammette deroghe, neanche alla luce dei fatti!
Forse questo accade perché era stato probabilmente stabilito aprioristicamente che la BCE dovesse recitare il ruolo di salvatorice della patria. Un ruolo di cui naturalmente non ci sarebbe bisogno se certe dinamiche economiche nazionali, legate anche alla gestione bancaria nazionale e alla gestione del debito pubblico prendessero altre direzioni maggiormente virtuose.
Mentre alle banche nazionali spetta appunto il ruolo dei cattivi della situazione, quelli che non concedono credito ecc. ruolo recitato per altro molto bene.
Ma qui dovremmo chiederci se per caso non si adombri anche la presenza di un 'cartello'!

Noi pensiamo che dobbiamo necessariamente essere schierati contro questo tipo di atteggiamenti.
Personalmente lo manifesto da tempo. Chi conosce questo Diario Elettronico sa bene che in esso da tempo sono presenti critiche anche aspre, benché rispettose, ma che spero sempre e comunque costruttive, anche quando sono evidentemente piuttosto marcate e non rappresentano certo dei comlplimenti; critiche nei confronti di atteggiamenti centralisti dell'Ue che sembrano proprio ispirarsi a questo tipo di dinamiche e di paradigmi.
Ma ora, senza dare per scontato niente, chiediamoci: perché dobbiamo necessariamente essere schierati contro questo tipo di atteggiamenti?
La risposta è semplice: perché una politica che si fonda su questo tipo di atteggiamenti e di paradigmi è pronta a ripeterli, e a ripeterli insistentemente, incessantemente, a cilco continuo e tenderebbe chiaramnete a farlo nel momento in cui lo ritenesse vantaggioso, ma vantaggioso per se stessa s'intende, più che per i cittadini dei vari paesi o in generale europei.
Infatti questi atteggiamenti non sembrano tenere conto dei danni che si potrebbero arrecare a milioni di cittadini inermi, che si potrebbe portarli all'esasperazione ( e molti fatti di cronaca purtroppo lo dimostrano ), cittadini che avevano riversato aspettative molto diverse nei confronti di questa Ue.
Non si possono tollerare questi atteggiamenti perché non si può giocare con la vita di milioni di cittadini. La vita di questi cittadini è sacra, e deve essere rispettata!
Serve dunque una diversa cultura.
Se il modo di procedere è quello fondato sul paradigma de" Il monello", noi pensiamo che sia un modo sbagliato di procedere e per certi versi politicamente scorretto, nonché socialmente scorrettissimo.
L'Ue, dal nostro punto di vista va costruita a partire dai processi virtuosi dei singoli stati e non per via degli atteggiamenti viziosi degli stessi neanche quando gli atteggiamenti viziosi sembrano funzionali ad un certo disegno al quale nonostante una miriade di critiche e infiniti problemi non si riesce proprio a rinunciare: il pensiero unico sull'Europa!
L'Ue dal nostro punto di vista va costruita a partire dai cittadini, dalla dignità della persona umana, dal concetto di Democrazia, dai diritti umani. Non certo a partire da una moneta.
Fermo restando che ancora oggi personalmente non ho una posizione definitiva sull'euro, non credo che una Unione di Stati si debba costruire a partire da una moneta e costruendo intorno ad essa.
Pensiamo che chi crede che si debba costruire a partire da una moneta faccia finta di non vedere le problematiche che l'adozione della moneta unica ha comportato, che ignori le molteplici critiche di numerosi economisti ed esperti di settore con troppa superficialità.

In sintesi, si costruisce intorno all'uomo, non intorno a una moneta.

Altri esempi ancora di come quel paradigma sia presente nella relazione che c'è tra istituzioni europee e governi nazionli lo si può probabilmente evincere da quanto segue:
aumenta il debito pubblico ( che corrisponde alla rottura del vetro ) così interviene la BCE ( il vetraio ).
Da cui è necessario chiedersi: è giusto o non è giusto sospettare che il debito pubblico aumenti ad arte?
Non è giusto?
Qualcuno ci spieghi perché non è giusto!
E qualcuno ci spieghi anche come mai il debito è aumentato così repentinamente negli ultimi mesi, proprio immediatamente prima che la BCE si disponesse ad adoperare i famosi 'sistemi non convenzionali'!
La questione del debito pubblico oltretutto, dal nostro punto di vista, è una questione che deve essere ricondotta nell'alveo del sistema nazionale, a nostro giudizio, poiché è possibile farlo ed ottenere comunque buoni risultati, ma prima di tutto bisogna volerlo! Bisogna volerlo!
Altri interrogativi potrebbero seguire naturalmente. Potremmo chiederci per esempio:
è questo il grado di comprensione delle istanze dei cittadini italiani da parte della politica?
E' questo che hanno chiesto i cittadini?
Tutte le istanze eurocritiche e diverso-europeiste emerse da tempo si condenserebbero in questi ateggiamenti filo-troicisti?
Sarebbe questo l'atteggiamento eurocritico nei confronti delle epolitiche della troika?
O non è piuttosto vero che tutto questo accondiscende i progetti della troika e la sua agenda?
Ed altri interrogativi ancora.
Che attualmente vi sia un governo filo-troika in Italia comincia a divenire piuttosto palese ed evidente, comincia ad emergere con sempre maggiore frequenza e chiarezza, nonostante tutti gli sforzie e tutte le energie profuse per dissimularlo.
Questa Ue sta provocando molto malcontento e si dimostra ancora una volta incapace di ascoltare i propri cittadini.
E' molto spiacevole constatare che nonostante tutti gli appelli fatti fino ad oggi, piuttosto che ascoltarli i cittadini, piuttosto che approfondire le critiche che da essi emergono e di cui si fanno variamente portavoce, l'Ue cerchi di trovare il modo per dissimulare il troikocentrismo che è alla base del suo operare iscenando false contrapposizioni francamente poco credibili.
Infatti il repentino aumento del debito pubblico in Italia negli ultimi mesi sta lì ad indicare che il paradigma Chapliniano è stato ben recepito. Repetita juvant: si aumenta il debito pubblico ( che corrisponde alla rottura del vetro ), così interviene la BCE ( che corrisponde all'intervento del vetraio!).
Ma quello che è giusto temere appunto, è che sia tutto coordinato!
Ma un governo, e per di più un governo che giura fedeltà alla Patria e alla Costituzione, non dovrebbe comportarsi conformemente al giuramento prestato, non dovrebbe comportarsi con 'onore' come richiesto dalla stessa Costituzione?
Non dovrebbe cioè cercare il modo di non farlo aumentare questo debito pubblico?
Io credo che dovrebbe cercare di fermarlo e, se questa opinione fosse condivisa, così avremmo anche un parametro per giudicare.
Se si ferma o diminuisce il debito vuol dire che il governo è capace; se invece il debito aumenta, e magari in modo repentino, vuol dire che il governo non è capace, e se ne dovrebbero trarre le debite conseguenze!
Certo è che, se non ricordo male, il ministro dell'economia e della finanza non era presente al giuramento.
Avrà giurato poi?
In ogni caso, fino a quando dovremmo tollerare politiche autolesionistiche che aumentano il debito pubblico?
Forse fino a quando le politiche autolesionistiche colpiranno soltanto le fascie deboli?
Spero di no, ma temo di sì.
Noi crediamo che ci siano altri modi per costruire l'Unione europea che non quelli che derivano dal paradigma chapliniano. Noi crediamo che anche una Nazione con il debito pubblico in ordine, e che non necessiti quindi degli interventi 'non convenzionali' della BCE possa costruire l'Unione europea, e che anzi, questa seconda strada sia migliore della prima.
E' del tutto chiaro ed evidente, lo ribadiamo, che qui si adombrano problematiche politiche enormi e importanti, molto importanti, che i cittadini, cartina di tornasole estremamente sensibile, avvertono in vario modo, pur non essendone adeguatamente informati.
Dissimulare o fare finta di niente non serve, serve anzi il coraggio di guardare in faccia la realtà, Soltanto così si potrà procedere ad appurare la presenza di questi problemi politici, a capirli, ad approfondirli e quindi in un secondo momento a risolverli, in modo democratico e conforme al rispetto anche delle singole Costituzioni, senza quindi avere il bisogno di ricorrere a certi paradigmi quali quelli che abbiamo appena illustrato!

lunedì 10 novembre 2014

Retorica del 'cambiamento' e debito pubblico

Su quali cardini si impernia o dovrebbe imperniarsi il cambiamento?
Se non ci sono cardini sui quali impostare un cambiamento, ( ma potremmo dire 'il cambiamento'), se non ci sono principii di base sui quali impostarlo, molte certezze svaniscono, e la fiducia nel cambiamento si affievolisce. La sensazione è che troppe cose cambino in peggio purtroppo.
La retorica del cambiamento, in quanto tale non è tenuta a specificare la natura del cambiamento, basta la parola: cambiamento!
Per la retorica del cambiamento il cambiamento è tutto, poco importa in che cosa esso consista, né se il cambiamento segua una linea peggiorativa anziché migliorativa.
Ma per l'economia reale questo non è sufficiente!
Cambiare in peggio è in effetti sempre possibile purtroppo, e stando alle dinamiche recentemente sotto gli occhi di tutti, nonché ai dati in nostro possesso, addirittura probabile.
Che senso ha quindi promuovere un cambiamento, quando questo cambiamento segue una linea discendente nell'evoluzione delle conquiste politiche, civili ed economiche del genere umano?
La risposta sensata sarebbe: nessuno!
Cambiare per cambiare, senza entrare dentro allo specifico del cambiamento, senza appurare in che cosa esso consista realmente, non ha un gran senso.
Oppure potremmo dire che, se ce l'ha, ce lo ha dentro dinamiche puramente propagandistiche che sposano volentieri un sentimento popolare e spesso populistico, ma come spesso accade e anche alla luce dei fatti, con l'infelice esito, volenti o nolenti, di tradirne le aspettative.
Quando le cose vanno male, dichiarere che si vuol cambiare è certamente rispondente ad una esigenza interiore ed esteriore che il popolo sente come propria ed innesca quindi una immediata risposta positiva quasi spesso scontata, e quindi propagandisticamente parlando, questo avrà sempre un riscontro positivo, un quasi certo consenso.
Ma è troppo facile, è troppo superficiale e ,soprattutto, è una modalità che rischia di somigliare molto ma molto da vicino a commedie già viste e già sentite.
La nostra opinione comunque in generale è che cambiare per cambiare non serva al Paese, anzi che non serva verosimilmente a niente, se non ad illudere pochi o molti che finalmente forse qualcosa migliorerà, salvo poi fare i conti con i dati reali; la nostra opinione è che cambiare senza dei principii cui ispirarsi, o senza dei solidi cardini cui imperniarsi, non solo non serva ma che possa perfino essere dannoso.
Ma un sentimento reale di cambiamento si era recentemente affacciato sulla scena della politica italiana. Questo affacciarsi procedeva tuttavia - si noti bene - non a partire dalle segreterie di partito, bensì a partire genuinamente dal popolo, dalla base vera, dalle sue esigenze reali, dai suoi problemmi di tutti i giorni.
Alcuni importanti elementi, alcuni punti critici dell'attuale sistema politico e delle attuali dinamiche politico-economiche ed economico-finanziarie, anche sull'onda di questo genuino sentimento erano stati, per altro, individuati poi, da persone anche esperte di settore.
Mettere per esempio al centro dell'interesse politico italiano il problema del debito pubblico, capirne le dinamiche, interrogarsi sulla sua gestione, capire il perché del suo anche attuale impennarsi, era certamente un punto inportantissimo nell'emancipazione della popolazione dal suo assoggettamento culturale, anche in materia di politiche economiche appunto,  a pareri ed opinioni, diciamo così, 'di prestigio' o 'esperte' che dir si voglia, e che comunque troppo spesso, in ogni caso, tendono a rimanere vaghe, incomprensibili, quando non addirittura sulla superficie,  non consentendo pertanto di capire da vicino e veramente a fondo che cosa realmente succeda circa il problema in questione.
L'attuale retorica del cambiamento, non sembra aver fatto propria questa richiesta, questa fondata istanza dei cittadini più o meno esperti, più o meno informati, non sembra aver fatto priopria questa esigenza e questa focalizzazione, questa individuazione cioè del punto critico fondamentale.
Questi elementi di chiarezza si sono scontrati pertanto con un gran polverone e con quella che abbiamo appunto chiamato la retorica del cambiamento, che tuttavia è andata ad abbracciare altro, piuttosto che quello che veniva indicato come il fulcro del problema.
Così se è vero - com'è vero - ( almeno dal nostro punto di vista ) che cambiare per cambiare non serve a niente, questo risulta ancor più vero quando al cambiamento cosciente di elementi viziosi tecnicamente individuati per esempio nella gestione del debito pubblico, si risponde con cambiamenti che con questo problema non hanno niente a che fare o che addirittura lo perturbano o lo accrescono.
Due dei recenti effetti di questo atteggiamento sono infatti sotto gli occhi di tutti e, checché se ne dica, sono difficilemente smentibili e si possono infatti riscontrare: a) nell'innlazamento repentino che il debito pupplico ha avuto negli ultimi mesi e b) nella minimizzazione di questo problema, cioè nella minimizzazione di questo recente accrescimento, nonché nella minimizzazione del problema del debito pubblico stesso in sé, in generale.
Qui purtroppo si va ben oltre la sottovalutazione, si va verso la minimizzazione, ed è un dovere del cittadino richiamare l'attenzione su questo punto.
Questa minimizzazione attualmente in corso avviene sia da parte di singole opinioni di singoli esponenti giudicati autorevoli e spesso non estranei alla strutturazione dell'attuale architettura europea ( certamente non scevra da elementi di discutibilità! ), sia da parte di istituzioni o di organismi sovranazionali.

Il mantra cui siamo stati abituati da sempre ( personalmente fin dalla nascita ), cioè che il propblema dei problemi è il debito pubblico, mantra con il quale la mia generazione è cresciuta e del quale si è abbondantemente nutrita, sembra adesso non essere più vero!
Com'è possibile?
Chi ha dunque ragione?
E' chiaro che la politica in generale è sempre tesa a minimizzare i problemi che non è facile fronteggiare o risolvere, o che comunque non riesce a meneggiare agevolmente, tanto da intensificarli addirittura, ma il senso di responsabilità che si sente in ogni caso sbandierare così spesso e volentieri e in ogni dove, sovente a sproposito, dovrebbe quantomeno spingere ad essere realisti, a guardarli  in faccia per bene questi problemi, ma soprattutto ad essere coerenti con il tradizionale mantra che fino a poco prima sembrava si condividesse con tanta partecipazione e con tanta convinzione e che, per quanto ossessivo, certamente contenva ( e contiene ancora ) sotto tutti i punti di vista dei fondatissimi elementi di veridicità!!!
E' difficile infatti immaginare che il debito pubblico sia stato un problema fino a qualche mese fa, e che adesso invece, improvvisamente, quasi magicamente, non lo sia più!
Chi può essere così facilmente persuaso da questa tesi?
Forse che la retorica del cambiamento ha cambiato la veridicità dell'arcinoto e classicissimo mantra?!
Sembra proprio che la retorica del cambiamento, in effetti, abbia sortito l'inaspettato e quasi stupefaciente effetto di avere cambiato molte autorevoli opinioni circa la questione del debito pubblico!
Ma la cosa per molti suona strana. Da qui la legittimissima esigenza di avere dei chiarimenti in proposito.

Intanto il debito cresce, cresce, cresce...